Movimento dei Focolari
Economia civile: la centralità della persona

Storie fra i tralci: la vendemmia alla Fattoria di Loppiano

I trattori si accendono presto, poco prima delle otto del mattino: si aprono le cantine, si mettono in moto i vari macchinari per la raccolta dell’uva, mentre un nugolo di persone si salutano, ridono e volentieri si sistemano sui carri: non stanno partendo per una gita, ma si apprestano ad affrontare una giornata di duro lavoro in mezzo ai vigneti. C’è l’uva da tagliare; ci sono i secchi da svuotare, ci sono i carrelli pieni d’uva succosa da riportare in fattoria. Ma, soprattutto…c’è da stare insieme. Chi ha provato l’esperienza della vendemmia alla Fattoria Loppiano se la ricorda così: sì certo, fatica e impegno, alcune ore di sonno da recuperare, ma più forti sono la gioia, la voglia di fare, la voglia di ricominciare qualcosa lasciato a metà al ritorno nelle proprie città. I vendemmiatori infatti qui a Loppiano arrivano da tutte le parti d’Europa tra i mesi di Settembre e Ottobre: sono soci e amici della Fattoria di ogni età e condizione, che ogni anno offrono gratuitamente qualche giorno, al massimo due settimane, per aiutare gli operai a raccogliere l’uva. C’è chi ancora non si capacita di come sia possibile scegliere di usare una parte delle proprie ferie per dedicarsi a un’attività non sempre così piacevole: i ritmi, tra l’altro, sono quasi militari: la colazione è fissata alle 7.30, poi alle 8.00 si parte per il lavoro, alle 12.00 il pranzo, e poi via di nuovo nei campi fino all’imbrunire: arriva così il momento del riposo, del relax, per chi lo desidera c’è la Messa al Santuario Maria Theotokos, per poi continuare con la cena e una serata in compagnia  degli altri abitanti della cittadella. Eppure fra tutti c’è entusiasmo, gratitudine. Complice uno scorrere del tempo più consono alla persona e il contatto diretto e continuo con la natura e le sue bellezze, i vendemmiatori possono respirare quel clima di fraternità che anima ogni giorno dell’anno la Fattoria e la cittadella di Loppiano. E questo lavorando, scambiandosi storie ed esperienze tra un tralcio e l’altro, aiutandosi nella fatica così come nel godere di momenti di grande allegria. E quello che più colpisce è che…. sono tutti sobri! Ambrogio Panzieri, di Cornate d’Adda, in provincia di Monza e Brianza (Italia), ne è certo: «Da tantissimo tempo non conoscevo momenti così intensi sotto l’aspetto umano e spirituale. (…) Avevo la sensazione di conoscerle da sempre quelle persone, pronte a spronarmi e a darmi la forza di credere che anche a casa, al paese, avrei potuto portare quella gioia, quel donarsi l’un l’altro. In una parola sola: amare!» Antonio Sottani, da 15 anni alla Fattoria, riassume così questi giorni: «Certamente c’è una generosità dei nostri soci, socie, amici e amiche che è base per ogni esperienza straordinaria. Noi offriamo vitto, alloggio, ma soprattutto la possibilità di vivere insieme, nel lavoro, un’esperienza di reciprocità. Capita infatti che i vendemmiatori, dopo qualche giorno, sentano la necessità di dare una svolta alla loro vita, di riprendere in mano situazioni difficili nella loro città, nelle famiglie, portando amore là dove non c’è. Ma noi non facciamo niente di speciale, cerchiamo solo di volerci bene».

Carlo Isolan si occupa della parte agricola

Questo “volersi bene” attrae persone e risorse impensate: «Di esperienze ce ne sarebbero diverse» – continua Carlo Isolan, che si occupa della parte agricola – «ma una su tutte può spiegare la concretezza di questa vita: un gruppo di giovani provenienti dalla Repubblica Ceca aveva vissuto con noi qualche giorno di vendemmia; alla loro partenza ci avevano fatto presente di aver esaurito i fondi economici per poter sopperire alle spese di rientro. L’azienda come principio etico non opera “in nero”, così abbiamo preso dalla cassa ufficiale una cifra destinandola a questi amici, sapendo che era un’emergenza, ma fiduciosi che Dio ci avrebbe pensato, non per niente lo chiamiamo il “Socio nascosto”. Qualche giorno dopo, una signora che era appena arrivata per la prima volta in azienda per la vendemmia, ci ha consegnato una busta dicendoci, “l’ho in tasca da qualche giorno e sento che devo darla a voi”. All’interno c’era la stessa cifra donata qualche giorno prima». Questo come tanti altri fatterelli sarebbero da raccontare. Ma ora c’è silenzio, è sera, c’è da far piano che tutti dormono. Domani è un altro giorno, per gustare storie che si intrecciano come i tralci e si liberano come foglie al vento, raggiungendo i confini più lontani.   (fine terza puntata… continua…) A cura di Paolo Balduzzi (altro…)

Economia civile: la centralità della persona

Cooperativa Loppiano Prima: il coraggio di una profezia

19 Maggio 1973: è sabato e la cittadella di Loppiano è, come sempre da nove anni a questa parte, in piena attività per accogliere i visitatori che durante questo weekend verranno a conoscere la “Mariapoli”. Apparentemente è un giorno come un altro, in realtà la data è storica. Viene costituita infatti in questo giorno la Cooperativa Loppiano Prima, che nasce per offrire una testimonianza di Vangelo vissuto attraverso un’esperienza di lavoro concreto. Detta così sembra una passeggiata, ma le origini di questa particolare azienda affondano in un terreno tutto “oro” e tutto “fango”. Per il secondo nel senso letterale del termine. Loppiano era già nata da alcuni anni. Su quelle colline toscane l’entusiasmo e la gioia certamente non mancavano e i ragazzi si industriavano in ogni modo pur di realizzare il loro sogno: dare visibilità all’ideale di un “mondo unito”, grazie ai rapporti fra gli abitanti della cittadella, fatta di internazionalità, diversità, e allo stesso tempo intrisa di un’armonia difficile da trovare altrove. Certo non era facile perchè i sassolini da togliere nel cuore di ciascuno, per mentalità, etnia e cultura, erano tanti. Ma c’erano ben altri sassi, molto più visibili e altrettanto pesanti: erano quelli dei terreni abbandonati da anni che rendevano il paesaggio inospitale, i trasporti un po’ difficili, le condizioni di vita non proprio comodissime. Ci sarebbe stato bisogno di qualcuno competente per lavorare le terre, risistemare le case, fare in modo che quella tenuta agricola assumesse davvero l’aspetto di una città. Anche se in miniatura. Questo appello, lanciato a tutto il Movimento dei Focolari, venne accolto con particolare entusiasmo dai Volontari e dalle Volontarie di Dio in tutto il mondo: alcuni di loro, residenti nelle valli bergamasche (nord Italia), con generosità e ancor più fede partirono, lasciando lavoro e attività ben avviate per trasferirsi con famiglia e figli piccoli a Loppiano. Senza alcuna sicurezza di lavoro e di casa, cominciarono a ristrutturare alcuni casolari e, con sacrifici e duro lavoro, iniziarono la costruzione della cittadella e la coltivazione dei terreni circostanti. Una pazzia, vista da parenti e amici; eppure, grazie a queste prime famiglie, Loppiano spalancò le sue porte sul mondo, rendendo concreta un’avventura spirituale e umana oggi conosciuta e stimata nei cinque continenti. Si trattava d’incarnare nel lavoro concreto di ogni giorno la spiritualità del Movimento dei Focolari e di mantenere il rispetto nei confronti della natura e di conseguenza per l’uomo. Di conseguenza, in questi anni non sono mai stati usati prodotti di sintesi su tutte le coltivazioni, facendo tesoro invece dei processi fisici, conseguendo l’ottenimento della certificazione biologica su tutti i terreni. La Cooperativa conta più di 4000 soci sparsi in tutto il mondo che, anche attraverso le quote sociali e il consumo dei prodotti, contribuiscono allo sviluppo dell’azienda e, indirettamente, anche a quello di tutta la cittadella. Nel 1991, lanciando in Brasile il progetto dell’Economia di Comunione, Chiara Lubich ha indicato la Cooperativa Loppiano Prima quale prodromo dell’EdC stessa. Loppiano oggi è bella, bellissima, con i suoi prati, le case, le strade, l’acqua corrente per tutti.  Ma ci sono voluti la fede e il coraggio dei pionieri, la maggior parte ancora presenti, alcuni già in Cielo, senza i quali niente sarebbe stato possibile, nemmeno la realizzazione di quella profezia di cui ha parlato una volta Igino Giordani (Foco) in un messaggio inviato alla Cooperativa: «Voi testimoniate e gridate il Vangelo semplicemente con il lavoro e la comunione dei beni… E siete le primizie di una società da molti concepibile solo a parole eppure da tutti sognata. Per voi e grazie a voi il mondo di domani è già cominciato…».     (fine prima parte… continua)


Sito Web Terre di Loppiano: http://www.terrediloppiano.com Catalogo prodotti


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Mamma, siamo poveri?

Problemi economici, come in tante famiglie. Stipendi arretrati, e infine, sospensione del lavoro. Con tre figlie piccole il futuro potrebbe sembrare minaccioso. Come fare? Misurare le proprie necessità su quelle degli altri può sembrare una scelta folle, ma in questo caso, è risultata vincente. I fatti, raccontati dalla mamma, lo dimostrano. «Il battesimo delle bambine. Feste semplici e senza sprechi, niente bomboniere e ristorante, aprendo la casa ad amici e parenti. Abbiamo sempre ricevuto tanto e vogliamo condividerlo con chi è meno fortunato, donando una parte dei soldi ricevuti in regalo, per un progetto a favore dei bimbi appena nati dell’Africa». L’ultimo battesimo però è proprio in concomitanza con la sospensione del lavoro del marito… quei 250 € raccolti servirebbero proprio, ma decidono comunque di mandarli. «A distanza di qualche mese veniamo a sapere dalle persone che hanno in cura i neonati, che avevano chiesto a Dio proprio quella cifra, arrivata nel momento in cui non avevano più soldi per il latte e che sarebbe bastata per 3 mesi. A noi non solo era mancato niente, ma io avevo bisogno di un cappotto e di un vestito, ed ho ricevuto un cappotto, un vestito elegante, un giubbotto, 2 gonne, e dei soldi per un valore tre volte tanto». Sempre alla moda: vestiti e dintorni. «Con diverse famiglie c’è uno scambio continuo di vestiti, soprattutto per le bambine, una sorta di baratto. Quando arrivano questi enormi pacchi abbiamo un piccolo rito: apriamo insieme le buste e poi organizziamo le sfilate. Vestiti belli, scarpe nuovissime: le mie figlie non hanno mai avuto un guardaroba così fornito. Un giorno la più grande  ha raccontato di queste “sfilate” ad una sua compagna, che un po’ schifata le dice: “Ma come fai ad essere contenta se metti i vestiti usati degli altri? Ma tu sei povera?”.  Naturalmente è arrivata a casa triste e un po’ delusa. Ne abbiamo parlato bene e ci siamo accordate che quando le serve qualcosa di particolare lo compriamo, ma che è molto bello dare e ricevere quello che si ha, non perché non abbiamo la possibilità di comprare ma perché è giusto non sprecare, a favore anche di tanti bambini poveri, come per esempio il bambino che abbiamo adottato a distanza. La bambina non solo si è rasserenata ma è andata a prendere il salvadanaio e mi ha dato i suoi soldini da mandare al suo fratellino del Pakistan. Poi mi ha chiesto: “Mamma ma noi siamo poveri?” Ho spiegato che in realtà in quel periodo qualche difficoltà ce l’avevamo, per via della mancanza di lavoro del papà e di alcune mie mensilità arretrate. È stata l’occasione di spiegarle che magari manchiamo di qualcosa, ma abbiamo una casa, la macchina, buone cose da mangiare, ma soprattutto ci vogliamo bene e abbiamo tanti amici e siamo felici. E lei ha esclamato: “Ma allora mamma siamo ricchi!Al rientro dalle vacanze, le bambine avevano difficoltà a rimettersi le scarpe, piede cresciuto o scarpe ristrette? Ma come si fa… non abbiamo i soldi per coprire la rata della macchina. Ricevo la telefonata di un’amica che ha uno scatolone di cose “inutili” da darmi: giochi, puzzle, colori, libri per bambini, lo zainetto che una delle figlie voleva, ma che non aveva avuto perché troppo caro. E poi… per la grande c’erano un paio di stivali viola, scarpette da tennis, e scarponcini per l’inverno, e altre scarpe che alla prova andavano perfettamente. Il piede continua a crescere e quel bellissimo paio di stivali non va. Era bello e nuovo, così decido di conservarlo per la più piccola. Ma un’amica, il cui marito ha perso il lavoro, ha urgenza di comprare stivali numero 33 alla figlia. Proprio lo stesso numero. Un attimo di dubbio, e poi “quando serviranno a mia figlia si vedrà”. Le preparo gli stivali e altri vestitini. L’amica, felicissima, mi chiede “E adesso tu come fai?”. “Non lo so, poi Dio ci pensa”. E ci ha pensato davvero, perché la mattina dopo mi chiama un’altra amica: “Ma non è che ti serve un paio di stivali n. 34 nuovissimi per la figlia grande?”. Erano perfetti!». (F. & M. – Italia) (altro…)