Movimento dei Focolari

Chiara Lubich: Resurrezione di Roma

Resurrezione di Roma è uno degli scritti più famosi di Chiara Lubich, frutto di una sua esperienza poi trasmessa in un articolo apparso sulla rivista “La Via” nel 1949. È un testo che mostra al contempo la dimensione mistica di un’esperienza carismatica, espressa da un uso del linguaggio particolarmente denso di immagini, e l’attualizzazione di tale esperienza nella vita a contatto con l’umanità. Lo scritto segna un punto di svolta nell’esperienza di Lubich del ’49: il ritorno a Roma, cioè alla vita normale, vissuto come un immettere la luce e la vita nel quotidiano, con il frutto di un rinnovamento non solo dell’esistenza personale ma della società. Lo sguardo su Roma per l’autrice ha il significato, infatti, di uno sguardo su tutte le città del mondo. Il video che presentiamo è frutto di un lungo e un paziente lavoro fotografico portato avanti da Javier Garcia, con  la voce originale di Chiara Lubich tratta dalla lettura del testo rivolto  ai dirigenti dei Focolari il 3 ottobre 1995. https://www.youtube.com/watch?v=acrJDXY6Lig

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Natale con chi soffre

Tra pochi giorni arriva Natale. Una festa che ci dà l’occasione per ritrovarci in famiglia e rinnovare i rapporti, al di là delle luci e dei regali. Dio si fa bambino e nasce nella povertà di un presepio. Nel Natale 1986 Chiara Lubich invitava le comunità dei Focolari ad andare incontro a chi più soffre. Anche oggi ci sono molti fratelli e sorelle che si trovano a vivere situazioni di sofferenza e attendono il nostro sollievo, la nostra condivisione. […] Oggi il calore del Natale porta a sentirci tutti più famiglia, più uno fra noi, più fratelli: a condividere quindi ogni cosa: gioie e dolori. Dolori soprattutto con quelli che, per le più varie circostanze, trascorrono questo Natale a tu per tu con la sofferenza. […] La sofferenza! Quella che investe totalmente a volte le nostre persone o quella che ci sfiora e mescola l’amaro con il dolce nelle nostre giornate. La sofferenza: una malattia, una disgrazia, una prova, una circostanza dolorosa… La sofferenza! […] Se guardiamo con occhio umano la sofferenza, siamo tentati di cercarne la causa o in noi, o fuori di noi, nella cattiveria umana ad esempio, o nella natura, o in altro… […] E tutto ciò può essere anche vero, ma, se pensiamo solo in tal modo, dimentichiamo il più. Ci scordiamo che dietro la trama della nostra vita sta Dio con il suo amore, che tutto vuole o permette per un motivo superiore, che è il nostro bene. […] Gesù, dopo averci invitati a prendere la nostra croce per seguirlo, non afferma forse: Perché “chi avrà perduto la sua vita (e questo è il colmo del patire), la troverà” (Mt 10, 39)? Il dolore è quindi speranza di salvezza. […] Che dire, allora, oggi, ai nostri che si dibattono nella sofferenza? […] Avviciniamoli anzitutto con sommo rispetto: anche se ancora forse non lo pensano, essi sono in questo momento visitati da Dio. Poi condividiamo, in tutto quanto è possibile, le loro croci e cioè teniamo Gesù in mezzo con loro effettivamente. Assicuriamoli anche del nostro continuo ricordo e della nostra preghiera, perché sappiano prendere direttamente dalle mani di Dio quanto li angustia e li fa soffrire e lo possano unire alla passione di Gesù, onde sia potenziato al massimo. […] E ricordiamo loro quel meraviglioso principio cristiano della nostra spiritualità, per il quale un dolore amato come volto di Gesù crocifisso e abbandonato si può tramutare in gioia. […] Sia dunque questo il nostro Natale […]: condividere ogni sofferenza con i nostri fratelli più provati ed offrire le nostre a Gesù Bambino.

Chiara Lubich

(Chiara Lubich, Conversazioni, Città Nuova, Roma 2019, pag.265-268)

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7 dicembre ’43: il giorno del “Sì” a Dio

Immaginate una ragazza innamorata; innamorata di quell’amore che è il primo, il più puro, non ancora dichiarato, ma che incomincia a bruciare l’anima. Una gioia caratteristica, difficile a riprovare nella vita, gioia segreta. Qualche giorno prima del 7 dicembre mi era stato detto di vegliare la notte precedente accanto al crocifisso per meglio prepararmi allo sposalizio con Dio, sposalizio che doveva avvenire nella maniera più segreta. La sera ho tentato questa veglia, inginocchiata accanto al letto davanti a un crocifisso di metallo che ora ha mia madre. Al mattino mi sono alzata verso le cinque. Ho indossato il miglior vestito che possedevo e mi sono incamminata, attraversando tutta la città, verso un piccolo collegio. Una bufera infuriava, così che dovetti farmi strada spingendo l’ombrello avanti. Mi pareva esprimesse che l’atto che stavo facendo avrebbe trovato ostacoli. Arrivata al collegio: cambio di scena. Un enorme portone si apre da solo senso di sollievo e di accoglienza, quasi braccia spalancate di quel Dio che mi attendeva. La chiesetta era adornata alla meglio. Sullo sfondo campeggiava una Madonna immacolata. Prima della Comunione ho visto, in un attimo, quello che stavo per fare non sarei più potuta tornare nel mondo. Io mi sposavo. Sposavo Dio. Quell’aprire gli occhi su ciò che stavo facendo – ricordo – è stato immediato, breve, ma così forte, che mi è caduta una lacrima sul messalino. Un lungo ringraziamento. Credo d’aver fatto la strada di ritorno verso casa di corsa. Mi sono soffermata soltanto vicino, mi sembra, al vescovado, a comperare tre garofani rossi per il crocifisso che mi attendeva in camera. Sarebbero stati segno della festa comune. Tutto qui. Con le più rosee previsioni il 7 dicembre ’43 non avrei potuto pensare quello che oggi vedo. Lode a Dio, gloria a Maria, regina d’un regno che ha – senza metafora – invaso il mondo.

Chiara Lubich (Estratto da “oggi l’Opera compie trent’anni, “ Rocca di Papa, 7 dicembre 1973)

https://www.youtube.com/watch?v=2i80L6Srdh8&list=PLKhiBjTNojHqNPFPXKJgyiqn8c7NKZ0ME (altro…)

“Lettere”: incontrare Chiara Lubich attraverso il suo epistolario

“Lettere”: incontrare Chiara Lubich attraverso il suo epistolario

Da qualche mese è nelle librerie italiane il volume delle Opere di Chiara Lubich “Lettere”. Abbiamo incontrato Florence Gillet del Centro Chiara Lubich, teologa e studiosa della fondatrice dei Focolari, che ha curato questa pubblicazione.

Florence Gillet

Dopo aver suonato il campanello del Centro Chiara Lubich, nei pressi del Centro Internazionale dei Focolari a Rocca di Papa (Italia), la Dottoressa Gillet mi accoglie con gioia e mi invita ad entrare in sala riunioni. Dappertutto ci sono armadi che contengono targhe e oggetti che ricordano le lauree honoris causa e i doni ricevuti da Chiara Lubich nei suoi viaggi in diversi Paesi del mondo, oltre a numerosi libri sulla fondatrice dei Focolari tradotti in varie lingue, alcuni dei quali scritti o curati dalla Gillet. Quando iniziamo a parlare il suo accento rivela la sua origine francese. Mi racconta che si è imbattuta nel carisma dell’unità alla fine del 1965 e tre mesi dopo era alla cittadella internazionale di Loppiano, in Italia, per approfondire quell’ “ideale” che aveva tanto cercato e alla fine trovato. Lo studio della teologia presso l’Università Pontificia Gregoriana, l’ha condotta a Roma ed è stata una tra le prime donne a frequentare questa università. Poi Parigi per qualche anno e nuovamente Roma. Si illumina quando racconta le sue esperienze in alcuni Paesi africani dove ha realizzato “focolari temporanei”, così chiamati per la durata di brevi periodi. Nel 2008, è stata invitata ad entrare a far parte del Centro Chiara Lubich, nato quell’anno, per poter studiare e lavorare alle pubblicazioni degli scritti della Fondatrice dei Focolari. concentrandosi dal principio sui punti cardini della Spiritualità dell’unità.  Da poco ha visto la luce nella collana Opere di Chiara Lubich, il volume “Lettere 1939 – 1960”, di cui è la curatrice. “C’è una grande varietà in queste lettere – spiega Florence Gillet -: alcune sono proprio di purissima direzione spirituale; ci sono le lettere di aggiornamento; ci sono lettere di consolazione; ci sono lettere che sgorgano dall’anima di Chiara Lubich, soprattutto quelle alla sorella, nelle quali dice cose molto forti. Però c’è un comune denominatore tra di esse. Prima di tutto il genere letterario: sono lettere. In secondo luogo, in ciascuna è possibile trovare “l’anima” di Chiara, il suo sapersi “fare uno”, come dice San Paolo quando afferma ‘mi sono fatto tutto a tutti’. Anche nel comunicare il suo segreto giacché dappertutto è evidente il chiaro il riferimento a Gesù abbandonato”. A che cosa paragonare questo volume? È la domanda che la Gillet si pone nell’introduzione e di cui ci fa dono con un’immagine molto eloquente: “Se fosse un giardino, sarebbe un giardino all’inglese senza forme geometriche, senza simmetrie, ma dove la natura è poesia e libertà con, tuttavia, rigore e ordine. Se fosse una strada, sarebbe un cammino, a volte avventuroso ma ben segnato, con meta sicura e una guida sperimentata. Se fosse una casa, sarebbe ospitale, con molte stanze tutte collegate e armoniose tra di loro, calda e aperta”. Il libro contiene 338 lettere (una selezione delle tante scritte dalla Lubich) che porteranno il lettore a contatto diretto con i primi anni del nascente Movimento dei Focolari e lo sviluppo del suo carisma. “Consiglio a tutti di fare lo sforzo – continua Florence – di incominciare a leggere a partire dall’introduzione, per cogliere la chiave di lettura, e poi proseguire con le lettere, una ad una, ordinatamente, lasciare che ‘parlino al cuore’”.  Il lettore troverà lettere a persone, altre collettive a comunità nascenti, a membri della sua famiglia; altre ancora, più dottrinali, nelle quali Chiara spiega il suo Ideale. “Fare questo libro è stato un lavoro appassionante – conclude -. E penso che lo sarà anche per i lettori”.

Carlos Mana

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Chiara Lubich: “Accendere fuochi” d’unità

La parola del Vangelo proposta per questo mese di novembre 2022 ci sprona a mettere in pratica la misericordia verso i fratelli. Chiara Lubich, in questo brano del 15 ottobre 1981, pronunciato durante una conferenza telefonica mondiale, invitava tutti gli ascoltatori a rivivere questo amore misericordioso caratteristico fin dai primi tempi dei Focolari. Un appello che anche oggi può aiutarci a crescere nel cammino personale di unione con Dio e con la comunità. È questo ciò che oggi voglio sottolineare a voi tutti: l’unità. L’uni­tà deve trionfare: l’unità con Dio, l’unità fra tutti gli uomini. E quale il modo? Amare tutti con quell’amore di misericordia che era caratte­ristico nei primi tempi del Movimento, quando si era deciso di vedere ogni mattina, durante tutta la giornata, il prossimo che incontravamo, in famiglia, a scuola, al lavoro, ecc., dappertutto, vederlo nuovo, nuo­vissimo, non ricordandoci affatto dei suoi nei, dei suoi difetti, ma tutto coprendo con l’amore. (…) Avvicinare tutti con quest’amnistia completa nel nostro cuore, con questo perdo­no universale. E poi farci uno con loro in tutto, tranne che nel peccato, tranne che nel male. Perché? Per ottenere quel risultato meraviglioso a cui Paolo, l’Apostolo, aspirava. Lui diceva: “Farsi tutto a tutti per guadagnare a Cristo il maggior numero” (Cf. 1 Cor 9, 19). Ecco, se noi ci facciamo uno col prossimo, facilitati anche da questo perdono, potremo passare il nostro Ideale[1] agli altri. E una volta ottenuto ciò, stabilire la presenza di Gesù fra noi e loro, di Gesù il Risorto, di Gesù che ha promesso di essere sempre con noi nella sua Chiesa, e si fa in certo modo vedere, sentire, quando è in mezzo a noi. Questa deve essere la nostra opera principale: vivere in modo che Gesù viva fra noi, Egli che è il conquistatore del mondo. Se saremo uno, infatti, molti saranno uno e il mondo potrà un giorno vedere l’unità. E allora? Costituire dappertutto cellule di unità: nella propria famiglia, nel caseggiato, con quelli coi quali si gioca, o si studia, o si lavora, con tutti, il più possibile, accendere questi fuochi dovunque.

Chiara Lubich

(Chiara Lubich, in Conversazioni, a cura di Michel Vandeleene, Opere di Chiara Lubich, Città Nuova, 2019, pp. 63-64) [1] Si riferisce al modo tipico del Carisma dell’unità di vivere il Vangelo.

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Costruirsi in preghiera 

L’ incontro personale e profondo con Dio nella preghiera risignifica tutta la nostra esistenza. Riconoscere in Lui l’autore della grazia ci concede la possibilità di amare da figli, di perderci nel suo sguardo, fino a diventare preghiera vivente. […]  Come sappiamo, la nostra spiritualità, personale e comunitaria insieme, ci porta ad estendere il nostro amore verticalmente, come si dice oggi, verso Dio e orizzontalmente verso il prossimo; e la santità, che ne deriva, è data dalla equilibrata presenza di questi due amori.  Ma è facile per alcuni (e lo sta dimostrando la tendenza, alle volte, all’attivismo) sviluppare in modo particolare la dimensione orizzontale dell’amore e, forse, non altrettanto quella verticale.  E’ vero che noi tutto quanto facciamo lo rivolgiamo in genere a Lui: è per Lui che amiamo, che operiamo, che soffriamo, che preghiamo…  Ma, se col continuo “farci uno” con i prossimi siamo arrivati ad amarli spesso anche col cuore, siamo certi di amare pure Dio non solo con la volontà, ma insieme col cuore?  Alla fine della nostra vita non potremo presentarci a Dio assieme agli altri, alla comunità, ma dovremo farlo da soli.  E siamo sicuri che, in quel momento, tutto l’amore raccolto nel nostro cuore, durante la nostra esistenza, si verserà spontaneamente, come dovrebbe essere, su Colui che dovremmo aver sempre amato e che incontreremo e ci giudicherà?  […]  Arriverà senz’altro anche per noi quel momento e, tenendolo presente, dovremmo sin da adesso cercare di approfondire meglio ed al massimo il nostro rapporto con Dio.  Si può, infatti, amare come servi e compiere tutto quanto il padrone vuole senza rivolgergli parola; o si può amare come figli col cuore, riempito dallo Spirito Santo, di amore e di confidenza nel proprio Padre: quella confidenza che porta a parlare spesso con Lui, a dirgli tutte le nostre cose, i nostri propositi, i nostri progetti; quella confidenza, quel divino desiderio che porta a non vedere l’ora che arrivi il momento dedicato esclusivamente a Lui, per mettersi in contatto profondo con Lui.  E’ la preghiera, la preghiera vera! E’ ad essa che dobbiamo tendere, fino ad arrivare ad essere preghiere viventi.  C’è una bella frase del teologo Evdokimov, a proposito della preghiera: “Non basta – dice – avere la preghiera, bisogna diventare, essere preghiera, costruirsi in forma di preghiera…”¹.  Costruirsi in forma di preghiera, essere preghiera, come vuole Gesù, che ha detto: “Conviene sempre pregare”².  Io credo che nel cuore di molti di noi ci sia un vero patrimonio d’amore soprannaturale che può trasformare la nostra vita in autentica preghiera, che può costruirci in preghiera. Si tratta di raccoglierlo nei momenti opportuni.  In questo prossimo tempo impegniamoci allora a parlare spesso con Dio, anche in mezzo all’attività. Cerchiamo di migliorare proprio in questo.  Già il dire un “Per Te” prima di ogni azione, trasforma questa in una preghiera.   Ma non basta. Incominciamo un colloquio serrato con Lui ogni volta che è possibile. Solo così, alla fine della vita, potranno fiorire sulle nostre labbra espressioni d’amore a Dio, simili a quelle dei santi. […] 

Chiara Lubich

(Chiara Lubich, Conversazioni, Cittá Nuova 2919, pag. 551-553)
1. P. Evdokimov, Ortodossia, in Aforismi e citazioni cristiane, cit. p. 153. 2. Cf. Lc 21, 36.

https://youtu.be/mV3dPufxu74 (altro…)