Nov 28, 2012 | Focolari nel Mondo, Spiritualità
Ewa: giovane, alta, capelli e occhi neri. Capire quale sia la sua terra d’origine non è scontato. Infatti sono i colori chiari a contraddistinguere gli abitanti della sua terra nativa, con una forte e radicata presenza cattolica, dal cui solco è nato il Sindacato Solidarnosc, che ha contribuito notevolmente al cambiamento di quel Paese dopo la caduta del muro di Berlino. Parliamo della Polonia. È qui che Ewa è cresciuta e un giorno ha incontrato il Movimento dei Focolari e nella sua Spiritualità ha trovato la strada da percorrere. Certo, forse, non sapeva che un giorno vi avrebbe incrociato la possibilità di una storia tutta nuova per lei. In Germania, è lì che Ewa abita ora, la realtà delle varie Chiese cristiane è molto diffusa, e nel suo stesso «focolare» vivono focolarine di tre diverse Chiese; alla maggioranza cattolica, si aggiungono Doina, della Chiesa Rumeno Ortodossa e Anke, della Chiesa Evangelica Luterana. Un’esperienza con toni interessanti se si pensa che l’unità – secondo la preghiera di Gesù ‘che tutti siano uno’ (Gv 17) è il fine ultimo dei Focolari. A Ewa che la vive in prima persona chiediamo di raccontarcela e di dirci come è possibile vivere l’unità, anzi, costruire l’unità, pur essendoci a volte delle diversità nella dottrina. «Per me, questa esperienza di focolare ecumenico è molto forte. Allarga il mio cuore, la mia mentalità perché noi cerchiamo veramente di vivere l’una per l’altra anche se spesso vediamo che ci sono tante cose che ci potrebbero dividere. Ma la sfida più grande è quella di non far avvertire a Anke e Doina che sono in minoranza. Molte volte non è stato così, ma abbiamo sempre ricominciato! E’ necessario approfondire sempre di più la conoscenza della Chiesa dell’altra. Cercare di capire cosa è importante per ogni Chiesa, perciò assistere, come si può, alle funzioni accompagnando ora l’una, ora l’altra. Per esempio il Venerdì Santo, per noi cattolici è sì una solennità importante, ma fa parte del Triduo Pasquale. Per la Chiesa evangelica, invece, è la festa principale. E nel nostro focolare abbiamo cercato di onorarla veramente, andando di mattina al Servizio con Anke, e nel pomeriggio prendere parte al Servizio cattolico. E così pure, ricordarsi delle feste della Chiesa Ortodossa, che spesso sono in giorni diversi dai nostri. Ricordarsi di esse anche quando cadono durante un fine settima nel quale siamo tanto impegnate, trovando il modo di far sentire comunque la nostra condivisione. E ancora, ricordarsi del digiuno settimanale che nella Chiesa Rumeno Ortodossa è tanto sentito, quindi, assieme a Doina, il mercoledì si cena senza carne, senza uova, latte… A proposito del digiuno, prima pensavo che amare il prossimo anche quando è faticoso fosse un modo di “digiunare”. Mi sono resa conto che ciò che importa è “essere” con l’altro, nell’altro, forse senza capire proprio tutto, ma scoprendo pian piano la ricchezza insita nella Chiesa dell’altro. Vedo così che, pur a piccoli passi, nella vita quotidiana si costruisce un rapporto in Dio, nasce un dialogo nella vita basato sulla spiritualità dell’unità che ci fa avanzare nel cammino verso la piena comunione fra le Chiese». (altro…)
Nov 21, 2012 | Cultura, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo
Bloccati per giorni sotto le bombe nel quartiere cattolico della Striscia di Gaza, tre focolarini sono stati liberati soltanto grazie all’intervento del patriarca latino di Gerusalemme, dei consolati francese, coreano e italiano e sono riusciti ad andar via scortati da un convoglio delle Nazioni Unite. A colloquio con le due focolarine che hanno vissuto in prima persona l’inizio della nuova crisi.

«Non si capisce granché di quel che succede, né dove si voglia arrivare. Certo è che la situazione è grave, si ha l’impressione di essere sul bordo del baratro», mi dicono al telefono da Gerusalemme le due focolarine che sono state sorprese dai bombardamenti israeliani mentre facevano visita agli amici dei Focolari che abitano nella Striscia. «Siamo partiti mercoledì, la coreana Corres, il francese Gérard ed io, per far visita alla nostra comunità – mi racconta Francesca, trentacinquenne, infermiera di professione, da poco più di dieci anni a Gerusalemme –; avremmo voluto andarci già altre volte negli ultimi mesi, ma per diverse circostanze l’avevamo posticipato. Appena arrivati abbiamo saputo della morte del capo militare di Hamas, dopo aver udito la forte esplosione del bombardamento. Da quel momento ci è stato praticamente impossibile uscire dal piccolo quartiere cristiano nel quale eravamo alloggiati, salvo per brevi momenti». Continua il racconto Corres: «Avevamo portato degli aiuti per gli amici di Gaza, raccolti dagli amici del Movimento: vestiario, materiale scolastico, giochi per i bambini, cibo. Abbiamo distribuito queste poche cose tra gli amici cristiani, in un’atmosfera che era assai tranquilla. Siamo stati testimoni della generosità di questa gente, che ricevendo i doni spesso ci indicava altre famiglie che avevano maggior bisogno. Nonostante si udissero le bombe cadere, possiamo dire di essere rimasti sereni. Abbiamo pregato insieme, incontrato piccoli gruppi che volevano notizie dalle nostre comunità in Israele, in Palestina e nel mondo. Abbiamo giocato con i bambini e preso il tè con giovani e adulti». Interviene ancora Francesca: «Rimanevamo al piano terra delle case, senza avere rifugi dove recarci, senza essere avvisati dalle sirene d’allarme: perché a Gaza rifugi e sirene non esistono, si vive nella precarietà costante. Ci colpiva la fede di questa gente, la loro speranza senza fine, tanto che erano loro a rincuorarci. Non mostravano paura e ci ripetevano continuamente: “Siamo nelle mani di Dio”. Certo le bombe si sentivano, eccome, ma si continuava a vivere nella normalità e nella semplicità di una vita fraterna. Ci preparavano pranzi quasi da festa, nonostante tutto. Uno di loro è andato fino al porto per comprare del pesce fresco per noi e una mattina hanno cotto nel forno la pizza per la colazione». Il momento più difficile era di notte quando, ad ogni scoppio, i vetri e la terra tremavano, mentre gli aerei giravano continuamente sopra la testa della gente di Gaza City. Naturalmente i tre focolarini avevano segnalato la loro presenza all’Onu che stava preparando una spedizione per far uscire i cooperanti italiani e altri stranieri dalla Striscia. Per due giorni consecutivi si sono recati al posto stabilito per partire, ma ogni volta un intoppo impediva loro la fuoriuscita finché un convoglio dell’Onu ha potuto scortare i cooperanti fuori dalla Striscia. Conclude Francesca: «Mi porto dietro un’immagine di questi giorni: avevamo portato con noi colori e quaderni per disegnare. Un bambino ha dipinto una casa sotto un albero. Ma al cuore della casa c’era qualcosa che non riuscivo a capire cosa fosse. Gliel’ho chiesto. E lui mi ha risposto: “Ma non lo vedi che è un missile?”. Questi bambini sono cresciuti senza pace, senza serenità, “giocando” coi missili». I tre focolarini, appena tornati a Gerusalemme, hanno immediatamente ripreso il loro lavoro. di Michele Zanzucchi (Fonte Città Nuova online) (altro…)
Nov 16, 2012 | Cultura, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo
Da sempre il sogno di Cesare è stato di trasmettere Dio come ideale di vita e presto si è reso conto che la scuola era uno dei posti privilegiati dove poterlo realizzare, per questo ha pensato di applicare la sua specialità: l’umoristica, alle materie scolastiche. La prima volta che ha provato tale metodo è stato a Cagliari, in una scuola elementare di un quartiere a rischio dove, in una classe di 25 bambini,12 avevano il papà in carcere. Racconta: “D’accordo con il Direttore visitai classe per classe offrendo agli insegnanti un metodo: L’umorismo applicato alle materie, al dialogo, alla disciplina, alla corporeità, al pro-sociale, alla mondialità, al difficile, alla bellezza e alla pace. I risultati furono entusiasmanti”. Da allora Cesare ha visitato tantissime scuole, offrendo il suo innovativo metodo didattico in molte regioni italiane.
Successivamente ha continuato questa sua missione quando si è trasferito nel focolare in Albania, dove in 10 anni di corsi per catechisti, gruppi giovanili, scuole professionali, scuole materne e gruppi di genitori ha incontrato circa 25.000 persone, senza lasciarne nessuna indifferente al suo messaggio. La sua genialità e l’efficacia dell’umorismo applicato è tale che ha svolto persino un corso sull’evangelizzazione di strada alle Suore di Madre Teresa di Calcutta. Cesare, infatti, è anche un profondo conoscitore della Bibbia, tanto da offrire un Master sul Cantico dei Cantici, che ha avuto un grande successo sia quando è stato frequentato da seminaristi, sia quando il pubblico era composto da coppie di giovani fidanzati. Alcune impressioni: “Dietro la tua apparente improvvisazione c’è tanta ricerca, tanto lavoro, tanta passione, tanta attenzione per ognuno”, “hai un amore profondo per la Bibbia, (la reciti a memoria) ogni tua espressione artistica nasce da un tuo rapporto con la Parola”.
Oltre al lavoro con le scuole ed ai corsi di formazione Cesare ha creato anche un vero e proprio spettacolo nel quale la sua “Umoristica applicata per una estrema evangelizzazione” mira ad esaltare la bellezza interiore ed il valore inestimabile di ogni persona. Nella sua opera osserva con uno sguardo attento e con partecipe comprensione i vari aspetti della vita, cogliendovi spunti divertenti per educare ad affrontarne gli eventi, lieti e tristi, con equilibrio e saggezza evangelica. Cesare ama definirsi un “Anima-Attore”, che avvalendosi di strumenti artistici, umoristici e culturali e di una vasta gamma di episodi di vissuto profondamente umani, conduce 2 ore di spettacolo tra divertimento e contemplazione. Indirizzo email: gattocex@yahoo.it (altro…)
Nov 7, 2012 | Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Spiritualità

(da sinistra) Maria-Goretti con le focolarine
in Burundi
«Ho perso la mamma, uno zio e sua moglie all’inizio della guerra del 1993. Tutti e tre sono stati uccisi da persone del nostro stesso quartiere che conoscevamo bene. Papà ha preso con noi i nostri cugini rimasti orfani. Tutti insieme eravamo in 14 e il babbo non ha mai fatto differenza tra noi. Per tenerci uniti nostro padre ha deciso di non risposarsi. Essendo la più grande, l’aiutavo perché i più piccoli non sentissero troppo la mancanza della mamma. Alla mia proposta di fare giustizia nei confronti di chi aveva ucciso i nostri, papà ci ha sempre aiutato a perdonare e ci ha spiegato cosa significasse per lui la riconciliazione. Ha incoraggiato i miei fratelli a iniziare un “club”: un’associazione di giovani per promuovere la pace e la riconciliazione. Questo club ha contribuito tanto a riappacificare gli animi nel nostro quartiere e nel nostro Comune.
Adesso vivo in Italia. Quando, in primavera è giunta la notizia del suo ricovero in ospedale, mi è venuta l’idea di scrivere e di comunicarlo ad alcuni per chiedere preghiere. Poi è stato trasferito nel reparto di terapia intensiva, così mi sono affrettata per tornare in Burundi. Arrivata lì l’ho trovato molto sofferente; i miei fratelli facevano di tutto per lui; ho pensato allora a tutto il suo amore per noi figli, all’amore manifestato in tanti modi a tante persone, compresi quelli che avevano ucciso i nostri genitori, alla Parola di Vita che stavamo vivendo: “A chi ha sarà dato e sarà nell’abbondanza; e a chi non ha sarà tolto anche quello che ha” (Mt 13,12), e a Gesù sulla croce. Un giorno dopo il mio arrivo, papà è partito serenamente per il Paradiso, come se mi avesse aspettato. Ripensando in seguito alle parole del nostro arcivescovo durante la messa del funerale –in cui ricordava i loro colloqui riguardo alla riconciliazione e alla pace – mi si è confermato, come ci ricordava Chiara Lubich, che il Paradiso è una casa che abiteremo lassù, ma che costruiamo già da questa terra». Maria-Goretti (Burundi) (altro…)
Nov 6, 2012 | Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Spiritualità
Su invito del Nunzio, Mons. Joseph Spiteri, Marilu, Ala Maria e Rey, focolarini dell’India, hanno passato dodici giorni in Sri Lanka dove hanno trovato una piccola, ma viva, comunità dei focolari e ciò nonostante i nove anni trascorsi dall’ultima visita. Infatti, solo l’anno scorso si è conclusa in questo paese una terribile guerra di cui si avvertono ancora gli strascichi.

Con il Cardinale di Colombo
Mons. Malcolm Ranjith
In questa visita è stato possibile incontrare il Cardinale di Colombo, Mons. Malcolm Ranjith che negli anni settanta aveva conosciuto personalmente Chiara Lubich e che ha mostrato profondo interesse per l’esperienza di dialogo interreligioso che il movimento vive in India, soprattutto per come viene portato avanti il cosiddetto “dialogo della vita”. A tale esperienza si è riferito anche il il Dott. A. T. Ariyaratne, buddista, fondatore del Movimento Gandhiano Sarvodaya Shramadhana, premiato a Coimbatore lo scorso gennaio con il “Defender of Peace”, riconoscimento dato in passato anche a Chiara Lubich. Alcuni suoi collaboratori erano molto contenti di conoscere i rapporti tra il focolare e lo Shanti Ashram in India ed hanno espresso il desiderio che un simile progetto si realizzi con loro nello Sri Lanka. 
La visita al dott. Ariyaratne
Particolarmente bello e familiare è stato l’incontro con la comunità del Movimento composta da 25 persone che avevano conosciuto i Focolari tanti anni prima e che ancora sono animati dal desiderio di viverne la spiritualità. Alcune impressioni. Una ex insegnante: “Sto passando un momento difficile, ma, venendo qui, ho capito che devo essere la prima ad amare”. Una signora venuta per la prima volta:“Vedendo voi così felici non posso rimanere indifferente. Mi avete dato coraggio e comincio a vivere così”. E una suora:“Sentendo le vostre esperienze e vedendovi così vibranti mi avete risvegliato”. Mons. Spiteri, anche lui presente, al termine della riunione ha impartito la benedizione, dicendo: “Adesso che abbiamo conosciuto questa vita, soprattutto in quest’anno della fede, dobbiamo essere la testimonianza viva della parola”. Un altro momento di luce si è vissuto con il vescovo emerito Nicholas Marcus Fernando che, dopo essere stato aggiornato sul lavoro dei Focolari in campo interreligioso, ha commentato:“È l’amore che ci vuole. Prima pensavo che fosse la bontà, ma questo è un concetto astratto. Ci vuole l’amore per il dialogo e per tutto”. (altro…)