Movimento dei Focolari

L’avventura dell’unità: Gli inizi/1

Nov 24, 2013

Il prossimo 7 dicembre si compiono 70 anni dalla nascita del Movimento dei Focolari, l’avventura dell’unità, come la definì Chiara Lubich. Ripercorriamo la sua storia dagli inizi a Trento, durante la seconda guerra mondiale.

Silvia, questo il nome di battesimo di Chiara Lubich, nasce a Trento il 22 gennaio 1920, seconda di quattro figli, Gino, Liliana e Carla. Il padre Luigi, commerciante di vini, ex tipografo antifascista e socialista, irriducibile avversario politico di Benito Mussolini. La madre, Luigia, è animata da una forte fede tradizionale. Il fratello maggiore, Gino, dopo gli studi di medicina partecipa alla Resistenza nelle celebri Brigate Garibaldi, per poi dedicarsi al giornalismo, a scrivere sull’allora quotidiano del Partito Comunista, L’Unità. A 18 anni, Silvia ottiene a pieni voti il diploma di maestra elementare. Avrebbe desiderato studiare, e per questo tenta di essere ammessa all’Università Cattolica. Invano: finisce trentaquattresima su trentatré posti di ammissione gratuita disponibili. Sì, perché a casa Lubich non ci sono soldi sufficienti per permetterle di continuare gli studi in un’altra città. Silvia così è costretta a lavorare. Dall’anno scolastico 1940-1941 insegna all’Opera serafica di Trento. Il punto di partenza decisivo della sua esperienza umano-divina si rivelerà, nel 1939, un viaggio: «Sono invitata ad un convegno di studentesse cattoliche a Loreto – scrive Chiara –, dove è custodita secondo la tradizione, in una grande chiesa-fortezza, la casetta della Sacra famiglia di Nazareth… Seguo in un college un corso con tutte le altre; ma, appena posso, corro lì. Mi inginocchio accanto al muro annerito dalle lampade. Qualcosa di nuovo e di divino m’avvolge, quasi mi schiaccia. Contemplo col pensiero la vita verginale dei tre (…). Ogni pensiero mi pesa addosso, mi stringe il cuore, le lacrime cadono senza controllo. Ad ogni intervallo del corso, corro sempre lì. È l’ultimo giorno. La chiesa è gremita di giovani. Mi passa un pensiero chiaro, che mai si cancellerà: sarai seguita da una schiera di vergini». Tornata a Trento, Chiara ritrova la sua scolaresca e il parroco che tanto l’aveva seguita in quei mesi. Questi, appena la vede raggiante, una ragazza veramente felice, le chiede se ha trovato la sua strada. La risposta di Chiara è apparentemente (per lui) deludente, perché la giovane donna sa dire solo quali sono le vocazioni che non avverte come “sue”, cioè quelle tradizionali: né convento, né matrimonio, né consacrazione nel mondo. Nulla di più. Negli anni dalla visita a Loreto del 1939, e fino al 1943, continua a studiare, lavorare e impegnarsi al servizio della Chiesa locale. All’atto di farsi terziaria francescana, aveva assunto il nome di Chiara. Nel 1943, ormai ventitreenne, mentre si reca a prendere il latte a un paio di chilometri da casa, in località Madonna Bianca, al posto delle sorelline che avevano declinato l’invito della mamma per il troppo freddo, avverte, proprio sotto un ponte della ferrovia, che Dio la chiama: «Datti tutta a me». Chiara non perde tempo, e con una lettera chiede il permesso di compiere un atto di totale donazione a Dio, a un cappuccino sacerdote, padre Casimiro Bonetti. L’ottiene, dopo un colloquio approfondito. E il 7 dicembre 1943, alle 6 di mattina, si consacra. Quel giorno, Chiara non aveva in cuore nessuna intenzione di fondare qualcosa: semplicemente «sposava Dio». E questo era tutto per lei. Solo più tardi si attribuì a quella data l’inizio simbolico del Movimento dei Focolari. Continua: L’avventura dell’unità: Gli inizi/2

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