6 Lug 2020 | Chiara Lubich
Le statistiche che ci tengono quotidianamente al corrente della diffusione della pandemia nel mondo e le immagini che ci arrivano dai Paesi maggiormente colpiti suscitano in noi sentimenti simili a quelli espressi nella seguente preghiera di Chiara Lubich. Pure il nostro pianeta, sempre più sofferente, chiama e aspetta il nostro amore fattivo e deciso. Signore, dammi tutti i soli… Ho sentito nel mio cuore la passione che invade il tuo per tutto l’abbandono in cui nuota il mondo intero. Amo ogni essere ammalato e solo: anche le piante sofferenti mi fanno pena…, anche gli animali soli. Chi consola il loro pianto? Chi compiange la loro morte lenta? E chi stringe al proprio cuore il cuore disperato? Dammi, mio Dio, d’esser nel mondo il sacramento tangibile del tuo Amore, del tuo essere Amore: d’esser le braccia tue che stringono a sé e consumano in amore tutta la solitudine del mondo.
Chiara Lubich
Scritto dal 1 settembre 1949, in Chiara Lubich, La dottrina spirituale, Mondadori, Milano 2001, pag 124; Città Nuova, Roma 2006, pag 135. . (altro…)
29 Giu 2020 | Chiara Lubich
Quante persone, anche autorevoli, hanno sottolineato in questi mesi che uno degli effetti della pandemia è l’averci messi tutti di fronte all’essenziale, a quello che vale e rimane. Quanti di noi hanno perso parenti o amici e hanno toccato con mano la vicinanza della morte. Il seguente scritto di Chiara Lubich tocca questi due argomenti così vicini a quanto stiamo vivendo nel mondo. (…) L’inizio dell’avventura divina del nostro Movimento (…) è ambientato (…) in una circostanza particolare: la guerra; la guerra con le sue bombe, le sue rovine e i suoi morti. (…) Penso che per noi non sarà possibile vivere con perfezione e intensità il nostro Ideale, se non tenendo sempre presente quel clima, quell’ambiente, quelle circostanze. E il Signore ancora oggi, dopo più di quarant’anni, non ci fa mancare le occasioni: le frequenti «dipartite» dei nostri (…) sono un continuo richiamo al «tutto passa», al «tutto crolla», sfondo necessario per capire ciò che veramente vale. Fa impressione quello che ci mandano a dire con insistenza questi nostri fratelli «in partenza». (…) Nelle situazioni in cui si sono trovati, hanno visto più lontano, come, quand’è notte, si possono vedere le stelle. Colgono, per una luce particolare, l’assoluto valore di Dio e lo dichiarano amore. Anche noi, mentre stiamo quaggiù, se vogliamo fare della vita un vero santo viaggio, dobbiamo avere, come loro hanno avuto, le idee chiare: considerare ogni cosa che non sia Dio transitoria e passeggera. Tuttavia la nostra fede e il nostro Ideale non si fermano al traguardo della morte. Il grande annuncio del cristianesimo è: «Cristo è risorto». E il nostro Ideale ci chiama sempre ad andare «al di là della piaga» per vivere il Risorto. Noi siamo chiamati, dunque, a pensare soprattutto al «dopo». Ed è su questo «dopo», il misterioso ma affascinante «dopo», che vorrei soffermarmi questa volta. Succede a me abbastanza spesso, e forse anche a voi, di chiedermi: dove saranno i nostri? (…) Mi passano questi pensieri perché, qui in terra, fino a poco tempo fa, sapevo dov’erano, quello che facevano. Ora tutto mi è ignoto. Certamente, la fede dà le risposte a questi nostri interrogativi e noi le conosciamo. Una parola di Gesù, però, mi ha dato in questi ultimi giorni luce e conforto, grande conforto. L’ha detta Gesù al buon ladrone: «Oggi sarai con me nel paradiso»[1]. Oggi: dunque subito, subito dopo la morte. (…) Cosa dobbiamo ricavare allora da questi pensieri? Cerchiamo di vivere in maniera che anche a noi sia detto quell’«oggi»: «Oggi sarai con me nel paradiso». Ma lo sappiamo: sarà dato a chi ha: «a chi ha sarà dato»[2]. Se qui in terra saremo, per amore di Dio, paradiso per i nostri fratelli; se saremo gioia, conforto, consolazione, aiuto, per i singoli, per la nostra Opera, per la Chiesa, per il mondo, il Signore ci darà il paradiso. (…)
Chiara Lubich
(in una conferenza telefonica, Rocca di Papa, 10 maggio 1990) Tratto da: “Essere per tutti causa di letizia”, in: Chiara Lubich, Conversazioni in collegamento telefonico, pag. 399. Città Nuova Ed., 2019. [1] Lc 23, 43. [2] Mt 13, 12. (altro…)
22 Giu 2020 | Chiara Lubich
Il seguente scritto di Chiara Lubich ci aiuta a vedere la realtà nostra così come è, agli occhi di Dio, prescindendo dalle circostanze esterne nelle quali ci possiamo trovare e che possono pure essere molto dolorose. Anche Gesù, nell’ora della sua passione, ha continuato a rivolgersi al Padre e a conformarsi alla sua volontà. E con questo atteggiamento è diventato il Risorto, il Salvatore. (…) Abbiamo compreso come ognuno di noi è una Parola di Dio fin dall’eternità. Dice infatti san Paolo: «In Cristo, il Padre ci ha scelti prima della creazione del mondo…»[1]. Ed in altro luogo, parlando sempre di noi, aggiunge: «Quelli che Egli [Dio] da sempre ha conosciuto…». Abbiamo capito allora come noi, essendo Parola di Dio, dobbiamo tenere un unico atteggiamento, il più intelligente: essere sempre, come la Parola per eccellenza, il Verbo, «rivolti» verso il Padre, che significa verso la Sua volontà. È così che, fra il resto, possiamo realizzare la nostra personalità; ed è così che acquistiamo la nostra piena libertà. In tal modo, infatti, lasciamo vivere il nostro vero io. Ora, volendo attuare bene tutto ciò, possiamo domandarci: quando occorre assumere questo atteggiamento? La risposta la conosciamo: ora, adesso, nel momento presente. È nel presente che va vissuta la volontà di Dio. È nel presente che dobbiamo vivere rivolti verso il Padre. In quel presente, che è un aspetto essenziale della nostra spiritualità, della nostra «ascetica». Non si può infatti prescindere da esso. Questo modo di vivere è prettamente evangelico. L’evangelista Matteo riporta queste parole di Gesù: «Non affannatevi dunque per il domani, perché il domani avrà già le sue inquietudini. A ciascun giorno basta la sua pena»[2]. (…) Rimettiamoci, allora, nell’impegno di vivere il più possibile la volontà di Dio, nell’attimo presente. (…) Dobbiamo poi ricordare che la volontà di Dio che va attuata prima di ogni altra, e in ogni attimo della nostra giornata, è quella dell’amore reciproco: amarci cioè come Gesù ci ha amati. È con essa che è assicurato il nostro costante rinnovamento.
Chiara Lubich
(in una conferenza telefonica, Rocca di Papa, 21 dicembre 1996) Tratto da: “Quando essere rivolti al Padre?”, in: Chiara Lubich, Conversazioni in collegamento telefonico, pag. 529. Città Nuova Ed., 2019. [1] Cf. Ef 1,4-5. [2] Mt 6,34. (altro…)
15 Giu 2020 | Chiara Lubich
Una delle cose sulle quali questo periodo di pandemia ha attirato la nostra attenzione è l’importanza dei legami che compongono il tessuto sociale nel quale ognuno di noi è inserito, la qualità dei rapporti che ci uniscono gli uni agli altri. Essi sono un antidoto alla solitudine, all’indigenza e allo scoraggiamento. Il seguente scritto di Chiara Lubich è un invito a rinsaldarli. (…) C’è una pagina del Vangelo che ha un’eco particolare in noi. Gesù dice: «Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore […]». «Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri […]»[1]. Tutto sta dunque nell’amore reciproco. (…) Come in un caminetto acceso occorre ogni tanto scuotere col ferro la brace perché la cenere non la copra, così nel gran braciere del nostro Movimento è necessario di tempo in tempo ravvivare di proposito l’amore reciproco fra noi, ravvivare i rapporti, perché non siano ricoperti dalla cenere dell’indifferenza, dell’apatia, dell’egoismo. In questo modo ameremo veramente Dio, saremo l’Ideale vivo; potremo sperare che la carità così vissuta generi in noi virtù solide che, quasi senza accorgerci, raggiungeranno, con la grazia di Dio, la misura dell’eroismo. In tal modo ci faremo santi. (…)
Chiara Lubich
(in una conferenza telefonica, Rocca di Papa, 26 maggio 1988) Tratto da: “Ravvivare i rapporti”, in: Chiara Lubich, Conversazioni in collegamento telefonico, pag. 327. Città Nuova Ed., 2019. [1] Gv 15, 10.12. (altro…)
8 Giu 2020 | Chiara Lubich
Il Vangelo è Parola di Dio in parole umane e per questo è sorgente di vita sempre nuova, anche in questi tempi di pandemia. Ma perché questa si possa sprigionare, bisogna mettere in pratica le parole di Gesù, tradurle in atti concreti di fede, di amore, di speranza. (…) «Sulla tua parola getterò le reti»[1]. Gesù, perché potesse sperimentare la potenza di Dio, ha chiesto a Pietro la fede: credere a Lui e credere addirittura a qualcosa, umanamente parlando, di impossibile, anzi di assurdo: pescare di giorno quando la notte era stata così avara. Anche noi, se vogliamo che torni la vita, se desideriamo una pesca miracolosa di felicità, dobbiamo credere e affrontare, se occorre, il rischio dell’assurdo che, alle volte, la sua Parola comporta. Lo sappiamo: la Parola di Dio è vita; ma si ottiene passando per la morte; è guadagno, ma si ha perdendo; è crescita, ma si raggiunge diminuendo. E allora? Come risolvere lo stato di stanchezza spirituale in cui possiamo trovarci? Affrontando il rischio della sua Parola. Spesso influenzati dalla mentalità di questo mondo, in cui viviamo, crediamo un po’ anche noi che la felicità stia nel possedere o nel farsi valere; nel darsi al divertimento o nel dominare sugli altri, nell’apparire, nell’accontentare i sensi: nel mangiare, nel bere… Ma non è così. Proviamo ad affrontare il rischio del taglio a tutte queste cose; lasciamo che il nostro io corra il rischio della morte completa. Rischiamo, rischiamo! Una, due, dieci volte al giorno. Che succederà? Alla sera sentiremo rifiorire, dolce, nel cuore l’amore; ritroveremo l’unione ormai insperata con Lui; risplenderà la luce delle sue inconfondibili ispirazioni; ci invaderà la sua consolazione, la sua pace e ci risentiremo sotto il suo sguardo di Padre. E, avvolti così dalla sua protezione, rinascerà in noi la forza, la speranza, la confidenza, la certezza che il Santo Viaggio è possibile; (…) sentiremo la sicurezza che il mondo può esser suo. Ma occorre rischiare la morte, il nulla, il distacco. È questo il prezzo! (…)
Chiara Lubich
(in una conferenza telefonica, Rocca di Papa, 17 febbraio 1983) Tratto da: “Rischiare sulla sua parola”, in: Chiara Lubich, Conversazioni in collegamento telefonico, pag. 108. Città Nuova Ed., 2019. [1] Lc 5,5. (altro…)
1 Giu 2020 | Chiara Lubich
Una delle tante conseguenze del coronavirus in tutti i Paesi, ma in modo particolare in quelli più poveri, è l’aver tolto a tante persone con lavori precari o saltuari, i mezzi di sussistenza. In questo periodo quindi diventa ancora più importante guardarsi attorno e prendere le iniziative più varie a favore di chi è nel bisogno. È Vangelo: è lì, nei minimi, che Gesù ci aspetta. (…) Gesù ha una predilezione per i poveri, per i minimi. Quando, dopo il triplice rinnegamento di Pietro[1], fa a lui la triplice domanda: «Mi ami più di costoro?», alla prima risposta affermativa di Pietro, egli conclude: «Pasci i miei agnelli». Dopo le altre due invece afferma: «Pasci le mie pecorelle». E per «agnelli» s’intenderebbero – secondo qualche esegeta – i piccoli, i poveri, i bisognosi. Per «pecorelle» tutti[2]. Così Gesù dimostra di aver fatto l’opzione dei poveri, prima che molti vescovi, ad esempio, specie in paesi in via di sviluppo, la formulassero e la proponessero. Del resto, lo si sa: egli è venuto per evangelizzare i poveri[3] e ha detto chiaramente: «Ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me»[4]. Ma se Gesù ha dimostrato questa preferenza in parole ed opere già quand’era in vita, il suo Spirito l’ha inculcata frequentissimamente durante i secoli in coloro che dovevano diventare suoi strumenti per molti: come ad esempio, san Francesco, san Filippo Neri, sant’Ignazio di Loyola, san Camillo de Lellis, ecc. Così è stato anche di noi. Il nostro carisma, all’inizio del Movimento, ci ha fatto porre l’attenzione, quando eravamo ancora in casa con le nostre famiglie, anzitutto su quelli che erano minimi intorno a noi: i poveri, gli ammalati, i feriti, i carcerati, i senza-tetto, gli anziani, i bambini… E più tardi, in piazza Cappuccini, nel primo focolare, su quelli che erano minimi fra noi. Abbiamo cercato di risolvere il primo problema con azioni di carità, semi delle azioni sociali e delle molte opere che sarebbero nate in seguito; e il secondo con la comunione dei beni fra tutti noi. Più tardi, siamo stati spinti generalmente a guardare a tutti, ad amare ogni prossimo come noi stessi, minimo e non minimo, e ad amarci fra noi. Questo nostro modo di vivere è ora così inculcato in tutti che è divenuto il tessuto base di tutto il Movimento. Ma in quest’ultimo periodo (…) ecco un nuovo richiamo a porre i minimi al primo posto nel nostro cuore. Come potremo allora attuare ciò? Anzitutto guardando con predilezione a coloro fra noi che possono dirsi minimi e sollevando ogni necessità con una comunione dei beni libera ma intensa, estesa a tutto il Movimento nel mondo. Poi, guardandoci attorno. (…) Un motto? Una domanda al nostro cuore: «Ho preferito oggi, fra tutti i miei prossimi, quelli più in necessità?».
Chiara Lubich
(in una conferenza telefonica, Rocca di Papa, 27 giugno 1991) Tratto da: “Preferire i minimi”, in: Chiara Lubich, Conversazioni in collegamento telefonico, pag. 432. Città Nuova Ed., 2019. [1] Cf. Gv 18,15-27. [2] Cf. Gv 21,15-17. [3] Cf. Mt 11,5. [4] Mt 25,40. (altro…)