Movimento dei Focolari
Argentina: la Mariapoli Lia si rinnova sul web

Argentina: la Mariapoli Lia si rinnova sul web

Con sezioni dinamiche ed un disegno agile, il nuovo sito web della Mariapoli Lia, la cittadella del Movimento dei Focolari immersa nella Pampa argentina, si presenta completamente rinnovato. La nuova veste digitale permette all’internauta  di essere informato su quanto succede nella cittadella, dei suoi programmi e delle varie attività. La  galleria fotografica costantemente attualizzata, consente di visitare virtualmente i diversi luoghi della Mariapoli. Attraverso il menù di navigazione, si possono conoscere le origini della cittadella, le diverse scuole che ospitano coloro che vengono per sperimentare la vita del Vangelo 24 su 24 ore, ma anche i laboratori di lavoro, gli alloggi e il progetto di Economia di Comunione che si sviluppa nel Polo antistante “Solidaridad”. Una rubrica è dedicata ai numerosi gruppi che passano durante l’anno, con foto, testimonianze ed impressioni rilasciate dopo aver vissuto, nei giorni trascorsi insieme ai suoi abitanti, la legge dell’amore reciproco.  Nell’aprile scorso, un’equipe audiovisiva dei Focolari (Centro Santa Chiara) ha realizzato un video documentario della cittadella in cui si mostrano lo sviluppo e le numerose attività della Mariapoli Lia. È ricco di interviste agli abitanti, tra cui tanti giovani di paesi diversi che vi trascorrono dei periodi più o meno lunghi. Completano il documentario un depliant fotografico ed un opuscolo dove si spiega in modo approfondito questo “miracolo fiorito in piena pampa argentina”. (altro…)

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Colombia: Benvenuto Giancarlo!

“Questa è Colombia, il mio popolo: nera, meticcia, india, quella che ti dà la mano, speranza del popolo Americano”, con le note di questa canzone tradizionale un gruppo festoso di giovani, bambini e adulti accompagnato da bombo e chitarra accoglie Giancarlo Faletti, copresidente del Movimento dei focolari. È la prima volta, da quando il Movimento è presente in Colombia, che riceve la visita del copresidente, mentre Maria Voce si trova in un altro paese dell’America Latina, il Guatemala. “Ma la sentiamo molto presente – dicono – e accogliendo Giancarlo ci pare di accogliere anche lei”. Sono le 20:30 quando le porte automatiche dell’aeroporto “El Dorado” di Bogotá si aprono per far passare il copresidente e la comitiva che lo accompagna. E’ un momento di grande festa ed emozione per i membri della comunità dei Focolari della Colombia, ma anche per i tanti venuti per l’occasione dal Costarica, dal Panama, Venezuela, Perù ed Ecuador. Un sonoro battimani accompagnato dal grido all’unisono e in italiano “Benvenuti”, si estende agli occasionali passanti incuriositi da tanta effusività collettiva. La gioia aumenta ancora quando Giancarlo Faletti indossa la “ruana” bianca – indumento tipico colombiano – che lo aiuterà a coprirsi dal freddo di Bogotà. E’ il primo e breve saluto, che annuncia giorni importanti carichi di gioia. “Giancarlo ci ha salutato con un grande sorriso” – racconta uno dei presenti, mentre l’accompagnano verso la casa che l’ospiterà in questi giorni. “Ci ha lasciato in uno splendido clima di amore ed unità” – racconta un altro del gruppo degli anfitrioni. Un’atmosfera di gioia profonda che rimarrà per tutto il suo soggiorno in terra colombiana. (altro…)

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Guatemala: la comunità che testimonia

mg_7537Se la storia recente dei Paesi del Centroamerica (Guatemala, Belize, El Salvador, Nicaragua e Honduras) racchiude il capitolo doloroso di atroci guerre civili, registra anche la crescita civile di società ricche di etnie e tradizioni. In questo contesto bisogna registrare anche il provvidenziale susseguirsi di episodi che hanno permesso il nascere e lo svilupparsi del Movimento dei focolari. Due sacerdoti, uno in El Salvador – Massimiliano Martini, ancora nel 1954 – e uno in Guatemala – don Vitale Traina, nel 1969 – sono stati fra i primi a introdurre il carisma dell’unità in questa regione. Appena formate, le prime comunità sono state visitate dai focolarini della Colombia prima e dal Messico poi. Anche Nicaragua e Honduras vedono l’arrivo dello spirito dei focolarini, e nascono gruppi tutti generalmente incentrati sulla Parola di vita. Due famiglie, Pinella e Paolo Macciotta in Guatemala e Fiorella e Andrea Turatti in Honduras, contribuiscono alla crescita delle comunità. È una storia, quella del nascente Movimento in Centroamerica, che ha dello straordinario, per le avverse condizioni della guerra, per le difficili condizioni economiche, per le distanze ragguardevoli. Ma è pure una storia che esprime un senso di gratitudine a Dio, da parte di tutti i membri delle comunità di quei Paesi, durante la festa realizzata il 24 marzo in onore di Maria Voce e Giancarlo Faletti all’apice della loro visita in Guatemala e in Centroamerica. La parola “comunità” è quella che emerge dalla festa: rispecchia esattamente lo spirito con cui si alternano i vari numeri artistici: le danze folcloristiche, i costumi dai colori sgargianti, le musiche ritmate e avvolgenti accompagnano movimenti che esprimono il senso del rispetto, del rapporto armonioso fra gli uomini e con la natura. In mille variazioni, tutto ciò riempie di gioia e di emozione la sala del Centro Mariapoli che accoglie più di 600 persone. È una festa esuberante e allo stesso tempo raccolta, ancorata nella naturale apertura al trascendente di queste popolazioni e nello spirito gioioso di questi popoli. Maria Voce e Giancarlo Faletti ne sono affascinati, riconoscenti per tale manifestazione di affetto e stima. mg_7734La stessa festa si è vissuta nell’incontro con i giovani, tra i 15 e i 25 anni, più di 200: una testimonianza evidente della principale risorsa dei Paesi del Centro America. Gioia ed esuberanza, ma anche capacità di ascolto, si sono alternati senza soluzione di continuità: la sala s’accendeva in un battibaleno e si calmava in pochi istanti. I giovani hanno presentato ogni Paese con guizzi di originalità, mostrandosi all’università, nei luoghi della povertà, nel lavoro per la pace, nelle loro comunità… Emergeva anche la fatica di una condotta controcorrente, quando la società pare sprofondare spesso nella corruzione, nel relativismo etico, nella droga: «Non siete soli – ha detto loro Maria Voce –, ogni volta che vi trovate a fare una scelta pensate che non siete soli, ma tutti i giovani che hanno scelto il mondo unito sono con voi». E ha precisato: «Non si tratta solo di fare o non fare qualcosa, ma anche di capire cosa succede, le conseguenze di un dato atto. Non tutto è uguale, non tutto va bene. Fatevi aiutare a capire e poi agite di conseguenza». E non poteva mancare un appuntamento ad hoc per i tanti bambini, un centinaio. Anche con loro presidente e copresidente hanno uno scambio di domande e risposte. Dopo la festa coloratissima, Maria Voce e Giancarlo Faletti hanno dialogato coi 600 presenti, rispondendo a domande impegnative. La presidente ha commentato a caldo, sottolineando le grandi diversità esistenti in ogni popolo: «I vostri popoli mi sembra che abbiano un destino: quello di mostrare come sarebbe l’umanità se tenesse conto delle ricchezze di ognuno. Ogni esperienza è infatti necessaria agli altri, per costituire un mosaico dalla bellezza impareggiabile». In questo contesto, emerge anche la giovinezza di questi Paesi, come testimonia la stessa sala. Maria Voce e Giancarlo Faletti sottolineano come i giovani qui non stiano sempre per conto loro, come accade in altri contesti, ma siano perfettamente inseriti nelle comunità nelle quali vivono, contribuendo a una testimonianza di cosa fa la presenza di Gesù in mezzo ai suoi, di come una comunità che vive sia molto più convincente della testimonianza del singolo, pur necessaria. Questo dà speranza, grande speranza, una delle tre virtù teologali, essenziale per la vita cristiana. L’esuberanza e la gioia s’esprimono nella festa finale, fuochi d’artificio. Non a caso.   Di Felipe Casablanca e Michele Zanzucchi, dal Guatemala (altro…)

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Viaggio in Centro America: una cultura della fiducia

Non è una terra facile da vivere, l’America Centrale. Terra di contrasti, di colori, di vita sociale ricca e complessa. Terra d’insicurezza, anche. Tre amici focolarini provenienti da San Salvador in auto, poco dopo il passaggio della frontiera guatemalteca, sono stati assaltati da una delle tante bande armate che rendono le strade insicure da queste parti: minacce con le pistole, tutti a terra, nessun si muova, fuori i portafogli, via orologi, computer e telefonini. È andata bene, gli hanno lasciato almeno i documenti e la macchina… «Un po’ di paura, ma grazie a Dio non è andata poi così male – spiega uno di loro, Edmar che abita a San Salvador –, poteva anche andarci male. Ho cercato di fare il punto mentalmente, con la faccia a terra, un esame di coscienza, e ho fatto una sorta di auto-unzione degli infermi. Poi ho pensato che Dio mi aveva dato una vita così straordinaria che anche se ci avessero ucciso avrei potuto tracciare un bilancio positivo. Ma l’amico sposato accanto a me, con tanti figli piccoli, no, quello doveva restare in vita! Oggi il sole splende di nuovo, e Dio ci ha visitato. Siamo allegri». Aggiunge addirittura Gregorio del Nicaragua: «Ho pensato che dovevo dare la vita per quelle persone che mi stavano legando le mani». Commenta Maria Voce, ascoltando il racconto: «Forse quello è stato l’ultimo momento di una parte della vostra vita. Dio vuole farvi ripartire, convertirvi di nuovo al suo amore e andare avanti. Anzi, possiamo ora ricominciare una vita nuova tutti insieme». Sono una quarantina le focolarine e i focolarini presenti nel Centro Mariapoli di Ciudad de Guatemala, da Guatemala, Honduras, El Salvador e Nicaragua (ma con origini anche argentine, ecuadoregne, messicane, colombiane, italiane…). È il “cuore” del Movimento dei focolari di questa terra, ma anche un suo spaccato fedele: etnie, censo, professione, sensibilità politica, sociale, economica. C’è chi era dalla parte dei rivoluzionari e chi del governo, chi viene da un ambiente maya katchiquel e chi è ladino, chi era ricco e chi povero. Gente che ha amato ed ama Dio, fino a dargli la vita, da vergine o da sposato, e che ha amato ed ama il suo popolo, anzi i suoi popoli. C’è chi è gravemente ammalato, e che si ritrova a centellinare ogni momento «non per “fare” ma per “vivere”, per indirizzare la propria vita alla sola cosa che conta, l’amore per Dio e per gli altri». C’è chi ha figli a iosa e una nidiata di nipoti, e che cerca ancora «il Dio dell’amore e non della giustizia vendicativa», perché «da queste parti bisogna essere rivoluzionari per seguire Gesù. Dio dà molto, ma esige anche tanto». Maria Voce, udendo tutte queste vicende personali e comunitarie, avanza l’idea della promozione di una “cultura della fiducia” e non del sospetto. Ciò vale ovviamente per il movimento: «Si tratta di avere fiducia assoluta nell’altro, nel fratello: l’altro vuole quello che io voglio, cioè l’unità. Quel che ognuno fa non lo fa per farsi ammirare, farsi valere o primeggiare. Lo fa per l’unità. Ognuno lavora in modo diverso ma, diversamente da me, lavora anch’egli per l’unità. Affidarsi a Dio e fidarsi dell’altro è quindi imperativo. Vuol dire credere che Dio sta lavorando: non gli servono persone perfette, ma quelle persone di cui lui ha bisogno». «Promuovere questa “cultura della fiducia” – confida una giovane honduregna – vale quindi in chi si riconosce nello spirito dell’unità; ma, a ben guardare, vale anche per tutta la società centroamericana, in cui la fiducia dell’altro, proprio per via dell’insicurezza generalizzata, sembra un lusso, un rischio eccessivo: bisogna al contrario diffidare dell’altro, bisogna sospettare di chiunque bussa alla porta o chiede un favore». Bisogna arrivare a comportarsi come Gregorio, che pregava per i suoi assalitori… Maria Voce e Giancarlo Faletti, rispondendo alle domande dei presenti, hanno pure sottolineato l’importanza di una profonda inculturazione del carisma dell’unità nelle culture mesoamericane, così come in ogni cultura; inculturazione che passa non tanto e non solo dallo studio che gli europei, iniziatori del Movimento, possono fare di questa o quella cultura, quanto attraverso le persone locali toccate dallo stesso carisma, che lo esprimeranno vissuto ed elaborato a confronto con la loro tradizione. Così è la fiducia che prende il posto del sospetto, che scalza ogni spirito colonialista. (altro…)