Ago 21, 2018 | Cultura, Dialogo Interreligioso, Focolari nel Mondo
«Pensavo che mi chiedessi aiuto e sono inciampato in questo abbraccio. Le tue braccia larghe infreddolite attendevano il mio calore, il richiamo di un gesto gentile. Come terra che aspetta pioggia, come tempio che respira preghiera, come un sorriso che ambisce alle labbra, come bagaglio che spera in un viaggio. Non è possibile che tutto finisca così, non può essere. Se hai compiuto questo viaggio e sei approdato nel mio porto, ti voglio vivere ancora, sempre. Se la mia strada è arrivata a te, voglio che mi accompagni ancora per un pezzo. Ti voglio vedere invecchiare, sentirti parlare la mia lingua sempre meglio. Voglio sentirti confidare con la mia sposa come fosse tua madre e ridere con i miei figli come fossero tuoi fratelli. Voglio assistere all’abbraccio con tua madre, quella che ti ha partorito, con le tue sorelle, con tuo fratello. Ti prego. Ascoltami. Apri gli occhi. Sorridi. Ti insegnerò un altro trucco di magia. Metti sulle mie mani le tue cellule impazzite: le farò sparire come monete, come carte. E al loro posto, te ne rimetterò di nuove, sane. E il tuo corpo ricomincerà a funzionare come un meccanismo precario e incredibile. Non ho frasi importanti da dirti, pensieri da ricordare, gesti memorabili. Ho parole scartate, concetti dimenticati prima ancora di essere partoriti, segni insignificanti. Non siamo mai pronti per un distacco, non è mai il momento giusto, non riusciamo a concepire l’assenza. Anche se mi hai raccontato che il tuo Dio ti aspetta radioso, che la morte è una soglia naturale da attraversare per arrivare alla fase successiva dell’esistenza, che siccome non hai fatto del male a nessuno nell’aldilà sarai premiato. Anche se io credo fermamente che morire è una risalita alle origini, come ha insegnato Maria: un meraviglioso, inesausto, perdersi in Dio. Nonostante tutto questo, io non voglio che tu te ne vada. Ho bisogno di parlarti ancora, di ascoltarti, di risolvere insieme i problemi. Con te: osare, sfidare il vento contrario, pretendere, dialogare, aspirare al paradiso vivendo l’inferno, promettere e mantenere. È inutile girarci intorno: non sono pronto per vederti morire, per seguirti con lo sguardo mentre giri l’angolo buio delle cose che si vedono e t’infili nel tunnel della luce di ciò che non conosciamo. Non sono pronto e riesco soltanto a prenderti la mano e a guidare la tua bocca e la mia nella preghiera verso l’unico Padre. Perché ciò che è naturale al divino, è oscuro agli uomini. Assegniamo nomi diversi, costruiamo precetti. Ma, alla fine, ciò che conta è l’amore verso gli altri. Ci siamo conosciuti per un caso, per quelle circostanze minime che cambiano la direzione della nostra vita, per un respiro più lungo, per una porta girevole che si è aperta i un momento piuttosto che in un altro. Ma adesso ti sento fratello e, mentre spero con tutte le mie forze di rivederti sveglio, comincio con te a dire: Padre Nostro …».
Vedi il video https://vimeo.com/203297705 (altro…)
Giu 14, 2018 | Cultura, Dialogo Interreligioso, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo
È giudice civile del tribunale di Marion a Indianapolis dal 1999 e nel 2007 è stato nominato giudice dell’anno per il suo lavoro a favore di detenuti e imputati dipendenti da droghe. David Shaheed è afroamericano e musulmano e divide la passione per il diritto con quella per il dialogo interreligioso. A partire dal 2019 presiederà l’Interfaith Alliance di Indianapolis. Il curriculum potrebbe mettere soggezione e invece il dottor Shaheed spiazza per la sua semplicità e la libertà con cui parla della sua fede e del rapporto che lo legava e lo lega a Chiara Lubich. «Mi ha dato il coraggio di uscire fuori dalle nostre fedi, di aiutare gli altri e di capirli. Ma questo non è rimasto un concetto astratto perché Chiara mi ha dato modo di viverlo e dimostrarlo». Il giudice ha tratto ispirazione dall’esperienza di distruzione della Seconda guerra mondiale vissuta dalla Lubich per ideare una riforma della sua corte. «Il mondo era sotto la pressione di questo enorme conflitto. Eppure questa giovane trentina ha superato le sue paure personali per cercare il dolore altrui: la sua testimonianza mi ha dato coraggio per istituire nel mio lavoro un tribunale speciale per chi ha problemi mentali o è dipendente da sostanze stupefacenti». Il giudice infatti, rompendo una tradizione giudiziaria che affidava ai tribunali ordinari il trattamento di imputati con deficit psichici o con dipendenza da alcol e droghe, con conseguenti condanne che non guardano alla riabilitazione della persona, ha chiesto ai colleghi di guardare all’impatto che il carcere o la libertà vigilata avevano sulla vita dei condannati. Di fatto molti di questi rei tornavano in corte o in prigione per nuovi reati senza ricevere trattamenti adeguati alla loro persona e al loro disagio. Dopo iniziali scetticismi e imbarazzi, la sfida di “servire gli ultimi” è diventata obiettivo comune anche degli altri magistrati del tribunale locale che, superando la tradizione della Common law che assegna alle corti d’appello competenza in materia, lo scorso anno ha varato una nuova sezione per persone “speciali”. In questo modo gli imputati vengono assistiti nell’accesso alle cure e alle consulenze specializzate e sia la prigione, che la corte, che l’intero sistema giudiziario sono orientati ai bisogni della persona e non alla condanna e alla punizione magari per reati futili.
«Sono cresciuto in America dove fino a oggi c’è una storia forte di razzismo, ma incontrare i Focolari mi ha aiutato a capire che i bianchi e i loro antenati europei non avevano tutti la stessa ostilità verso gli afroamericani. Per me è stato un’esperienza liberante, perché vivevo sotto l’influenza di questa mentalità e invece per la prima volta avevo fratelli di discendenza europea. Ho imparato dai Focolari che la vita di Gesù è stata mostrare misericordia e compassione per gli altri. Ho imparato a vivere così da giudice e a provare la compassione. Fare parte della comunità del Focolare per me significa dar la migliore prova di come vivere gli attributi di Dio scritti nel Corano, e cioè l’amore, la misericordia e la compassione». Guardando alla missione del Movimento a dieci anni dalla scomparsa di Chiara Lubich, il giudice dell’Indiana si augura che «il dialogo vada avanti, perché il modello dei Focolari è uno dei modelli migliori di incontro tra persone di differenti religioni, etnie o nazionalità. In un clima di forte nazionalismo come quello in cui stiamo vivendo, dove i propri interessi hanno la priorità su tutto, la nostra esperienza è una contro-narrativa perché mostra che la parola di Dio porta le persone a incontrarsi e a non isolarsi, e questo è un esempio non solo per la fede e la religione, ma è un esempio di vita che serve al nostro Paese». Fonte: Città Nuova n.6, giugno 2018 (altro…)
Apr 24, 2018 | Chiara Lubich, Dialogo Interreligioso, Spiritualità

Foto: © CSC Audiovisivi
Promossa dal Movimento dei Focolari, durante il congresso “Insieme per dare speranza. Cristiani e Musulmani in cammino nel carisma dell’unità” si è svolta, sabato 21, una sessione aperta alla quale hanno partecipato numerose personalità e promotori di un dialogo vissuto nel quotidiano tra cristiani e musulmani. In apertura il saluto della Presidente del Movimento dei Focolari, Maria Voce: «Da ormai 52 anni stiamo percorrendo un cammino insieme, cristiani e musulmani, iniziato nel 1966, quando si aprì una comunità del focolare a Tlemcen in Algeria. Per Chiara Lubich, il cui ideale è “Che tutti siano uno” – l’Unità, certamente è risuonata più forte la realtà del dono anche fuori dai nostri recinti cristiani. Fondamentale è stato vivere e condividere la cosiddetta “arte d’amare”». Tra i presenti al convegno c’era S.E. Mons. Miguel Ayuso, segretario del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso. «Nell’odierno panorama mondiale – ha affermato – che vive una profonda trasformazione verso una società sempre più multiculturale e multi religiosa, il Movimento dei Focolari è da tempo impegnato a promuovere il dialogo tra i credenti perché il pluralismo religioso dell’umanità non sia causa di divisioni e di guerre, ma contribuisca a costruire la fraternità e la pace nel mondo».
È intervenuto anche l’Imam di Firenze Elzir Izzeddin, Presidente dell’Unione delle Comunità Islamiche in Italia, con cui i Focolari hanno un rapporto profondo e proficuo di collaborazione da parecchi anni. «Siamo tutti fratelli. Non è nostro obiettivo fare un’unica religione, ma quello di costruire ponti. Con il dialogo possiamo andare incontro a quella speranza che va oltre le paure che si sono generate a causa del terrorismo internazionale. Lavoriamo insieme per andare oltre le nostre paure». Fra le varie testimonianze, quella della comunità austriaca dei Focolari con i rifugiati Siriani. Racconta Hedy Lipburger: «Nella Bassa Austria, nel 2015, arrivavano centinaia di rifugiati. Non potevamo ignorarli, così siamo andati da loro per aiutarli». E Mohammad Kamel Alshhada, rifugiato siriano, continua: «Ho dovuto lasciare il mio paese, non ho avuto scelta perché altrimenti avrei dovuto seguire l’Isis per insegnare le loro idee, perché sono insegnante. Nei primi tre mesi nei campi profughi in Austria ero depresso e senza speranza, non potevamo parlare con gli abitanti del posto. Poi, per la prima volta, alcune persone del Focolare hanno parlato con noi e si sono interessate alla nostra situazione. Ci sentivamo accettati e apprezzati, come se qualcuno ci prendesse per mano e ci aiutasse passo per passo a cominciare una nuova vita».
Infine la testimonianza di forte unità fra Mohammad Shomali, direttore del Centro islamico di Inghilterra, e Piero Coda preside dell’Istituto Universitario Sophia di Loppiano, che hanno dato vita a “Wings of Unity”, un percorso seminariale per giovani cristiani e musulmani verso un approfondimento delle rispettive fedi e di percorsi di dialogo e pace. Afferma Shomali: «se sinceramente chiediamo a Dio di guidarci per capirci meglio fra di noi, Dio ci guiderà. Dobbiamo chiedere a Dio di parlarci insieme. Piero Coda nel 2016 a Loppiano ha accolto questa mia idea e ha detto che dovevamo trovare un nome a questo progetto. Così è uscito il nome “Wings of Unity”, “ali di unità”». E Piero Coda: «Ho avvertito in questo un chiaro progetto di Dio. Allora ho proposto a Shomali un patto: vogliamo chiedere a Dio che sia lui a prendere in mano il nostro cuore, la nostra mente? Lui lo ha accolto con gioia». (altro…)
Apr 20, 2018 | Chiara Lubich, Cultura, Dialogo Interreligioso, Focolari nel Mondo, Spiritualità
L’Istituto Universitario Sophia (IUS) ha accolto, lo scorso 16 aprile, la quinta tappa del progetto di dialogo e collaborazione Wings of Unity, che vede coinvolti docenti ed esperti del mondo cristiano e musulmano. Promotori, oltre allo IUS, l’Islamic Centre of England di Londra e il Risalat International Institute di Qum. Durante il progetto, codiretto da Piero Coda e Mohammad Shomali, sono state percorse alcune piste innovative nell’ambito del dialogo interreligioso attraverso seminari, conferenze pubbliche, scuole estive e diverse pubblicazioni. La giornata di studio si è svolta nel più ampio contesto della visita organizzata dal 15 al 18 aprile nella cittadella di Loppiano, dove si situa anche l’Istituto Universitario Sophia. Durante questi giorni il gruppo di amici musulmani ha avuto la possibilità di conoscere in modo più approfondito l’originale convivenza multi-culturale animata dal carisma di Chiara Lubich. Fonte: Istituto Universitario Sophia https://vimeo.com/265783668 (altro…)