Movimento dei Focolari
Chiara Lubich in dialogo con il mondo: la parola si fa dono

Chiara Lubich in dialogo con il mondo: la parola si fa dono

Il 21 gennaio 2022 si terrà presso l’auditorium della sede internazionale del Movimento dei Focolari (Rocca di Papa – Italia) la presentazione del libro ‘Chiara Lubich in Dialogo con il mondo, prospettive interculturali, linguistiche e letterarie nei suoi scritti’, edito dalla casa editrice Rubbettino. “Gli scritti di autori ed autrici definiti ‘maestri di spirito’ sono “spesso considerati solo come libri di edificazione spirituale (…) offerti al pubblico in versioni antologiche e con apparati critici sintetici. In realtà sono spesso opere di grande valore letterario, testimonianze di una lingua viva, creativa e coraggiosa[1]”. Con queste parole, Anna Maria Rossi, linguista, docente, collaboratrice del Centro Chiara Lubich, introduce il lettore all’interno di un cammino di conoscenza, quello proposto dal libro “Chiara Lubich in Dialogo con il mondo, prospettive interculturali, linguistiche e letterarie nei suoi scritti’ (edito da Rubbettino) di cui è curatrice insieme a Vincenzo Crupi. Questa opera raccoglie le relazioni presentate durante l’omonimo Convegno tenutosi a Trento (Italia) dal 24 al 25 settembre del 2020, in occasione del Centenario della nascita di Chiara Lubich. La proposta di pubblicare questo libro “è stata accolta di buon grado e senza riserva in quanto perfettamente rispondente alle linee guida della collana ‘Iride’ della Rubbettino, nata con l’intento di ‘diventare un punto di incontro fra studiosi italiani e stranieri per rispondere ad un’esigenza di informazione dialettica’ su quanto di meglio si produce nel campo della critica letteraria, della linguistica e della filologia” afferma Rocco Mario Morano, Direttore della collana. “Il volume su Chiara Lubich – continua – aggiunge a questo filone di ricerca, il pregio della vastità e profondità di analisi riscontrabile nei saggi dei 25 studiosi che, da varie parti del mondo, hanno messo a frutto le proprie esperienze di lettura e le proprie sensibilità e competenze nei vari settori disciplinari oggetto di studio”. Per descrivere la propria esperienza spirituale, Chiara Lubich autrice, aggiunge Morano, ha un’attenzione particolare nell’utilizzare “modelli di scrittura resi di volta in volta consoni all’esigenza primaria di comunicare i propri moti interiori e il proprio pensiero permeati di  una elevata spiritualità e di una grande religiosità (…). E da qui deriva inoltre l’esigenza di sottoporre i suoi testi a revisioni continue per consentire a chi ne fruisce di penetrarne i significati più profondi in tutte le sfumature (…), un affinamento che non prescinde mai (…) dal desiderio vivo e dalla gioia immensa di far dono della Parola come atto d’amore a tutti gli uomini di buona volontà  del mondo intero, indipendentemente dal loro credo religioso, politico e filosofico”. Il libro, che verrà presentato il 21 gennaio 2022 presso la sede interazionale del Movimento dei Focolari approfondisce, di fatto, in una prima parte la lettura di quei testi scritti da Chiara Lubich tra il 1949 e il 1951, meglio noti come “Paradiso ‘49”. La parola, attraverso un’attenta analisi testuale e lo studio dettagliato del linguaggio mistico, veicola il messaggio di un’esperienza  molto profonda che “attraverso immagini e metafore – afferma Anna Maria Rossi- offre spunti per raffronti intertestuali”. Ma la parola è anche vista come mezzo che conduce a un ideale, all’unità. La seconda parte del libro, infatti, analizza gli scritti della Lubich rivelandoci il suo essere “donna del dialogo”, rivolta sempre all’altro, attenta alla dimensione multiculturale dei suoi interlocutori; una donna capace di edificare con la parola, costruire abbattendo le differenze, vivendo in pieno l’amore evangelico. Un amore che, perfino nel passaggio da una lingua a un’altra, attraverso il delicatissimo compito della traduzione, prevede il confronto, lo scambio con l’altro, l’esistenza di un rapporto tra traduttore e autore, come ci spiega Regina Célia Pereira da Silva, Docente di Lingua Portoghese presso l’Università per Stranieri di Siena (Italia), specializzata in Traduzione, Strategie e Tecnologie di Informazione Linguistica: “Le parole di Chiara non provengono da una semplice teoria religiosa, ma sono frutto di una vita reale, concreta, scaturita dall’incontro con il divino. Soltanto se il traduttore fa la stessa esperienza, del donarsi dicendo, riuscirà a capire tali realtà, vivendole, non singolarmente, ma in modo collettivo”. Al fine di ridonare al mondo un’esperienza tanto forte rispettando le volontà dell’autore e eliminando ogni possibilità di ambiguità nel linguaggio, non serve soltanto esprimersi nella stessa lingua, ma è necessario che il traduttore doni la propria idea, si svuoti, sia disposto a perderla; è necessario che si stabilisca un dialogo tra “autore, traduttore e fruitori del testo d’arrivo che – continua Regina Pereira – presuppone una nuova dinamica che è tipica di Chiara Lubich (…) penetrare nella necessità dell’altro per condividerla e se possibile fare il primo passo. Esige umiltà e amore. Il rapporto autore-traduttore s’innesta nella nuova comunicazione basata su quel nulla che, perché vuoto, accoglie totalmente l’altro con la sua identità e bagaglio culturale. Il traduttore o il lettore entra nel testo, nell’autore e acquisisce la sua esperienza che lo arricchisce”.

Maria Grazia Berretta

[1] Rossi, Anna Maria in Chiara Lubich in Dialogo con il mondo, prospettive interculturali, linguistiche e letterarie nei suoi scritti, a cura di Anna Maria Rossi, Vincenzo Crupi, Rubbettino Editore, 2021, p. 11. (altro…)

Chiara Lubich: Dove c’è carità e amore, c’è Dio

Incomincia nell’emisfero nord la Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani (18-21 gennaio 2022). I cristiani del Medio Oriente che hanno preparato le proposte per questa settimana, dicono: “La strada nuova per le Chiese è la via dell’unità visibile che perseguiamo con sacrificio, coraggio, audacia così che, giorno dopo giorno,‘Dio regnerà effettivamente in tutti’ (1 Cor 15, 28)”. In una intervista realizzata dalla TV Bavarese nel 1988 a Montet (Svizzera), Chiara Lubich ha parlato proprio di come avanzare sulla via dell’unità dei cristiani. Se noi parliamo dell’unità tra i cristiani, dobbiamo pensare che il primo promotore non è stato tanto un cristiano di una Chiesa o di un’altra Chiesa: è lo Spirito Santo che spinge i cristiani verso l’unità. Il programma, prima di esser in noi, è in Dio. Allora noi siamo veramente persone prudenti e sapienti, se seguiamo Lui e lo seguiamo ascoltando la sua voce che parla dentro di noi e ci dice: fai questo passo, fai quest’altro passo. Le Chiese si sono messe su questi due binari: fare un’unità nella carità, il dialogo della carità, tipico di Athenagoras e di Papa Paolo VI, e poi il dialogo nella verità fra Chiese o anche tra gruppi di Chiese. Sarebbe molto bene tenere alla base l’idea della carità, perché mediante la carità si stabilisce la presenza di Gesù in mezzo a noi. Dove c’è la carità e l’amore, lì è Dio. Ora, se c’è Lui in mezzo a noi, Lui può suggerire, illuminare anche i teologi a trovare le strade per unirsi e trovare un’unica verità, un’unica verità considerata magari da tanti punti di vista. Che cosa ci vuole? Continuare su questa linea che le Chiese hanno preso, di fare il dialogo della carità; e su questo, il dialogo nella verità, della verità. Riguardo all’unità dell’umanità, vedo che ci sono tutte queste spinte verso l’unità e una piccola spinta è anche la nostra. Quello che io sento è che debbono crollare tante barriere; se crollano le barriere, tante cose sono risolte. (…) Se noi diffondiamo cristianesimo e lo ravviviamo nelle nostre Chiese, e se riusciamo a testimoniare meglio Cristo e diffondiamo principi cristiani mediante il dialogo con le altre religioni e con gli uomini di buona volontà, è certo che saremo sempre più uno; Gesù è venuto sula terra per fare la fraternità universale. Ma la finale la sa Dio.

Chiara Lubich

 (Chiara Lubich, Una spiritualità per la unità dei cristiani, Città Nuova, 2020, p. 122-123) (altro…)

Chiara Lubich: lasciar trasparire la luce di Dio

La vita cristiana vissuta è luce anche al giorno d’oggi per portare gli uomini a Dio. I credenti, singolarmente e come comunità, hanno una funzione da svolgere, che Chiara Lubich spiega in questo brano: rivelare, attraverso la loro vita la presenza di Dio, che si manifesta là dove due o tre sono uniti nel suo nome, presenza promessa alla Chiesa fino alla fine dei tempi. Il cristiano non può sfuggire il mondo, nascondersi, o considerare la religione un affare privato. Egli vive nel mondo perché ha una responsabilità, una missione di fronte a tutti gli uomini: essere la luce che illumina. Anche tu hai questo compito, e se così non farai la tua inutilità è come quella del sale che ha perso il suo sapore o come quella della luce che è divenuta ombra. (…) La luce si manifesta nelle “opere buone”. Essa risplende attraverso le opere buone che compiono i cristiani. Mi dirai: ma non solo i cristiani compiono opere buone. Altri collaborano al progresso, costruiscono case, promuovono la giustizia… Hai ragione. Il cristiano certamente fa e deve fare anche lui tutto questo, ma non è solo questa la sua funzione specifica. Egli deve compiere le opere buone con uno spirito nuovo, quello spirito che fa sì che non sia più lui a vivere in se stesso, ma Cristo in lui. (…) Se il cristiano fa così, egli è «trasparente» e la lode che si darà per quanto compie non arriverà a lui, ma a Cristo in lui, e Dio, attraverso di lui, sarà presente nel mondo. Il compito del cristiano è dunque lasciar trasparire questa luce che lo abita, essere il “segno” di questa presenza di Dio fra gli uomini. (…) Se l’opera buona del singolo credente ha questa caratteristica, anche la comunità cristiana in mezzo al mondo deve avere la medesima specifica funzione: rivelar attraverso la sua vita la presenza di Dio, che si manifesta là dove due o tre sono uniti nel suo nome, presenza promessa alla Chiesa fino alla fine dei tempi.

Chiara Lubich

(Chiara Lubich, in Parole di Vita, a cura di Fabio Ciardi, Opere di Chiara Lubich, Città Nuova, 2017, pag. 145) (altro…)

Cipro e Grecia, laboratori di accoglienza e fraternità

Cipro e Grecia, laboratori di accoglienza e fraternità

Cos’ha lasciato la visita di Papa Francesco in Grecia e a Cipro, ad un mese di distanza? L’abbiamo chiesto alla comunità dei Focolari dei due Paesi. Ad un mese dal viaggio di Francesco in Grecia e a Cipro, questo quadrante del globo continua ad essere sotto i riflettori internazionali. Tra le notizie di questi giorni leggiamo la storia di speranza di Grace Enjei, ventiquattrenne camerunense che, grazie alla visita del Papa e all’aiuto della Comunità di Sant’Egidio, dalla “no man’s land” di Cipro è arrivata a Roma assieme ad altri 10 richiedenti asilo; ma apprendiamo anche dell’ennesimo naufragio nel Mar Egeo, quello del giorno di Natale, in cui hanno perso la vita 13 migranti. Grecia e Cipro. Due Paesi con una popolazione relativamente piccola (i cattolici costituiscono una minoranza religiosa) ma che sono lo specchio delle principali crisi globali: dalle forti correnti migratorie alla crisi finanziaria oltre che sanitaria. In particolare, soffrono per le preoccupanti influenze di carattere politico dei vicini di casa turchi. Alla comunità dei Focolari di questi Paesi abbiamo chiesto cos’ha lasciato questo viaggio apostolico, quali sono i passi da compiere verso la pace e una convivenza più umana per tutti. Lina Mikellidou, ortodossa e responsabile della comunità dei Focolari di Cipro non ha dubbi: “Quando Papa Francesco ha affermato che occorre fare di questa isola ‘un laboratorio di fraternità’ ha centrato il punto. Cipro dal 1974 è occupata dai turchi e la capitale Nicosia è l’ultima città europea divisa con filo spinato. I tentativi di ricomporre tali fratture non hanno portato a risultati concreti nonostante l’impegno negli ultimi anni della comunità internazionale e delle due parti. Penso sia necessario sviluppare o rafforzare delle piattaforme, dei luoghi di dialogo fra le diverse realtà che esistono a Cipro, ovvero fra cristiani di diverse denominazioni (come Armeni, Latini, Maroniti e Ortodossi) e anche con i Musulmani. Poi occorre coltivare lo spirito di ‘unità nella diversità’ fra le due Chiese sorelle, quella Cattolica e quella Ortodossa. Infine, c’è il capitolo dei migranti. Il loro numero non è sostenibile per il nostro Paese, sia dal punto di vista logistico che economico. Il mio popolo è noto per la sua generosità e per lo spirito di accoglienza: si è fatto già tanto per i profughi ma sicuramente si può migliorare, cercando di sensibilizzare le coscienze, trovando fondi e strutture per far sì che questi nostri fratelli vivano in condizioni più umane e dignitose”. “Il Papa ci ha incoraggiati ad avere un nuovo sguardo – conclude Lina –, un’attenzione viva per tematiche scottanti come quella dei migranti e del dialogo ecumenico. Ci dà grande speranza la ricerca dell’unità tra Papa Francesco e il Patriarca Ecumenico di Costantinopoli S. B. Bartolomeo: un rapporto fraterno, fatto di gesti concreti e di profondo dialogo”. Alexandros Oshana, giovane di Atene della comunità locale dei Focolari sostiene che la strada del dialogo ecumenico è ancora lunga: “In questo senso – afferma – la visita del Papa ha offerto la possibilità di un nuovo inizio. Nei suoi interventi usava spesso le parole ‘unità’, ‘fraternità’, ‘dialogo’. Il Papa auspicava una chiesa inclusiva, aperta a chi soffre. Francesco ha espresso tutti noi greci cattolici al 100%, la nostra intenzione di essere vicini ai fratelli ortodossi e di sentirci prima di tutto cristiani”. A tal proposito, non è sfuggito a nessuno l’esempio che Papa Francesco ha voluto dare in prima persona. Per sottolineare che l’unità è possibile solo attraverso un completo atto di umiltà, lui stesso ha chiesto ancora perdono all’Arcivescovo ortodosso Ieronimos per gli errori commessi in passato dai cattolici nei confronti degli ortodossi. Lo stesso Arcivescovo si è detto certo che sarà possibile “scrollare i pesi del passato, in particolare quelli collegati con gli avvenimenti della guerra d’indipendenza greca”. In segno di fratellanza ha anche detto di volersi unire a Francesco “nell’enorme sfida” riguardante la sorte dei migranti e di voler intraprendere “un’azione comune per l’ambiente”.

Lorenzo Russo con la collaborazione della comunità dei Focolari di Grecia e Cipro 

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Chiara Lubich: costruire rapporti nuovi

Il 1° gennaio scorso, in occasione della  55° Giornata Mondiale della Pace,  nel suo messaggio Papa Francesco affermava che: “Dialogare significa ascoltarsi, confrontarsi, accordarsi e camminare insieme. Favorire tutto questo tra le generazioni vuol dire dissodare il terreno duro e sterile del conflitto e scarto per coltivarvi i semi di una pace duratura e condivisa”.  Anche Chiara Lubich in questo brano ci invita a stabilire rapporti di dialogo per arrivare ad una pace vera. Gesù è venuto per costruire rapporti totalmente nuovi tra le persone, tra uomo e donna, tra ragazzo e ragazza, tra marito e moglie, tra genitori e figli, tra insegnanti ed alunni, tra lavoratori e datori di lavoro, tra dipendenti e dirigenti, tra cittadini e governanti, tra razza e razza, tra popolo e popolo, tra Stato e Stato. Gesù vuole costruire un nuovo ordine sociale, fondato sulla giustizia, sul rispetto e la vera fraternità umana. Gesù vuole donare a noi, come singoli e come collettività, la vera pace, quella pace divina che lui solo può dare. Ma, perché ciò avvenga, occorre seguirlo, anche se egli a prima vista sembra essere così esigente. Occorre vivere la sua Parola, ciascuno nella condizione di vita nella quale è stato chiamato.

Chiara Lubich

(Chiara Lubich, in Parole di Vita, a cura di Fabio Ciardi, Opere di Chiara Lubich, Cittá Nuova, 2017, pag. 362) (altro…)

Chiara Lubich: credere alla Parola di Dio

In questo tempo di Natale, la Parola di Vita di dicembre 2021, ci invita a vivere parole dedicate a Maria: “ “E beata colei che ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto” (Lc 1,45). Anche il testo che segue è dedicato alla Madre di Dio, in esso Chiara Lubich ci invita ad avere, come Maria, totale disponibilità a credere e mettere in pratica quanto annunciato dal Signore. C’è uno stretto legame, in Maria, tra fede e maternità, come frutto dell’ascolto della Parola. E Luca qui ci suggerisce qualcosa che riguarda anche noi. Più avanti nel suo Vangelo Gesù dice: “Mia madre e i miei fratelli sono coloro che ascoltano la Parola di Dio e la mettono in pratica” (Lc 8, 21). Anticipando quasi queste parole, Elisabetta, mossa dallo Spirito Santo, ci annuncia che ogni discepolo può diventare “madre” del Signore. La condizione è che creda alla Parola di Dio e che la viva. (…) Maria, dopo Gesù, è colei che meglio e più perfettamente ha saputo dire “sì” a Dio. È soprattutto questa la sua santità e la sua grandezza. E se Gesù è il Verbo, la Parola incarnata, Maria, per la sua fede nella Parola è la Parola vissuta, ma creatura come noi, uguale a noi. Il ruolo di Maria come madre di Dio è eccelso e grandioso. Ma Dio non chiama solo la Vergine a generare Cristo in sé. Seppure in altro modo, ogni cristiano ha un simile compito: quello di incarnare Cristo fino a ripetere, come san Paolo: “Non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me” (Gal 2, 20). Ma come attuare ciò? Con l’atteggiamento di Maria verso la Parola di Dio, e cioè di totale disponibilità. Credere dunque, con Maria, che si realizzeranno tutte le promesse contenute nella Parola di Gesù e affrontare, come Maria, se occorre, il rischio dell’assurdo che alle volte la sua Parola comporta. Grandi e piccole cose, ma sempre meravigliose, accadono a chi crede nella Parola.

Chiara Lubich

(Chiara Lubich, in Parole di Vita, a cura di Fabio Ciardi, Opere di Chiara Lubich, Cittá Nuova, 2017, pag. 610-612) (altro…)