“Al-Salamu Alaikum’. “Pace a voi”. Mi chiamo Najiyyah. Sono una docente musulmana dell’Università Statale di Mindanao in Marawi, una città nella parte sud delle Filippine. Ho conosciuto il Movimento dei Focolari nel 2006. Sono convinta che una persona che abbia la pace interiore, indipendentemente dal suo credo religioso, possa accendere la pace nel mondo e sono felice di sentire che anche io posso contribuire nella costruzione di una comunità serena e armoniosa cominciando da me stesso. All’università il settanta per cento dei miei studenti non sono musulmani. Nonostante questo cerco sempre di tenere un’atmosfera serena e imparziale, cerco di amare tutti: i miei studenti, i miei colleghi e tutte le persone che incontro ogni giorno. Un giorno dovevo affrontare una studentessa di un’altra fede che mi aveva trattato un po’ male, ma ho cercato di non reagire. Sentivo di dover mettere da parte i miei pregiudizi e di vedere solo il bello in lei, anche se continuava a mettere in questione le mie competenze professionali e personali come giovane insegnante musulmana. Più tardi mi ha chiesto se ero veramente musulmana. Le ho risposto di sì. Meravigliata, mi ha detto che ero molto diversa dagli altri musulmani che lei conosceva. Da qui è iniziato un bellissimo rapporto. Una volta in aula stavamo discutendo il tema: “Turismo, un mezzo per la pace”. Quando lei ha cominciato ad esprimere il suo pensiero, ha detto che la pace è una scelta individuale e con tanta convinzione ha affermato che la pace doveva cominciare dentro di noi. Dentro il mio cuore ho sentito una gioia immensa perché sapevo che quella sua risposta non veniva dalla sua testa, ma che l’aveva vissuta, era un’esperienza che avevamo fatto insieme. Nell’Islam crediamo che il minimo che possiamo fare è non fare del male all’altro, anche con i nostri pensieri e con le nostre parole. Sento che se vivo bene questo aspetto della mia fede posso contribuire a portare la pace là dove sono. Come musulmana e come insegnante è molto importante per me vivere bene la mia fede, perché sento che le persone non solo mi guardano, ma imparano da me. Per questo cerco di sfruttare ogni occasione che ho. Sono membro di un’associazione giovanile che lavora anche per la pace. Una delle nostre iniziattive è di influire sui giovani, invitandoli a non pensare a quanto siano diversi dagli altri, ma a riunirsi e a parlare di ciò che possiamo cambiare, se lavoriamo insieme. Questo ci incoraggia ad abbracciare gli altri come nostri fratelli e sorelle indipendentemente dal credo religioso, cultura e stato sociale. La nostra associazione crede anche che ci sono alcuni modi in cui si può avere la pace; così, abbiamo proposto altre iniziative, come un’azione ecologica nel nostro campus universitario. Siccome tanti di noi sono ancora studenti, troviamo tutti un momento libero ogni settimana per incontarci e per fare le attività di pulizia. Incoraggiamo anche altri a partecipare. Adesso, sono ancora più convinta che un ambiente armonioso e sano riflette la pace tra di noi. Promuovere la pace è condividere il mio tempo, i miei talenti e il mio “tesoro” che è questo stile di vita. E’ questo il motivo per cui ho scelto di aiutare a chiarire piccoli conflitti nelle relazioni. Essere mediatore è una grande responsabilità. Devo mettere da parte i miei pregiudizi per ascoltare bene gli altri. Sempre vedo che il mio impegno personale per la pace e i sacrifici che faccio per averla, portano buoni frutti: si affrontano i problemi, i conflitti si risolvono e le relazioni si ricompongono. Ciò che ispira questo stile di vita è la spiritualità dell’unità del Movimento dei Focolari, fondato da Chiara Lubich: ho imparato e ho sperimentato che la pace è veramente frutto dell’unità. Avrò sempre una grande gratitudine a Chiara Lubich. La sua fedeltà alla sua fede cristiana mi ha portato a crescere sempre di più e ad essere una musulmana migliore, cercando di seminare semi di pace e di trasformare i posti in cui vivo, in frammenti di unità, amando Dio e il prossimo concretamente. Sono consapovole del fatto che non potrò mai fermare le ‘guerre’ a Mindanao da dove provengo, ma niente può fermare la speranza e la fede che un giorno tutto si risolverà. La strada per arrivare alla pace è lunga e dura, ma è un viaggio che vale la pena di fare perché so di non essere da solo. Sì, devo cominciare da me stesso, ma so che tanti altri giovani vogliono la pace. Se lavoriamo insieme, avremo mezzi migliori e più veloci per arrivare ai nostri obiettivi. Sì, forse non ci saremo quel giorno… ma dobbiamo cominciare! (N.A. – Esperienza raccontata a Let’s connect, incontro interreligioso all’interno dello Youth Festival, Giornata Mondiale dei Giovani – Sidney 2008)
Guardarsi attorno e aiutare
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