Ago 22, 2017 | Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Sociale, Spiritualità
«Ero sposata da poco quando mio marito si ammalò gravemente. Nello stesso momento scoprii di aspettare un bambino». Comincia così il racconto di una giovane donna nigeriana. Lontana dalla propria famiglia e sola, si appella alla famiglia del marito. Ma trova la porta chiusa. «Quello che abbiamo vissuto dopo è stato un inferno». Fortunatamente, in seguito, altre porte si sono aperte. Quelle di Casa Alba. E per lei, come per tante altre giovani donne in difficoltà, è cominciato un nuovo giorno. «Non so come sarei sopravvissuta diversamente. Ora, grazie a Dio, le cose sono migliorate». Casa Alba è un progetto del Movimento dei Focolari in Nigeria. Dapprima, per molti anni, è chiamata semplicemente “Casa Gen” (Generazione nuova). Solo successivamente Chiara Lubich propone di chiamarla “Alba”, con l’auspicio che possa diventare una vera casa per tante ragazze in difficoltà provenienti da tutta la Nigeria. Qui in tante, alcune sottratte dalla strada, trovano accoglienza e imparano un mestiere. Le attività del cucito (poi trasformatosi in un corso) e del batik (arte della colorazione del tessuto), che inizialmente servono a racimolare qualche soldo, diventano un vero e proprio progetto di recupero. La formazione morale e spirituale è parte integrante del programma. Fine maggio 2017. Nel centro Mariapoli di Onitsha si festeggia il 25˚ anniversario di Casa Alba, un intero fine settimana e una messa conclusiva all’aperto. 400 gli invitati, molti dei quali indossano il tipico coloratissimo costume africano, dipinto proprio con la tecnica batik. Celebra la messa il Vescovo Ausiliare, il Rev. Denis Chidi Isizoh. «Focolare significa fuoco – dice durante l’omelia -. Il fuoco dell’incoraggiamento, dell’evangelizzazione, dell’amore». Descrive gli incontri personali avuti con Chiara Lubich, mentre lavorava con il card. Arinze al Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso. Poi continua: «Uno scolaro francese ha scritto “Penso dunque sono”. Un africano non lo direbbe mai. Gli africani direbbero “Siamo quindi sono”. Sono una persona perché appartengo a una comunità, a un gruppo. Questo è quanto i membri del Movimento dei Focolari ci dicono: quando siamo uniti come una comunità allora ritroviamo noi stessi».
Un passo indietro. Qualche tempo prima, Elde de Souza, responsabile di Casa Alba, si reca dal Vescovo Denis per informarlo delle difficoltà economiche del progetto e della sua imminente sospensione. Per tutta risposta, il vescovo rinnova la sua fiducia e rilancia. Al posto della chiusura, propone di festeggiare in grande stile il 25˚ anniversario di attività della Casa: «Il Focolare in Nigeria è troppo silenzioso!». L’intera comunità si mobilita, non potendo restare insensibile a una tale proposta. Tutti, grandi e piccoli, si mettono al lavoro. L’entusiasmo del Vescovo Denise è contagioso: «La Nigeria è un luogo felice. Noi siamo gente felice. Alcuni però non lo sono. Sono veramente in difficoltà. Questa è l’esperienza della vita», ma tutti possiamo unire le nostre sofferenze a quella di Gesù sulla croce, conclude. Tutte le “ragazze” di Casa Alba sono presenti. Alcune sono adolescenti, altre già nonne. La festa è l’occasione per ri-intrecciare percorsi e storie. «Ha cambiato me e la mia vita». «Prima ero una persona collerica, qui mi sono rasserenata». «Quello che ho vissuto qui mi ha aiutato per tutta la vita». «Una meraviglia ascoltare come questo piccolo seme abbia dato tanti frutti» commenta “Mama Regina”, 83 anni, una delle prime educatrici. Il giorno dopo, il quotidiano dell’arcidiocesi di Onitsha (due milioni di cattolici) definisce l’anniversario «uno spettacolare evento colorato». Si legge: «Il Movimento dei Focolari ha asciugato le lacrime di giovani senza speranza, che ora vivono al di sopra del livello di povertà grazie alle abilità acquisite a Casa Alba». Canali radio e TV ne parlano. Il giornale regionale stampa un appello per raccogliere fondi per rilanciare il progetto. Comincia un nuovo giorno anche per Casa Alba. (altro…)
Ago 21, 2017 | Famiglie, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Senza categoria, Spiritualità
Eugene è un ingegnere, Ann un tecnico informatico. «Ma – precisa lei – dopo 10 anni di brillante carriera ho deciso di dedicarmi completamente al nostro progetto di famiglia. Subito dopo questa decisione, l’attesa di un bambino ci ha riempito di gioia». A novembre 2009 la felicità per la nascita di Erin dura poco. Dopo due settimane, il 6 dicembre, notando una certa difficoltà a nutrirla, decidono di portare la piccola in ospedale. Dopo alcuni accertamenti, la diagnosi parla di sepsi neonatale e meningite, potenzialmente letale. Eugene e Ann rivivono quei momenti con commozione. «Era il 7 dicembre – ricorda Eugene – il mattino presto abbiamo rinnovato il nostro “sì” alla volontà di Dio. Subito dopo il medico ci informa che l’infezione era in uno stadio avanzato e la bambina in condizioni critiche. Il pomeriggio, Erin ha ricevuto il battesimo». Il giorno dopo, il battito è debole, gli occhi insensibili alla luce. I medici consigliano di trasferirla in un ospedale più attrezzato, e più costoso. Sempre Eugene: «Ann mi ha aiutato a compiere un atto di fede, accettando di fare tutto e di preoccuparci delle spese in seguito. Ho chiesto a Dio: “Perché?”. In ambulanza cercavo di stimolarla, accarezzandola e cantandole la ninna nanna. Il battito stava cessando. Ma in fondo continuavamo a credere che ci fosse una ragione, anche se incomprensibile. Ancora una volta pronunciamo il nostro “sì”. Al pronto soccorso, vedendo il suo corpicino pieno di aghi e tubicini, non potevamo non piangere, rendendoci conto della gravità della situazione. Era l’8 dicembre, festa dell’Immacolata Concezione di Maria. Nella cappella dell’ospedale Le affidiamo la nostra piccola». Ann: «La situazione era critica, l’infezione sembrava aver raggiunto il cervello. In passato, ci dicono i medici, altri pazienti in analoghe condizioni non erano sopravvissuti o erano rimasti handicappati. Ci restava solo da sperare e pregare. Ancora prove, trasfusioni, ulteriori esami. Erin sembrava un piccolo Gesù crocifisso, sofferente e impotente. Potevamo solo stare anche noi “ai piedi della croce”, come Maria».
Riprende Eugene: «Ci guardavamo, assicurandoci l’un l’altro il nostro amore e il desiderio di restare uniti. Quella notte, ci siamo chiesti se fossimo davvero pronti a qualsiasi cosa. Ann si ricordò di Abramo, pronto a sacrificare il figlio Isacco. E di Giobbe, fedele anche quando aveva perso tutto: “Il Signore dà, il Signore prende”. Erin non era nostra, apparteneva a Dio». Ann si illumina: «Con il passare dei giorni, notavamo però dei miglioramenti. Erin rispondeva bene alle cure. Un esame approfondito rivelò che l’attività cerebrale era normale, nonostante la gravità dell’infezione. Presto i medici e gli infermieri lo definirono un piccolo miracolo. Giorno dopo giorno, diventava sempre più forte, una piccola donna che combatteva coraggiosamente per vivere. Grazie a lei, abbiamo imparato che “essere” è più importante di “avere” o “fare”. Ci stava insegnando la vita». Eugene: « In ospedale abbiamo trascorso il nostro primo Natale in tre. In mezzo a tante incertezze ci siamo ricordati quello che Chiara Lubich aveva detto: “Solo Dio è fonte di gioia e di felicità piena”. Ci sostenevano la presenza di Gesù in mezzo a noi, la comunità dei Focolari, la famiglia e gli amici. Dopo 23 giorni siamo tornati a casa. Erin era guarita del tutto». Conclude Ann: «Come tutti, abbiamo anche noi le nostre preoccupazioni. Ma sappiamo che le nostre figlie appartengono prima di tutto a Dio. Compito di noi genitori è accompagnarli nella scoperta del disegno che Dio ha su di loro». Mentre parlano, Erin, vivacissima, gioca allegra con la sorellina Anica. 7 e 5 anni di gioia e spensieratezza. (altro…)
Ago 17, 2017 | Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Spiritualità
Costruttori di pace «Nella situazione di estrema crisi che sta attraversando il nostro Paese vogliamo aiutarci a vivere da cristiani coerenti. A Valencia, la città più colpita dai saccheggi, abbiamo vissuto giorni di confusione e di isteria di massa. Diversi settori industriali sono stati selvaggiamente saccheggiati senza l’intervento degli agenti di polizia. Anzi abbiamo visto gli stessi militari incitare al saccheggio dei negozi, portando camion e attrezzature. Città bloccata, arresti, clima di tensione, rabbia e fame. In questo frangente, in famiglia e con altri amici cerchiamo di essere di sostegno gli uni per gli altri e di comunicare speranza, senza giudicare coloro che hanno portato via dai negozi ogni sorta di cose, perfino cucine e parti di automobili. Assistiamo anche al continuo intervento della provvidenza che fa arrivare medicine e viveri per intere famiglie. È impressionante l’amore di Dio che veglia sui suoi figli». (O.T. – Venezuela) Cuoco «A me, che faccio il cuoco, piace pensare che la vita sia un esercizio per arrivare al banchetto del Cielo. Gesù non ha forse cominciato la vita pubblica a un pranzo di nozze a Cana? Non ha forse partecipato a tanti banchetti, fino all’ultima cena, promettendoci un banchetto finale in cui, certamente, anche i cuochi come me avranno il loro posto? Nel mio servizio in cucina l’obiettivo non è tanto il piatto in sé, ma le persone che gusteranno il frutto del mio impegno. Cerco di non lavorare solo per la carriera, per essere un bravo marito e un bravo papà, ma per Dio». (V. – Italia) Il “trucco” «Nell’appartamento dove abito con altri studenti non è sempre facile la convivenza, perché hanno abitudini diverse dalle mie. Un giorno, scoraggiato, stavo pensando di cercarmi un altro alloggio, quando la mia ragazza mi ha suggerito di prendere io l’iniziativa e di fare qualcosa per miei coinquilini. Lei stessa mi ha aiutato a preparare un dolce. Un gesto così semplice! Eppure è servito a sbloccare i rapporti, tant’è che è iniziata fra tutti una specie di gara a venirsi incontro. Ora conosco il “trucco”: quando si presenta qualche difficoltà, posso cominciare ad amare per primo». (B. C. – Repubblica Ceca) Vera povertà «Ho un amico invalido che riceve una pensione minima e viene emarginato dai suoi fratelli e sorelle. Un giorno mi ha raccontato: «Ho comprato un paio di scarpe a G., ogni giorno gli pago la colazione al bar. Ora ho intenzione di pagargli la dentiera». Gesti di questo tipo lui ne compie giornalmente, eppure dicono che sia un asociale, addirittura che non abbia la capacità di intendere e di volere. Invece la bontà di quest’uomo, che nelle sue condizioni sa essere attento ai bisogni degli altri, mi commuove sempre. Un giorno mi diceva: «Quando qualcuno soffre, io lo sento molto simile a me. Poterlo aiutare mi fa sentire vivo e realizzato»». (T. – Italia) (altro…)
Ago 9, 2017 | Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Spiritualità
Amavo da ragazzo sintonizzarmi la sera con la Radio Vaticana che trasmetteva notiziari in varie lingue straniere. Naturalmente, di quelle lingue non ne conoscevo nessuna ma quell’ascolto mi affascinava, mi dava l’impressione di dilatare il cuore sull’umanità, sui popoli e il loro quotidiano. Fu in una di quelle sere che mi capitò di udire il Papa Pio XII invocare il nome di Dio per ben tre volte: “Dio, Dio, Dio”! Quel “grido” si impresse nella mia coscienza anche se, col passar del tempo, finì con l’affievolirsi e perdersi nella memoria. Era il 1956. Nove anni dopo, Gennaio 1963, mi trovo militare a Torino. Un compagno di camerata mi invita ad un Convegno del quale non chiesi, stranamente, nessuna informazione. Eppure nel chiedere il permesso ai miei superiori, mi ritrovai a dire che da quel Convegno dipendeva tutta la mia vita. Con un insperato assenso dei miei superiori, partii alla volta di Ala di Stura, un paesino di montagna in una cornice stupenda della natura. Accolto come fossi conosciuto da sempre, fu lì che conobbi Chiara Lubich – fondatrice del Movimento dei Focolari –, e Igino Giordani, cofondatore. Realtà forte, per me, fu anche incontrare per la prima volta persone di culture e religioni diverse. In quei giorni ebbi la possibilità di conoscere, perché ospite dei Focolari, Assunta Roncalli sorella di Papa Giovanni XXIII, che sarebbe morto il 3 giugno dello stesso anno 1963. Una mattina Chiara Lubich parlò di una nuova vocazione nata in seno al Movimento. E fu solo quando di quella nascita Chiara indicò anno e circostanze, che quella invocazione di Pio XII, riaffiorò imperiosa dalla mia coscienza: «Dio, Dio, Dio! Dio vi aiuterà, Dio sarà la vostra forza. Risuoni questo ineffabile nome, fonte di ogni diritto, giustizia e libertà, nei parlamenti, nelle piazze, nelle case e nelle officine…». Così si espresse il Papa nel radiomessaggio del 10 novembre 1956 durante la repressione della rivoluzione in Ungheria. E Chiara commentò: «C’è stata dunque una società capace di togliere il nome di Dio, la realtà di Dio, la Provvidenza di Dio, l’Amore di Dio dal cuore degli uomini. Ci deve essere una società capace di rimetterlo al Suo posto. È possibile che il demonio abbia i suoi seguaci fedelissimi, totalitari, pseudo martiri della sua idea, e Dio non abbia un esercito compatto di Cristiani che tutto diano per riconquistare la terra a Lui?».A quell’appello del Papa, Chiara rispose con l’intuizione di raccogliere donne e uomini di tutte le età, nazionalità, condizioni, legati da un unico vincolo, quello della fraternità universale, perché formassero un esercito di volontari, “I Volontari di Dio”, espressione del Movimento dei Focolari oggi presente in 182 nazioni del mondo. Una vocazione moderna, totalitaria, alla quale Chiara Lubich dà un ulteriore tocco di fascino quando la descrive come l’attrattiva del tempo moderno: «Penetrare nella più alta contemplazione rimanendo mescolati fra tutti, uomo accanto a uomo … per segnare sulla folla ricami di luce e, nel contempo, dividere col prossimo l’onta, la fame, le percosse, le brevi gioie». Igino Giordani la paragona ad una «santità in tuta da operaio che sprona a portare Dio in Parlamento, nei Consigli Comunali, negli ospedali, scuole, uffici, botteghe, studi professionali, a casa, ai campi di bocce, ma anche nel mondo dell’arte, della comunicazione, della scienza, dell’economia …», perché, aggiunge, «portare Dio in tutti questi luoghi significa trasformarli in Abbazie, trasformarli in luoghi sacri in cui si celebra ogni giorno una Messa particolare!» Sono passati 54 anni da quel giorno in cui anch’io sentii la chiamata ad arruolarmi con “I Volontari di Dio”, nati da un carisma che, perché autentico, si misura anche nei suoi risvolti concreti riflettendo nella cultura, nel sociale, economia, politica … Perché i vari ambiti della vita non restino mediocri, privi di coraggio, incapaci di unire, insensibili, ma aperti ad accogliere la presenza profonda di Dio. Gennaro Piccolo – Centro Igino Giordani “Una via per l’Unità” (Andria, Italia) (altro…)
Ago 4, 2017 | Focolari nel Mondo, Spiritualità
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