20 Gen 2022 | Ecumenismo
In questi giorni nei quali nell’emisfero nord si celebra la Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani 2022, dal Messico il racconto sull’ideazione del progetto ecumenico “Visite Virtuali alle comunità cristiane”, nato un anno fa per promuovere l’unità tra le diverse Chiese. “Il Messico è un Paese a maggioranza cattolica. Nel vivere la spiritualità dell’unità, abbiamo scoperto l’anelito per l’unità dei cristiani e da diversi anni abbiamo coltivato delle belle relazioni ecumeniche”. Sono le parole di Dolores Lonngi, moglie di Pablo, entrambi volontari nel Movimento dei Focolari che da anni seguono il dialogo ecumenico in Messico. Insieme alla loro figlia Ursula, focolarina, nel febbraio scorso, hanno dato il via al progetto “Visite virtuali alle comunità cristiane” con il fine di estendere l’ecumenismo oltre la Settimana di preghiera per l’unità e iniziare un cammino di fraternità e comunione di esperienze. Conoscere come ogni tradizione vive ed esprime la fede nella società in cui è immersa e identificare il modo di collaborare per il bene di tutta la società sono stati, fin dall’inizio, gli obiettivi di questo progetto. Ursula, come si sono svolte queste visite virtuali e da dove siete partiti? “Per portare avanti il progetto si è creata una vera Commissione Centrale formata da noi, l’Ufficiale di Ecumenismo per la Chiesa Anglicana del Messico e Presidente del Consiglio Interreligioso del Paese, il Segretario della Commissione di Dialogo ecumenico ed interreligioso della Conferenza Episcopale Messicana, una docente di “Teologia Ecumenica” all’Universitá Pontificia del Messico e una di Ecumenismo all’Universitá Anahuac della città di Querétaro, oltre che un sacerdote della Confraternita dei Missionari Ecumenici La prima visita è stata alla Chiesa anglicana per poi passare alle Chiese cattoliche orientali. Tutte ci hanno donato delle vere “perle” (la storia, i ministeri, la testimonianza di fede e di carità di giovani e adulti). Nella Chiesa anglicana erano presenti vari sacerdoti anglicani e il Vescovo anglicano emerito dell’Uruguay, Mons. Miguel Tamayo, che ha raccontato degli incontri di Vescovi di varie Chiese promossi dal Movimento dei Focolari. In ognuna delle nostre “visite virtuali” abbiamo avuto un momento di dialogo a piccoli gruppi, che ci ha dato l’occasione di conoscerci di più e di tessere rapporti di amicizia con le persone di diverse Chiese”. Pablo, quali i momenti salienti e che tipo di affluenza? “Nel programma dell’anno c’è stato un momento di preghiera in occasione della Pentecoste (periodo in cui nell’emisfero sud celebriamo la Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani) e altre sette Visite Virtuali a diverse Chiese, l’ultimo giovedì di ogni mese, oltre che un festival ecumenico di letture bibliche e canti all’inizio dell’Avvento. Per la diffusione dell’iniziativa sui social media e con l’intento di generare una comunità ecumenica, abbiamo aperto dei canali WhatsApp, Telegram e Facebook, che nei primi mesi del progetto hanno raggiunto più di 10.500 persone di Ecuador, Perú, Argentina, Venezuela, Colombia, Costa Rica, Honduras, USA, oltre che in diverse città del Messico. Dolores, cosa vi ha lasciato questa esperienza? “Siamo rimasti sorpresi dalla grande risposta che questa iniziativa ha avuto e siamo felici di aver contribuito nel nostro piccolo alla crescita dello spirito di unità nelle e tra le nostre Chiese. Ci accorgiamo che così possiamo realizzare quanto già il Concilio Vaticano II proponeva nel n.5 della Unitatis Redintegratio: ‘La cura di ristabilire l’unione riguarda tutta la Chiesa, sia i fedeli che i pastori, e tocca ognuno secondo le proprie possibilità, tanto nella vita cristiana di ogni giorno quanto negli studi teologici e storici. Tale cura manifesta già in qualche modo il legame fraterno che esiste fra tutti i cristiani e conduce alla piena e perfetta unità, conforme al disegno della bontà di Dio’ ”.
Maria Grazia Berretta
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27 Feb 2021 | Famiglie, Focolari nel Mondo
“Abbiamo imparato ad amarci senza chiedere nulla in cambio, come fa Dio” “A poco a poco ci siamo innamorati l’uno dell’anima dell’altro. Ci troviamo in una pienezza d’amore mai sperimentata, neanche quando eravamo fidanzati, e questo è possibile perché ora ci amiamo nella libertà, senza chiedere nulla in cambio, come fa Dio”. Nacho e Fili vengono dal Messico, sono sposati da 30 anni e hanno due figli. Raccontano che il loro amore sia nato davvero solo dopo aver fatto la scoperta che Dio è Amore e che ha amato l’uomo fino a dare la vita per lui. Nel misurarsi con un dono così grande hanno compreso che avrebbero potuto superare i limiti rispettivi e sanare le ferite che avevano lacerato il loro rapporto. Una scoperta che ha dato senso al percorso di ciascuno e li ha resi capaci di amarsi reciprocamente fino a donarsi l’uno all’altra. La loro storia, fino ad un certo punto, somiglia a quella di tante coppie. Due persone che si sentono innamorate e decidono di sposarsi, portando “in dote” ciascuna un vuoto interiore che mina le fondamenta di ogni progetto. Un vuoto che sperano di colmare sommando le piaghe rispettive: è la premessa di un abisso che porta ulteriore disgregazione. “Mio padre aveva un’altra moglie e altri figli – racconta Fili – e soffrivo per questo. Desideravo quindi sposarmi e avere una famiglia stabile”. “Anch’io da piccolo ho sofferto per l’assenza di mio padre e la poca attenzione di mia madre – continua Nacho – Io e Fili abbiamo unito le nostre solitudini, ma volevamo comare questi vuoti senza aver conosciuto l’amore vero. Presto ci siamo accorti dell’assenza di questo amore fra noi”. I problemi infatti arrivano presto. Per la gelosia di Fili, Nacho è costretto a cambiare spesso lavoro e il rancore che questo causava portava tensioni. A farne le spese erano anche i figli: “L’amore per loro era grande ma non sapevamo educarli nell’amore, né far loro amare Dio”. A 15 anni dal loro matrimonio i due si separano: Nacho è deluso e sente che la relazione è spezzata; Fili non riesce a perdonare il marito. “Sembrava che niente ci unisse più – ricordano – che non c’era più amore”. Poi l’evento che cambia direzione alla storia. Una sera, guardando la tv, Nacho rimane colpito da una donna, Chiara Lubich, fondatrice dei Focolari, che parla di amore fraterno. Vede le immagini della cittadella del Movimento in Messico, chiamata El Diamante. È vicino casa loro, una domenica vanno a messa lì e vengono invitati alla Mariapoli, un incontro dei Focolari. Non immaginano che l’invito a seguire il Vangelo possa essere per loro rivoluzionario: “‘Perdona fino a settanta volte sette” (Matteo 18:21-22) è la frase che sono chiamati a vivere nel quotidiano. “Ci hanno parlato di Gesù abbandonato – racconta Fili – di come Egli perdonò e diede la vita per noi. Ho capito che di fronte a ciò i miei dolori erano piccoli. Dio aveva già perdonato mio marito, e la Sua volontà per me era che io perdonassi. L’ho fatto e ho sperimentato che è possibile rinascere”. “Siamo imperfetti e diversi – osserva infine Nacho – ma ho imparato ad avere fiducia in quel Dio che fa sì che tutto sia possibile”.
Claudia Di Lorenzi
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12 Dic 2020 | Focolari nel Mondo
Storie di aiuto reciproco dal Centro America. Una comunione dei beni che genera speranza A causa della pandemia per il Covid-19 i Paesi del centro e sud America stanno attraversando un momento di grande fragilità economica: tanti lavori si sono fermati, così come la scuola, i rapporti sociali, gli affetti personali. Nonostante tutto, non si è mai fermata la comunione dei beni delle varie comunità dei Focolari – così come chiede Papa Francesco – verso chi è in difficoltà, per generare giorno dopo giorno una cultura della fraternità.
Ne è testimonianza Carolina dal Guatemala: “molte persone stanno perdendo il lavoro. Tra loro c’è uno dei miei cugini. Per continuare a generare reddito aveva bisogno di un computer portatile. Così, senza pensarci, ho deciso di dargli quello che uso io. Lui mi è stato molto grato ed io felice per averlo aiutato”. Zarita, una Gen3 (ragazzi dei focolari) di Oaxaca, Messico, in una riunione su zoom ha saputo che era iniziata la “comunione straordinaria Covid-19”. La proposta era quella di realizzare un salvadanaio utilizzando materiale riciclabile. La zia racconta: “quando Zarita mi aiuta con una faccenda mi dice: ‘dammi una moneta per il mio salvadanaio’. Inoltre ha perso due dentini e ha inviato il premio ricevuto per il suo coraggio”.
A Città del Messico, in una delle zone più emarginate, il Centro Sociale Integrale Águilas da oltre 30 anni svolge la sua missione per la promozione dei diritti umani e di una cultura di pace. Alcuni della comunità dei Focolari svolgono attività di assistenza. Con il lockdown il Centro ha dovuto chiudere. Attraverso la comunione straordinaria dei beni ha però continuato a rispondere ai bisogni primari della popolazione del quartiere, aiutando in particolare 120 famiglie e garantendo una riapertura ordinata della struttura nel rispetto delle misure igienico sanitarie richieste dalle autorità. In Guatemala invece il Centro educativo Fiore, legato ai Focolari, accoglie da anni studenti di diversa provenienza, lingua e cultura, soprattutto delle fasce più povere e vulnerabili. La crisi economica generata dal COVID 19 ha colpito in maniera molto forte la già debole economia del Paese. Tante famiglie sono rimaste senza lavoro e hanno dovuto tagliare i costi per l’educazione per avere il necessario per vivere. Ciò ha costretto il Centro educativo Fiore a chiudere mettendo così a rischio l’educazione di tanti ragazzi delle fasce più svantaggiate. Grazie però alla comunione dei beni straordinaria, sia locale che planetaria si è potuto intervenire per avviare un progetto di riqualificazione che permetta la riapertura della scuola. Anche i Gen4 (bambini dei focolari) di tutto il mondo doneranno al Centro Fiore le offerte raccolte dall’azione “Hanno sloggiato Gesù” Spostiamoci in Honduras, Javier scrive: “Cristina, la mia vicina di casa lavora in una scuola privata ma ora è chiusa. Il marito invece lavora come agente di sicurezza privata di un centro commerciale, chiuso per il Covid. Non riescono a pagare l’affitto e le bollette e hanno un figlio di 13 anni. Mi metto nei loro panni ed è davvero angosciante”. Javier li ha coinvolti in piccoli lavori nel quartiere e si interessa costantemente della loro situazione senza fargli mai mancare il cibo. E Luis, dalla Costa Rica racconta: “alcuni contadini di San Vito, a 100 km da Buenos Aires, hanno donato il loro raccolto alla loro comunità colpita dalla pandemia. Apprendendo questa esperienza, motivato dal grande atto d’amore di queste persone, ho subito organizzato presso la società privata dove lavoro, la donazione delle ananas. In risposta, alcuni di questi agricoltori ci hanno dato parte dei loro semi di ortaggi, riso e mais, potendo così continuare questa esperienza, che è diventata una catena. Dodici funzionari della suddetta società, nel loro tempo libero, hanno seminato questi semi in modo che i prodotti raccolti venissero consegnati anche in questa zona. Data la disponibilità di ananas che c’era, quando il mercato europeo (che le acquista) è stato chiuso, ci siamo dedicati anche al baratto”.
Lorenzo Russo
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5 Dic 2020 | Focolari nel Mondo
L’aiuto delle Comunità dei Focolari nei paesi latinoamericani: gesti concreti per essere “fratelli tutti”, così come invoca Papa Francesco nell’ultima enciclica.
In Perù e negli altri Paesi latinoamericani si assiste al continuo arrivo di migranti soprattutto venezuelani, ma anche cubani, centroamericani, haitiani, arabi. Le comunità dei Focolari ogni giorno si impegnano per aiutare queste persone. “La nostra avventura in Perù inizia pochi giorni prima del Natale 2017 – racconta Silvano Roggero, focolarino in Perù -. Abbiamo invitato a pranzo in casa alcuni venezuelani che abbiamo conosciuto. All’inizio erano in cinque, poi ci siamo spostati al Centro “Juan Carlos Duque” perché gli inviti superavano le 120 persone! Ricordo l’incontro di Geno con Karlin e i suoi tre figli piccoli. Accovacciata sul marciapiede, vendeva caramelle. Geno sente forte una voce dentro: “è Gesù!”. Tornata indietro compra alcune caramelle e la invita al pranzo. Quella domenica é venuta con i 3 bambini e ha portato anche sua sorella con i suoi due figli!” In Colombia vicino a Bogotá, Alba, arrivata migrante dal Venezuela nel 2014, è diventata un punto di riferimento per i “Caminantes” (migranti) che passano quotidianamente. Un giorno, non aveva ancora pranzato, passa una donna incinta con il compagno, bisognosi di una visita. Al dispensario c’era un’infermiera molto attenta e gentile che ha potuto aiutarli. Nonostante il freddo, la fame, la preoccupazione per aver lasciato i suoi colleghi volontari da soli e anche i figli a casa senza pranzo, Alba è rimasta ad aspettarli. Al termine della visita ha riaccompagnato i due giovani genitori, e cosa succede? I Caminantes sapendo ciò che Alba aveva fatto per loro, hanno messo insieme due spiccioli per comprare due cartoni di uova per lei, i suoi figli e i colleghi! Davvero il centuplo! Da chi? Da chi piú ha bisogno!
Alla fine del 2018 la comunità dei Focolari di Città del Messico si è unita nella “accoglienza umanitaria” delle carovane di migranti. Un’associazione civile che si ispira al carisma dei Focolari ha dato il suo apporto tecnico e nel coordinamento con le autorità. È stato attivato un canale per facilitare l’arrivo di alimenti, vestiti, prodotti per l’igiene personale e decine di coperte. Possiamo immaginare la gratitudine dei migranti. Anche il Brasile ha accolto tanti migranti. “La moltiplicazione delle donazioni ci sorprende – raccontano dalla Comunità locale -. Facciamo una richiesta per una stufa, improvvisamente otteniamo molto di più. Qualcuno ci chiede un lavandino e il giorno dopo una persona che non conosciamo si mette a disposizione e ne dona cinque. Un giorno un amico va a comprare qualcosa da donarci. Al venditore spiega i motivi dell’acquisto ed è sorpreso per lo sconto e per la consegna gratuita. In un’altra occasione una persona che non conosciamo ci dice: “farò un evento e ordinerò del cibo per voi da far arrivare a chi ne ha bisogno”.
Lorenzo Russo
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17 Dic 2018 | Sociale
Christopher Jiménez, della comunità dei Focolari del Messico, racconta il lungo esodo dei migranti partiti dall’Honduras e da settimane ai piedi del muro che li separa dagli Stati Uniti. «Il 12 ottobre, una chiamata a raccolta attraverso i social network – afferma Christopher Jiménez, che collabora con l’associazione Promozione Integrale della Persona (PIP) – è diventata in breve tempo virale. Più di mille honduregni sono partiti da San Pedro Sula», città che per anni, fino al 2014, è stata considerata tra le più violente del pianeta. Tutto il mondo, da allora, sta assistendo a quello che da molti è stato definito un esodo biblico. «Una settimana dopo, mentre la carovana oltrepassava il confine con il Messico, numerose organizzazioni della società civile e agenzie governative si erano già messe in campo per fornire assistenza umanitaria, prima in Chiapas, quindi a Oaxaca e Veracruz». A quel punto, non si trattava più di un singolo contingente di migranti, ma di diversi gruppi che procedevano a ondate, a piedi o con mezzi di fortuna, attraversando il Paese per migliaia di chilometri. «A fine ottobre – prosegue Christopher – quando era ormai imminente il loro arrivo a Città del Messico, nella capitale, a causa di un grave problema idrico, era stata programmata l’interruzione dell’acqua potabile per oltre quattro milioni di abitanti. Eppure, nonostante i disagi e il freddo intenso, molte organizzazioni civili e religiose hanno risposto all’invito della locale Commissione per i diritti umani, allestendo un campo umanitario a ovest della città. Anche i Focolari hanno aderito. Una trentina di persone, tra cui medici, infermieri, studenti, casalinghe, si sono prodigate nei punti di soccorso e di distribuzione di pasti e indumenti. Nel frattempo, un altro gruppo ha organizzato una raccolta di generi di prima necessità e una associazione civile che si ispira allo spirito del Movimento ha offerto collaborazione tecnica e logistica». La mattina del 5 novembre, circa cinquemila migranti sono arrivati nella capitale. Nei giorni successivi, quasi diecimila persone hanno ricevuto accoglienza, cibo, coperte, vestiario. «Nonostante la solidarietà di molti, il loro passaggio non è stato esente da attriti e toni di violenza. Alcuni incidenti sono stati sul punto di provocare episodi gravi di xenofobia. Ora l’ondata di migranti attende con impazienza sotto il muro invalicabile che separa la città messicana di Tijuana dagli Stati Uniti. Ci aspettiamo giorni di grande incertezza. Ma nel loro passaggio, pur tra le insidie di un percorso molto complesso, hanno indicato al cuore del popolo messicano la direzione verso cui muove il loro sogno».
Chiara Favotti
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