Movimento dei Focolari
«Il Signore è il mio pastore non manco di nulla» (Sal 23[22],1).

«Il Signore è il mio pastore non manco di nulla» (Sal 23[22],1).

Il Salmo 23 è uno dei salmi più conosciuti e amati. Si tratta di un cantico di fiducia e al contempo ha un carattere di gioiosa professione di fede. Colui che prega lo fa come appartenente al popolo d’Israele, al quale il Signore ha promesso per mezzo dei profeti di essere il loro Pastore. L’autore proclama la propria personale felicità di sapersi protetto nel Tempio[1], luogo di asilo e di grazia ma vuole, in egual modo, con la sua esperienza, incoraggiare altri alla fiducia nella presenza del Signore.

«Il Signore è il mio pastore non manco di nulla».

L’immagine del pastore e del gregge è molto cara a tutta la letteratura biblica. Per comprenderla bene dobbiamo andare col pensiero nei deserti aridi e rocciosi del Medio Oriente. Il pastore guida il suo gregge che si lascia condurre docilmente, perché senza di lui si smarrirebbe e morirebbe. Le pecore devono imparare ad affidarsi a lui, ascoltando la sua voce. Egli è soprattutto il loro costante compagno di viaggio.

«Il Signore è il mio pastore non manco di nulla».

Questo salmo ci invita a rinforzare il nostro rapporto intimo con Dio facendo l’esperienza del suo amore. Qualcuno potrà domandarsi come mai l’autore arriva a dire che “non manca di nulla”? La nostra esperienza quotidiana non è mai esente da problemi e da sfide, di salute, familiari, di lavoro, ecc. senza dimenticare le immani sofferenze che vivono oggi tantissimi fratelli e sorelle nostri a causa della guerra, delle conseguenze del cambiamento climatico, delle migrazioni, della violenza… 

«Il Signore è il mio pastore non manco di nulla».

Forse la chiave di lettura sta nel versetto in cui si legge “perché tu sei con me” (Sal 23,4). Si tratta della certezza nell’amore di un Dio che ci accompagna sempre e ci fa vivere l’esistenza in modo diverso. Scriveva Chiara Lubich: «Una cosa è sapere che possiamo ricorrere ad un Essere che esiste, che ha pietà di noi, che ha pagato per i nostri peccati, e un’altra è vivere e sentirci al centro delle predilezioni di Dio, col conseguente bando d’ogni paura che frena, d’ogni solitudine, d’ogni senso di orfanezza, d’ogni incertezza. […] La persona sa di essere amata e crede con tutto il suo essere a questo amore. Ad esso si abbandona fiduciosa ed esso vuol seguire. Le circostanze della vita, tristi o gioiose, risultano illuminate da un perché di amore che tutte le ha volute o permesse»[2].

«Il Signore è il mio pastore non manco di nulla».

Ma colui che ha portato a compimento questa bellissima profezia è Gesù che, nel Vangelo di Giovanni, non esita ad autodefinirsi il “buon Pastore”. Il rapporto con questo pastore è caratterizzato da una relazione personale ed intima “Io sono il buon pastore, conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me” (Gv 10,14-15). Egli le conduce ai pascoli della sua Parola che è vita, in particolare la Parola che contiene il messaggio racchiuso nel “Comandamento nuovo”, che, se vissuto, rende “visibile” la presenza del Risorto nella comunità riunita nel suo nome, nel suo amore[3].

A cura di Augusto Parody Reyes e del team della Parola di Vita


Foto: © Sergio Cerrato – Italia en Pixabay

[1]Cf. Sal 23,6.
[2] C. Lubich, L’essenziale di oggi, ScrSp/2, Città Nuova, Roma 19972, p. 148.
[3] Cf. Mt, 18, 20.

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L’IDEA DEL MESE è attualmente prodotta dal “Centro del Dialogo con persone di convinzioni non religiose” del Movimento dei Focolari. Si tratta di un’iniziativa nata nel 2014 in Uruguay per condividere con gli amici non credenti i valori della Parola di Vita, cioè la frase della Scrittura che i membri del Movimento si impegnano a mettere in atto nella vita quotidiana. Attualmente L’IDEA DEL MESE viene tradotta in 12 lingue e distribuita in più di 25 paesi, con adattamenti del testo alle diverse sensibilità culturali.

La nostra avventura a Huaycan

La nostra avventura a Huaycan

Nella periferia orientale di Lima in Perù la comunità dei Focolari assiste ogni giorno la gente che vive in estrema povertà, condividendo cibo, aiuti materiali, alfabetizzazione ed esperienze del Vangelo. Huaycán si trova nella periferia orientale di Lima (Perù). Dei 200.000 abitanti, il 90% sono immigrati dalle Ande, in fuga dalla povertà. Conservano le loro tradizioni e la loro lingua, il quechua, l’antica lingua degli Incas. Nelle parti più alte delle colline, la gente vive in estrema povertà. Le loro case hanno pavimenti in terra battuta e una sola stanza (i letti accanto alla cucina), mancano di acqua potabile, elettricità, fognature…. La maggior parte di loro sono venditori ambulanti. Alcune donne fanno le pulizie in casa e alcuni uomini sono operai edili o raccoglitori di rottami. La comunità di Lima ha guardato e scelto questa “ferita di Cristo” per amarla con predilezione. “Siamo arrivati a Huaycán – ricorda Elsa – nel 1998, quando Tata, Carmen, Maria e Milagros ed io portammo la Parola di Vita ad una comunità vicina alla “Scuola Fe y Alegría” delle Suore Francescane. Poi si sono aggiunti Elba, Mario, Lula, Yeri, Fernando e Eury, Cristina… Siamo andati nelle zone alte delle colline e abbiamo condiviso con i più poveri dei poveri le esperienze del Vangelo. Hanno sofferto di malattie, violenza familiare, promiscuità, disoccupazione, droga, fame”. “Ci sedevamo sulle pietre – dice Elba – poi, man mano che diventavano più sicuri, tiravano fuori le loro sedie. In inverno, ci invitavano nelle loro umili stanze. Lì abbiamo incontrato Olinda, la cuoca della scuola, che ha aperto la sua casa per incontrarci. Una bella persona, il nostro punto di riferimento locale. La morte di suo figlio prima e la sua morte improvvisa poi, ci hanno causato molto dolore”. Per alleviare i bisogni, la comunità di Lima ha lanciato diverse iniziative: aiuti materiali, sostegno educativo per i bambini, formazione e alfabetizzazione per gli adulti, sostegno psicologico, follow-up e assistenza sanitaria, vendita di vestiti di seconda mano. “Ogni anno festeggiamo insieme il Natale e la festa della mamma, organizziamo gite e alcuni partecipano alla Mariapoli annuale – ricorda Mario -. Una coppia, dopo essersi preparata, si è sposata durante una delle Mariapoli, in presenza dei loro cinque figli e parenti. È stato un evento che ha segnato la loro vita, come la vita di tanti altri che hanno incontrato il Dio dell’Amore”. “Con la pandemia – continua Cristina – molti hanno perso il lavoro e non hanno abbastanza per nutrire i loro figli. Ci siamo organizzati con alcune famiglie per procurare il cibo necessario e distribuirlo ai più bisognosi. Una donna ha installato un forno, che era rimasto inattivo, per produrre pane. Da marzo a giugno, abbiamo distribuito 140 cesti di cibo e 12.720 pani. Abbiamo incontrato la comunità più povera Granja Verde, bisognosa di una sala da pranzo dove preparare il cibo. Ci siamo organizzati: hanno offerto un pezzo di terra e hanno posato il pavimento di cemento. Abbiamo fornito la cucina con gli utensili necessari e un serbatoio di 2.500 litri di acqua potabile. La sala da pranzo è stata inaugurata il 15 novembre 2020 e ha iniziato a funzionare il giorno seguente. Oggi produciamo 100 pasti al giorno. Sappiamo, come ci ricorda Papa Francesco, che se ci dimentichiamo dei poveri, Dio si dimenticherà di noi. Huaycán, il punto dolente di Cristo, è il nostro preferito e la nostra grande opportunità di ottenere la benedizione di Dio”.

Gustavo E. Clariá

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Settimana per l’Unità dei Cristiani 2021

Settimana per l’Unità dei Cristiani 2021

“Rimanete nel mio amore: produrrete molto frutto” (Gv 15, 5-9) è il passo evangelico scelto per quest’anno. L’enfasi è su quel ‘rimanete’, perché cercare l’unità è un impegno a tempo pieno. “Non basta incontrarci per attività di evangelizzazione o caritative. Quel che sta sotto a tutto ciò che facciamo insieme è l’amore.  Potremmo fare piani meravigliosi; possiamo riunire cristiani di diversi gruppi; ma se non abbiamo amore, nulla ha valore”. A parlare è la Quezon City Ecumenical Fellowship (QCEF), l’associazione ecumenica di Quezon City, città dell’hinterland di Manila (Filippine) di cui fanno parte anche diversi membri della comunità locale dei Focolari. Il materiale preparato quest’anno dalla Comunità monastica di Grandchamp[1], contenente i testi per la riflessione per la Settimana di preghiera per l’Unità dei Cristiani 2021 (18-25 gennaio) recita che “Rimanendo in Cristo cresce il frutto della solidarietà e della testimonianza” e i membri della QCEF ne fanno da anni l’esperienza. Vogliamo dar voce ad alcune loro testimonianze, evidenziarne la varietà e la fantasia, perché siano d’ispirazione a tanti a lavorare ogni giorno per l’unità tra le Chiese. Reciprocità Quando abbiamo avviato QCEF anni fa – racconta il pastore Kenneth Aguilera, sovrintendente regionale per la Chiesa Metodista dell’UNIDA – non pensavamo davvero di dar vita ad una comunità di fratellanza o associazione ecumenica. Era un semplice ritrovarci tra amici di Chiese diverse davanti ad tazza di caffè. Ma l’incontro informale è stato un tale piacere che abbiamo iniziato a farlo regolarmente; è così che è nato QCEF. Abbiamo condiviso gioie e dolori al punto che abbiamo iniziato a prenderci cura e ad amare la chiesa l’uno dell’altro. Abbiamo inventato occasioni ed eventi per stare insieme regolarmente, tanto che quando arrivava la Settimana di preghiera per l’Unità dei Cristiani era per tutti noi la più grande occasione per camminare, lavorare e pregare insieme. E’ così che ho capito che il vero Ecumenismo è una specie di gara fra noi cristiani per far crescere il nostro amore reciproco. È come lavorare con la mia famiglia e mi sembra che ci sia una grande presenza di Gesù fra noi. Solidarietà La pandemia non ci ha impedito di vederci regolarmente – scrivono Jane e Bert – continuiamo a riunirci Online per riflettere sulla Parola di Vita e per condividere le nostre esperienze. Collaboriamo insieme per progetti di patrocini comuni. Per aiutare molte persone che stanno attraversando tempi difficili abbiamo convocato alcuni esperti e organizzato webinar e video-conferenze su diverse problematiche che ci troviamo ad affrontare in questo tempo, come la gestione delle sfide psicologiche in tempo di crisi, tra cui ansia e depressione; la prevenzione della violenza domestica e gli abusi su minori e la conoscenza dell’ecumenismo inteso come viaggio verso l’unità dei cristiani. Abbiamo anche organizzato raccolte di cibo per le vittime dei recenti tifoni e alluvioni e, con una comunione dei beni fra di noi, abbiamo potuto dare un primo aiuto finanziario e beni di prima necessità agli sfollati. Abbiamo anche raccolto fondi per una diocesi gravemente colpita da un tifone. Prossimità La famiglia di Hedy Ng vive accanto ad una chiesa metodista: “Il nostro rapporto di vicinato è iniziato quando la loro chiesa era ancora in costruzione. Abbiamo subito offerto la possibilità di collegarsi al nostro pozzo per l’acqua e costruito un muro divisorio tra le nostre proprietà per garantire loro una certa privacy. Ogni volta che il Pastore cambia facciamo di tutto per fare amicizia con loro, considerandoli veri fratelli e sorelle; i nostri bambini giocano insieme. Ultimamente, il Pastore Dione Padel ha partecipato ai nostri incontri con QCEF ed era molto felice di far parte della fratellanza vissuta fra di noi. Recentemente ha perso la moglie e tutti noi del QCEF abbiamo fatto il possibile per stargli vicino e offrirgli anche un sostegno finanziario e morale e l’unità che abbiamo costruito va sempre più avanti.

Stefania Tanesini

[1] www.grandchamp.org (altro…)

Un anno rivoluzionario

Chiara Lubich ha affermato più volte che lavorare per stabilire rapporti di pace nel mondo è un fatto rivoluzionario. Si apre un nuovo decennio che coincide anche con il centenario della nascita della fondatrice dei Focolari 
“Sai chi sono gli operatori di pace di cui parla Gesù?” Esordisce così Chiara Lubich nel suo commento alla Parola di vita del mese di febbraio 1981. Una domanda che rivolge anche a noi oggi più che mai, nella Giornata internazionale della pace. Chi opera la pace crea e stabilisce legami, appiana le tensioni – spiega Chiara. Scopriremo così che sono infinite le occasioni per essere veri operatori di pace.

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Vangelo vissuto: agire per cambiare 

Il Vangelo fa germogliare il seme di bontà che Dio ha messo nel cuore umano. È un seme di speranza, che cresce nell’incontro personale e quotidiano con l’amore di Dio e fiorisce nell’amore reciproco. È uno sprone a combattere i cattivi semi dell’individualismo e dell’indifferenza che provocano isolamento e conflitti, a portare i pesi gli uni degli altri, ad incoraggiarci a vicenda. Eredità Dopo la morte dei nostri genitori, tra me e mia sorella, entrambe sposate, erano iniziate delle incomprensioni a causa dell’eredità che ritenevamo non ben distribuita, tanto da diventare nemiche. Mi sembrava così assurdo, eppure era così. Guardando i miei figli pensavo che anche loro un giorno avrebbero potuto diventare come noi e cominciai a pensare il da farsi. Presi coraggio e andai da mia sorella. Rimase sorpresa, ma felice di abbracciarmi. Dopo esserci chieste perdono a vicenda, decidemmo di prendere i gioielli di nostra madre, equamente divisi tra noi, e di farne una donazione ad un ente caritativo. Dopo di che ci sentimmo libere: la generosità verso gli altri ci aveva avvicinato tra noi, ma ci faceva anche sentire più vicini i nostri genitori in Paradiso. (P.F. – Francia) Ciò che ho in più non mi appartiene Un po di tempo fa, quando facevamo le notti al centro di prima accoglienza per migranti, Gabriele ed io, dopo aver trascorso la notte lì, la mattina presto abbiamo accompagnato al porto un sacerdote ed alcuni ragazzi ospiti del centro. Dovevano partire per fare dei documenti. Faceva freddo, noi eravamo vestiti bene, ma uno dei ragazzi aveva indosso solo una maglietta leggera. Gli chiesi se non avesse freddo, ma realizzai dal suo sguardo che non avevo capito la mia domanda. Allora mi sfilai il giubbotto (sotto avevo un maglione pesante) e glielo passai. Gabriele da parte sua gli diede qualche moneta per prendersi qualcosa durante la giornata. Tornai a casa con una grande gioia nel cuore. A casa, mia moglie mi disse che sua sorella da tempo voleva farmi un regalo, e la scelta era ricaduta su un giubbotto. (Rosario – Italia)  Tutti figli di Dio Come tutte le mattine, salendo sulla metro piena di gente di tutti i tipi, di solito intente a leggere o ad armeggiare con lo smartphone, ho provato per tutte quelle persone un senso di pena, di tristezza. Sapranno per cosa vivere? Avranno un ideale nella vita? Ma poi ho pensato: ciascuno di loro avrà avuto un dolore nella vita, forse qualcuno di loro adesso soffre per qualcosa…e li ho visti in modo diverso: non più come povera gente, ma come figli di Dio, che ama ciascuno e ci sostiene. (C.T. – Italia)  Condividere    Ero all’università per fare un esame, quando ho visto che il contabile era venuto a cercare uno studente che non era in regola con le tasse universitarie. Visto che in quel momento disponevo di soldi in tasca, ho proposto a quello studente di pagare io per lui. Da allora siamo diventati amici. Conoscendolo meglio, ho saputo che era orfano di entrambi i genitori e che cercava un lavoretto per pagare l’alloggio universitario. Ho condiviso questa sua necessità con altri amici e ci siamo presi l’impegno di aiutarlo sia economicamente che spiritualmente. (Steve – Burundi)

a cura di Chiara Favotti

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