Movimento dei Focolari

Medico tra fede e lavoro

Gabriela Bambrick-Santoyo è un medico di Medicina Interna. È nata e cresciuta a Città del Messico ed è membro attivo e impegnato della comunità dei Focolari dal 1987. Attualmente lavora come Direttore del Programma Associato del reparto di Medicina Interna in un ospedale nel Nord del New Jersey, oggi un punto caldo dell’attuale pandemia di coronavirus COVID-19. Ecco un estratto dell’intervista realizzata da cruxnow.com Gabriela, puoi dire qualcosa su come la tua fede cattolica e la spiritualità dei Focolari ispirano la tua vocazione a essere medico? La mia vocazione di cattolica, e facente parte del movimento dei Focolari, e la mia vocazione di medico sono inseparabili. Sono nata cattolica e ho conosciuto il Movimento dei Focolari quando avevo circa diciotto anni. Questo incontro ha cambiato la mia vita perché è stata la prima volta che sono stata spinta a vivere concretamente quel vangelo dell'”ama il tuo prossimo come te stessa”. Questo mi ha profondamente cambiata ed è stato ciò che ha guidato le mie azioni, sia come persona che come medico. Com’è stato essere in prima linea nella pandemia COVID-19 in un punto caldo del New Jersey? Ha messo a dura prova la mia fede. Soprattutto la paura della morte. Diventa una possibilità molto reale quando vedi tanta morte intorno a te. Una volta che dici di sì alla chiamata a dare la nostra vita per gli altri, che tutti noi come cristiani abbiamo, le grazie piovono dentro e fuori di te! Lo fanno davvero! Ho dovuto chiedermi pure cosa significasse “amare gli altri come te stessa” in questa pandemia di COVID. Quando ho iniziato a vedere i pazienti, ero piena di paura. Volevo entrare rapidamente… e lasciare la stanza il prima possibile.  Poi un colpo di scena: mia figlia, una sana diciottenne, è stata ricoverata in ospedale con il COVID. Di sera mi chiamava piangendo dalla sua stanza d’ospedale dicendo: “Mamma, ho perso tutta la mia dignità. Devo andare in bagno e non mi fanno uscire. Non vogliono entrare e continuano a spingermi nella mia stanza e a un certo punto ho pensato di dover andare in bagno sul pavimento”. Questo mi ha distrutto, Charlie, e mi ha fatto chiedere se stavo facendo qualcosa di simile ai miei pazienti. A quel punto ho deciso di cambiare in modo da dare pienamente la mia vita ai miei pazienti, di avere più comprensione e di non farli mai sentire abbandonati. Dev’essere così difficile confrontarsi con la morte al ritmo con cui l’hai vista nelle ultime settimane. Per tutti noi è così difficile anche solo immaginarla. È vero, ma a volte ci sono anche delle grazie. Una delle mie pazienti era una novantunenne molto malata, che in sostanza sapeva che sarebbe morta a causa del COVID-19 ed era in pace. Il mio atto di misericordia è consistito nell’essere lì negli ultimi momenti della sua vita. Nel passare del tempo non solo con la mia paziente, ma anche con la sua famiglia al telefono. Non dimenticherò mai quando le ho detto che la sua famiglia le voleva molto bene e che era in pace e che sapeva che lei era pronta e mi ha stretto la mano. Questa è misericordia. Avevo un altro paziente con il quale ho avuto quella che io chiamo “situazione a doppio colpo”. Oltre ad essere un paziente COVID, era molto aggressivo, non completamente stabile e diceva che mi avrebbe dato un pugno se non avessi fatto X o Y. Non è stato immediato ricordarmi che anche questa persona è figlia di Dio e che dovevo guardarla con pazienza, amore e misericordia. Una volta che egli ha visto questo nei miei occhi, la sua rabbia ha cominciato a svanire. Sulla via del ricovero in un altro reparto, si è girato verso di me, mi ha sorriso e mi ha detto: “Tu e [l’infermiera X] siete state le uniche a dedicare del tempo a spiegarmi le cose”. Che differenza fa la sua robusta vita di preghiera e i suoi impegni teologici in riguardo a come pratica la medicina in queste circostanze? La preghiera è stata un pilastro centrale della mia vita e mi ha permesso di superare questa crisi. È nella preghiera che trovo pace e conforto.  È nella preghiera che mi trovo in Dio. Infine, partecipo agli incontri settimanali (incontri zoom) con la mia comunità dei Focolari.  Tutte queste cose insieme sono come l’armatura che mi permette di affrontare questa crisi. Qui potete leggere l’intervista completa: https://cruxnow.com/interviews/2020/04/doctor-balances-faith-work-in-coronavirus-hotspot/ (altro…)

La grande forza degli italiani

La grande forza degli italiani

Fraternità, tenerezza e creatività: gli ingredienti giusti per affrontare l’emergenza del Coronavirus attraverso migliaia di esperienze di amore verso il prossimo. Colpita in modo particolarmente forte dalla pandemia del Coronavirus, l’Italia sta vivendo una delle prove più grandi dopo la seconda guerra mondiale. Ma gli Italiani l’affrontano con innumerevoli gesti di solidarietà, fraternità e tenerezza. Dalla provincia di Napoli ci scrive I.V., infermiera nel reparto dei pazienti positivi al Covid-19: “All’inizio avevo paura del contagio e quindi ero molto veloce nelle pratiche infermieristiche. Un paziente mi ha chiesto un caffè alla macchinetta. Come prima risposta gli ho detto che non potevo andare. Ma coinvolgendo poi una collega abbiamo trovato due macchinette di caffè per tutti i pazienti”. Il dover stare a casa ha cambiato la vita della famiglia di Salvo ed Enza con i figli Emanuele e Marco a Viareggio. Racconta Enza: “Fino a pochi giorni fa, i figli, presi da tanti impegni a stento riuscivano a fare un saluto veloce alla nonna malata e costretta a stare a letto. Ora si fermano di più e cercano di aiutarmi anche solo dandole un bicchiere d’acqua. A pranzo e a cena abbiamo più tempo per parlare e anche per ridere”. A Lucca Paolo e Daniela si sono offerti per fare la spesa a tutti i vicini di casa, condividendo anche alcune mascherine. Sempre da Lucca, Rosa e Luigi, una giovane coppia di insegnanti con due figli, tutti a casa in questo momento, hanno prestato la loro macchina ad una famiglia con grave situazione economica. A Siena Giada e Francesca si sono messe a disposizione come babysitter di figli di infermieri che abitano vicino casa, per sostenerli. A Pisa Carla e Giacomo hanno preparato da mangiare ad alcune famiglie vicino casa mentre ad Arezzo c’è stata una gara di solidarietà fra Rosanna, Rita e Mario per sostenere due persone che non possono uscire, attraverso la spesa e la preparazione di pasti. Per sostenere i suoi giovani colleghi fuori sede e costretti all’isolamento, Barbara da Latina, ha cominciato a registrare dei video in cui condivide le sue ricette. Loro l’hanno ringraziata tantissimo, perché in questo modo li fa sentire a casa, come in famiglia. Emanuele e Simonetta dalla Sardegna con i loro tre figli sono in quarantena da due settimane. Scrivono: “Ci è sembrata da subito un’occasione per costruire rapporti profondi come famiglia. Da quando siamo entrati in contatto col virus abbiamo iniziato a condividere le nostre esperienze in un gruppo chat con altre persone che vivono la stessa sofferenza. Un giorno alcuni di loro avevano bisogno di viveri. Non potendo fare noi la spesa, abbiamo trovato un’altra coppia che subito ha provveduto. E abbiamo capito che non ci dobbiamo fermare mai davanti all’esigenza di un fratello”. Dalla Sicilia Orsolina, infermiera, racconta: “nel mio lavoro in terapia intensiva cardiologica, mi sono ritrovata una paziente giovane con un infarto complicato. Dal suo sguardo vedevo paura e sconforto anche perché non poteva giovarsi del conforto dei familiari e dei figli piccoli. Ho sentito quindi che potevo essere io la sua famiglia. Così l’ho aiutata nell’igiene personale pensando a cosa avrei desiderato io se fossi stata al suo posto, sistemando con molta cura il suo letto, sistemandole i capelli. Il suo sguardo era cambiato, insieme abbiamo provato una grande gioia, in quel momento siamo state una famiglia”. A Roma, Mascia e Mario con il figlio Samuel stanno scoprendo che “questo virus, oltre a ricordarci che siamo tutti interconnessi, ci sta dando l’occasione di apprezzare le piccole cose, di rimettere al centro la famiglia e gli affetti, di dare libero sfogo alla creatività contro i programmi e i ritmi frenetici cui ormai siamo abituati”. In veste di rappresentante di classe Masha cerca il modo migliore per amare le famiglie e le maestre, mantenendo sempre viva la relazione attraverso la chat e le telefonate. Come diceva Jesús Morán, Co-presidente dei Focolari, qualche giorno fa: “Questo è davvero il momento della sapienza (…) che porta ad una intelligenza della realtà illuminata dall’amore e che (…) innesca un formidabile movimento di fraternità. Davvero Dio può fare cose prodigiose, anche in mezzo al male. Lui lo sconfigge col suo disegno d’amore.”

Lorenzo Russo

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Incendi in Australia: una testimonianza

Incendi in Australia: una testimonianza

Kevin e Trish Bourke vivono a Myrtleford, piccola città rurale di 3.500 abitati nello stato di Victoria. Lui è vigile del fuoco volontario. Nel loro racconto i danni provocati dai disastrosi incendi ancora in corso, ma anche tanti episodi di coraggio e solidarietà. I recenti incendi sono stati devastanti. Il nostro piccolo distretto ha perso con il fuoco oltre 102.000 ettari di parco nazionale, foreste di pini e fertili terreni agricoli, oltre a bestiame e mangimi. Ma siamo fortunati, perché abbiamo perso solo una casa e non c’è stata nessuna vittima. Gli incendi nell’intera Australia hanno colpito ogni stato e territorio. Sono iniziati ad agosto 2019 e continuano ancora adesso. L’altezza delle fiamme ha raggiunto in alcuni casi 40 metri, alimentata da venti fino a 100 chilometri all’ora. Alcuni incendi stanno minacciando una serie di aree, tra cui i confini meridionali di Canberra, la capitale. Finora sono andati a fuoco oltre 19 milioni di ettari (circa due terzi dell’area totale dell’Italia) ed hanno perso la vita 35 persone, migliaia di case e attività commerciali sono andate distrutte, centinaia di migliaia di animali domestici e selvatici sono morti. Anche in questa situazione, le persone hanno dimostrato un grandissimo desiderio di aiutare in ogni modo chi era colpito. Molti, specialmente nelle principali città, dicevano di sentirsi un po’ “impotenti” e non riuscivano a capire cosa fare a distanza, poiché la maggior parte degli incendi è nelle zone rurali. Ma anche in questi momenti le persone ci hanno aiutato in molti modi, a volte offrendoci semplicemente supporto attraverso i social media, altre volte facendo donazioni in denaro. Abbiamo visto persone che consolavano altre che, magari, avevano solo bisogno di essere ascoltate. I servizi di emergenza che arrivano nelle aree colpite, spesso dopo aver percorso migliaia di chilometri, erano per la maggior parte formate da volontari, che, per aiutarci, hanno sostenuto anche spese economiche. Alcuni vigili del fuoco hanno attraversato l’oceano, ce n’erano da Canada, Stati Uniti e Nuova Zelanda. L’esercito, la marina e l’aeronautica hanno fornito truppe e attrezzature, alcune per combattere gli incendi, altre per garantire acqua, cibo, strutture sanitarie e alloggi sia di emergenza che di migliore qualità. Le organizzazioni impegnate nei soccorsi, come la San Vincenzo de’ Paoli, la Croce Rossa, l’Esercito della Salvezza, hanno ricevuto donazioni da musicisti, attori, sportivi e comuni cittadini. Ad oggi questo fondo è di mezzo miliardo di dollari australiani. Alcuni agricoltori provenienti da aree che non sono state colpite, hanno fornito mangimi per il bestiame a chi aveva perso le proprie scorte. Un gruppo di agricoltori, ad esempio, ha guidato per oltre 3.000 chilometri per donare ad altri agricoltori 140 camion carichi di fieno, una quantità che aveva un valore superiore al milione di dollari. I vicini di casa si sono aiutati reciprocamente per controllare abitazioni e terreni. Agli anziani e alle famiglie con bambini è stato offerto un sostegno aggiuntivo per assicurarsi che fossero in grado di evacuare in caso di necessità. In alcuni casi, gli anziani hanno dovuto evacuare solo per sfuggire ai fumi pericolosi che causava loro difficoltà respiratorie e bruciori agli occhi. Ci sembra di poter dire, da tanti episodi ai quali abbiamo assistito, che le persone hanno mostrato sincera preoccupazione reciproca. Abbiamo prestato il nostro rimorchio ad un agricoltore che doveva traslocare il bestiame . Essendo poi in una zona bloccata dal traffico e nella quale, quindi, si era interrotta la raccolta di rifiuti, il nostro rimorchio è stato utilizzato anche da alcuni vicini che raccoglievano i nostri bidoni e molti di quelli del quartiere, per portarli al centro di raccolta e smistamento. Alcune famiglie hanno donato cibo e vestiti a coloro che hanno dovuto evacuare senza avere il tempo di fare le valigie; altre hanno accolto coloro che necessitavano di un riparo. Gli operatori del trasporto di cavalli hanno spostato gratuitamente gli animali che dovevano essere portati in luoghi più sicuri. Nelle città molte imprese hanno fornito alloggi di emergenza gratuiti. Un giorno, mentre stavamo lavorando allo spegnimento degli incendi, un volontario è andato a comprare cibo per il pasto di mezzogiorno di tutti. Nel negozio, una coppia in attesa di essere servita che non conoscevamo, accortasi che il cibo era destinato ai vigili del fuoco, ha pagato l’intero importo. Su richiesta di bambini, che volevano aiutare i vigili del fuoco a spegnere gli incendi, alcuni nonni hanno portato l’equivalente in denaro dei regali di Natale che i nipotini avrebbero ricevuto. Abbiamo risposto loro con bigliettini e foto per dire il nostro grazie. Questo Paese ha assistito a tante sofferenze in seguito a calamità naturali. Nella maggior parte dei casi gli incendi sono stati provocati da fulmini caduti su zone aride. Non possiamo incolpare nessuno, ma i ricordi di questo disastro rimarranno in molti di noi per tutta la vita. Si dice spesso che dal modo con il quale reagiamo a certe situazioni, si capisce chi siamo. Siamo felici di dire che qui le persone hanno reagito con amore e compassione e che anche questo sarà ricordato per sempre.

Kevin e Trish Bourke

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Speranza che sorge dalle ceneri

Speranza che sorge dalle ceneri

Per migliaia di persone la vita sta lentamente tornando alla normalità dopo l’eruzione del vulcano Taal nelle Filippine del 12 gennaio 2020 che ha causato gravi danni alle aree circostanti, anche se l’emergenza non è finita. Secondo l’Istituto filippino di vulcanologia e sismologia (PHIVOLCS), il Livello 4 di allarme è stato abbassato al Livello 3 e la zona di pericolo è stata ridotta da 14 chilometri a 7 dal cratere. La comunità dei Focolari impiega qualunque mezzo per provvedere ai bisogni degli sfollati dal disastro: sono state più di 300.000 le persone costrette a evacuare. Purisa Plaras, focolarina e co-direttrice della “Mariapoli Pace”, la cittadella dei Focolari a Tagaytay, racconta: “Alcuni giorni dopo l’eruzione del vulcano Taal, siamo tornati a Tagaytay per vedere la situazione della nostra comunità e condividere tutto con le diverse famiglie che vivono intorno al nostro Centro che si trova all’interno della zona di pericolo, nel raggio di 14 chilometri dal vulcano. Preoccupati per i loro bisogni di base, abbiamo distribuito cibo e acqua alle famiglie”. Una delle nostre giovani dei Focolari condivide: “Non è affatto facile affrontare questa situazione. È straziante e non ho potuto fare a meno di piangere. Non posso spiegare come mi sento in questo momento, ma nel profondo so che Dio ci ama immensamente, abbracciando insieme il volto di Gesù Crocifisso e Abbandonato in questa situazione. Sarò forte qui, per servire Gesù anche negli altri”. Randy Debarbo, il focolarino responsabile dell’area circostante la Mariapoli Pace, racconta: “Domenica 12 gennaio, mentre stavamo tornando a casa da un incontro, abbiamo notato il cattivo odore di zolfo nell’aria. Ha iniziato a piovere ma c’era qualcosa di strano. L’acqua piovana stava macchiando i nostri ombrelli ed i vestiti. Poi ci siamo resi conto che era cenere vulcanica mescolata a pioggia che scendeva come fango! Quando ci siamo svegliati la mattina dopo, non riconoscevamo più ciò che ci circondava. Tutto era grigio come se fossimo daltonici. Abbiamo visto la massiccia devastazione provocata dall’eruzione del vulcano Taal. La scuola pubblica vicino al centro dei Focolari è divenuta un rifugio temporaneo e un centro di transito per circa 500 persone che arrivavano dai paesi sul lago vicino al vulcano. Di fronte ad una tale devastazione, una voce dentro di me parlava a voce alta: “Avevo fame e mi hai dato da mangiare …”. Questa preoccupazione per Gesù nei vicini bisognosi lo spinge a rimanere insieme con altri focolarini a Tagaytay. Randy continua: “Insieme agli altri focolarini, siamo andati con un camion fino a circa 20 chilometri da Tagaytay per comprare acqua da distribuire ad alcune famiglie che erano ancora a Tagaytay. È stata una sensazione molto forte vedere le famiglie momentaneamente sollevate dalle loro preoccupazioni, i bambini erano felici di ricevere anche solo un secchio d’acqua. Con un medico che si trova qui a Tagaytay, abbiamo deciso di visitare le famiglie intorno a noi per cercare di soddisfare le loro esigenze di carattere medico. Arrivando in un posto, la gente di quel quartiere era tutta lungo la strada, aspettando e chiedendo cibo. Invece di visitare solo una casa, siamo stati in grado di offrire un controllo medico gratuito a coloro che stavano aspettando il cibo. Mettiamo insieme le piccole quantità di denaro nelle nostre tasche e acquistiamo personalmente medicinali per coloro che hanno urgente bisogno di cure mediche.” Oltre al generoso aiuto proveniente dalle famiglie del Movimento nelle Filippine, il Movimento in tutto il mondo sta sostenendo con le preghiere e il contributo finanziario la Mariapoli Pace che è a servizio del lavoro dei Focolari in Asia.

Jonas Lardizabal

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