Emilio Pastacaldi
- Data di Morte: 26/07/2021
- Branca di Appartenenza: focolarino sposato
- Nazione: Italia
Papa Francesco ha indetto questa ricorrenza al 25 luglio per sottolineare la vocazione della Terza età. “Custodire le radici, trasmettere fede ai giovani e prendersi cura dei piccoli” sostiene Francesco nel suo messaggio. Per l’occasione abbiamo raccolto alcune esperienze di nonni e nipoti che testimoniano l’amore fra generazioni. “Quando tutto sembra buio, come in questi mesi di pandemia, il Signore continua ad inviare angeli a consolare la nostra solitudine e a ripeterci: ‘Io sono con te tutti i giorni’”. Nel suo messaggio per la prima Giornata mondiale dei nonni e degli anziani, che si celebra il 25 luglio 2021, Papa Francesco ha voluto dare un messaggio di speranza e vicinanza ai nonni e agli anziani di tutto il mondo. Vorrei che “ogni nonno, ogni anziano, ogni nonna, ogni anziana – specialmente chi tra di noi è più solo – riceva la visita di un angelo!” attraverso un nipote, un familiare, un amico. Durante questo periodo di pandemia abbiamo compreso quanto siano importanti gli abbracci, le visite, i gesti d’amore. Segni che si vivono quotidianamente fra nonni e nipoti o con i vicini di casa anziani. Martin, ad esempio, ha 8 anni ed è un Gen4 – i bambini dei Focolari – che vive in Uruguay. Abita vicino ad una anziana nonnina, che nel suo giardino coltiva fiori. Alcuni bambini qualche volta buttano il pallone nel suo giardino facendola arrabbiare, poi ridono di lei. Martin ha pensato che così non va bene e allora ha deciso di aiutare la signora. Ha preso una carriola e ha portato via le erbacce e i rifiuti dal giardino. La signora lo ha ringraziato e, ogni volta che l’aiuta, gli regala qualche soldino, che lui dà per i poveri. Nicola invece è nonno di 8 nipoti. Un giorno viene invitato da un Gen4 a parlare al catechismo sulla famiglia. Andando all’incontro si chiede come interessare i bimbi su questo argomento. Mentre cammina il suo sguardo è attirato da un nido caduto da un ramo e ormai abbandonato. Lo raccoglie e lo porta al catechismo. Che bella idea, ora spiega come nasce un nido ma anche come nasce una famiglia. Tutti hanno qualcosa da aggiungere e l’ora di catechismo passa in fretta. Rosaria ha 70 anni ed è una nonna che si dedica tanto sia per i propri nipoti che per i Gen4 della sua comunità locale. “Mi sembra sempre di fare poco – racconta – però mi accorgo che qualcosa passa, fanno delle esperienze che non mi aspetto. Per esempio Tommaso, a scuola riceve un graffio sulla guancia da una bimba. Quando la maestra se ne accorge, chiede perché non glielo avesse detto. E lui ha risposto scusando la compagna perché non lo aveva fatto apposta. Quando la maestra lo racconta ai genitori, rimangono stupiti positivamente perché non era mai successo un comportamento così”. Nonna Rosaria ha un segreto: prega ogni giorno per tutti i Gen4 e per tutti i bambini del mondo. “Credo che questa sia la cosa più importante”. Nonna Mary da New York racconta a Living city: “Qualche anno fa prima di Natale la nostra nipote Cecilia, allora undicenne, tornò a casa da scuola con una borsa piena di regali con i soldi che le aveva dato la mamma. Era così felice mentre ci mostrava quello che aveva preso per un paio di amici ed alcuni familiari. Mi meravigliavo con quanto amore avesse scelto quei regali! Ho iniziato a raccontarle com’era il mio Natale quando ero bambina e vivevo nelle Filippine. Eravamo abbastanza poveri. Dopo la messa di mezzanotte andammo a casa dei nostri vicini per cenare insieme. Ognuno di noi ricevette una mela rossa deliziosa come regalo di Natale. Era qualcosa di veramente speciale! Cecilia ascoltandomi, dice: “Davvero? Una mela rossa deliziosa?”. “Sì”, ho detto, “una mela rossa deliziosa!”. E appena suo padre è tornato a casa, gli ha detto: “Sai cosa ha ricevuto la nonna per Natale? Una mela rossa deliziosa!”. Il giorno di Natale, stavamo festeggiando nella nostra casa di New York con alcuni dei nostri figli e le loro famiglie. Mia nuora ha portato un cesto con la scritta “Buone Feste” con dentro una dozzina di mele, dicendo: “Cecilia mi ha chiamato e mi ha chiesto: ‘Compreresti 12 mele per la nonna, così che non ne abbia solo una ma 12 per Natale? Che regalo di Natale! Abbiamo scoperto più e più volte che non abbiamo bisogno di molti regali per amare Dio e gli altri a Natale. A volte basta una mela rossa e deliziosa”.
Lorenzo Russo
Videomessaggio del Papa per la prima Giornata mondiale dei nonni e degli anziani https://youtu.be/1qhzDGFl-6w (altro…)
Come l’àncora, che aggrappandosi ai fondali marini assicura ai naviganti la sicurezza, così è la speranza che ci tiene saldi a Dio e rinforza la nostra fede. Ora di francese Liceo, ora di francese. E l’insegnante non arrivava. Eravamo due classi insieme, non ci conoscevamo e nell’attesa cresceva il disagio. A questo punto, superando il timore di essere giudicato o deriso, ho preso l’iniziativa di condividere con i miei compagni alcuni fogli di poesie in francese, lingua nella quale sono abbastanza ferrato. Poi mi sono messo a scrivere sulla lavagna, sempre in francese, il “Padre nostro”. Intanto gli altri cominciavano a copiare il testo. Avevo appena finito di scrivere, quando è entrata l’insegnante, che, vedendo gli alunni silenziosamente intenti al lavoro, è rimasta sorpresa e quasi commossa. Risultato: ha dato un 10 – il voto più alto – all’intera classe. (Ralf – Romania) Il suicidio di un figlio Luca aveva 19 anni ed era fin troppo sensibile. Il male che a volte sembra prevalere nel mondo, lui stentava ad accettarlo. Quando si e suicidato, solo l’ancorarci a Dio e il sostegno di una comunità hanno portato conforto e speranza nella nostra famiglia. Ci siamo ritrovati come coppia a un livello più alto del nostro rapporto. Anche l’altro figlio, Enrico, ha reagito rendendosi utile agli altri e adesso lavora presso una comunità di giovani disadattati. Certo, col passare del tempo si avverte tanto l’assenza di Luca, ma un fatto ci ha dato forza. Un nostro amico ci ha riferito di un giovane ammalato di cancro: stanco di tutto, rifiutava la chemioterapia e preferiva lasciarsi morire. Gli ha parlato di Luca, che aveva frequentato il suo stesso istituto, e di come la sua tragica scomparsa avesse “svegliato” tanta gente ad essere più sensibile agli altri, e quel giovane, alla fine, ha accettato di riprendere la cura. Questo episodio ci ha fatto capire che la vita va avanti ed e stato di stimolo ad essere forti e a seminare speranza in quanti incontriamo. (Maurizio – Italia) La mia ambizione Dopo aver lavorato per anni in un complesso musicale di successo, con la crescita della famiglia avevo intrapreso un lavoro in un’agenzia culturale che organizzava concerti. Ma con l’imperversare della pandemia tante cose sono cambiate anche per me: pochi contratti, pochi spettacoli. Con un futuro sempre più incerto mi chiedevo come poter tirare avanti. Poi la telefonata di una persona che avevo conosciuto perché mi aveva aiutato nello scarico e carico degli strumenti: s’informava di come andassero le cose per me, se avevo bisogno di lavoro, dato che nel supermercato dove lui lavorava c’era carenza di personale. Ho accettato. Cosi dai rapporti con filarmoniche sono passato a segnalare ad una vecchietta disorientata lo scaffale dove trovare le uova o l’aceto… La grande lezione della pandemia è stata proprio questa: l’amore passa attraverso piccoli gesti silenziosi, e non proclami assordanti. Nella mia gioventù la vera ambizione era di diventare ricco… ora sono ricco su un altro livello: ho scoperto una dimensione più vera e più bella dell’umanità. (T. M. – Repubblica Ceca)
A cura di Lorenzo Russo
(tratto da Il Vangelo del Giorno, Città Nuova, anno VII, n.4, luglio-agosto 2021) (altro…)
Nella periferia della capitale della Repubblica Centrafricana è nata una scuola fondata da membri dei Focolari. Ad oggi accoglie più di 500 bambini, molti dei quali, dopo lunghi periodi di guerra, devono recuperare gli anni scolastici persi. Siamo a Bangui, capitale della Repubblica Centrafricana, Stato che si trova nella parte interna e centrale del continente africano, senza sbocchi sul mare. La capitale è situata a sud-ovest, in una zona di confine con la Repubblica Democratica del Congo. Quattro anni fa in un quartiere periferico di Bangui è nata una scuola materna ed elementare chiamata Sainte Claire (Santa Chiara), che attualmente ospita 514 alunni. È stata fondata dopo un appello che Papa Francesco e Maria Voce, presidente dei Focolari in quel momento, avevano lanciato: andare incontro ai bisogni della gente, in particolare verso le periferie. “Per noi il bisogno più urgente era l’educazione – spiega Bernadine, membro dei Focolari e direttrice presso la scuola Sainte Claire – perché, dopo lunghi anni di guerra, molti bambini avevano perso diversi anni di scuola. Potevamo quindi aiutarli a recuperare, per raggiungere il livello dei loro coetanei.”
Essendo situata in un quartiere di periferia, la scuola ha accolto fin da subito tanti bambini nati in famiglie fuggite dalla città, dove la guerra ha distrutto le loro case. “Vengono qui per rinascere, per ricominciare una nuova vita” – continua Bernadine. L’istituto Sainte Claire è cattolico e, fondato da membri del Movimento dei Focolari, cerca di trasmettere insegnamenti basati sulla cultura dell’Unità. La direttrice spiega: “ogni giorno inizia con le preghiere del mattino; poi lanciamo il dado dell’amore, sul quale si leggono delle brevi frasi per vivere bene la giornata. Il giorno dopo, prima di lanciare nuovamente il dado, si condividono le esperienze vissute il giorno prima. C’è chi ha aiutato la mamma a lavare i piatti, chi si è riappacificato con l’amico dopo un litigio,…” Al momento la guerra nel Paese è sospesa e la situazione a livello politico è più tranquilla. Rimangono però ancora molte conseguenze che hanno impatto sulla popolazione, tra le quali il coprifuoco dalle 20.00 alle 5.00 del mattino. Poi vi sono numerose complicazioni legate a fattori economici e sociali. Spiega Bernadine: “Pochi giorni fa, ad esempio, c’è stata una grande pioggia che ha danneggiato i cavi della corrente elettrica. Da quel momento abbiamo a disposizione l’elettricità solo per 2-3 ore al giorno. Questo cambia molto la vita delle persone: a partire dal cibo, che non può essere conservato. Per non parlare poi di tutti coloro che lavorano con la corrente: non possono portare avanti le loro attività per diversi giorni!” Poi si è aggiunta la pandemia. Nel 2020 l’istituto Sainte Claire ha dovuto concludere definitivamente l’anno a marzo invece che a giugno, avendo un forte impatto sull’educazione degli alunni, nuovamente rimasti senza scuola. Ma sono state dure anche le conseguenze a livello economico per tutto il Paese: le frontiere sono state chiuse e la Repubblica Centrafricana, priva di accesso al mare, ha avuto difficoltà con la consegna di merci dall’estero. Si è assistito dunque ad un forte aumento dei prezzi. Nonostante le difficoltà del momento, comunque, le attività della scuola sono riprese e proseguono: “durante la Settimana Mondo Unito di quest’anno (dal 1° al 9 maggio) i bambini hanno aiutato a costruire un campo sportivo, piantando i semi del prato, in modo da poterlo poi usare come luogo dove fare sport insieme tra qualche mese.” L’educazione, dunque, non si ferma, nemmeno in mezzo alle difficoltà: permette ancora di piantare nuovi semi di speranza, per un futuro migliore.
Di Laura Salerno
È un lavoro a due in perfetta comunione, che richiede da noi grande fede nell’amore di Dio per i suoi figli. Questa reciproca confidenza opera miracoli. Si vedrà che, dove noi non siamo arrivati, è veramente arrivato un Altro, che ha fatto immensamente meglio di noi. È grande sapienza trascorrere il tempo che abbiamo vivendo perfettamente la volontà di Dio nel momento presente. A volte, però, ci assalgono pensieri così assillanti, sia riguardo al passato o al futuro, sia riguardo al presente, ma concernenti luoghi o circostanze o persone, cui noi non possiamo direttamente dedicarci, che costa grandissima fatica maneggiare il timone della barca della nostra vita, mantenendo la rotta in ciò che Dio vuole da noi in quel momento presente. Allora, per vivere perfettamente bene, occorre una volontà, una decisione, ma soprattutto, una confidenza in Dio che può raggiungere l’eroismo. «Io non posso far nulla in quel caso, per quella persona cara in pericolo o ammalata, per quella circostanza intricata… Ebbene io farò ciò che Dio vuole da me in quest’attimo: studiare bene, spazzare bene, pregare bene, accudire bene i miei bambini… E Dio penserà a sbrogliare quella matassa, a confortare chi soffre, a risolvere quell’imprevisto». È un lavoro a due in perfetta comunione, che richiede da noi grande fede nell’amore di Dio per i suoi figli. Questa reciproca confidenza opera miracoli. Si vedrà che, dove noi non siamo arrivati, è veramente arrivato un Altro, che ha fatto immensamente meglio di noi. L’atto eroico di confidenza sarà premiato; la nostra vita, limitata ad un solo campo, acquisterà una nuova dimensione; ci sentiremo a contatto con l’infinito, cui aneliamo, e la fede, prendendo nuovo vigore, rafforzerà la carità in noi, l’amore. Non ricorderemo più che significhi la solitudine. Balzerà più evidente, anche perché sperimentata, la realtà che siamo veramente figli di un Dio Padre che tutto può.
Chiara Lubich
(da Ogni momento è un dono, Città Nuova, 2001, pag. 12) (altro…)
L’esperienza del focolare di Manaus in aiuto per i senzatetto. Un modo per essere Chiesa in uscita e andare nelle periferie esistenziali e cercare i più bisognosi Qualche mese fa, un focolarino del focolare di Manaus, in Brasile, ha sentito il desiderio di fare qualcosa per aiutare le persone in difficoltà. Così si è messo in contatto con vari sacerdoti e suore per mettersi a disposizione. Dopo circa un mese è nata la possibilità di dare una mano per la “pastorale del popolo di strada”, cioè per aiutare i senzatetto. E’ stato coinvolto tutto il focolare: Renzo, Daniel, Francisco, Valdir e Junior. Ogni domenica sera nella piazza della chiesa “Nossa Senhora dos Remedios”, nel centro storico della città, uno di quei luoghi molto affollati durante il giorno e pericolosi di notte, aiutiamo nella breve “Celebrazione della Parola”, poi diamo ai senzatetto un pasto e stiamo con loro per ascoltarli. Loro pregano con noi e mettono in comune quello che vivono durante la settimana. Qualche volontario dà loro un pasto e se ne va velocemente. I senzatetto ci riconoscono e ci ringraziano, perché per loro lo stare insieme, pregare, parlare, comunicare le proprie vite, essere ascoltati sazia l’anima quanto i pasti saziano le pance. Varie volte ce lo hanno detto. La nostra presenza è dettata dall’amore, dall’essere sempre disponibili per scambiare qualche parola e creare rapporti con tutti, anche col team della pastorale. Ma tutto ciò non basta. Così ogni venerdì pomeriggio, ci offriamo per aiutare i senzatetto per fare una doccia o un cambio di vestiti, donati da persone generose. Abbiamo coinvolto anche la comunità dei Focolari per raccogliere vestiti, scarpe, ciabatte… ed è bello vedere la sensibilità verso quest’azione e ricevere echi molto positivi ogni volta che comunichiamo questa esperienza: tanti ci incoraggiano a continuare o vengono ad aiutarci. Con il lockdown per il covid purtroppo si sono interrotte varie attività in aiuto dei più poveri. Ci siamo quindi incontrati online per capire cosa fare ed era presente anche l’Arcivescovo Mons. Leonardo Steiner, il quale colpito dalla situazione, ha donato una somma di denaro per continuare ad offrire un pasto al giorno, durante 20 giorni, per duecento persone, divisi in due grandi piazze del centro storico. Certamente lavorare per due o tre ore con tutte le attrezzature di sicurezza necessarie ed il caldo di Manaus è faticoso, ma è anche un modo concreto di andare nelle periferie esistenziali, a cercare i più bisognosi, i prediletti dal Padre, offrendo il dolore di poter fare così poco davanti a questi volti di Gesù Abbandonato con tantissime necessità e noi che non possiamo fare di più per loro, oltre a dare un sorriso, l’ascolto, il nostro amore. La provvidenza poi non manca: dalle autorità del Ministero Pubblico (del lavoro), ci hanno cercato per donarci soldi e risorse per garantire trecento pasti per 15 giorni in più. Questo significa più lavoro per noi volontari, ma non si può dire di no ad una provvidenza tale e poi crediamo che Dio si manifesterà per darci energie, salute o altri volontari per aiutarci.
I focolarini del focolare di Manaus
Si avvicina la prima giornata mondiale dei nonni e degli anziani indetta da Papa Francesco per il 25 luglio 2021. I nonni Sarah e Declan O’Brien ci raccontano come vivono il loro dialogo con i nipoti che non hanno mai conosciuto Dio. Sono stata profondamente influenzata nel mio percorso di fede da mio nonno. Veniva da una famiglia tradizionale irlandese che si stabilì nello Yorkshire alla fine del 1800. Alla fine divenne, grazie al suo duro lavoro e alla sua natura onesta, un uomo d’affari rispettato e di successo a Bradford. Essenzialmente, era un uomo di Dio e amava la chiesa, ma non parlava molto di queste cose. La cosa che ho notato di lui era il suo amore per tutti e il suo amore gentile per me, sua nipote. Il suo modo di vivere ha avuto un grande effetto su di me e ha influenzato molto le decisioni che ho preso in seguito. Ora io e mio marito Declan siamo nonni! I genitori dei nostri quattro nipoti hanno scelto di non educare i loro figli alla fede in Dio. Noi rispettiamo le loro decisioni mentre cerchiamo di scoprire nuovi modi per trasmettere i valori della fede, offerti con creatività, divertimento e amore. Uno è quello di passare del tempo con i nostri nipoti dove vivono a Parigi. Papa Francesco ci dice: “Il tempo è più grande dello spazio”. Poiché i nostri quattro nipoti vivono all’estero, il tempo che passiamo con loro è ancora più importante. In questo tempo trascorso insieme, cerchiamo di amare i nostri nipoti con pazienza, tenerezza, gentilezza, misericordia e perdono. Anche noi sperimentiamo il loro amore e la loro misericordia. Naturalmente, siamo lontani dalla perfezione e facciamo molti errori lungo la strada, e nella vita familiare non possiamo nasconderci dietro una maschera. I nostri nipoti possono vedere la nostra autenticità o la mancanza di essa. Quando andiamo a trovarli ci sediamo tutti insieme intorno al tavolo per la cena. Ma a volte nostro figlio, una persona che ci impressiona per il suo amore verso tutti, instaura discussioni polemiche con noi. I nostri nipoti possono vedere come rispondiamo a queste situazioni, se cerchiamo solo di guadagnare punti l’uno sull’altro o se cerchiamo di avere un vero dialogo. Spesso non ci riusciamo, ma quando proviamo a metterci nei panni di nostro figlio, ascoltando bene, perdonandolo per alcune osservazioni oltraggiose, versandogli un altro bicchiere d’acqua, portando una luce positiva alla discussione, quando riusciamo in queste cose, e le nostre azioni sono ispirate dall’amore, questo speriamo sia notato dai nostri nipoti. Un secondo modo per trasmettere la nostra fede è condividere cose importanti con i nostri nipoti. Passare del tempo con loro ci permette di parlare, quando è il momento, “di cose importanti con semplicità e preoccupazione” (Amoris Laetitia 260). Cerchiamo di avere il coraggio di dire ciò che è veramente importante per loro. E anche loro possono parlare con noi, se siamo lì per ascoltarli, di cose importanti. E così riusciamo a vivere brevi dialoghi con loro, come tra amici. “Niente lunghe prediche, bastano poche parole”, dice Chiara Lubich, fondatrice dei Focolari. Una terza via è la preghiera. Non siamo in grado di pregare con i nostri nipoti, ma naturalmente possiamo pregare per loro. E quando usciamo insieme per una passeggiata, a volte possiamo visitare una chiesa. Una volta siamo capitati in un’adorazione eucaristica dove hanno ricevuto la benedizione. Abbiamo goduto con loro del silenzio di stare in chiesa. Si accorgono che andiamo a messa e qualche volta hanno chiesto di venire con noi. I nostri nipoti non leggono storie della Bibbia, ma a Natale abbiamo ricevuto un bel libro pop-up per bambini e ho letto ai nostri due nipoti la storia del Natale, che non avevano mai sentito. Forse l’unica Bibbia che possono leggere è attraverso di noi. La nostra speranza, la nostra gioia, il nostro amore possono essere la loro buona notizia, “una fonte di luce lungo il cammino”, come ha scritto Papa Francesco nell’Amoris Laetitia (290).
Sarah e Declan O’Brien
Pubblicato per la prima volta su Living City e condiviso all’Incontro Mondiale delle Famiglie 2018 a Dublino (altro…)
“Nella fede l’uomo mostra chiaramente di non contare su sé stesso ma di affidarsi a Chi è più forte di lui” scrive Chiara Lubich meditando un passo evangelico. Momenti di buio, apatia, ricordi dolorosi posso diventare occasione per approfondire il rapporto con Dio, per manifestarGli la nostra fiducia in Lui, anche nelle difficoltà. Il bisogno di un padre Con i genitori divisi da quando avevo tre anni, ho avuto una vita segnata dalla mancanza di un padre. Introverso e ribelle, me la prendevo con tutti; non sapevo a chi rivolgermi per parlare delle mie cose, avevo l’impressione che anche mia madre non mi capisse più. Avevo 15 quando la mia prof di religione, senza farmi prediche, mi ha messo in contatto con un gruppo di ragazzi impegnati. Ho cominciato a partecipare ad alcune loro iniziative in favore dei bambini dei quartieri poveri. Mi trovavo così bene con loro che non li ho lasciati più. Un’esperienza di qualche mese a O’Higgins, la cittadella dei Focolari, mi ha spalancato orizzonti nuovi, uno scopo per cui vivere: contribuire a fare il mondo più bello. La proposta di amare tutti ha suscitato pian piano in me un pensiero: “E papà? Cosa farà ora? Avrà sentito la mia mancanza, dopo tanti anni di silenzio?”. Non ho avuto pace finché non sono andato a cercarlo nella nostra vecchia casa. Quasi non mi riconosceva. Era invecchiato, un uomo stanco. Ci siamo guardati negli occhi, il passato dietro le spalle. (Luis – Argentina) Mi stavo innamorando Cantautrice senza successo, ero piombata in un’apatia totale. In quel periodo nero ho rinnegato tutto ciò in cui avevo creduto. Dio lo consideravo una palla al piede per me sia come musicista che come donna, per cui me ne sono liberata vivendo come se lui non esistesse. Questo, fino alla telefonata di Carmine, un amico attore che aveva bisogno di una mia collaborazione per una commedia alla quale stava lavorando. In partenza per Bologna, mi ha convinta a prendere il treno con lui per parlarne durante il viaggio. Io pero l’ho inondato di tutta la mia storia: avevo cosi voglia di aprirmi, e lui mi ascoltava così bene. E che… mi stavo innamorando. Quell’anno abbiamo lavorato insieme. Io ho scritto le musiche e lui ne curava la regia. Poi, d’improvviso, Carmine si è sentito male. Con la paura di perderlo, mi sono trovata faccia a faccia con quel Dio che facevo finta di ignorare. Ma ora non lo sentivo più un estraneo. L’amore aveva ammorbidito il mio cuore e quel dolore lo irrigava, gli dava tutta quella fecondità che prima andavo cantando nelle mie canzoni. (Chiara – Italia) Liberata da un peso Un’offesa ricevuta anni fa, poi andata nel dimenticatoio, mi e tornata in mente incontrando la persona “colpevole”. Non ricordavo tanto quell’uomo, ma piuttosto mio marito che non mi aveva difesa. I sentimenti di dolore e umiliazione erano ancora vivi sotto la cenere e non sono riuscita a trattenere lo sfogo su di lui. Poi un pensiero: “Siate misericordiosi come il Padre vostro e misericordioso”. Mi sembrava che Gesù mi dicesse: “Come vorresti dare tutto a me se sei ancora ricca di questi ricordi dolorosi?” Parole forti, ma vere. Finalmente Dio con la sua grazia mi ha aiutata a fare il passo di perdonare. La misericordia del Padre mi ha liberata da questo peso. (Bernadette – Svizzera)
A cura di Lorenzo Russo
(tratto da Il Vangelo del Giorno, Città Nuova, anno VII, n.4, luglio-agosto 2021) (altro…)
La sua musica si diffondeva nella sala dell’aeroporto tra l’indifferenza della gente. Un gioco di sguardi e di sorrisi. Sono i misteri dei buoni rapporti, capaci di generare reciprocità. Piccoli gesti che ti fanno condividere qualcosa con l’altro e sentirti parte di una stessa umanità. Ero di ritorno in Paraguay dopo tanti anni trascorsi in Europa. Mi commossi quando intravidi la terra rossa e il verde, così tipici, mentre l’aereo cominciava la discesa per l’atterraggio. L’aeroporto internazionale, Silvio Pettirossi, non era cambiato di molto. La prima impressione, uscendo dal velivolo, fu il calore soffocante che mi portava dei ricordi lontani e tanto amati. Anziché provare asfissia lo colsi come fosse un caloroso abbraccio da parte di tante persone care che avrei trovato.
Mentre attendevo che uscisse il mio bagaglio nella grande sala adibita per le partenze e gli arrivi, nella zona raccolta bagaglio, dove ci sono negozi duty free e un bar, le mie orecchie furono invase dalle meravigliose note di un’arpa paraguaiana. Cercai con lo sguardo l’origine della musica. Ed era lì, seduto davanti al bar, come abbracciato al suo grande strumento musicale, un uomo dal volto sereno e dai tratti indigeni: l’arpista paraguaiano. La sua musica si diffondeva nella sala, riempiendola di armonia e di gioiose note di una polka paraguaiana. Mi colpirono la sua discrezione e l’indifferenza della gente, come fosse abituata alla musica dell’arpista. Come se facesse parte della scenografia, come il bar, i negozi o la zona per riprendere i bagagli. L’uomo sembrava rassegnato nel toccare delle note così belle, senza che nessuno – in apparenza – si accorgesse della sua presenza. Istintivamente cercai nelle mie tasche e ricordai di avere messo da parte cinque dollari per la mancia da dare a chi si sarebbe offerto all’uscita (in genere, dei ragazzi), per portare la mia valigia fino alla macchina che sarebbe venuta a prendermi. Mi avvicinai all’arpista con discrezione, lo guardai con gratitudine, e lasciai i cinque dollari nel cappello che aveva davanti a sé, con il timore di urtare la sua sensibilità, conscio che la sua musica valeva molto di più. Fu un gesto semplice, ma ci misi l’intenzione di ringraziarlo e di riconoscere il suo talento, anche a nome di chi non lo notava. Trascorsero tre settimane indimenticabili, piene di incontri con gente tanto amata, e … mi ritrovai nella stessa sala dell’aeroporto, ora però in attesa di riprendere l’aereo che mi avrebbe riportato a Montevideo, dove risiedevo. Salutavo ancora i miei amici che, dal vetro, vedevo che continuavano ad agitare le mani, quando le mie orecchie furono sorprese dalle note di … La cumparsita! Il tango che acquisì popolarità grazie all’impareggiabile voce di Carlos Gardel. Ma che cosa era successo? Eravamo nel Paraguay, dove si esegue e si ascolta musica paraguaiana. Da dove arrivavano le note di quel tango? Cercai con lo sguardo, preso da un palpito. Ed era sempre lì, davanti al bar, seduto e con la sua inseparabile arpa, che mi guardava con un sorriso complice, come a dire: “Ti è piaciuta la sorpresa?”. Io risposi: “Che ero contentissimo”, con un altro sorriso complice, ma con lo sguardo interrogante chiedendo come avesse fatto a riconoscermi – tra tanta gente che passa da quella sala –, e ancora, come avesse indovinato che fossi argentino! Sono i misteri dei buoni rapporti, capaci di generare reciprocità. Sono dei piccoli gesti che ti fanno condividere qualcosa con l’altro e sentirti parte di una stessa umanità. Da allora, ogni volta che mi vide arrivare alla sala delle partenze e degli arrivi, con la zona bagagli e i negozi duty free … interruppe la sua polka e cominciò a suonare un tango sempre diverso, dedicato al suo amico argentino.
Gustavo E. Clariá
Nel giugno del 1944 Chiara Lubich si trova a Trento da sola dopo che la sua famiglia, in seguito al bombardamento del 13 maggio 1944 che aveva sinistrato la loro casa, era sfollata nelle montagne trentine. Chiara era rimasta in città per seguire le giovani che avevano seguito il suo ideale. Le lettere di quel periodo furono il primo legame nella nascente comunità del Movimento. Sorellina mia nell’Immenso Amore di Dio! Ascolta, ti prego, la voce di questo piccolo cuore! Tu sei stata con me abbagliata dalla luminosità infuocata di un Ideale che tutto supera e tutto riassume: dall’Infinito Amore di Dio! Oh! Sorellina mia: è Lui, Lui il mio e il tuo Dio che ha stabilito fra noi un comune legame forte più della morte, perché mai si corrompe; uno come lo spirito; immenso, infinito, dolcissimo, tenace, immortale come l’Amore di Dio! È l’Amore che ci fa sorelle! È l’Amore che ci ha chiamate all’Amore! È l’Amore che ha parlato profondo nei nostri cuori e ci ha detto così: “Guardati attorno: tutto al mondo trapassa; ogni giornata ha la sua sera, ed è subito qui ogni sera; ogni vita ha il suo tramonto, ed è qui subito anche il tramonto della tua vita! Eppure non disperare: sì, sì, tutto trapassa, perché nulla di quello che vedi e che ami t’è destinato in eterno! Tutto trapassa e lascia solo rimpianto e nuova speranza!». Eppure non disperare: la tua Speranza costante, che oltrepassa i limiti della vita, ti dice: «Sì, c’è quel che tu cerchi: c’è nel tuo cuore un anelito infinito ed immortale; una Speranza che non muore; una fede che rompe le tenebre della morte ed è luce a coloro che credono: non per nulla tu speri, tu credi! Non per nulla!”. Tu speri, tu credi – per Amare. Ecco il tuo futuro, il tuo presente, il tuo passato: tutto è riassunto in questa parola: l’Amore! Sempre hai amato. La vita è una continua ricerca di desideri amorosi che nascono in fondo al cuore! Sempre hai amato! Ma troppo male hai amato! Hai amato quello che muore ed è vano e nel cuore solo la vanità è rimasta. Ama ciò che non muore! Ama Colui che è l’Amore! Ama Colui che nella sera della tua vita guarderà solo il tuo piccolo cuore: sarai sola con Lui in quel momento: terribilmente infelice colui che avrà il cuore pieno di vanità, immensamente felice colui che avrà il cuore ricolmo dell’infinito Amore di Dio! […]
Chiara Lubich
(Chiara Lubich, C’è quel che tu cerchi, giugno 1944, in Lettere dei primi tempi, Città Nuova, 2010, pag. 48-50) (altro…)