17 Gen 2014 | Focolari nel Mondo, Nuove Generazioni, Sociale, Spiritualità
«Vivere insieme per qualcosa che possa rafforzare il bene nel mondo ci unisce e ci dà la forza, e ci spinge ad andare avanti verso il mondo unito». Sono parole di Igor dei Giovani per un Mondo Unito del Nordest del Brasile. Ma cos’è “Desafio” (Sfida)?

Scuola Santa Maria
«“Desafio” è una tre giorni – spiega Igor – di incontro, festa e condivisione delle tante iniziative che noi Giovani per un Mondo Unito di questa regione (che coinvolge sette stati brasiliani) portiamo avanti nelle nostre città. Ogni anno, siamo circa 350 giovani che ci diamo appuntamento nella cittadella “Santa Maria”, in Igarassu (Stato di Pernambuco). Il programma si svolge con temi d’interesse e di approfondimento, comunicazione delle attività svolte nelle varie città, vari workshop e dei forum specifici. Molto costruttivi sono i momenti dedicati a conoscere alcune opere sociali portate avanti dai Focolari e l’aiuto concreto che possiamo svolgere in quei giorni, come un nostro segno di amore concreto verso le persone del posto». Un programma impegnativo… «Certo – continua Igor –, anche se non mancano le serate ricreative e i giochi insieme. Una delle serate è dedicata alla preghiera ecumenica per la Pace. È sempre uno dei momenti più profondi e di grande accettazione da parte dei presenti. Si sente che siamo tutti connessi e che basta fermarsi e dare spazio a questa dimensione, che si crea subito come un ponte spirituale che ci unisce a Dio e fra di noi».
Quest’anno avete svolto la 4° edizione che aveva lo slogan “Andate verso l’altro”. Quali le conclusioni? «Sono venuti molto in evidenza l’importanza dei rapporti: nella famiglia, nella società, nel mondo virtuale, nelle varie azioni che portiamo avanti e nei progetti sociali. La novità, sentita fortemente da tutti, è stato un progetto, lanciato qualche tempo fa, che abbiamo chiamato “Prima gli ultimi”. Si trattava di capire, da parte di ogni gruppo di giovani nelle proprie città, chi sono questi ultimi, per poi vivere per loro. Sono nate, così, tante iniziative concrete in tanti punti del Nord-Est brasiliano in favore dei più bisognosi, che abbiamo condiviso con tutti! Il “Desafio”, è il momento in cui – conclude Igor – coinvolgere il maggior numero possibile di giovani per costruire insieme un mondo più unito e fraterno». (altro…)
16 Gen 2014 | Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Sociale
Man, Costa d’Avorio: la “città delle 18 montagne” conta circa 100mila abitanti di diverse etnie, dediti per lo più all’agricoltura; è prostrata da grande povertà sia materiale che umana, aggravatasi in conseguenza dello stato di guerra che ha attraversato il Paese nel 2002 e che l’ha pienamente coinvolta. È in questo contesto sociale che si trova la “Mariapoli Victoria”, cittadella del Movimento dei Focolari nell’Africa dell’Ovest. Oltre 3000 i rifugiati nei momenti caldi della guerra; oltre 100.000 i pazienti curati nel suo “Centro medico-sociale”. Importante, inoltre, il programma per ridurre la malnutrizione infantile che opera con successo in città e nei villaggi vicini. Anche il Natale – raccontano alcuni abitanti della cittadella –, è stato vissuto in funzione dei più soli, emarginati, specialmente quelli più bisognosi di amore: “Una giornata di festa con i bambini cristiani e musulmani dei dintorni, nella parrocchia vicina. Un momento di allegria con canti, danze e scenette e poi il pranzo per tutti!”. Ogni bambino – circa 1000 – con il proprio piatto e bicchiere in mano, era in fila per ricevere il pasto. “Era bello poter guardare negli occhi ciascuno di loro – prosegue il racconto –, augurargli buon appetito e ringraziare per la paziente attesa!”. Un gruppo di giovani ragazze invece, ha deciso di trascorrere le festività a Blolequin, villaggio a 175 km da Man, insieme ai bambini orfani e alle suore della Consolata che li accudiscono.
A Glolé, un villaggio a 30 km da Man, un altro gruppo della comunità dei Focolari ha partecipato alla preparazione della festa di Natale. Per l’occasione sono giunte persone dai 12 villaggi seguiti da anni dal Centro nutrizionale della cittadella. Erano presenti i capi e notabili dei villaggi, oltre a responsabili di varie Chiese. Nel clima di reciprocità creatosi, un capo-villaggio ha affermato: “Se, quando presenterò il mio programma di lavoro ai miei collaboratori, loro non fossero d’accordo, sento che non lo posso portare comunque avanti da solo, ma cercherò di cogliere quello che potremo fare insieme”. Un contributo importante della serata è stato il noto scritto di Chiara Lubich “Una città non basta”(1). In esso Chiara incoraggiava a cercare i più poveri, gli abbandonati, gli orfani, i carcerati, quelli che sono messi ai margini… e a dare, dare sempre: una parola, un sorriso, il proprio tempo, i propri beni… amore concreto capace di trasformare una città e non solo. È, poi, seguito uno scambio di testimonianze, in particolare riguardo alle attività che si portano avanti in favore dei bambini che soffrono la fame e carenze di affetto familiare. Passi concreti per trasformare le proprie città. (1) Chiara Lubich, Meditazioni, Città Nuova Editrice, Roma 2000, pagg. 100-03 (altro…)
13 Gen 2014 | Dialogo Interreligioso, Famiglie, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Spiritualità
Daisy: Abbiamo conosciuto il Movimento dei Focolari, in una Mariapoli, e da allora la scelta di vivere la spiritualità dell’unità ha dato un senso alla nostra vita.
Samir: Nel 1989, durante la guerra del Libano, la situazione era drammatica: il conflitto seminava morte e distruzione ovunque, quindi: mancanza di lavoro, chiusura delle scuole e degli uffici. Ci siamo trasferiti negli Stati Uniti, dove viveva un mio fratello. Come docente universitario potevo prendermi un anno sabbatico. Negli Stati Uniti, crocevia di culture, abbiamo vissuto l’esperienza di popoli diversi che vivono insieme. Daisy: È stato un anno intenso e pieno di prove che ci hanno permesso di sperimentare l’amore di Dio, mantenendoci sempre più uniti. Spesso ci siamo chiesti quale fosse la decisione giusta, se rientrare in Libano o restare in un paese che ci offriva tanto. Ciascuno di noi, infatti, aveva trovato un lavoro e avremmo avuto la possibilità d’ottenere la nazionalità americana. Inoltre, il futuro per i nostri figli era assicurato. Samir: La decisione non era facile, ma sentivamo di non poter abbandonare il nostro Paese nella difficile situazione che attraversava. Ci siamo confrontati con i figli e con la famiglia del Movimento ed abbiamo deciso di tornare in Libano. Eravamo, infatti, convinti che amare il nostro popolo fosse più importante delle certezze che gli Stati Uniti ci avrebbero garantito. Daisy: Tornati in Libano, la nostra vita è cambiata. Abbiamo compreso che la felicità non è in funzione delle circostanze esteriori, ma frutto del nostro rapporto con Dio e con i fratelli. Infatti, nel nostro Paese conviviamo con i musulmani, e con la spiritualità dell’unità abbiamo costruito una fraternità reale con tanti di loro. Una volta dovevamo recarci ad un incontro del Movimento in Siria, il Paese che era stato in conflitto con il nostro. I rapporti erano ancora difficili e pieni di diffidenza e pregiudizi. Eppure, abbiamo sperimentato che sono nostri fratelli e che dobbiamo dare la vita anche per loro. Samir: Abbiamo compreso ancora di più il nostro
ruolo come testimonianza d’amore fra musulmani e cristiani, come quando abbiamo accolto nel nostro Centro Mariapoli 150 persone a maggioranza musulmana. Abbiamo formato insieme una famiglia legata dalla fraternità. Crediamo che il nostro ruolo come cristiani in Medio Oriente non sia soltanto quello di esserci, ma di avere anche una presenza attiva nella vita politica e nelle istituzioni governative. Daisy: Nel momento attuale in cui gran parte dei libanesi è angosciata per l’avvenire e tanti cercano di lasciare il Paese, noi sentiamo l’amore di Dio che ci accompagna e ci radica giorno dopo giorno nella nostra terra e ci aiuta a trasmettere speranza. (altro…)
11 Gen 2014 | Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Nuove Generazioni
«Non è facile raccontarvi quello che stiamo vivendo nella mia regione, in Congo, dove un conflitto permanente sconvolge il Paese. Ho conosciuto l’Ideale dell’unità quando ero ancora una gen3 ed ero felice di far parte di una comunità che viveva il Vangelo. Poi, crescendo, quando sono entrata all’università ho incontrato un altro mondo. Ho visto persone arrivare ad ammazzarsi a causa delle differenze tribali ed etniche. Corruzione, frodi, menzogna e tanti altri mali sono il tessuto della vita quotidiana. Quando ho preso il diploma, ho trovato lavoro in un’ organizzazione non governativa che opera per i diritti delle donne congolesi e, in particolare, per quante hanno subito abusi sessuali. Per questo ho girato in tante regioni. Mi sono trovata davanti alla miseria di tanta gente, anche se il Congo è un Paese bellissimo e ricco di importanti risorse naturali. Vedevo crescere un clima generale di rassegnazione. Si sentiva dire: «Questo Paese è già morto, non vale la pena occuparsene…». Verso l’inizio del 2012, qualcosa di nuovo si è acceso dentro di me. Ho letto un testo di Chiara Lubich in cui ci invitava a non accontentarci delle piccole gioie, e a puntare in alto. Ho capito che, per me, voleva dire lavorare per il cambiamento del mio Paese. Così abbiamo fatto nascere un movimento di mobilitazione giovanile in città e abbiamo iniziato a diffondere informazione, le nostre analisi e riflesioni sulla situazione, progetti per reagire insieme. Abbiamo denunciato la mancanza di lavoro per tanti giovani, con una disoccupazione giovanile altissima. Poi, mentre si avvicinava l’anniversario dell’indipendenza del Congo (1960), abbiamo stampato dei volantini denunciando i problemi del presente: la crisi della giustizia, la gravissima disoccupazione e il paradosso tra le grandi risorse del Paese e la povertà della maggioranza. La sera della vigilia, mentre stavamo ancora distribuendo i volantini, sono stata arrestata per una settimana. Per non lasciarmi da sola, si sono fatti arrestare con me altri due giovani e, dopo qualche giorno, altri due. Ho subito decine di interrogatori. Sentivo che la minaccia di morte o di condanna si avvicinava ogni giorno di più. Ciò che mi ha sostenuto anche in quei momenti terribili, è stata l’unità che mi legava alle gen della mia città e ai giovani che mi sostenevano con la loro solidarietà. Una gen si avvicinava ogni giorno al luogo dove mi trovavo e mi gridava il sostegno di tutti. E poi, pensando che Gesù, anche sulla croce, non aveva smesso di essere Amore, ho continuato ad amare concretamente, preparando il cibo per gli altri detenuti e anche per le guardie. Con tanti giovani impegnati in questo movimento condivido la Parola di vita. La cosa più importante che ho capito è che per realizzare un vero cambiamento, la forza viene dall’amore. Agire con amore, senza violenza, significa agire a fianco di Dio. Cosa vogliamo? Il nostro scopo non è opporci ad un gruppo politico, ma lottare per costruire il Congo dei cittadini, consci dei loro diritti e dei propri doveri per sostenere nuovi leader che agiscano per la giustizia. E quali sono i risultati? Oggi il movimento esiste, è conosciuto nella nostra regione e in altri punti del Paese; abbiamo condotto più di 50 azioni e ottenuto alcune risposte concrete. E siamo ancora vivi, nonostante le minacce e tentativi di strumentalizzazione. Nella nostra città siamo il primo gruppo di giovani che, rispettando le leggi del Paese, osano denunciare, sostenere, prendere posizione su tanti problemi, anche gravi, come quello delle sanzioni contro militari implicati in crimini ed estorsioni. Sono convinta che sta crescendo una generazione sempre più numerosa di congolesi che riprende fiducia e si impegna per il Paese». (M.M. – Congo) (altro…)
9 Gen 2014 | Dialogo Interreligioso, Famiglie, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Spiritualità
Ali: «Ho perso il lavoro e non sapevamo se saremmo stati in grado di comprare un montone, come esige la tradizione per la festa dell’Aid El Kebir (ricorrenza del sacrificio di Abramo), ormai vicina». Zohour: «Contemporaneamente, abbiamo ricevuto da una famiglia della comunità dei Focolari di Orano (Algeria), una somma per comprare una lavatrice, perché avevano visto che mi stancavo a lavare la biancheria, con due figli ancora piccoli. E proprio un negozio di Tangeri (Marocco) faceva dei buoni prezzi. Pensando alla festa dell’Aid El Kebir, ho proposto ad Ali di usare i soldi ricevuti per la lavatrice per acquistare il montone. Ma abbiamo riflettuto che dovevamo rispettare la destinazione per la quale li avevamo ricevuti. Siamo andati insieme nel negozio dove la vendevano al prezzo migliore e l’abbiamo comperata. Alla cassa ci hanno invitato a partecipare ad un sorteggio fra i clienti che avevano fatto acquisti. Tornati a casa, eravamo contenti di aver preso questa decisione insieme. Per l’animale, poi, ci siamo rimessi nelle mani di Dio». Ali: «Lo stesso pomeriggio ci hanno chiamato dal negozio per dirci che eravamo stati estratti a sorte ed avevamo vinto proprio un montone! Tre giorni dopo alla festa religiosa, abbiamo potuto così sacrificarlo con grande gioia, rispettando la tradizione. Questo fatto è stato per noi un segno della grandezza di Dio; del Suo amore, ogni volta che ci vogliamo bene e siamo uniti nel Suo nome, pronti a dar la vita l’uno per l’altro. In quella stessa settimana ho anche trovato un lavoro!». (altro…)