
Foto: Antonio Oddi
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Ma agli occhi di Dio, sarà più bello il bambino che ti guarda con occhietti innocenti, tanto simili alla natura limpida e tanto vivi, o la giovinetta che splende come la freschezza d’un fiore appena aperto, o
il vecchio avvizzito e canuto, ormai curvo, quasi inabile a tutto, in attesa soltanto forse della morte?
II chicco di grano, così promettente quando, tenue più d’un filo d’erba, aggrappato ai chicchi fratelli, attornianti e componenti la spiga, attende di maturate e svincolarsi, solo e indipendente, nella mano dell’agricoltore o in grembo alla terra, è bello e pieno disperanza! E bello però anche quando, ormai maturo, e scelto fra gli altri, perché migliore, onde, sotterrato, dar vita ad altre spighe, esso che la vita ormai contiene. È bello, è l’eletto per le future generazioni delle messi. Ma quando sotterrato, avvizzendosi,
riduce il suo essere in poca cosa, più concentrata, e lentamente muore, marcendo, per dar vita ad una pianticella, diversa da esso, ma che di esso contiene la vita,
forse è più bello ancora. Bellezze varie. Eppure una più bella dell’altra. E l’ultima la più bella.
Dio le vedrà cosi le cose? Quelle rughe che solcano la fronte della vecchietta, quel camminare curvo e tremolante, quelle brevi parole piene d’esperienza e di sapienza, quello sguardo dolce di bambina e donna insieme, ma più buono dell’una e dell’altra,
è una bellezza che noi non conosciamo. È il chicco di grano che, spegnendosi, sta per accendersi ad una nuova vita, diversa dalla prima, in cieli nuovi. Io penso che Dio veda cosi le cose e che
l’appressarsi al Cielo sia di gran lunga più attraente che le varie tappe del lungo cammino della vita, che in fondo serve solo per aprire quella porta».
Chiara Lubich:
Forse più bello ancora, in
Scritti Spirituali/1, Città Nuova, Roma, 1991, pp. 111-113.
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