Movimento dei Focolari
Il mistero d’amore

Il mistero d’amore

«E’ da poco iniziato il processo per la possibile beatificazione di Igino Giordani, che noi chiamavamo Foco, per il fuoco dell’amore che viveva in lui. Mi sono chiesta: ha pensato Foco nella sua vita a farsi santo? Che idea aveva della santità?

Ho consultato, allo scopo, alcune documentazioni ed ho scoperto un Foco nuovo in certo modo anche per me. Egli non solo ha meditato qualche volta sulla santità, ma è stato immerso nel tentativo quotidiano di farsi santo. Come? Iniziando con l’impersonare quel tipo di santo che egli definisce così: “Un cristiano con la spina dorsale”, frutto perciò di un’ascesi personale quotidiana. E’ una storia meravigliosa la sua. Nel 1941, sette anni prima che incontrasse il Focolare, nel Diario di fuoco, un suo libro che iniziava a scrivere, leggiamo: “Infine, quel che conta è una cosa sola: farsi santi”. Nel 1946, chiamato a candidarsi alle elezioni politiche, perplesso alquanto, si poneva questo interrogativo: “Può un uomo politico farsi santo?” Non conosceva una risposta precisa al suo anelito: farsi santo. Quando nel 1948 incontrò il Movimento, rimase, come egli disse, folgorato, sconvolto, trasformato. Perché? Per più motivi, ma anche perché la sua spiritualità fino allora era stata prevalentemente individualista. Da quel momento invece gli si era aperto un cammino di santità collettiva. Definiva il nostro come “un Movimento che ci induce a fare la scalata a Dio in unione, in cordata… Il fratello vale come ianua coeli…”, la porta del cielo. E scrive: “Dio scende in me per il tramite del pane (eucaristico); io salgo a Lui per il tramite del fratello”. Immerso nella spiritualità comunitaria, in un colloquio intimo con Gesù, lo ringrazia così: “Il tuo amore mi ha scoperto i fratelli (…); me ne ha fatto il viatico per salire sempre di terra in cielo”. E’ poi suo quello che chiamerà il “mistero d’amore”: (…) “Dio, il Fratello, Io”. Nel 1955, in mezzo alle prove che non mancano mai a nessuno, va acquistando una certa familiarità con la Santissima Trinità, ed anche qui il bisogno di santificarsi si fa evidente. “Questi passi – scrive -, affaticati (…) sono la marcia di ritorno alla casa tua, o Padre; (…) tutte queste pene, si fanno gocce di sangue, del tuo Sangue, o Figlio; (…) e questo bisogno di santificarsi è partecipazione dei tuoi doni, o Spirito Santo”. Da particolari episodi della sua vita si capisce come lo Spirito Santo, in questa sua tensione alla santità, lo abbia pian pianino introdotto nella vita mistica. Percorre poi un cammino di distacco progressivo da ogni cosa, ma lo vede come la possibilità di santificarsi nell’unione con Dio: “Osservando – scrive – con pena questa caduta di fronde (illusioni di fama, di potere, amicizie), dall’albero della mia vita, (…) mi sono ancora meglio accorto (…) che ho un più intenso convegno amoroso con Dio: l’anima trova tempo (…) per intrattenersi con lo Sposo (…), per convivere con gli angeli e con i beati (…). Ora, via via l’unione si fa costante. Imparo e preparo la vita del Paradiso”. A proposito di vivere Gesù al posto del proprio io (è stato questo un suo desiderio costante), scrive nel ’63: “Parmi oggi d’aver (…) compiuto il trasloco; il trasloco del mio essere: dall’Io a Dio”. E “sente” l’unione con Dio: “Ecco – dice – l’immensità di Lui (…), io la sento nell’intimo della mia anima (…). Mi rivolgo all’interno e L’ascolto. Lo vivo. Si stabilisce, nel fondo dell’essere, un colloquio con l’Eterno: Dio in me”. E l’anno dopo incalza: “Ora sento che si vola (…)”. Due anni prima della partenza per il Cielo, conferma: “Sento d’aver trovato l’accesso libero per andare a Lui. Ora sono in terra e abito in cielo (…) Sono di Dio. Non mi serve altro”. Queste le poche frasi di Foco che ho potuto riportare sul suo anelito alla santità. Che dire? E che cosa dice Foco a noi, ancora pellegrini su questa terra? “Ora tocca a voi”. Percorriamo allora questo viaggio con amore. Facciamoci santi, imitando Foco soprattutto nel suo “mistero d’amore”: “Io, il fratello, Dio”. Amiamo il fratello, ogni fratello pronti a morire per lui. Sarà anche per noi la porta del Cielo». Chiara Lubich (altro…)

Il mistero d’amore

Riportare Dio nella società, nella cultura e nella politica: l’ideale di Igino Giordani

Igino Giordani: con la sua vita si potrebbe riscrivere la pagina evangelica delle beatitudini. Così Chiara Lubich, fondatrice del Movimento dei Focolari, nel giorno dell’apertura ufficiale del processo di beatificazione di questa personalità “poliedrica”: scrittore, giornalista, politico, ecumenista, studioso dei Padri della Chiesa e della dottrina sociale del cristianesimo. La cerimonia si è svolta nella Cattedrale di San Pietro a Frascati, diocesi dove Giordani ha concluso la sua vita terrena. Tra la folla che gremiva la cattedrale, erano presenti i figli Sergio, Brando e Bonizza. La solenne concelebrazione liturgica, che ha preceduto l’insediamento del tribunale ecclesiastico, era presieduta dal vescovo di Frascati, mons. Giuseppe Matarrese. “Giordani ha attraversato il XX secolo da protagonista – ha detto all’omelia il teologo Piero Coda, vicario episcopale. “Ha partecipato alla ricostruzione dell’Italia repubblicana come membro della Costituente e come parlamentare”, ha contribuito a preparare e poi a promuovere “con la vita e con la penna” la primavera del Concilio. “In lui ardeva un desiderio: riportare Dio nel mondo, nella società, nella cultura”. E sarà dopo l’incontro con il carisma di Chiara Lubich, incontrata a Montecitorio nel 1948, che Giordani dirà: “Sentii di passare dal Cristo cercato, al Cristo vivo”. Di lui, la fondatrice dei Focolari, intervenendo al termine della Messa, ha detto: “E’ stata la purezza di cuore che gli affinò i sentimenti più sacri e glieli potenziò verso sua moglie e verso i figli”. E’ stato “povero in spirito, per il distacco completo non solo da ciò che possedeva, ma soprattutto da ciò che era”. “Operatore di pace, come documenta la sua storia di uomo politico”. In Giordani Chiara Lubich riconosce un confondatore del Movimento dei Focolari: ha dato un impulso eccezionale ai movimenti ad ampio raggio, nati per l’animazione cristiana del mondo dei giovani, della famiglia, della politica, scuola, medicina, arte. E’ stato lui che ha spalancato una nuova via di consacrazione per i coniugati che lo portò a sperimentare “le gioie della contemplazione e della vita mistica”. Finalmente è superato quell’”abisso” – come lui lo chiamava – tra i religiosi che seguivano ‘l’ideale di perfezione’ e i laici, i quali – come diceva con una punta di ironia – seguivano ‘l’ideale dell’imperfezione’. “E’ stato lui – ha ancora detto Chiara Lubich – la personificazione di uno degli scopi più importanti dei Focolari: concorrere all’unificazione delle Chiese”. Giordani, oltre che membro della Costituente, fece parte del Consiglio dei popoli d’Europa a Strasburgo. E’ autore di 100 libri e di oltre 4000 articoli. Tra le sue opere più diffuse, tradotta in molte lingue, tra cui il cinese, il “Messaggio sociale del cristianesimo”. Già negli anni 1924-25 elabora e diffonde idee sull’”Unione delle Chiese” e sugli “Stati Uniti d’Europa”. Il periodo dal 1946 al 1953 è il più creativo, con iniziative audaci e posizioni scomode per quel tempo, come l’obiezione di coscienza, il no alle spese militari, il no alla demonizzazione dei comunisti. Una “ingenuità” – è questa una sua espressione – che lo mette presto fuori gioco (non viene rieletto nel 1953), ma che oggi lo fa riscoprire, secondo lo storico Gabriele De Rosa, come “un politico dell’anti-politica, non fatto per tutte le stagioni, non disponibile alle ragioni del potere per il potere”. Negli ultimi anni, nei dolori fisici, dovuti al riacutizzarsi delle ferite di guerra, gioiva di potersi “concrocifiggere” con Cristo. Acquistava tale luce degli occhi e affabilità nei rapporti da infondere serenità in tutti e indurre anche i piccoli a trattarlo alla pari. Otteneva dal Cielo straordinarie esperienze di unione con Dio e con Maria, ed anche quelle prove “oscure” dell’anima che il Signore riserva ai suoi eletti. Il suo “viaggio” era diventato un “volo” in Dio., che si è concluso la sera del 18 aprile 1980. Era stato mons. Pietro Garlato, allora vescovo di Tivoli, città dove Igino Giordani era nato nel 1894, che nell’anno del grande Giubileo, aveva preso l’iniziativa di proporre “un gesto significativo”: “vedere introdotta la causa di beatificazione, perché la Chiesa tutta trovi in lui un modello, un testimone del Vangelo, e modello di comunione”. (altro…)