Giu 4, 2018 | Focolari nel Mondo, Spiritualità
La torta Alle volte, in famiglia, non è sempre tutto facile. Quando meno te l’aspetti, può scoppiare una lite. Lo scorso fine settimana siamo andati a trovare una famiglia. Mia moglie aveva passato l’intera giornata in cucina per preparare una torta. Stavamo quasi per arrivare, in macchina, quando mi accorgo, troppo tardi, che dovevo svoltare. Freno bruscamente e la torta finisce a terra. Si è accesa una discussione. Volevo argomentare che quello non era il posto giusto dove portare una torta, che poteva cadere, come infatti era successo. Però mi sono fermato e ho chiesto scusa. Piano piano la tensione è scesa. Quando siamo arrivati dagli amici, senza niente da portare e sporchi di torta, l’armonia era già tornata. Enrique – Spagna Un fratello sfortunato Ero appena scesa dal treno quando sono stata travolta da un ragazzo di colore, inseguito da tre uomini che gridavano: «È un ladro, fermatelo!». I tre lo hanno raggiunto e hanno cominciato a picchiarlo. Vedendo la scena, mi sono precipitata a fargli da scudo: era un ragazzo, poteva avere sedici anni. Raggomitolato a terra cercava di spiegare, in un italiano stentato, che aveva rubato perché da giorni non toccava cibo. Ai carabinieri, accorsi nel frattempo, ha spiegato che era fuggito dal Congo, unico sopravvissuto allo sterminio della sua famiglia. Ho ottenuto il permesso di accompagnarlo al pronto soccorso. «Tu mi hai salvato la vita, tu sei la mia mamma italiana!», mi diceva lungo la strada. La diagnosi: trauma cranico e tre costole rotte. Inevitabile il ricovero. Essendo sprovvisto di vestiario adatto, sono andata a comperarglielo. Al ritorno, qualcuno mi ha chiesto come mai mi prodigassi tanto per uno sconosciuto, per di più un ladruncolo. Ho risposto: «Sono cristiana, è mio dovere aiutare un fratello più sfortunato». Anna Maria – Italia Benedizione negata G. aveva concluso la sua esistenza nel modo più triste e vergognoso, dopo una notte passata tra alcol e prostitute. Non solo: la notte prima di morire, aveva preso con sé il figlio quindicenne e lo aveva condotto nel mondo che era solito frequentare per insegnargli ad “essere uomo”. Venni chiamato per benedire la salma. Risposi che non meritava la benedizione della Chiesa. Mi sembrava, così facendo, di difendere la giustizia, di dare un buon esempio. Poi però non ho avuto più pace. Pensavo alla vedova, ai figli. Avevo negato loro un po’ di conforto, condannando un prossimo di cui conoscevo solo la storia esteriore, ergendomi a suo giudice, al posto di Dio. Dopo una notte insonne, mi decisi. Andai a trovare la vedova e i figli di quell’uomo, per chiedere perdono e prendere accordi per una messa in suffragio del loro caro. Forse questo gesto ha portato loro un po’ di pace. E. P. – Italia Naso aquilino Tra noi ragazze parliamo molto di ciò che fa parte della nostra vita, di come vestirci, truccarci e via dicendo. Un giorno una di loro mi ha messa in ridicolo, facendo notare che avevo il naso aquilino. È scoppiata una risata generale. Sono andata via disper ata e per diversi giorni sono stata di umore nero. A casa i miei mi vedevano in quello stato senza poter far niente. Una sera, mia sorella mi ha invitata a partecipare assieme a lei ad un gruppo che metteva a base di ogni azione il Vangelo. L’ho seguita. Lì mi è sembrato di entrare in un altro mondo, dove contavano le cose che veramente hanno valore e non inezie come il naso o il vestito. Da allora ho trovato una grande pace dentro di me. Ora mi sento veramente me stessa. C. K. – Polonia (altro…)
Giu 3, 2018 | Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Sociale
«Il flusso di migranti alla frontiera cresce di ora in ora. La crisi economica, che sta mettendo in ginocchio il Paese, accomuna nel dolore chi rimane e chi decide di fuggire». Dalle parole di Silvano Roggero, venezuelano figlio di italiani, si percepisce il dramma vissuto da un intero popolo. Da tre anni si trova nel focolare di Lima, in Perù. «I Paesi vicini, con la generosità tipica di queste terre, nonostante le enormi difficoltà provocate dall’entrata improvvisa ed inaspettata di centinaia di migliaia di persone, cercano di offrire accoglienza. Sono testimone diretto di uno dei tanti drammi che sta vivendo oggi l’“umanità di periferia”. Proprio ieri mi ha scritto la direttrice di una scuola della penisola di Paraguaná, nel nord del Venezuela. C’è un insolito movimento in segreteria, diversi genitori si stanno presentando per ritirare i figli. Sono costretti a partire!». Un esodo dalle proporzioni bibliche, causato da una crisi economica e sociale gravissima, che sta stravolgendo la stessa fisionomia del Venezuela. L’inflazione è alle stelle e scarseggiano drammaticamente cibo, medicinali e materie prime. «Dallo scorso mese di dicembre anche Ofelia e Armando, della comunità dei focolari di Valencia (la terza città del Venezuela), sono arrivati a Lima. Prima gestivano un asilo infantile. Con Ofelia coltiviamo un sogno: trovare un locale in cui offrire una prima accoglienza agli sfollati che arrivano a frotte, dopo un viaggio via terra di circa sette giorni. Si parla di circa 300 mila venezuelani arrivati in Perù nell’ultimo anno e mezzo! Con Ofelia – continua Silvano – abbiamo organizzato una cena di accoglienza nel focolare per un piccolo gruppo di venezuelani. Alcuni già conoscevano il movimento, ma c’era anche chi non sapeva niente del nostro gruppo. Gli ospiti sono arrivati da diversi punti della città, lontani anche un’ora o due. Non si orientano ancora molto bene in questa metropoli di quasi dieci milioni di abitanti». Sembra una goccia nel mare, ma il desiderio è quello di accoglierli come fosse Gesù in persona a presentarsi alla porta.
«Come si può immaginare, di fronte alle loro difficili situazioni non avevamo soluzioni “precostituite”. Nemmeno sapevamo da che parte cominciare, però, quello sì, potevamo offrire un pasto caldo e ascoltarli! Uno di loro era stato derubato: abili borseggiatori gli avevano portato via dallo zainetto il cellulare e tutto quanto aveva per sopravvivere. Un altro non sapeva quali documenti presentare per il permesso di soggiorno. Ofelia, già ben addentro alla pratica, avendo fatto tutta la trafila, ha offerto la sua esperienza. Un altro ancora ha raccontato di aver trovato un lavoretto, a più di due ore di distanza, per 10 euro al giorno (ma c’è chi è disposto a lavorare anche per soli 4 euro). C’era anche chi aveva un “curriculum” troppo eccellente e per questo non era considerato, nella paura che volesse sottrarre il posto di lavoro al responsabile di turno. Ma, quel che più ci ha commosso, è stato condividere le storie, vedere le foto e sentire parlare ognuno della propria famiglia».
«Per tutti, la prima necessità è ora trovare un lavoro, non importa se si dorme per terra, anche senza materassino, o si mangia poco. Il sogno più grande è quello di mandare ogni tanto a casa una ventina di euro. Ci siamo accordati per restare collegati tra noi. In focolare erano arrivati da poco, da una raccolta nella comunità, che chiamiamo “fagotto”, una piccola somma e due giacconi pesanti. Provvidenziali, perché sta per iniziare la stagione fredda. Abbiamo distribuito tutto. Quattro ore dopo, mentre stavamo per alzarci da tavola, è arrivato un nuovo SOS, questa volta proveniente da una persona che vive nelle Isole Canarie. “Undici ragazzi si sono incamminati a piedi dal Venezuela, diretti a Lima. Sono disperati, senza soldi né telefoni, hanno solo quanto indossano. Fra loro il cugino di una mia amica. Potreste aiutarli? Soprattutto per evitare che cadano nelle mani di qualche malfattore o di gruppi organizzati che vogliano approfittare della loro fragilità. Calcoliamo che impiegheranno circa 30 giorni”. Nuovi arrivi, nuove persone busseranno alla porta. Ma hanno tutte lo stesso nome, Gesù. Un ospite d’eccezione. Lo aspettiamo». Chiara Favotti (altro…)
Mag 27, 2018 | Focolari nel Mondo, Spiritualità
L’infermiere Sono albanese. Dopo tante ricerche ero stato assunto come infermiere in un ospedale della Macedonia. Un giorno, per essere coerente con i miei principi religiosi, ho rifiutato di assistere ad un aborto, con grande sorpresa dei colleghi, perché così facendo rischiavo il licenziamento. Pur consapevole che la famiglia, che vive del mio stipendio, ne avrebbe risentito, sono rimasto nella mia posizione. Dopo qualche giorno il primario, in privato, mi ha dichiarato la sua ammirazione per quel gesto. Anche per lui era da combattere la pratica degli aborti, ma non aveva il coraggio di rischiare il posto di lavoro. S. E. – Macedonia Allevamento di galline Volevamo mettere su un’azienda per andare incontro ai bisogni dei poveri. Messe insieme alcune risorse, abbiamo iniziato ad allevare galline ovaiole. Il primo lavoratore assunto era un giovane di vent’anni che, come poi ho scoperto, aveva un comportamento disonesto. Una volta, infatti, è sparita una grande quantità di uova e lui era stato l’unico ad assentarsi dall’azienda durante l’orario di lavoro. Ogni volta che decidevo di licenziarlo, però, mi fermavo: “Si fa presto a licenziare – mi dicevo –; non sarebbe meglio aiutarlo?”. Ho chiesto aiuto a Dio, e ho cercato di dare fiducia a quel giovane. Alcuni mesi fa stavano morendo tante galline e il veterinario non riusciva a capire il motivo. Quel giovane, osservandole, ha scoperto che dipendeva da una errata disposizione dei nidi: le galline che andavano a deporre le uova non erano protette dalle beccate delle altre. Abbiamo cambiato la disposizione e da allora non ci sono più problemi. P. L. – Camerun Turno serale Un collega che fa il turno serale nel centro elettronico della banca dove lavoro, dopo l’ennesimo inconveniente, mi telefona in preda al panico per chiedermi di correre in suo aiuto. Anche se mi costa uscire di casa e lasciare la mia famiglia, decido di andare a dargli una mano. Cerco prima di tutto di assorbire la sua rabbia, poi piano piano si calma, e insieme riusciamo a ricostruire tutti i dati che erano andati persi. A quel punto il mio compito è terminato, ma pensando alle parole di Gesù: “Se uno ti chiede di fare un miglio, tu accompagnalo per due”, gli propongo di tornare a casa, dicendogli che sarei rimasto io a coprire il turno. Alla risposta che preferisce restare, rimango con lui fino a mezzanotte. Oltre alla stanchezza, sperimento anche una grande gioia. F. S. – Svizzera Incomunicabilità Dopo anni di matrimonio, con mia moglie eravamo arrivati a una situazione di grave incomunicabilità. Qualsiasi cosa dicessimo per chiarirci le posizioni e le motivazioni delle nostre azioni, sembrava di mettere benzina sul fuoco al punto da arrivare a rinfacciarci che tra noi, in fondo, non era mai esistita una vera comunione. Giorni d’inferno hanno riempito la nostra vita. Quanto ai figli, anche se fuori di casa, avvertivano anche loro questo profondo disagio. Un giorno in cui mi sentivo particolarmente oppresso interiormente ho chiesto aiuto a Dio. Poco dopo, mentre sfogliavo una rivista sul tram, ha colpito la mia attenzione un articolo sull’importanza di dare fiducia all’altro. Era proprio quello di cui avevo bisogno! Ho capito che, piuttosto che analizzare azioni e parole, dovevo ridare fiducia a mia moglie, dimostrandole di credere in lei. Ci ho provato, e questo cambio di atteggiamento ha dato i suoi frutti. Dopo giorni di silenzio, mia moglie ed io abbiamo ripreso un dialogo nuovo. F. T. – Ungheria (altro…)
Mag 1, 2018 | Focolari nel Mondo, Spiritualità
Fabbrica di cioccolatini Durante l’estate sono andata con una mia amica in Germania per lavorare in una nota fabbrica di cioccolatini, ma siamo state accolte con molta freddezza dai 400 dipendenti. In particolare, una signora, che lavorava alla mia stessa catena di inscatolamento, era molto scontrosa nei miei confronti. Un giorno proprio lei ha commesso un errore che poteva costarle molto. Quando è arrivato il responsabile del reparto, senza pensarci troppo ho dichiarato che ero stata io a sbagliare. Mi sono presa un severo rimbrotto, con la prospettiva, alla prossima mancanza, di perdere il lavoro. Ma ero contenta: l’avevo fatto a Gesù. Quel gesto ha impressionato i miei colleghi. Da allora l’atmosfera è cambiata, abbiamo cominciato a trattarci tutti in maniera più cordiale, e quando è arrivato il momento di partire ci è sembrato di lasciare una vera famiglia. Krisztina – Romania Un grande novità Durante un incontro in parrocchia, ero rimasto colpito dalla gioia e dalla semplicità di un gruppo di ragazzi, più o meno della mia età. Per uno come me, abituato a ricorrere a Dio solo nei momenti di necessità, sentir parlare di Lui come Amore era una novità. Senza troppi ragionamenti, nei giorni successivi ho provato a fare come loro. Come prima cosa mi sono messo ad aiutare nelle faccende di casa e a badare alle esigenze della mia sorellina. Una domenica ho rinunciato persino ad andare alla partita di calcio per montare una tettoia con papà. A scuola, contrariamente alla mia abitudine di studiare per conto mio, ho aiutato una compagna a ripassare insieme. Daniel – Argentina Al supermercato Sono andata al solito supermercato, in vista di una cena con una trentina di giovani a casa nostra, e dato che sarei stata impegnata in un convegno di più giorni, ho pensato di fare una grossa spesa da lasciare a casa. Mentre sto mettendo le cose sul nastro alla cassa, vedo la signora dietro a me con pochi oggetti. La invito a passare avanti. Dopo di lei, c’è una signora anziana con 10 pacchetti di fazzoletti in mano. Le dico se vuole passare avanti anche lei. Mi dice che suo marito è andato a prendere una confezione d’acqua. Arrivato il marito, sposto le mie cose e li faccio passare. Finalmente tocca a me! Ma arriva un giovane che ha comprato una cassettiera, perciò in braccio ha uno scatolone pesante, e penso che sia amore far passare anche lui. Comincio a riempire le mie tante borse. Alla fine la ragazza della cassa tira fuori lo scontrino e dice: “Oggi lei non paga niente!”. Penso: una battuta? La cassiera mi chiede: “Come si chiama?” Rispondo: “Chiu”. Sento l’altoparlante che annuncia: “Oggi la signora Chiu ha vinto una spesa di 107 euro!” Non avevo calcolato questa probabilità, avevo solo amato i prossimi che erano in fila dietro a me! Chiu – Hong Kong Negozio di alimentari Gestisco un negozio di generi alimentari e sono abituato, quindi, all’ambiente del commercio, dove come prima cosa conta il profitto, non la persona in sé. Ho conosciuto alcuni cristiani che cercano di mettere in pratica il comandamento di Gesù. Ho pensato: se sono riusciti loro, perché non provarci anch’io? La mattina dopo ho pensato: non voglio più pesare la merce con due carte spesse, da oggi ne uso solo una leggera. Ho provato una grande gioia e libertà, ho capito che, amando, mi si aprivano orizzonti nuovi Beppino – Italia (altro…)
Apr 25, 2018 | Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Spiritualità
Sono nato in un paesino del nord Italia, 67 anni fa. Durante l’adolescenza i miei unici interessi erano la musica e il disegno. Per i continui conflitti con i miei, ben presto abbandonai casa e scuola. Chitarra, capelli lunghi, la mia band: questo divenne il mio mondo. Con alcuni amici formammo una comune dove vivevamo, suonando e sognando insieme. Un posto di passaggio, dove circolava l’hashish. Conobbi Laura, che divenne la mia compagna, con la gioia e l’incoscienza dei vent’anni. Lei, saltuariamente, faceva uso anche di droghe pesanti. Per aiutarla a smettere feci un gesto di cui in seguito mi sarei pentito amaramente: provai anch’io. Fu l’inizio di una china che giorno dopo giorno ci condusse in un abisso senza fondo, nella prostrazione di dover reperire dosi quotidiane sempre più forti. Anni di paura, di euforia alternata a crisi d’astinenza, ricoveri in ospedale e continue ricadute. Fino al carcere. Scontata la pena, decidemmo di partire per l’India per imparare a suonare i Tabla, tipico strumento a percussione. L’India ci apparve affascinante, al punto da farci dimenticare l’Occidente e il suo materialismo, riuscendo a stare lontani da qualsiasi droga. Al rientro l’impatto fu molto duro. L’Italia in quel periodo era come paralizzata dal terrorismo di stampo politico. Disorientati, trovammo di nuovo conforto tra le braccia dell’eroina, ci aiutava a non pensare. Il vortice della tossicodipendenza ci risucchiò in un modo ancora più spietato. Seguirono anni di degrado fisico e morale. Fino a un bivio drastico: la pazzia o la morte. Tornai in India per disintossicarmi. Ma da solo, per evitare di condizionarci e di ricadere nel giro. Di nuovo in Italia, accettai, di malavoglia, di andare da uno zio in Toscana.

La cittadella di Loppiano
Fu la svolta. Da lui, stranamente, mi sentivo accettato e rispettato, come uno di casa. L’idea che animava la vita della sua famiglia era che Dio è Amore, ama tutti personalmente e senza condizioni. Questa proposta cominciò ad affascinare anche me. Il 1° maggio 1982, con i miei cugini, andammo a Loppiano per un meeting di giovani di tutto il mondo. Sempre più convinto di voler fare mia questa vita, cercavo di stare a stretto contatto con gli abitanti della cittadella, che, avevo scoperto, avevano messo a base della loro vita il Vangelo. Desideravo comunicare a Laura quanto mi era accaduto, e andai a trovarla. La sua reazione fu comprensibilmente dura, si sentiva tradita. Dopo alcuni mesi, mi scrisse una lettera. Era in carcere, voleva vedermi. Ringraziai Dio: dal fondo non si può che risalire.“Fa’ di me uno strumento per la sua redenzione!”, pregavo. Ogni settimana mi recavo da lei per un colloquio. Scontata la pena, dopo un anno e mezzo, iniziammo insieme una nuova vita, aiutati costantemente dalla nostra nuova famiglia, i Focolari. Maturammo il desiderio di sposarci in chiesa. La vita prese a scorrere serena e fiduciosa, arricchita dall’arrivo di due figlie. Laura si diplomò infermiera professionale. Ma proprio sul posto di lavoro, dopo qualche tempo, perse la testa per un collega. Chiese la separazione. Dopo aver lottato invano per evitare questa rottura, trovai un appartamento e andai a vivere da solo. Quindi i primi segnali di una malattia, sempre più grave, fino alla necessità di un trapianto. I medici dissero che mi restavano poche settimane di vita e mi ricoverarono immediatamente. Un tempo prezioso, quello trascorso in ospedale, in cui cercavo di preparare la mia anima, fissandola solo in Dio, con quotidiani atti d’amore verso gli altri ammalati, specie quelli più soli. Si trovò un fegato compatibile per tentare il trapianto. L’esito fu al di sopra delle aspettative, e dopo qualche tempo venni dimesso. Due anni fa una telefonata: Laura mi chiedeva di stare con le figlie, perché lei doveva essere ricoverata. Corsi subito. La diagnosi, senza appello, insperatamente aveva riunito la famiglia. Ci siamo perdonati a vicenda, grati di poter fare questo ultimo tratto di strada insieme. Negli ultimi istanti, mentre lentamente sussurravo al suo orecchio, più volte, “Ave Maria”, lei di tanto in tanto accompagnava la mia preghiera con un sospiro: mai prima avevamo pregato insieme. Alle ultime parole del “Salve Regina”, …mostraci, dopo questo esilio, Gesù.., Laura è volata in Cielo. (S. B. – Italia) (altro…)