Gen 16, 2018 | Famiglie, Focolari nel Mondo
«Diverse circostanze ci indicavano che ormai non potevamo più restare nel nostro Paese, il Venezuela. Armando era stato licenziato e una lettera arrivata dal Perù ci apriva degli spiragli. Sembrava che Dio ci chiamasse lì». Con queste parole comincia il racconto di Ofelia e Armando, costretti a lasciare in patria i figli Daniel e Felix, per trovare casa, lavoro e un futuro per tutti in un altro Paese. «Senza un soldo abbiamo cominciato a prepararci. Ci è anche arrivata una somma per affrontare le spese del viaggio. Lasciare il proprio Paese è traumatico. Nostra figlia l’aveva già fatto ad ottobre, ma al confine le avevano tolto il computer e i soldi. Con queste premesse siamo partiti verso il confine». Armando e Ofelia lasciano tutto, ma portano con sé una foto di Domenico Mangano: persona di grande fede, impegnato con la comunità dei Focolari, nel centro Italia, e politico combattivo, morto nel 2001 e di cui, recentemente è stata aperta la causa di beatificazione. «Abbiamo chiesto a lui di occuparsi del nostro viaggio». «Attraversare il confine, incredibilmente, non ha comportato particolari difficoltà. Siamo passati quasi come fossimo invisibili, e una giovane donna, come un angelo, ci ha indicato cosa dovevamo fare. Dopo un solo controllo dei nostri bagagli siamo passati, senza la calca di persone che si erano affollate al confine nei giorni precedenti. Quasi non ci potevamo credere. Abbiamo pensato che era per l’aiuto di Domenico, e ci siamo affidati nuovamente a lui. Per un contrattempo siamo arrivati a Quito e abbiamo trascorso la notte nel Focolare femminile. Alcune persone della comunità del posto ci hanno portato a cena e il giorno a fare una passeggiata. Dopo sette giorni di viaggio siamo riusciti finalmente ad arrivare a Lima». A Lima, Ofelia e Armando ricevono ospitalità a casa di Elba e Mario, oltre a indumenti, una borsa di cibo, dei soldi. «Abbiamo visitato entrambi i focolari, siamo andati al Centro Fiore per aiutare a preparare il pranzo di Natale che i membri della comunità di Lima offrono alle ragazze salvate dalla schiavitù bianca, che sono ospitate dalle suore. Erano felici. Abbiamo ritrovato anche Silvano e Nilde, che prima di noi avevano lasciato il Venezuela. Siamo stati accolti da tutti con molto amore, ci sentiamo come una vera famiglia». «Il giorno di Natale una famiglia ci ha invitato a casa loro, e dopo il pranzo abbiamo fatto una passeggiata. Ora chiediamo a Dio di aiutarci a trovare una casa e un lavoro. Abbiamo vissuto molte cose e sappiamo che Domenico e Chiara Lubich continuano ad aiutarci da lassù. Una notte, mentre dormivamo – continua Ofelia – una ragazza a piedi nudi e con una bambina piccola in braccio ha bussato alla nostra porta. Non è casa nostra, ma abbiamo deciso ugualmente di aprirle, perché era Gesù stesso in lei che sembrava interpellarci. Era la vicina del piano di sopra, suo marito era ubriaco e la maltrattava. Ci disse che prima d’ora non aveva mai osato bussare ad un’altra porta del condominio, ma ci aveva notati qualche giorno prima, mentre scendevamo le scale, e in cuor suo aveva pensato che si poteva fidare di noi. Ora era lì, davanti a noi. Armando è andato a parlare con il marito, mentre io cercavo di consolare la giovane donna. Dopo qualche giorno lei è potuta rientrare nel suo appartamento e ora Armando e quell’uomo sono in continuo contatto. Siamo felici di aver amato Gesù in quella famiglia. Quanto a noi, Dio ci guiderà per capire cosa vuole da noi». Ma con una rinnovata speranza: «Siamo certi che il taglio con la nostra famiglia, il nostro Paese e gli amici porterà i suoi frutti». Gustavo Clariá (altro…)
Dic 29, 2017 | Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo
Se non fosse stato per un gruppo di amiche, maestre di una scuola per bambini di strada, perciò avvezze alla miseria e ai disagi, non avrei mai conosciuto quest’aspetto della mia città: i poveri. Eppure Saigon, o come la chiamano ora, Ho Chi Minh City, è anche questo: povertà, disagi, sofferenza. A Natale e per le grandi feste, si usa andare in giro, magari vicino o dietro alle famose birrerie e cercare, in veri e propri tuguri scuri, puzzolenti e infestati dai topi, alcune famiglie povere, o meglio, poverissime. Credevo di aver visto la povertà in Thailandia, tra i profughi karen ed i migranti sulle montagne del Nord e sui canali sporchi di Bangkok, ma quello che ho visto oggi a Saigon, nella “Milano del Vietnam”, non lo avrei mai immaginato. Piccole stanze, con 12 persone che ci vivono, e magari anche tre cani. Mi prende una tale nausea, quando entro in quei posti, che a fatica riesco a trattenermi. Ma poi, i volti di quei bimbi che s’illuminano, di quelle mamme che ti guardano intensamente per dirti “grazie” quando gli porgi un sacchetto con 5 kg di riso, ti ripaga di tutto e ti dona la voglia di vivere e la gioia di asciugarti, dopo una pioggia che ti ha inzuppato tutto. E poi ci sono i presepi, a Saigon, e tante stelle comete sopra le case di molte famiglie e addirittura alcuni viottoli tutti illuminati, che danno un colore e un calore tutto particolare a questa città, che non è per niente “fredda”, impersonale, staccata: e nemmeno atea. Si notano, le stelle e i presepi, perché li scopri dappertutto, e ti appaiono in molti angoli delle strade: li scopri quasi all’improvviso. Tra tutti mi hanno impressionato quei presepi nei mercati popolari, di notte, quasi a ridosso della spazzatura di un giorno intero: oppure quelli in un viottolo sperduto della periferia, ma illuminato a causa di due grossi presepi allestiti proprio sulla strada. E poi, in cima alle case, di notte, le stelle fluorescenti che si accendono ad intermittenza. Ritornando stanotte a casa, dopo il giro per i poveri, mi sono guardato questo spettacolo che mi ha riempito di un grande senso di gratitudine: anche se lontano da casa, non mi manca il senso vero del Natale. Papa Francesco, lo scorso anno, disse: «Il Natale è la festa della debolezza, perché si festeggia un bambino, segno di fragilità, piccolezza, umiltà e amore». Oggi capisco un po’ meglio quelle parole: questa notte che mi lascio alle spalle, perché ormai è quasi mattina, è stata illuminata dall’amore che ho visto tra la gente che è andata per aiutare, soccorrere, mostrare vicinanza a chi soffre. Ancora una volta, la notte culturale in cui viviamo viene illuminata da questi “presepi viventi”, da gente, che ha fatto di quel Bambino la ragione vera della propria vita. Ed ho compreso che il messaggio vero del Natale non è morto, ma quel messaggio d’amore, di comprensione, di tenerezza è vivo, e io l’ho visto: stava tutto nel gesto di prendere in braccio un piccolo disabile di 3 anni e stringerlo forte a sé. E quel bimbo si è lasciato sollevare da quel volto sconosciuto. Tutta la tecnologia dei presenti e futuri robot (la nuova “frontiera commerciale” proveniente dall’Asia e di cui qui si parla tanto) non riusciranno mai a fare questo miracolo: l’amore. Perché l’amore è gratuità. L’amore non è un dovere e nessuno te lo può comandare o programmare. È un dono che nasce dentro. Ho visto volti illuminarsi e credere che la vita, domani mattina, andrà avanti e che sarà un giorno più bello di ieri. Non mi manca la mia Europa in questo Natale. Perché dove c’è l’amore c’è anche casa mia. Anche Saigon è casa mia. (altro…)
Dic 15, 2017 | Cultura, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Sociale, Spiritualità
«Per quanto sia ricca l’Africa, altri sembrano beneficiare più di lei di queste ricchezze. Nel concedere contratti di estrazione dei minerali alle multinazionali ad esempio, c’è un gioco di interessi, in cui ‘compensi’ e ‘compromessi’, ‘arrangiamenti’ e ‘ringraziamenti’ hanno come conseguenza lo sfruttamento del paese produttore, senza un vero aumento del livello di vita delle popolazioni». Raphael Takougang, avvocato camerunese di Comunione e Diritto, dipinge con forti pennellate il quadro della realtà che si vive oggi in Africa: «La corruzione in Africa non è solo opera di singoli cittadini, ma è soprattutto un modo consolidato con il quale le potenze economiche “creano” e sostengono despoti purché siano pronti a proteggere i loro interessi, con la complicità silenziosa della comunità internazionale». A pagare sono sempre i più poveri. Takougang non si limita alle sole denuncie, anzi, nonostante tutto si dimostra ottimista «perché sta nascendo una nuova generazione di leader politici in Africa che ha capito che … dovrà principalmente essere il cittadino a controllare l’azione di chi lo governa … per assicurare la difesa dei diritti fondamentali dei popoli africani alla vita, all’educazione, alla salute, al bene spirituale e materiale». Patience Lobé, ingegnere – responsabile mondiale delle volontarie che, insieme ai volontari, animano Umanità Nuova – durante tutto il suo mandato come dirigente presso il Ministero dei Lavori Pubblici in Camerun ha subito pesanti minacce: «Per la concezione africana della solidarietà chiunque ha bisogno deve essere soddisfatto: per questo motivo passavano continuamente persone nel mio ufficio, chi per chiedere un lavoro, chi per chiedere un sostentamento. Durante la mia permanenza come responsabile di quell’ufficio non c’è stato giorno in cui non sia stata tentata o minacciata. La corruzione è un virus diffuso, contagioso, difficile da estinguere. Come tutti i virus, serve un vaccino per poterlo debellare. Il vaccino potrebbe essere rappresentato da un vero cambiamento di mentalità: l’educazione a una cultura diversa da quella consumistica, che trova nel possesso dei beni e nell’avere l’unica via alla felicità».
Allo stesso modo, non è facile avviare percorsi e buone pratiche nel campo della lotta all’illegalità nella gestione della denaro pubblico. Françoise, funzionaria francese presso il Ministero delle Finanze, racconta: «Per la varietà delle situazioni, dei servizi pubblici e delle questioni che devo trattare non è sempre facile mantenere il discernimento, difendere la legalità, sostenere le buone pratiche di gestione o semplicemente essere coerente con i principi di onestà (anche intellettuale), rettitudine, cooperazione e solidarietà con i colleghi. Ma l’esperienza di lavoro nel corso degli anni mi ha confermato che, ogni volta che sono stata fedele a questi valori, ho scoperto sempre nuovi orizzonti, nuovi modi di fare, le situazioni si sono risolte e l’unità tra istituzioni e persone è stata possibile». Paolo, dirigente presso il Comune di una grande città italiana, aggiunge: «Non dobbiamo dimenticare che come pubblici dipendenti il nostro compito primario è quello di dedicarci al bene della collettività in tutti i suoi aspetti, assumendo il peso delle responsabilità che ne derivano. Ogni azione deve essere conforme a dei principi e dei valori senza i quali non si può vivere insieme, favorendo il benessere e il progresso umano di tutti i cittadini». Lotta alla corruzione, quindi, ma non solo. Diffusione di buone pratiche, rispetto dei diritti del cittadino e dei suoi bisogni, ma anche accoglienza, capacità di mettersi in rete con altre istituzioni: sono queste le grandi sfide per chi lavora nella Pubblica Amministrazione. Ne sono convinti i partecipanti al convegno, che le hanno fatte proprie per continuare a portarle avanti ogni giorno. Semi di una cultura della legalità che frutterà, senza far rumore, nel loro Paese. (altro…)
Dic 13, 2017 | Cultura, Famiglie, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Spiritualità
Ad ogni inizio d’anno, alla Scuola Loreto nulla è uguale a prima. Succede dal 1982, anno della sua fondazione, per la sempre diversa provenienza dei nuclei famigliari che la frequentano. Come differenti sono le aspettative che li spingono a venire a Loppiano. Il ritmo delle lezioni si adegua alle loro lingue e culture; il lavoro, che è parte integrante della Scuola, viene rimodulato; i momenti di festa si arricchiscono di nuovi suoni e colori. I corsi, incentrati sulle tematiche familiari nella prospettiva della spiritualità dell’unità, coincidono con l’anno scolastico che i figli frequentano nelle scuole pubbliche del circondario. Giappone, Corea, Messico, Brasile, Colombia, Italia-Argentina, Vietnam, sono questi i Paesi delle 8 famiglie del corso appena inaugurato. Ad accomunarle un unico desiderio: crescere come famiglia nell’amore scambievole del Vangelo. È questa infatti l’unica legge che vige nella cittadella nella quale queste famiglie vogliono fare un’esperienza full immersion. “Perché siamo venuti qui?”, cercano di rispondere Indian Henke ed Emilio di Pelotas (Brasile). “Per cercare l’essenziale della vita. Non volevamo rimanere nel circolo vizioso del profitto così abbiamo inserito la nostra azienda nel progetto EdC, venduto l’automobile, regalato ai poveri metà dei nostri vestiti e alcuni elettrodomestici. È stata una rivoluzione e, come conseguenza, ci è venuta una voglia irresistibile di fare un’esperienza formativa insieme con i nostri figli”.
“Per venire – racconta Bao Chau, vietnamita, papà di due bimbi – abbiamo dovuto aspettare quattro anni per motivi famigliari. Eravamo sul punto di ritirare l’iscrizione, quando, appianate le difficoltà, abbiamo sentito fortemente che Dio ci attendeva a Loppiano. Siamo qui dal 2016, ma per via della lingua, nel corso precedente non abbiamo potuto comprendere tutto. Così abbiamo pensato di rimanere ancora un anno. Ne ho fatto richiesta al mio datore di lavoro, ho chiesto ai miei fratelli di aiutarmi per il mutuo della casa e la richiesta ai responsabili della Scuola. Dopo quasi due mesi, finalmente tutte le risposte sono state affermative”. “Siamo felici di rimanere – aggiunge la moglie Bao Vy – per imparare più in profondità la vita del Vangelo e, al nostro rientro, condividerla con le famiglie del Vietnam, crescendo insieme ogni giorno nell’amore”. “Veniamo dalla Corea e questa è nostra figlia Maria Grazia di 13 anni”. Così si presentano Irema e Michele, già titolari di un Istituto che una quindicina di anni fa Michele aveva fondato per rispondere alla diffusa esigenza di una migliore preparazione all’università. “Dai dieci studenti iniziali – raccontano – in tre anni le iscrizioni hanno raggiunto le mille unità. Il lavoro ci coinvolgeva sempre più e il nostro progetto di costruire una famiglia unita e armoniosa ha cominciato a risentirne”. Dopo una profonda comunione tra di loro, ai primi di giugno è emersa la decisione di vendere e cercare un altro lavoro. Poi a Michele è balenata un’idea: “Se vendiamo l’Istituto andiamo a Loppiano per un anno!”.
Era la proposta che Irema gli aveva fatto subito dopo le nozze, ma che allora non era realizzabile. “Dovevamo riuscire a vendere prima delle vacanze. Abbiamo tanto pregato e l’ultimo sabato di giugno l’Istituto è stato venduto. Davvero Dio ci voleva qui!”. A comporre questo multiforme mosaico internazionale ci sono anche Francesca (34), italiana, e Roberto (37) argentino di Cordoba. “Dopo varie esperienze vissute in altri Paesi – raccontano – ora siamo residenti in Italia, a Loreto. Nel nostro percorso familiare, finora breve ma intenso, le difficoltà non ci hanno risparmiato: i contesti familiari diversi, alcune vicende esterne a noi e il nostro modo, diverso, di reagire ci hanno un po’ ostacolato, ma l’amore e la volontà di costruire una famiglia sana e aperta sono forti. Abbiamo così maturato la decisione di venire alla Scuola Loreto con Isabel (3 anni), per imparare a dare le giuste priorità e crescere come persone e genitori. Vivendo la condivisione e il confronto con gli altri, chissà che un giorno anche noi possiamo diventare testimoni del Vangelo nel mondo”. Vedi il Video (altro…)
Dic 12, 2017 | Cultura, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Sociale, Spiritualità
Emergenze continue, ma anche solidarietà e desiderio di ripartire. In Venezuela, un difficile quadro socio politico, l’inflazione alle stelle, l’aumento persistente del numero di persone in stato di povertà estrema, la mancanza per molti del necessario, gli scontri violenti. A Cuba e Portorico, dopo il passaggio dell’uragano, una difficile ricostruzione, l’esodo di migliaia di persone, la mancanza di elettricità, acqua potabile e comunicazione. Eppure, anche in mezzo a difficoltà estreme, la vitalità del popolo caraibico e la volontà di ricominciare non mancano. María Augusta e José Juan, della comunità dei Focolari della zona dei Caraibi, riferiscono: «La situazione generale in Venezuela è molto dolorosa, per la mancanza di cibo, medicine, per l’impotenza e la precarietà sempre più grandi e, in più, anche per il continuo esodo di persone che lasciano il Paese. L’elenco di nostri amici che sono già partiti, e di altri che si stanno accingendo a farlo, è lungo. Nonostante questo dobbiamo “rimanere ai piedi della croce”, in mezzo a tanto dolore, ma con la speranza nella resurrezione. Resurrezione che già vediamo nelle persone, nella loro profondità e nella solidarietà evangelica che le anima». Ofelia, a nome della comunità venezuelana, racconta: «Non è facile trovare soluzione ai problemi che stiamo vivendo, come la carenza di cibo, vestiti e medicinali. Ma abbiamo vive nel cuore le parole di Gesù “Date e vi sarà dato”, che possiamo vivere giorno dopo giorno. Se qualcuno non ha niente da mangiare, condividiamo il pacchetto di riso o le medicine e tutto ciò che ci arriva in mille modi. E tra coloro che ne hanno più bisogno circola tutto, senza distinzione. Ognuno pensa e tiene presenti gli altri, la vita circola e la comunità cresce. In mezzo alla violenza e alla precarietà di ogni giorno, la presenza di Gesù tra noi è come una fiamma che attrae e dà speranza».
Sulla situazione della comunità presente a Cuba, sono sempre María Augusta e José Juan a dare notizie: «Lo scorso fine settimana, a Santiago, si è tenuta una Mariapoli con circa 200 persone, un segno della vita che sorge sempre nuova in mezzo alle difficoltà che tutti devono affrontare». E sulle comunità di Porto Rico: «Come sapete bene, vivono dei mesi veramente tragici per i devastanti effetti dell’uragano che ha distrutto l’isola. Da lì riceviamo continue e commoventi testimonianze d’amore evangelico e di solidarietà tra tutti». Eccone alcune: «56 giorni senza luce e acqua per soli 30 minuti al giorno. Non è facile lavorare in ufficio col grande caldo, ma si può! La torcia illumina un po’, le bottiglie d’acqua si possono esporre presto al sole e a mezzogiorno hai già un po’ di acqua tiepida per lavarti. Per il forte caldo… un ventaglio o dello spray con acqua e alcool rinfresca per un pò…». «Alcuni giovani del Movimento e della parrocchia Inmaculado Corazón de María del paese di Patillas, insieme agli studenti del Colegio San Ignacio, hanno distribuito razioni di alimenti alle comunità bisognose. Complessivamente 237 sacchi di viveri». «La mia esperienza a Palma Sola è stata molto forte a causa della distruzione e della mancanza di tutto. Mettermi a servizio, insieme alla mia famiglia, è stata la cosa più bella che ho fatto nella vita». «Abbiamo sempre qualcosa da dare, valutando bene ciò che ci occorre e offrendo con gioia il resto a chi ne ha bisogno». «Siamo andati alla comunità di Recio del ‘barrio’ Guardarraya di Patillas. Era difficile arrivare per via delle strade distrutte dell’uragano. Cominciando dalla periferia dove la devastazione era totale, aggiungendo povertà a quella che già c’era, abbiamo trovato anziani con i volti stanchi e scoraggiati, persone con problemi di asma, ulcere nelle gambe, diabete (e il problema di come conservare l’insulina in assenza di energia elettrica), pressione alta. Un bambino aveva una allergia sulla pelle… Si è cercato di riutilizzare l’antico acquedotto comunitario per supplire alla mancanza d’acqua». «A Gurabo c’è stata la possibilità di conoscerci meglio con i nostri vicini, mentre li aiutavamo nelle loro necessità». «Andare avanti e rimetterci in piedi non dipende solo dal Governo, né dai militari, né da aiuti esterni. Dipende anche da noi, da me, da te. Insieme ce la faremo!». (altro…)