Mar 1, 2021 | Chiara Lubich
Cercare l’amore e fuggire dal dolore: ecco un meccanismo quasi naturale dell’esistenza umana. Con il messaggio della croce il cristianesimo, invece, insegna che l’amore vero e profondo passa per il dolore. Chi capisce bene la croce – dice Chiara Lubich nel seguente testo – vi trova una chiava alla pienezza di vita. «Prenda la sua croce…» (Mt 16,24). Strane e uniche queste parole. E anche queste, come le altre parole di Gesù, hanno qualcosa di quella luce che il mondo non conosce. Sono così luminose che gli occhi spenti degli uomini, e anche dei cristiani languidi, restano abbagliati e quindi accecati. […] E forse tutto l’errore sta qui: che nel mondo non è capito l‘amore. Amore è la parola più bella, ma la più deformata, la più deturpata. […] Forse attraverso l’amore materno qualcosa s’intende, perché l’amore di una madre non è solo carezze, baci; è soprattutto sacrificio. Così Gesù: l’amore l’ha spinto alla croce, che da molti è ritenuta pazzia. Ma solo quella follia ha salvato l’umanità, ha plasmato i santi. I santi infatti sono uomini capaci di capire la croce. Uomini che, seguendo Gesù, l’Uomo-Dio, hanno raccolto la croce di ogni giorno come la cosa più preziosa della terra, l’hanno alle volte brandita come un’arma diventando soldati di Dio; l’hanno amata tutta la loro vita e hanno conosciuto ed esperimentato che la croce è la chiave, l’unica chiave che apre un tesoro, il tesoro. Apre piano piano le anime alla comunione con Dio. E così, attraverso l’uomo, Dio si riaffaccia sul mondo, e ripete – sia pur in modo infinitamente inferiore, ma simile – le azioni che fece un giorno Lui quando, uomo tra gli uomini, benediceva chi lo malediceva, perdonava chi lo insultava, salvava, guariva, predicava parole di Cielo, saziava affamati, fondava sull’amore una nuova società, mostrava la potenza di Colui che l’aveva mandato. Insomma la croce è quello strumento necessario per cui il divino penetra nell’umano e l’uomo partecipa con più pienezza alla vita di Dio, elevandosi dal regno di questo mondo al Regno dei Cieli. Ma occorre «prendere la propria croce…» (Mt 16,24), svegliarsi al mattino in attesa di essa, sapendo che solo per suo mezzo arrivano a noi quei doni che il mondo non conosce, quella pace, quel gaudio, quella conoscenza di cose celesti, ignote ai più. […] La croce, emblema del cristiano, che il mondo non vuole perché crede, fuggendola, di fuggire al dolore, e non sa che essa spalanca l’anima di chi l’ha capita sul regno della Luce e dell’Amore: quell’Amore che il mondo tanto cerca, ma non ha.
Chiara Lubich
Chiara Lubich, La dottrina Spirituale, Milano 2001, pag. 133 (altro…)
Feb 27, 2021 | Famiglie, Focolari nel Mondo
“Abbiamo imparato ad amarci senza chiedere nulla in cambio, come fa Dio” “A poco a poco ci siamo innamorati l’uno dell’anima dell’altro. Ci troviamo in una pienezza d’amore mai sperimentata, neanche quando eravamo fidanzati, e questo è possibile perché ora ci amiamo nella libertà, senza chiedere nulla in cambio, come fa Dio”. Nacho e Fili vengono dal Messico, sono sposati da 30 anni e hanno due figli. Raccontano che il loro amore sia nato davvero solo dopo aver fatto la scoperta che Dio è Amore e che ha amato l’uomo fino a dare la vita per lui. Nel misurarsi con un dono così grande hanno compreso che avrebbero potuto superare i limiti rispettivi e sanare le ferite che avevano lacerato il loro rapporto. Una scoperta che ha dato senso al percorso di ciascuno e li ha resi capaci di amarsi reciprocamente fino a donarsi l’uno all’altra. La loro storia, fino ad un certo punto, somiglia a quella di tante coppie. Due persone che si sentono innamorate e decidono di sposarsi, portando “in dote” ciascuna un vuoto interiore che mina le fondamenta di ogni progetto. Un vuoto che sperano di colmare sommando le piaghe rispettive: è la premessa di un abisso che porta ulteriore disgregazione. “Mio padre aveva un’altra moglie e altri figli – racconta Fili – e soffrivo per questo. Desideravo quindi sposarmi e avere una famiglia stabile”. “Anch’io da piccolo ho sofferto per l’assenza di mio padre e la poca attenzione di mia madre – continua Nacho – Io e Fili abbiamo unito le nostre solitudini, ma volevamo comare questi vuoti senza aver conosciuto l’amore vero. Presto ci siamo accorti dell’assenza di questo amore fra noi”. I problemi infatti arrivano presto. Per la gelosia di Fili, Nacho è costretto a cambiare spesso lavoro e il rancore che questo causava portava tensioni. A farne le spese erano anche i figli: “L’amore per loro era grande ma non sapevamo educarli nell’amore, né far loro amare Dio”. A 15 anni dal loro matrimonio i due si separano: Nacho è deluso e sente che la relazione è spezzata; Fili non riesce a perdonare il marito. “Sembrava che niente ci unisse più – ricordano – che non c’era più amore”. Poi l’evento che cambia direzione alla storia. Una sera, guardando la tv, Nacho rimane colpito da una donna, Chiara Lubich, fondatrice dei Focolari, che parla di amore fraterno. Vede le immagini della cittadella del Movimento in Messico, chiamata El Diamante. È vicino casa loro, una domenica vanno a messa lì e vengono invitati alla Mariapoli, un incontro dei Focolari. Non immaginano che l’invito a seguire il Vangelo possa essere per loro rivoluzionario: “‘Perdona fino a settanta volte sette” (Matteo 18:21-22) è la frase che sono chiamati a vivere nel quotidiano. “Ci hanno parlato di Gesù abbandonato – racconta Fili – di come Egli perdonò e diede la vita per noi. Ho capito che di fronte a ciò i miei dolori erano piccoli. Dio aveva già perdonato mio marito, e la Sua volontà per me era che io perdonassi. L’ho fatto e ho sperimentato che è possibile rinascere”. “Siamo imperfetti e diversi – osserva infine Nacho – ma ho imparato ad avere fiducia in quel Dio che fa sì che tutto sia possibile”.
Claudia Di Lorenzi
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Feb 23, 2021 | Focolari nel Mondo, Sociale
Un centro sociale in Bolivia offre sostegno a 220 bambini e a famiglie in difficoltà. La storia di Silvio: accolto quando era bambino, oggi lavora per l’associazione che lo ha salvato. Silvio vive a Cochabamba, ha 10 fratelli, il papà minatore è morto quando lui aveva ancora 10 anni. Da quel momento la madre ha dovuto crescere da sola gli 11 figli: vivevano in una stanza 4 metri x 5 all’interno di un quartiere in cui droga e furto erano le principali attività dei ragazzini. Adesso Silvio lavora per la Fondazione Unisol, la stessa associazione benefica che un giorno ha salvato lui e i suoi fratelli dalla strada. Questa fondazione è supportata anche da AFN (Associazione Azione per Famiglie Nuove), una ONLUS che offre, attraverso programmi specifici di Sostegno a Distanza, servizi mirati a supportare il minore in ambito scolastico, alimentare e medico, occupandosi anche del contesto famigliare e comunitario a cui il minore appartiene, affinché possa crescere il più possibile in un ambiente sano. La realizzazione di questi programmi è coordinata a distanza con personale locale competente. Ma cosa fa in concreto la fondazione? Lo abbiamo chiesto proprio a Silvio, la cui storia è intrecciata con quella di Unisol che oggi offre sostegno a 220 bambini e famiglie in difficoltà. Ci racconti qualcosa della tua famiglia e della tua infanzia? “Siamo una famiglia molto numerosa, in tutto siamo 11 figli. All’inizio vivevamo a Quillacollo, uno dei quartieri più pericolosi di Cochabamba (città tra le più popolose in Bolivia). Mio padre lavorava in una miniera. E’ morto per un tumore quando avevo 10 anni, e da quel momento mia madre si è fatta carico di tutto, e ci ha cresciuti da sola. Per la prima volta è stata costretta a cercarsi un lavoro ed è stata assunta come addetta alle pulizie nella scuola di un’altra città. Per agevolare gli spostamenti le hanno offerto di vivere all’interno della scuola, nella portineria: una piccola stanza di 4×5 metri in cui vivevamo in 8 persone. Il quartiere in cui ci siamo trasferiti è meglio di quello precedente, ma è comunque molto pericoloso. Spesso le famiglie non possono occuparsi dei figli, perché lavorano tutto il giorno, e i ragazzini entrano facilmente nel giro della droga, quindi spacciano o rubano per pagarsi le dosi. Molti dei miei compagni che frequentavano la scuola sono finiti nelle gang. E io parlavo con loro, anche coi più pericolosi. Non volevo di certo farmi nemico qualcuno che poi avrebbe potuto vendicarsi con me o con la mia famiglia! Alcuni dei miei amici si drogavano parecchio. E ne offrivano anche a me. Ma io ho sempre rifiutato, soprattutto per il rispetto che avevo nei confronti di mia mamma, che si sacrificava per tutti noi figli, e io l’ho sempre ammirata moltissimo.” Ma un giorno qualcosa è cambiato… “Sì. Un giorno sono arrivate a scuola alcune persone del Movimento dei Focolari che hanno offerto a mia mamma un aiuto per noi figli. Ci davano merende e dolci, ci facevano giocare, ci ascoltavano, ci davano quello di cui avevamo bisogno. E noi ci sentivamo felici, finalmente. Poi, man mano siamo diventati sempre più numerosi è nata l’idea di trovare uno spazio, che non fosse la strada, dove giocare, studiare, stare insieme. E’ nato così il centro Rincòn de Luz (Angolo di Luce) a Cochabamba. Accanto a questo poi sarebbe nato anche il centro Clara Luz (Luce chiara), a Santa Cruz. Questo spazio ha cambiato le nostre vite; ad esempio una delle mie sorelle è sordo muta. Era impossibile trovarle un lavoro, e non avevamo soldi per farla studiare. Ma grazie agli aiuti che abbiamo ricevuto dai donatori della Fondazione, ha potuto formarsi e anche lei adesso ha una professione”. Cosa fa concretamente la Fondazione Unisol? “Aiuta i più indigenti, in particolare le famiglie. Fornisce loro cibo, medicine e materiale scolastico; offre anche supporto educativo con il doposcuola per i bambini; organizza momenti ricreativi, pranzi, merende, workshop per insegnare loro alcune attività pratiche e manuali, di sensibilizzazione al riciclaggio e all’ambiente, formazione personale, condivisione di esperienze,… Dopo aver fatto l’esperienza di essere accolto dalla Fondazione, ora sei tu stesso ad accogliere bambini e famiglie in difficoltà. Cosa ti spinge a restare? “Innanzitutto devo spiegarti un po’ il contesto: ad ottobre 2019 in Bolivia si sono tenute le elezioni presidenziali. Subito dopo c’è stata una crisi politica che ha notevolmente ridotto l’erogazione dei fondi agli organismi pubblici, poi è arrivata la pandemia. La situazione si è aggravata: molti medici e operatori sanitari hanno smesso di lavorare per paura del contagio; chiunque accettasse di lavorare in ospedale riceveva stipendi alti. E’ stato a questo punto che ho ricevuto una proposta di lavoro molto vantaggiosa. Ero tentato: a chi non sarebbe piaciuto avere qualche comodità in più? Ma poi mi sono reso conto che i soldi non mi avrebbero reso felice. Ho capito che vivere per gli altri mi avrebbe fatto felice: dovevo continuare a Rincòn de Luz..” Come è cambiato l’aiuto alle famiglie con la pandemia? E c’è qualcosa che vorresti dire in particolare a chi verrà a conoscenza della Fondazione Unisol? “La pandemia ha colpito duramente le famiglie. Molti vendevano oggetti o alimenti in strada, e adesso non lo possono più fare, smettendo di guadagnare. Molti stanno perdendo la speranza di risollevarsi da questa situazione. Inoltre, ci sono stati molti divorzi e anche questo ha tante conseguenze sui bambini che accogliamo. Anche mia mamma in questo momento ha accolto in casa un bambino, figlio di una coppia che si è appena separata e che non ha praticamente più nulla. Quello che noi facciamo è questo, esserci per tutto quello che serve a queste famiglie. Purtroppo non abbiamo le risorse per arrivare ad un numero più grande di persone, anche se è quello che vorremmo fare. Le famiglie che seguivamo prima, continuiamo ad aiutarle. Oltre al resto, cerchiamo di offrire loro anche un luogo dove potersi distrarre, perché la situazione è davvero molto pesante. Ma quelle che avrebbero bisogno di un sostegno sarebbero molte di più, per questo invito quanti stanno conoscendo la Fondazione Unisol, a dare una mano, incominciando da chi ci sta accanto, che magari non conosciamo, ma che ha bisogno del nostro tempo, della nostra attenzione e del nostro amore.”
A cura di Laura Salerno
Intervista di Laura Salerno a Silvio: (scegliere sottotitoli in italiano) https://youtu.be/UVTztN2UoUE Contatti: www.fundacionunisol.org Facebook: @Fundaciónunisol https://www.afnonlus.org/ Facebook: @afnonlus Instagram: @afn.onlus (altro…)
Feb 22, 2021 | Chiara Lubich
La scelta più radicale nella vita di Chiara Lubich è stata quella di amare Gesù soprattutto nel suo più grande dolore: il suo abbandono sulla croce. Ma amare “Gesù Abbandonato” significa di conseguenza, amare soprattutto quei prossimi che sentiamo più “lontani” da noi. “Chiunque s’adira contro il proprio fratello è sottoposto a giudizio”[1]. […] Si ritorna all’amore al fratello. Ed è utile, è necessario, è bello per noi riconsiderarlo. Il fine generale [del nostro Movimento] è la perfezione della carità. Amore al fratello. Amore sempre più sentito, profondo, perfezionato, cesellato. A volte sentiamo che è difficile piegare il nostro cuore ad un amore più raffinato di quello che già nutriamo verso i nostri fratelli: il nostro cuore è ancora un po’ di pietra; il nostro amore è rozzo, superficiale, troppo sbrigativo. Perché? Perché abbiamo ancora il cuore occupato da noi stessi, da una certa considerazione di noi. Siamo, anche se non ce ne rendiamo conto, egoisti e superbi. E ciò è dimostrato dal fatto che quando subiamo una qualche dura prova spirituale (che, come terremoto, sembra sradicare tutto alla radice, avendo così l’effetto di staccarci da noi stessi, dalle nostre cose e di umiliarci, di abbassare il nostro orgoglio), avvertiamo un amore più comprensivo, più profondo, più facile, più spontaneo verso i nostri fratelli. È così. Viene quindi da dedurre che la povertà e l’umiltà sono alla base della carità. La povertà e l’umiltà. Come procurarsele, come guadagnarsele senza aspettare i temporali spirituali? […] Occorre “vivere l’altro” […] e ciò ha implicita la non considerazione di sé, la povertà totale e l’umiltà totale. […] Poniamoci di fronte ai nostri prossimi nell’atteggiamento di accogliere la loro vita in noi perfettamente. […] E giacché parliamo di prossimi chiediamoci: Chi amare per primo? Chi amare di più? Per chi aver preferenza? Noi abbiamo scelto nella vita Gesù Abbandonato. Dobbiamo preferire quelli che per le situazioni in cui si trovano ricordano un po’ il suo volto: quanti, pur cattolici vivono separati dalla Chiesa; e poi tutti coloro che in vario modo sono più o meno lontani dalla verità che è Cristo, fino ai non credenti. Su questi dobbiamo soprattutto puntare. Dobbiamo curare i nostri grappoli con lettere, con visite, con telefonate? Cominciamo dalle persone, in certo modo, più lontane da noi. Ravviviamo l’amore ai fratelli, facendoci così uno con essi da vivere – per così dire – la loro vita. E incominciamo da coloro che ci appaiono più lontani dal nostro modo evangelico di pensare e di vivere […] Gesù Abbandonato ci attende lì. È lì il nostro posto.
Chiara Lubich
(in una conferenza telefonica, Rocca di Papa, 12 febbraio 1987) Tratto da: “Cominciare con l’amare i più lontani”, in: Chiara Lubich, Conversazioni in collegamento telefonico, Città Nuova Ed., 2019, pag. 273. [1] Mt 5,22a (altro…)
Feb 19, 2021 | Focolari nel Mondo, Sociale
Dall’impegno di una piccola comunità nel territorio della Murcia (Spagna) sono nate molte attività per aprire spazi di dialogo e solidarietà: incontri tra cittadini e politici, eventi culturali, attività per emergenze sociali ed umanitarie.
Aljucer è una piccola città della regione della Murcia, nel sud della Spagna. Qui dodici anni fa la comunità locale dei Focolari si è chiesta come concretizzare l’impegno a vivere la fraternità e incidere a livello sociale in questa località immersa in una zona fertile e vicino al mare Mediterraneo, nella quale non mancano anche emergenze piccole e grandi. Il primo passo è stato trovare la strada per attuare forme di partecipazione alla vita della città più aperte ed inclusive. Per questo, in collaborazione con altri gruppi, hanno dato vita all’associazione culturale “ACLF Aljucer”. “La prima esperienza che abbiamo fatto come associazione – raccontano – è stata quella di riunire i vari Sindaci che hanno amministrato la città nel periodo democratico spagnolo. Non è stato facile fare gli inviti, ma alla fine tutti hanno accettato di partecipare. Hanno avuto l’opportunità di presentarsi, ricordare i tempi in cui hanno svolto i loro incarichi e, in alcuni casi, di riconciliarsi. Alla fine, ringraziandoci, ci hanno incoraggiato a continuare su questa linea”.
Un’esperienza che ha fatto nascere un’idea: replicare ogni anno incontri per avvicinare politici e cittadini. Così sono nati: “Nelle nostre mani” e “The Speaker”. “Il primo evento, arrivato alla dodicesima edizione – spiegano – si svolge prima delle elezioni e offre un ambiente sereno che favorisca il dialogo tra cittadini e candidati. Nel secondo evento invece si sceglie un argomento di attualità e si dà la parola a politici e cittadini. Gli interventi e le proposte vengono raccolte, pubblicate sul sito dell’Associazione e offerte come contributo al Consiglio Comunale. Alcuni temi proposti sono stati approfonditi e, da questa esperienza, è sorta l’idea di un Centro Culturale alle dipendenze del Comune che si sta realizzando”. Un altro campo di attività dell’Associazione è quello culturale: concerti, presentazioni di libri e mostre. E poi “Aljucereños”, un evento nel quale personaggi della cultura, della musica, della pittura, della letteratura, della politica, dell’economia e della medicina, raccontano le loro esperienze di vita e le motivazioni delle loro scelte. Con altre associazioni promuovono un incontro mensile e organizzano una Fiera annuale delle Associazioni.
Ma per realizzare la fraternità occorre anche ascoltare e rispondere ai dolori e alle ferite del territorio. “Il primo passo nel campo della solidarietà – proseguono – è stata una cena per il progetto ‘Fraternity with Africa’, per finanziare borse di studio per giovani africani che si sono impegnati a lavorare nel loro Paese per almeno cinque anni. In poco tempo è divenuta la nostra principale attività, quella per la quale tanti ci conoscono”. Alla realizzazione delle cene, che riuniscono circa duecento persone, collaborano negozianti e associazioni. In ogni edizione vengono forniti aggiornamenti sull’evoluzione del progetto”. Ma l’Associazione collabora anche a iniziative promosse da altri enti a sostegno di emergenze umanitarie (Filippine, Madagascar, Croazia) e si è impegnata per i rifugiati a causa della guerra in Siria. L’ultima attività è stata una raccolta fondi per il Libano, dopo le esplosioni a Beirut dell’agosto 2020. E anche quando le emergenze sono arrivate vicino a casa non si sono tirati indietro. “L’anno scorso – spiegano – la nostra priorità è stata la raccolta di acqua e cibo per le persone colpite dalle inondazioni della nostra regione. Abbiamo anche organizzato attività di volontariato e raccolte di materiale scolastico per una scuola del nostro territorio con un’alta percentuale di popolazione a rischio di esclusione sociale. Nell’ultimo anno abbiamo sostenuto tre famiglie vittime della pandemia, con la fornitura di cibo, medicine e aiuti economici. Diffondiamo tutte queste attività attraverso il sito web e il profilo facebook dell’Associazione, mezzi che ci aiutano a promuovere una cultura solidale su larga scala”.
Anna Lisa Innocenti
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Feb 15, 2021 | Chiara Lubich
Se la spiritualità dei Focolari, centrata sull’amore al fratello, è una espressione del Vangelo, allora anche la “perfezione nelle virtù”, come la conosce la tradizione cristiana, dev’essere realizzabile nel rapporto con gli altri, i fratelli. È questa la convinzione che Chiara Lubich spiega nel seguente testo. Perché si possa far della vita un Santo Viaggio, ed essa abbia la conclusione che si desidera L’Imitazione di Cristo, il libro di pietà e di meditazione così ricco di spiritualità che tanti di noi conoscono, dice che occorre avere alcune qualità molto impegnative: il completo disprezzo del mondo, l’ardente desiderio di progredire nella virtù, l’amore al sacrificio, il fervore della penitenza, la rinuncia a se stessi e il saper sopportare ogni avversità… Sono qualità che è necessario possediamo anche tutti noi. Dobbiamo però chiederci: secondo la nostra spiritualità, in che maniera possiamo acquistarle? La risposta è chiara e sicura: noi non siamo chiamati da Dio a realizzare tutto questo attraverso una vita monastica e separata dal mondo. Siamo chiamati a rimanere in mezzo al mondo e ad arrivare a Dio attraverso il fratello, attraverso perciò l’amore al prossimo e l’amore reciproco. È impegnandoci a camminare per questa originale ed evangelica via che troveremo come per incanto arricchita la nostra anima di tutte quelle virtù. Occorre il disprezzo del mondo. – Non c’è miglior disprezzo per una cosa che l’oblio di essa, la dimenticanza, la noncuranza. Se noi siamo tutti tesi a pensare agli altri, ad amare gli altri, non ci curiamo del mondo, lo dimentichiamo, quindi lo disprezziamo, anche se ciò non ci dispensa dal fare la nostra parte per allontanare le sue suggestioni quando ci assalissero. Occorre progredire nella virtù. – Ma è con l’amore che si raggiunge ciò. Non sta forse scritto: “Corro per la via dei tuoi comandamenti, perché hai dilatato [con l’amore] il mio cuore”?[1] Se amando il prossimo si corre nell’adempiere i comandi di Dio, vuol dire che si progredisce. Occorre l’amore al sacrificio. – Amare gli altri significa proprio sacrificare se stessi per dedicarsi al fratello. L’amore cristiano è sinonimo di sacrificio, anche se comporta grande gioia. Occorre il fervore della penitenza. – È in una vita d’amore che troveremo la migliore e principale penitenza. Occorre la rinuncia a se stesso. – Nell’amore verso gli altri c’è sempre implicita una rinuncia a se stessi. Occorre infine saper sopportare tutte le avversità. – Molti dolori non sono forse causati nel mondo dalla convivenza con gli altri? Dobbiamo saper sopportare tutti e amarli per amore di Gesù Abbandonato. E supereremo con ciò molti ostacoli della vita. Sì, nell’amare il prossimo troviamo un modo eccellente per fare della vita un “santo viaggio”. […]
Chiara Lubich
(in una conferenza telefonica, Rocca di Papa, 27 novembre 1986) Tratto da: “Qualità impegnative per chi vuol fare un santo viaggio”, in: Chiara Lubich, Conversazioni in collegamento telefonico, Città Nuova Ed., 2019, pag. 261. [1] Sal 119, 32 (altro…)
Feb 12, 2021 | Chiara Lubich, Cultura
E’ il titolo del convegno che si terrà il 18-19 febbraio prossimi, promosso dal Centro Chiara Lubich e dalla Biblioteca nazionale centrale di Roma (Italia). Consonanze e incroci della spiritualità dell’unità con le idee e il pensiero dei grandi del nostro tempo. Come ce lo immaginiamo un dialogo tra Chiara Lubich, Dietrich Bonhoeffer, Simone Weil, il Mahatma Gandhi, e ancora con Giorgio La Pira, Martin Luther King o addirittura Michail Gorbaciov? Quando succede che la visione di una personalità si incrocia con quella di altri “grandi” del suo o di altri tempi, spesso tali convergenze potenziano e arricchiscono un movimento di idee trasversale, capace di raggiungere fette di umanità vastissime e imprimere una direzione di marcia verso un cambiamento duraturo. E mettere in dialogo l’idea di unità di Chiara Lubich con diverse personalità che hanno fatto la storia, è l’intento del convegno “Oltre il 900. Chiara Lubich in dialogo con il nostro tempo” (18/19 febbraio 2021), promosso dal Centro Chiara Lubich e dalla Biblioteca nazionale centrale di Roma. Sarà possibile seguire l’evento online sul canale YouTube di Città Nuova in italiano, portoghese, inglese e spagnolo. GIOVEDI 18/02 ITALIANO https://youtu.be/hePSudSFdbo PORTUGUÊS https://youtu.be/91uF6G4uJ80 ENGLISH https://youtu.be/_vKWn0NNP_Q ESPAÑOL https://youtu.be/Awo4Z3sbQU0 VENERDI 19/02 ITALIANO https://youtu.be/R1NtYaCUifA PORTUGUÊS https://youtu.be/pQKtuCs1loQ ENGLISH https://youtu.be/s8H4u-LHC70 ESPAÑOL https://youtu.be/TNFO84-RZBM Il convegno affronterà il pensiero, l’esperienza storica, politica, economica e letteraria di Chiara Lubich grazie al contributo di accademici e studiosi di diverse discipline: da Michel Angel Moratinos a Andrea Riccardi a Piero Coda, ad Alessandra Smerilli, a Vincenzo Buonomo, a Pasquale Ferrara, a Maurizio Gentilini, a Giulia Paola De Nicola, ad Adriano Roccucci, a Cristiana Freni, a Lucia Tancredi, ad Aldo Civico, con partecipazioni da altri Paesi come Andras Fejérdy dall’Ungheria e Vinu Aram dall’India, solo per citarne alcuni.
Il convegno si sviluppa in quattro sessioni: storica, letteraria, socio-politica e un’ultima dedicata ad alcune figure del ‘900. Chiara Lubich ha attraversato il Novecento e vissuto l’inizio del nuovo millennio, guardando questo cambiamento d’epoca dalla prospettiva della fraternità universale, convinta – come ebbe a dire più volte – che “l’unità è un segno dei tempi”. Le consonanze che il convegno punta a evidenziare di fatto superano di gran lunga l’analisi del pensiero di Chiara Lubich, perché lo pongono in dialogo e a confronto con figure di grandi che con percorsi di vita e culturali diversi hanno però puntato lo sguardo nella stessa direzione. Oltre al Movimento dei Focolari, partner del convegno sono l’Istituto Universitario Sophia, Città Nuova, New Humanity e la Fondazione Museo Storico del Trentino.
Stefania Tanesini
Locandina in PDF Programma del convegno (altro…)
Feb 12, 2021 | Vite vissute
29 marzo 1922 – 1° novembre 2020. Gesuita e religioso dei Focolari, è stato un grande educatore e padre spirituale. Poco prima dell’alba della festa di tutti i santi, nell’infermeria dei padri gesuiti di Roma, il P. Paolo Bachelet è salito alla Casa del Padre. Il 29 marzo 2020 aveva compiuto 98 anni. P. Paolo è entrato nella Compagnia di Gesù il 7 dicembre del 1941. È stato ordinato sacerdote il 7 luglio del 1951. Ha terminato la sua formazione con gli ultimi voti solenni il 3 febbraio del 1958. Ha conosciuto il Movimento dei Focolari e la sua Spiritualità dell’Unità negli anni ‘50, quando era studente di Teologia all’Università Gregoriana, dove ha trovato come compagno di studi Pasquale Foresi, cofondatore del Movimento. Si è creato subito tra loro un legame spirituale che non si è mai interrotto. Chiara Lubich, fondatrice dei Focolari, gli ha “affidato” una frase del Vangelo da vivere nella sua quotidianità, perché diventasse la sua Parola di Vita: “Bisogna che Egli cresca ed io diminuisca” (Gv 3,30). Una volta aderito alla Spiritualità dei Focolari è entrato a far parte del gruppo dei religiosi del Movimento e ha vissuto molti anni prima nel seminario regionale di Anagni (Italia), poi nella Cappella dell’Università La Sapienza in Roma. É stato un grande educatore e padre spirituale. Molti ex seminaristi di Anagni, anche quelli diventati vescovi, continuavano a farsi guidare spiritualmente da lui. Nella Cappella universitaria della Sapienza, dove è vissuto dal 1987 al 2003, è stato molto amato e cercato come accompagnatore spirituale sia di studenti che di docenti universitari. Poter vivere con lui un rapporto spirituale molto forte è sempre stato fonte di arricchimento ed edificazione spirituale. Era capace di un grande ascolto. Sapeva davvero mettere da parte sé stesso per accogliere pienamente l’altro. Nel comunicare la sua anima all’interno del gruppo ristretto dei religiosi che condividevano con lui la Spiritualità dell’Unità, spesso riferiva come in molti colloqui si trovava di fronte a temi per i quali non aveva la risposta pronta. Non se ne preoccupava perché constatava che chi gli confidava il suo problema, con l’ascolto così discreto ed attento del P. Paolo, trovava lui stesso la luce e la risposta. Lo comunicava come un frutto della presenza spirituale di Gesù in quel momento fra lui e il suo interlocutore, secondo il Vangelo che dice «Dove sono due o tre riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro» (Mt 18,15-20). Aveva una buona conoscenza in Teologia Morale e in Diritto Canonico. Ha nutrito sempre molta attenzione alle famiglie e, con la collaborazione di un focolarino sposato e altri del Movimento dei Focolari, negli anni ’90 ha contribuito alla formazione dell’associazione Famiglie Separate Cristiane (FSC). Ha seguito con molto impegno il gruppo romano dell’associazione fino al 2017, quando si è trasferito nell’infermeria di Via dei Penitenzieri a Roma. Ha seguito con attenzione la preparazione e lo svolgimento del Sinodo dei Vescovi sulla famiglia. Alcune delle sue osservazioni, fatte giungere alla Segreteria Generale del Sinodo, si possono ritrovare nel documento finale: Amoris Laetitia. Ricordiamo il Padre Paolo come un figlio spirituale di Chiara Lubich e come un vero fratello nel condividere la Spiritualità dell’Unità, che ora ci segue dal Cielo.
Armando Ceccarelli S. J.
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Feb 10, 2021 | Focolari nel Mondo
Dalle comunità dei Focolari in Croazia, Macedonia e Serbia: dove si sperimenta la gioia del dare gratuitamente per aiutare chi è in difficoltà “La comunione dei beni che noi facciamo è nata osservando la primitiva comunità cristiana: abbiamo visto che lì facevano la comunione dei beni, e per la comunione dei beni non c’era nessun indigente (..). Allora ecco la formuletta, noi diremo: se tutto il mondo attuasse la comunione dei beni i problemi sociali, i poveri, gli affamati, i diseredati, etc. non ci sarebbero più”. Così Chiara Lubich, fondatrice dei Focolari, lanciando il progetto dell’Economia di Comunione, nel 1991, racconta come è nata nel Movimento la consuetudine di praticare la comunione dei beni, materiali e spirituali. Nel 1943 a Trento la guerra aveva distrutto la città e in molti avevano perso la casa, il lavoro, qualche familiare. Di fronte a tanta disperazione, alla luce delle parole del Vangelo meditate nei rifugi – Chiara e le sue prime compagne decidono di prendersi cura dei più bisognosi: “Avevamo la mira di attuare la comunione dei beni nel massimo raggio possibile per risolvere il problema sociale di Trento. Pensavo: “vi sono due, tre località dove ci sono i poveri…andiamo lì, portiamo il nostro, lo dividiamo con loro”. Un ragionamento semplice, e cioè: noi abbiamo di più, loro hanno di meno; alzeremo il loro livello di vita in modo tale da arrivare tutti ad una certa uguaglianza”. A distanza di ottant’anni, la prassi della comunione dei beni è nel Movimento una realtà sempre viva. Ciascuno dona liberamente secondo le proprie possibilità, spesso esprimendo gratitudine per aver ricevuto. Si moltiplicano le esperienze ovunque nel mondo. Dalla Croazia raccontano: “Sono andato a comprare 10 kg di grano per i miei polli. L’uomo che me l’ha venduto non ha voluto soldi. Ho versato quello che ho risparmiato per la comunione dei beni straordinaria in questo tempo di pandemia”. Certo non è sempre scontato donare beni e denaro, ma l’impegno rafforza il valore del gesto: “Recentemente ho venduto del vino a un vicino. Lui mi ha dato più soldi del dovuto e non ha voluto il resto. L‘ho dato per la comunione dei beni straordinaria, ma non è stata facile, ho dovuto superare un modo di pensare umano”. Comune invece è l’esperienza di ricevere dopo aver donato. È il “Date e vi sarà dato” (Lc 6,38) evangelico che Chiara e le prime compagne sperimentavano concretamente. Dalla Macedonia: “Abbiamo aiutato alcune famiglie rimaste senza lavoro per la crisi dovuta alla pandemia, donando cibo, medicine e materiale scolastico. Piccoli aiuti, ma una di loro ci ha detto che così avevano da mangiare per due settimane. Poco dopo un’altra famiglia ha fatto una donazione che copriva le spese. Tutto circolava”. E comune è anche la gioia di dare e quella di ricevere. In Serbia la comunione dei beni ha raggiunto una famiglia con figli dove padre e madre sono malati e disoccupati. Vivono dei prodotti dell’orto e per pagare le bollette Toni dà un aiuto in parrocchia. “Quando siamo andati a portargli dei soldi lui tornava a casa dopo aver chiesto un prestito per comprare la legna. Abbiamo spiegato loro da dove arrivava l’aiuto ed erano commossi perché sentivano che Dio attraverso di noi li ha “guardati”. La comunione dei beni, in fondo, non è altro che uno strumento della Provvidenza di Dio.
Claudia Di Lorenzi
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Feb 8, 2021 | Chiara Lubich
Gli Statuti generali del Movimento dei Focolari, come pure i Regolamenti di ogni sua diramazione, contengono una “premessa di ogni altra regola” una “norma delle norme”: l’impegno di chiunque fa parte del Movimento a vivere la mutua carità secondo il Comandamento di Gesù. Nel seguente testo Chiara Lubich sottolinea che questo impegno va rinnovato continuamente. [Nella lettera ai Romani l’apostolo Paolo] dice: “Gettiamo via le opere delle tenebre e indossiamo le armi della luce”[1]. Le “opere delle tenebre” sono i frutti dei vizi e del peccato. Le “armi della luce” sono le virtù, le applicazioni nella vita delle Parole di Dio. Ora noi sappiamo che il Comandamento nuovo di Gesù è un po’ il riassunto di tutti i comandi di Gesù, di tutte le sue Parole. Indosseremo quindi le “armi della luce” rimettendo a fuoco nella nostra vita questo comando. Per esso – lo sappiamo – risplenderà il Risorto in mezzo alla nostra comunità. […] “Armi di luce” dunque. Comandamento nuovo attuato con nuovissimo impegno. […] È questo un invito che allargo a tutti voi. E, per cominciare subito, analizziamoci un po’ sul nostro amore vicendevole: consideriamo la misura di questo nostro amore (ricordando che deve essere quella di Gesù per noi: quindi essere pronti a dare la vita), evidenziamo la nostra poca generosità, i nostri limiti nell’attuarlo, per superarli; osserviamo se l’amore reciproco non sia un po’ troppo umano e quindi da riportare su un piano più soprannaturale… Così facendo, migliorandolo in questo modo, Gesù, il Santo, sarà fra noi ed egli potrà fare dell’attuale anno il più santo della nostra vita. […]
Chiara Lubich
(in una conferenza telefonica, Rocca di Papa, 13 novembre 1986) Tratto da: “Rinnovare l’amore reciproco”, in: Chiara Lubich, Conversazioni in collegamento telefonico, Città Nuova Ed., 2019, pag. 260. [1] Rm 13, 12 (altro…)