Movimento dei Focolari

Pentecoste: l’Amore che circola fra i fratelli

Mag 17, 2013

In prossimità alla festa in cui i cristiani ricordano la “discesa” dello Spirito Santo sugli apostoli radunati con Maria, proponiamo un brano di Igino Giordani che ci apre un varco sulla sua profondità spirituale.

«Lo Spirito Santo che unisce creature e Creatore genera una convivenza umano-divina. Ma la Pentecoste, facendo d’una “moltitudine di fedeli un cuor solo e un’anima sola”, provocò, spontanea conseguenza dell’unità, la comunità di vita. Per tale modo la convivenza quotidiana in mezzo a distrazioni e rumori risulta tutta una convivenza divina, in cui i fratelli ci servono per scalare Dio. Anzi, ogni fratello che incontriamo ci dà un rifornimento di vita divina perché, amandolo per Cristo, ci dà accesso a Dio. E così la marcia della vita non risulta più, come fu detto una marcia verso la morte, ma una crescita verso la giovinezza eterna. «Vivere lo Spirito di Dio, è lasciar vivere lo Spirito Santo in sé. E allora di quanto si ama Dio, di tanto si amano gli uomini che sono la sua rappresentanza (…). E i beni dello Spirito Santo quanto più si comunicano tanto più aumentano. Per svolgersi e ardere, la carità deve spandersi, è sangue e vuol circolare, è fuoco e vuol prorompere. Come la vita naturale è una circolazione di calore, comunicato da una cellula all’altra, così dalla prima cellula accesa al Creatore è stato un continuo passaggio e insieme un assiduo aumento di calore nel tempo e nello spazio. Così la vita soprannaturale è un’assidua comunicazione di calore – la grazia, la carità – dal sole che è Dio, alle anime a cui partecipa Dio. Canali di trasmissione della grazia sono i fratelli fatti in certo modo sacramenti di Dio. Se si escludono i fratelli lo Spirito Santo non passa più, la vita si arresta. E si capisce: l’amore che passa da me al fratello e dal fratello a me è Dio che circola. «L’origine di tutto questo miracolo va cercata nell’incarnazione e perciò nella carità. L’uomo dunque, essendo immagine e somiglianza di Dio, (…) è Dio che vive – incarnato per così dire – in limitatezze umane. Se è così, deve esser da me visto e trattato come Dio per effigie. Reciprocamente, io debbo comportarmi quale rappresentante di Dio; da qui derivano la mia dignità vicaria e i miei obblighi d’azione. «L’uomo è fattura di Dio e porta in ogni cellula del corpo e in ogni piega dello spirito la marca di fabbrica, che è la fabbrica dell’Eterno. Da tale artefice ha ricevuto un’impronta inconfondibile, per cui ogni uomo sta come un capolavoro a sé. Egli porta in ogni molecola la prova dell’esistenza di Dio da cui fu messo al mondo. Di tale divinizzazione lo Spirito Santo è l’agente, egli che è il principio attivo dell’incarnazione di Dio. Tutti gli individui umani vengono resi partecipi in qualche modo dell’unione con Dio e l’amore che dell’uomo fa un Dio è quello stesso che d’un Dio fece un uomo». Igino Giordani in: La divina avventura, Città Nuova, 1993, (Garzanti, 1953)

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