Feb 8, 2019 | Vite vissute
Mite ma deciso, con la convinzione che il Vangelo è una delle pagine più rivoluzionarie della storia, capace di cambiare il mondo. Per questo ha vissuto Marco Aquini. Ci ha lasciati un mese fa, il 4 gennaio scorso. L’incontro con Marco lasciava un segno: era una di quelle persone di rara schiettezza che con lo sguardo profondo si rivolgeva direttamente al tuo cuore, e con poche parole, senza divagare, rispondeva con gesti concreti alle tue necessità, ti dava un consiglio ma senza importi niente, anzi, suscitandoti la risposta dal di dentro. Nato nel 1958 è stato uno dei primi giovani della sua regione, il Friuli, ad aderire ai Focolari; una terra dove la gente è tutta d’un pezzo: seria, laboriosa, disciplinata. Conosce presto la crudezza che a volte ti consegna la vita quando gli viene tolto il padre in seguito a un grave incidente. Ma l’incontro con la spiritualità dei Focolari dà una svolta alla sua storia. Durante un campus con i Gen (i giovani dei Focolari) nel 1978, avverte la chiamata a donarsi a Dio come focolarino e aderisce all’invito di Chiara Lubich di sottoscrivere un impegno di fedeltà a Dio fino alla morte. Si tratta del “Patto del fino alla fine”, rimasto storico e scrive a Chiara in quell’occasione: “Prima di conoscere l’Ideale* ero chiuso nel mio mondo dorato. Vivendolo sto uscendo da me stesso. Torno conscio di avere la forza potenziale di cambiare il mondo in cui vivo”. Offre con passione il suo contributo prima in Germania, poi di nuovo in Italia, al centro del Movimento dei Focolari, specialmente nella fondazione di due organismi a servizio degli ultimi e della pace: l’AMU, “Associazione Mondo Unito”, e “New Humanity”, la ONG del Movimento accreditata presso l’ONU. Per anni opera anche in qualità di consigliere centrale per l’aspetto della “Comunione dei beni, Economia e Lavoro”; diventa corresponsabile del movimento Giovani per un Mondo Unito. Dall’anno 2000 è accanto a Chiara e a Eli Folonari nella conduzione del Collegamento CH, la video-conferenza che dal 1980 raccoglie periodicamente la famiglia dei Focolari nel mondo. Ma la vita gli riserva un’altra inaspettata esperienza, l’inspiegabile scomparsa della sorella Chiara, già fragile di salute. Soffre molto insieme alla mamma, mentre si susseguono le ricerche fino al ritrovamento del corpo. In questa tragedia Marco riesce a cogliere l’amore di Dio che gli dà la forza di sostenere la sua famiglia. Con la mamma Franca, Marco collabora poi alla nascita di una casa d’accoglienza intitolata alla sorella, per l’inserimento sociale dei disabili fisici e psichici e, seppur a distanza, mantiene sempre i rapporti con l’associazione. Si dedica anche all’insegnamento accademico presso la Pontificia Università di San Tommaso d’Aquino di Roma e sempre nell’ambito dell’economia all’interno dei Focolari assume la carica di membro dell’attuale Consiglio di amministrazione della rivista Città Nuova. Il suo amore verso gli ultimi lo impegna pure nell’offrire un’assistenza competente presso un gruppo di ascolto della Caritas. Nel novembre 2018 condivide con i tanti amici la scoperta di una grave malattia e affronta questa nuova tappa con una rinnovata scelta di Dio, che gli dà profonda gioia, nonostante le forti sofferenze fisiche. Maria Voce, nel telegramma inviato alle comunità dei Focolari nel mondo, mette in risalto la sua vocazione di focolarino, il suo stile sobrio, chiaro e diretto che si rispecchia nella parola del Vangelo che gli propone Chiara da vivere: “Sia il vostro parlare: «Sì, sì», «No, no»” (Mt 5,37), e di come abbia vissuto in maniera straordinaria la malattia. L’ultimo tratto di vita di Marco ha lasciato tutti senza parole, nell’apparente impossibilità di stare al passo con il rapido peggioramento della salute che in soli due mesi lo ha portato, la mattina del 4 gennaio, a raggiungere la meta del Cielo. Al suo funerale c’erano persone di ogni genere, tutti legati a lui e tutti, in qualche modo, “in cordata” con lui a scalare non più solo le sue amate montagne, ma le vette della vita, accompagnati dal suo esempio autentico e luminoso.
Patrizia Mazzola
*La spiritualità dei Focolari (altro…)
Gen 11, 2019 | Vite vissute
Mons. Armando Bortolaso ci ha lasciati l’8 gennaio scorso dopo quasi 70 anni trascorsi nella “sua” amatissima terra, il Medio Oriente. Per 10 anni aveva ricoperto la carica di Vicario apostolico in Siria. Come si fa a resistere quasi settant’anni in una terra così martoriata? “Per il religioso non è una questione di luogo, ma di missione; bisogna esserci là dove le persone hanno più bisogno di essere amate”[1]. Mons. Armando Bortolaso descriveva così, nel 2013, il senso più profondo delle sue scelte come uomo, sacerdote e poi vescovo. Ci ha lasciati l’8 gennaio scorso a 91 anni nella Casa Salesiana El Houssein di Beirut dopo quasi 70 anni vissuti nella “sua” terra, il Medio Oriente. Nato in Veneto (Nord Italia) nel 1926, è approdato a Gerusalemme nel ’48. Entrato a far parte della famiglia Salesiana, ha celebrato la sua prima messa nel 1953 proprio nella Basilica del Santo Sepolcro per poi ricoprire incarichi diversi in Terra Santa, Libano e Siria. “Uomo del dialogo”, “vescovo in prima linea”, “tessitore di unità”: sono molti gli appellativi con
i quali lo si sta ricordando in questi giorni e che da soli offrono uno spaccato di quest’uomo umile, trasparente e con una fede incrollabile nell’unità, da lui vissuta e predicata quale unico destino dei popoli, in particolare dell’amatissimo popolo siriano, con cui ha vissuto ventidue anni, dieci dei quali svolgendo il servizio di Vicario apostolico. “La Siria è la mia seconda patria”, affermava in un’intervista. “Sapere che la ‘mia’ gente è straziata dal dolore, vedere Aleppo, terra benedetta, ridotta a un cumulo di macerie, e le chiese, le care antiche chiese cristiane distrutte, mi fa male al cuore. Anche perché è una tragedia che si svolge nell’indifferenza generale”[2]. Per la vasta conoscenza delle terre del Medio Oriente, Mons. Bortolaso aveva al contempo una capacità d’analisi lucida e disincantata sulle cause e le possibili vie di soluzione dei conflitti, ma anche una visione profetica e illuminata, frutto della sua fede incrollabile in un Dio d’amore, che non abbandona i propri figli anche nelle condizioni più disperate. Dal Libano, scriveva così a don Arrigo, sacerdote di Vicenza, all’indomani della guerra del 2006: “Tra le tante rovine di questa guerra stiamo assistendo ad una meraviglia nuova: tanti musulmani cercano e trovano un rifugio proprio presso i cristiani che, dimenticando le dolorose cicatrici della guerra civile passata, hanno accolto i rifugiati, fraternizzando con loro. Questa convivenza fraterna è un fatto nuovissimo, inimmaginabile fino a pochi anni fa: per ora è solo un piccolo seme, che però può diventare domani un cedro gigante, tale da estendere i suoi rami su tutto il Paese dei cedri”[3]. Mons. Bortolaso aveva conosciuto la spiritualità dei Focolari in Belgio alla fine degli anni ’60 e si può dire che l’unità e il dialogo siano stati la bussola della sua vita. Per molti anni è stato impegnato nella vita di comunione dei vescovi amici dei Focolari, tanto che è nato attorno a lui, in Libano, un gruppo di vescovi del Medio Oriente desiderosi di approfondirne la spiritualità dell’unità. Sempre in un’intervista sull’intricata situazione del conflitto siriano, affermava: “Ho sempre pensato che chi indirizza la propria vita all’unità, ha centrato il cuore di Gesù. Così, mi dicevo: “Tu non sei il vescovo dei latini soltanto, tu sei il vescovo di Gesù, e Gesù qui in Siria ha 22 milioni di anime”. Ho cercato di vivere l’unità sempre e con tutti: con i miei sacerdoti, con i religiosi, con i fedeli, con i vescovi e i cristiani delle altre Chiese, ortodosse e protestanti, con i musulmani”[4].
Stefania Tanesini
[1] http://www.famigliacristiana.it/articolo/mons-bortolaso.aspx [2] Idem. [3] http://www.webdiocesi.chiesacattolica.it/cci_new/PagineDiocesi/AllegatiTools/222/mons.%20Bortolaso.htm [4] http://www.famigliacristiana.it/articolo/mons-bortolaso.aspx (altro…)
Nov 26, 2018 | Focolari nel Mondo, Vite vissute
Si è spenta serenamente il 26 novembre 2018 all’età di 92 anni, Giulia (Eli) Folonari, una delle testimoni privilegiate della vita pubblica, ma soprattutto quotidiana, della fondatrice dei Focolari.
Era nata a Milano, nel nord Italia, l’8 febbraio 1926, primogenita degli otto figli di Luigi e Speranza Folonari, ricca famiglia di industriali di Brescia. Dopo la laurea in Economia e Commercio all’Università Cattolica del S. Cuore di Milano, a 25 anni Eli sente parlare per la prima volta del nascente Movimento da Valeria (Vale) Ronchetti. Lo stesso anno, mentre trascorre le vacanze non lontano da Tonadico (Trento), dove si stava svolgendo una delle prime Mariapoli, decide di parteciparvi insieme ai fratelli Vincenzo e Camilla. In quell’occasione conosce Chiara Lubich. Trasferitasi a Roma nel 1951, la accompagna in tutti i suoi viaggi in Italia, quindi in Sud America, Asia, Australia, Nord America, Europa. «Un’avventura divina – dirà in seguito –. Una lunga corsa per stare dietro a Chiara, di sorpresa in sorpresa». Sua confidente e consigliera nei difficili anni di studio del Movimento dei Focolari (Opera di Maria) da parte della Chiesa, segue, in particolare, gli sviluppi dei mezzi di comunicazione del Movimento: la fondazione del Centro audiovisivi intitolato a S. Chiara d’Assisi e, nel 1980, in Svizzera, la nascita di una “conferenza telefonica collettiva” che in breve si estende a tutte le nazioni dove sono presenti i Focolari. Nata come strumento per condividere la vita spirituale, le gioie, i dolori e le notizie, la “conferenza” si trasforma nel tempo, grazie all’evoluzione tecnologica, in collegamento via streaming e via satellite, ancora oggi chiamato CH (dal latino Confoederatio Helvetica) per ricordarne l’origine.
Eli è sempre accanto alla fondatrice dei Focolari in occasione degli incontri con le grandi personalità del tempo, da Paolo VI a Giovanni Paolo II, da Madre Teresa di Calcutta a Vaclav Havel e al Patriarca ecumenico di Costantinopoli, Athenagoras I. La sua testimonianza quale diretta testimone di questi eventi è contenuta nel volume “Lo spartito scritto in Cielo. Cinquant’anni con Chiara Lubich” (Città Nuova, 2012). Dalla sua fondazione, nel luglio 2008, e fino al 2014, Giulia Eli Folonari è responsabile del Centro Chiara Lubich, istituito per custodire il pensiero, la sua autenticità e diffondere il carisma, insieme alla storia del Movimento, attraverso incontri, conferenze e un sito web. Il Centro mette a disposizione degli studiosi e del pubblico il ricco patrimonio di documenti cartacei e multimediali che la fondatrice dell’Opera di Maria ha lasciato. Leggi anche: Lo spartito in cielo (altro…)