Apr 13, 2014 | Focolari nel Mondo, Spiritualità
«In questi 20 anni il mio popolo, nella settimana di Pasqua ha sempre celebrato il lutto per le vittime della guerra, ma a livello personale, ciascuno nella propria famiglia, ciascuno nel suo cimitero privato». A parlare è Pina, del Rwanda. 20 anni fa il suo Paese ha contato 800mila morti in pochi mesi, per un’assurda guerra civile. Era il 6 aprile del 1994, quando un missile colpì l’aereo del presidente Juvénal Habyarimana. Nessuno si salvò, e da lì cominciò la guerra preparata da tempo. Pina al momento dello scoppio dei massacri, si trovava nelle Filippine, dove l’aveva portata la sua vocazione a seguire Dio al servizio dei fratelli, animata dalla spiritualità dell’unità conosciuta da ragazza. «Anche la mia famiglia è stata coinvolta – racconta -. Trentanove dei miei sono stati uccisi. Ero in preda allo sconforto. Piano piano mi sono ritrovata vuota di quei sentimenti che fino allora mi avevano riempito l’anima, mi sembrava che niente avesse più senso». Si trasferisce in Kenya per poter seguire più da vicino la situazione, lavorando alla Croce Rossa, e assistere così i feriti e i profughi dal Rwanda: «Ma non riuscivo ‒ spiega ‒ a guardare in faccia le persone dell’altra etnia che avevano partecipato ai massacri». Il dolore è troppo vivo. Un giorno incontra in un corridoio delle persone dell’altra etnia e non può evitare il loro sguardo. L’odio cresce. «Ho pensato alla vendetta, mi sentivo confusa, ero ad un bivio: o mi chiudevo nel mio dolore con la rabbia dentro, o chiedevo aiuto a Dio». Qualche giorno dopo in ufficio riconosce persone dell’etnia nemica che abitavano proprio nella sua città. «Mi riconoscono e si sentono a disagio, cominciano a tornare indietro. Anche loro mi considerano una nemica». La forza del perdono è l’unica arma della riconciliazione sociale. Pina lo sa. Lo ha imparato dal Vangelo. «Con forza ‒ racconta ‒ vado loro incontro parlando nella nostra lingua, senza dire niente della mia famiglia, ma interessandomi alle loro necessità». In quel momento qualcosa si scioglie dentro, e per Pina ritorna un raggio di luce.
Dopo un anno, il rientro in Rwanda. A stento riconosce la sorella, l’unica sopravvissuta alla strage. Viene a sapere che l’uomo che aveva tradito la sua famiglia – una persona molto vicina a loro – era in carcere. «Pur nel dolore, e contro le persone che invocavano la pena di morte, è stato chiaro che non potevo fare un passo indietro nella strada aperta verso il perdono». Coinvolge anche la sorella, che aveva assistito al massacro. «Siamo così andate insieme in prigione a trovare questa persona, portandogli sigarette, sapone, quello che potevamo, e soprattutto a dirgli che lo avevamo perdonato. E lo abbiamo fatto». La sorella, Domitilla, adotterà di lì a poco 11 bambini di tutte le etnie, senza distinguere tra i figli naturali e quelli adottati, al punto da ricevere un riconoscimento nazionale. Quest’anno, spiega ancora Pina «per il 20° la novità è voler fare la tumulazione per portare i resti nel cimitero Nazionale insieme Tutsi e Hutu, in altre parole: i Rwandesi». Sono gli eroi della patria . «Per me è un passo avanti ‒ commenta Pina ‒ si torna a come eravamo prima della guerra». L’iniziativa, infatti, è chiamata “Il fiore della riconciliazione” perché porti ancora frutti di pace nella società rwandese. Leggi anche: Il Rwanda ricorda, venti anni dopo, di Liliane Mugombozi su Città Nuova online Il fiore della riconciliazione, di Aurelio Molé su Città Nuova online (altro…)
Ago 16, 2013 | Focolari nel Mondo, Senza categoria, Spiritualità
L’albero della guaiava Davanti alla mia casa, da tanti anni, cresce un albero di guaiava, ma non ero mai riuscita ad assaggiare un frutto maturo perché, appena spuntavano, qualcuno li colpiva e cadevano a terra senza riuscire a maturare. Questo mi disturbava proprio! Un’altra situazione che mi infastidiva tanto: da alcuni anni mi impegno a dare da mangiare ai bambini della strada che suonano alla mia porta. Offro a loro i pasti ma puntualmente trovavo i resti buttati sul marciapiede, sulla mia macchina o nei dintorni del vicinato. Un giorno, dopo avere offerto loro la cena, ho ricordato le parole del Vangelo:” Tutta la legge è adempiuta in quest’unica parola: Ama il tuo prossimo come te stesso (Galati 5, 14)”, e ho pensato: “Com’è possibile che siano passati tanti anni e nemmeno conosca i nomi di questi ragazzi?”. Allora sono andato a cercarli e ho iniziato a dialogare con loro: ho chiesto i loro nomi, dimostrando interesse per le loro preoccupazioni; così mi hanno confidato i gravi problemi che le loro famiglie devono affrontare ogni giorno. Mi sono sentito meglio dopo averli ascoltati e credo che anche loro hanno percepito il mio genuino interessamento. Ora i ragazzi non buttano più sulla strada i rifiuti dopo aver mangiato, ma lo fanno nel bidone della spazzatura. E tornando al mio amato albero di guaiava, nessuno più lo colpisce ed ora ci sono tanti frutti maturi che riesco perfino a distribuire fra i miei vicini e amici. Il miracolo dell’amore reciproco ci coinvolge tutti ed è una benedizione per ogni essere vivente! (S. D. – Honduras) Era clandestino *
Avevo assunto Dominic del Marroco, da quattro anni clandestino in Italia. Questo lavoro gli avrebbe permesso il soggiorno e di mettersi in regola. In attesa di una sistemazione definitiva è stato deciso, d’accordo con i figli, che venisse temporaneamente ad abitare con noi. La sua presenza in casa ci ha aperto orizzonti nuovi. Ci racconta della sua gente, delle sue tradizioni, della sua casa, delle distese di prati,dei suoi cavalli… Si parla anche di Allah e di ciò che di buono e giusto accomuna tutti gli uomini. È proprio vero che la conoscenza profonda, l’accoglienza sincera fanno crollare muri secolari di paura e sospetto. (C.A. – Italia)
Il compleanno * Per la festa di compleanno di nostra figlia avevamo invitato alcune sue amichette. Data la situazione economica, non potendo far loro regali, abbiamo riempito un cesto di caramelle e giocattoli. Io avevo preparato due torte e i suoi fratelli palloncini colorati e ghirlande. Finita la festa, era avanzata una delle torte, la più bella. Andando a dormire, Mabelén era un po’ triste: il giorno prima era stato il compleanno di una bambina della sua stessa età, che non aveva fatto festa. Alla mia proposta di inviarle la torta rimasta, s’è illuminata: “Non soltanto la torta, anche i palloncini e le ghirlande!”. Era felicissima perché Consuelo avrebbe festeggiato pure lei. (D.Y. – Argentina) (*) Il Vangelo del giorno, Ed. Città Nuova, agosto 2013. (altro…)
Ago 2, 2013 | Focolari nel Mondo, Spiritualità
Una caricatura Uno dei compagni ha diffuso in tutta la scuola una mia caricatura (ho un piccolo difetto fisico ad un orecchio e soffro quando qualcuno ride di me). Invece di picchiarlo, ricordando l’invito di Gesù a perdonare, gli ho parlato con calma. In seguito l’ho invitato a casa mia, gli ho proposto di aiutarmi in un compito, di andare insieme in un shopping-center e a vedere un film. Ha accettato, anche se con diffidenza. Quando mi ha chiesto perché non l’avessi picchiato, ho potuto spiegargli che cerco di vedere Gesù in ogni prossimo, sapendo che tutti possiamo sbagliare. Adesso anche lui s’impegna a mettere in pratica le parole del Vangelo. (Daniel – Brasile)
Il quinto bambino Giorni fa K., la mia amica tunisina, mi ha confidato di essere incinta ma di volere abortire: si vergognava di aspettare il quinto figlio in un Paese come il nostro dove ce n’è uno o due per famiglia. Le abbiamo assicurato tutta l’assistenza possibile impegnandoci, qualora avesse deciso di tenere il bambino, a mantenerlo noi. Dopo alcuni giorni lei e il marito hanno deciso per la vita del nascituro. Lo stesso giorno è arrivata una bella somma di soldi per loro; a sua volta il Centro di aiuto alla vita assicura un contributo mensile. (F.T. – Italia) Al pronto soccorso
In vacanza all’estero, a causa di una brutta caduta, ho dovuto accompagnare il mio bambino al pronto soccorso. Soffrivo doppiamente, sia perché Lion piangeva disperato, sia perché continuavo a ripetermi che dovevo stare più attenta. In ospedale, mettendo da parte la mia ansia, ho fatto mia quella di una signora tedesca che aveva ricoverato suo figlio vicino al mio: parlava solo inglese ed io ho potuto farle da interprete col medico e l’infermiere. Quando è arrivato mio marito e gliel’ho presentato, lei si è detta grata per la mia vicinanza in un momento per lei difficile. Se non perdo tempo pensando ai miei limiti, sono in pace e costruisco rapporti nuovi. (B.F. – Inghilterra) Fonte: Il Vangelo del giorno, Ed. Città Nuova, agosto 2013. (altro…)
Lug 29, 2013 | Parola di Vita
«Se amate quelli che vi amano, che merito ne avrete? Anche i peccatori fanno lo stesso» La prima caratteristica che maggiormente contraddistingue l’amore di Dio Padre è la sua assoluta gratuità. Esso si contrappone radicalmente all’amore del mondo. Mentre quest’ultimo si basa sul ricambio e la simpatia (amare quelli che ci amano o che ci sono simpatici), l’amore del Padre celeste è del tutto disinteressato; si dona alle sue creature indipendentemente dalla risposta che può arrivare. E’ un amore la cui natura è di prendere l’iniziativa comunicando tutto quello che possiede. Di conseguenza è un amore che costruisce e che trasforma. Il Padre celeste ci ama non già perché siamo buoni, spiritualmente belli e perciò meritevoli di attenzione e di benevolenza; ma, al contrario, amandoci crea in noi la bontà e la bellezza spirituale della grazia, facendoci diventare degli amici e dei figli suoi. «Se amate quelli che vi amano, che merito ne avrete? Anche i peccatori fanno lo stesso» Un’altra caratteristica dell’amore di Dio Padre è la sua universalità. Dio ama tutti indistintamente. Egli ha come misura l’assenza di ogni limite e di ogni misura. Del resto questo suo amore non potrebbe essere gratuito e creativo se non fosse totalmente proiettato dovunque c’è un bisogno o un vuoto da colmare. Ecco perché il Padre celeste ama anche quei figli che sono ingrati o lontani o ribelli; anzi si sente particolarmente attirato verso di loro. «Se amate quelli che vi amano, che merito ne avrete? Anche i peccatori fanno lo stesso» Come vivremo allora la Parola di vita di questo mese? Comportandoci da veri figli del Padre celeste, cioè imitando il suo amore, soprattutto nelle caratteristiche che abbiamo evidenziato: la gratuità e l’universalità. Cercheremo allora di amare per primi, di un amore generoso, solidale, aperto verso tutti, specialmente verso quei vuoti che possiamo trovare attorno a noi. Cercheremo di amare con un amore distaccato dai risultati. Ci sforzeremo di farci strumenti della liberalità di Dio, rendendo partecipi anche gli altri dei doni di natura e di grazia che abbiamo ricevuti da Lui. Lasciandoci guidare da questa Parola di Gesù, vedremo con occhi nuovi e con cuore nuovo ogni prossimo che ci passerà accanto, ogni occasione che ci verrà offerta dalla vita quotidiana. E dovunque noi ci troveremo ad operare (famiglia, scuola, ambiente di lavoro, ospedale ecc.), ci sentiremo spinti ad essere dispensatori di questo amore che è proprio di Dio e che Gesù ha portato sulla terra, l’unico capace di trasformare il mondo.
Chiara Lubich
Parola di vita pubblicata in Città Nuova, 1992/2, p.32-33.