L’irreversibile cammino del “dialogo della vita” verso la piena unità
Centro Mariapoli di Castelgandolfo (Roma), 20-21 aprile 2001
“Abbiamo vissuto la realtà dell’unico popolo cristiano” “Oggi per me è una gioia grandissima. Mi sono resa conto che l’unità è possibile” “Si fondeva la molteplicità, variopinta, ricchissima, in una comunione profondissima” Impressioni a caldo del vice-decano luterano d’Italia, Denecke, di una giovane greco-ortodossa di Atene, e di un gruppo di luterani di Lipsia, che ben esprimono quanto il dialogo ha operato all’incontro internazionale ecumenico del Movimento dei Focolari. Come diceva il titolo del Congresso, è stato un “dialogo della vita” per “crescere insieme” nell’unità, dialogo possibile per la “spiritualità di comunione”. E sull’ecumenismo del terzo millennio è apparso “un arcobaleno di speranza” – come ha detto il pastore riformato della Svizzera Peter Detwiller. Tutto esprimeva la ricchezza dei contributi delle varie Chiese: dal coro, composto da 30 elementi di 8 paesi, di 5 Chiese, che ha fatto risuonare canti nuovi e inni tipici, ai 4 presentatori: Liz Taite, anglicana, Anke Husberg, evangelica, Fredy Bitar, ortodosso e Severin Schmid, cattolico. Il congresso si è snodato poi attorno a 4 sessioni che offrivano il dono della specificità delle diverse tradizioni cristiane alla luce di alcuni punti della spiritualità dell’unità vissuti insieme ai cattolici: la Parola degli evangelici-luterani, Gesù tra i suoi dei riformati, l’Amore e la vita degli ortodossi, dei copti e dei siro-ortodossi, l’unità degli anglicani. Membri delle Chiese orientali e occidentali – appartenenti in vario modo al Movimento dei Focolari – hanno fatto dono delle loro esperienze più profonde, dando una testimonianza straordinaria della maturità cresciuta in 40 anni. Come Oleg, ortodosso di Mosca, trombettista d’eccezione:”Già da tanto tempo le parole – per noi che siamo stati perseguitati per la fede – hanno smesso di funzionare! Sì, perché tutti, comunisti e fascisti ci hanno detto le stesse cose. Per 70 anni ci hanno ficcato in testa: ‘Prima pensa alla patria e poi a te stesso’. Per questo noi russi non crediamo più alle parole. Soltanto la vita può dirci qualcosa. E quando ho visto nei focolarini la vita concreta del Vangelo, quando – proprio nel momento di maggior crisi politica ed economica – sono venuti a vivere con noi, non come turisti, ma condividendo con noi tutto, per anni, allora ho capito la spiritualità del Movimento e sono fiero di condividerla”. Un momento “alto, “nuovo”: il tempo dedicato alla teologia: “Gesù abbandonato come unico Mediatore e Riconciliatore”, approfondito da tre focolarini teologi della Scuola Abba: Stefan Tobler, riformato, Joan Patricia Back e Hubertus Blaumeiser, cattolici. “Dalla spiritualità ecumenica ho visto emergere ora la dottrina ecumenica: è di una portata incalcolabile” ha commentato un partecipante. E un pastore evangelico: “un carisma che si esprime in dottrina e in teologia, un carisma incarnato”. Su questo sfondo l’ora tanto attesa con Chiara. 12 risposte di luce. Hanno illuminato tutti con la potente realtà del carisma. “Sembrava – come ha detto un ortodosso russo di Mosca – che tutti fossimo diventati un cuore solo, nel quale batteva la certezza che l’unità è possibile”. Forte infatti è stato sperimentare il “già” dell’unità in Cristo, pur nel “non ancora” della piena comunione fra le nostre Chiese. Battesimo comune e santità, tra i molti punti approfonditi. Momenti culmine sono state le risposte su Gesù abbandonato, chiave dell’unità, e su Maria. Le sue parole rivelavano la profondità del mistero di Gesù che in croce grida l’abbandono del Padre: “Succede che invece di vedere i traumi, noi vediamo Lui, il suo volto, è Lui che grida… Invece di vedere le divisioni, invece di vedere persone che si sentono abbandonate, tradite, noi sentiamo che è Lui, è la sua voce, è il suo volto […]. E allora noi lo incontriamo e incontrandolo lo amiamo e vogliamo con Lui superare [le divisioni], come ha fatto Lui ‘In manus tuas, Domine’ […]. La stella del cammino dell’ecumenismo è Gesù abbandonato”. Con un’unica voce è risuonato l’Alleluja pasquale “Jubilate Deo”: esprimeva gratitudine, speranza e decisione di “diffondere ampiamente questo carisma nelle nostre Chiese e Comunità ecclesiali” (così i partecipanti coreani). Solenne e molto sentito il servizio ecumenico in varie lingue. Si lodava Dio e si chiedeva a Lui il dono dell’unità, con il vigore di un cuore solo. Coincidenza programmata: proprio in quei giorni 100 capi di Chiese firmavano a Strasburgo (Francia) la Charta ecumenica come linea-guida per l’ecumenismo in Europa. C’è stato uno scambio di messaggi: erano all’unisono. Comune l’impegno di portare avanti il dialogo del popolo. Durante il post-congresso, con ottanta persone provenienti soprattutto dai Continenti, per tre giorni si è andati in profondità nella conoscenza vicendevole, in uno scambio di doni meraviglioso, che non avrebbe voluto finire mai. Il patto dell’amore reciproco alla conclusione ne è stato l’impegnativo suggello. Risultava evidente più che mai quanto Gabri Fallacara e Angelo Rodante, del “Centro Uno”, di cui ricorreva il quarantesimo, avevano detto aprendo il Convegno: la spiritualità dell’unità è quella spiritualità di comunione che l’oggi, anche quello ecumenico, sta cercando. (22-04-01)
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