Movimento dei Focolari

Concilio Vaticano II e carisma al servizio dell’unità

Concluso a Firenze, nella splendida cornice di Palazzo Vecchio dopo la prima giornata presso la Facoltà Teologica dell’Italia Centrale, il convegno “Il Concilio Vaticano II e il carisma dell’unità di Chiara Lubich”.  Un evento che, spaziando dalla sinodalità all’impegno per la pace e il dialogo tra i uomini e popoli, si inserisce in un dibattito di straordinaria attualità.  La grande stagione dei nuovi movimenti ecclesiali, che ha visto la sua acme sotto il pontificato di Giovanni Paolo II, ha certamente avuto la sua origine nel periodo preconciliare. Ha poi trovato nell’assise vaticana, in particolare nella valorizzazione del laicato cattolico e nella ridefinizione della presenza della Chiesa nel mondo (Lumen Gentium), oltre che nella centralità della Parola condivisa in comunione (Dei Verbum), la sua ragion d’essere. Il periodo postconciliare ha poi permesso l’esplosione numerica e qualitativa di tali movimenti, valorizzati nel loro nascere e sviluppati da Paolo VI e poi applauditi e sostenuti col suo magistero dal papa polacco. Una vicenda di unità e distinzione, in particolare nella Chiesa della seconda metà del XX secolo, che ha trovato nel carisma della Lubich, carisma al servizio dell’unità della Chiesa e dell’umanità, la sua espressione più matura. A testimonianza della pertinenza del carisma al servizio dell’unità, nella complessa e a tratti convulsa attualità, il convegno si è inserito nel grande movimento di solidarietà con le vittime della guerra in Ucraina e con tutti gli uomini e a tutte le donne di pace che operano in Ucraina e in Russia, in Europa e in Asia, ovunque. Lo ha ricordato l’assessore Alessandro Martini, in un giorno in cui la città di Firenze ha ospitato una manifestazione per la pace di livello internazionale. Per questi motivi, visto che il Movimento dei Focolari appare il primo e più diffuso movimento ecclesiale della stagione conciliare, in occasione del centesimo anniversario della nascita della sua fondatrice – poi rinviato due volte a causa della pandemia − è stato organizzato dall’Istituto Universitario Sophia e dal Centro Chiara Lubich un convegno internazionale dal titolo esplicativo: “Il Concilio Vaticano II e il carisma dell’unità di Chiara Lubich: Dei Verbum e Lumen Gentium”. Sede: Firenze. Data: 11 marzo 2022 alla Facoltà Teologica dell’Italia Centrale e 12 marzo a Palazzo Vecchio, nel Salone dei Cinquecento. Il convegno ha avuto il patrocinio del Comune di Firenze, con la partecipazione della Associazione Teologica Italiana, della Facoltà Teologica dell’Italia Centrale, dell’Istituto Paolo VI, del Centro Internazionale Studenti Giorgio La Pira, di Città Nuova, della Scuola Abbà e ovviamente del Movimento dei Focolari. Il comitato scientifico era composto da Alessandro Clemenzia (FTIC), Piero Coda (IUS), e, per il Centro Chiara Lubich, Florence Gillet, João Manoel Motta e Alba Sgariglia. In chiusura dell’assise vaticana, nel novembre 1965, la Lubich sintetizzava in una preghiera significativa la nota riassuntiva forse più evidente del Concilio, la Chiesa che nasce dalla presenza di Gesù tra i suoi: “Oh! Spirito Santo, facci diventare, attraverso ciò che già hai suggerito in Concilio, Chiesa viva: questa è l’unica nostra brama e tutto il resto serve a questo”. È con questo spirito che il convegno si è prefisso l’obiettivo di avviare un’indagine approfondita volta a cogliere, per un verso, se e come il messaggio del Concilio abbia trovato nell’esperienza suscitata dal carisma al servizio dell’unità un fecondo luogo d’interpretazione e sviluppo; e, per l’altro verso, se e come la fioritura di vita ecclesiale promossa dal carisma dell’unità sia stata resa possibile e propiziata dall’orizzonte dischiuso dal Vaticano II. In questa prima tappa, l’attenzione si è concentrata sulla Dei Verbum e sulla Lumen Gentium, al fine di mettere a fuoco i profili di convergenza e gli apporti della dottrina conciliare e dell’ispirazione del carisma dell’unità intorno al nesso cruciale per cui la Chiesa nasce e cresce come incarnazione storica, nel soffio dello Spirito, della Parola che “carne si è fatta” (Gv 1,14). Il programma del convegno è stato particolarmente denso, come spesso accade allorché è il risultato di un serio lavoro di ideazione e preparazione. Un fiume di parole che, poco alla volta, ha preso un senso compiuto, per il contributo plurale degli studiosi. Nella prima giornata si sono annotati gli interventi di Piero Coda, già preside dell’Istituto Universitario Sophia (“Una coincidenza cronologica e kairologica: un concilio e un carisma. Per un discernimento teologico della correlazione tra Vaticano II e carisma dell’unità”), di Paolo Siniscalco dell’Università La Sapienza di Roma (“Chiara Lubich all’epoca del Vaticano II”) e del teologo istriano-pisano Severino Dianich (“L’evento del Concilio Vaticano II: sacramento…dell’unità di tutto il genere umano”). Coda ha messo in luce come il carisma al servizio dell’unità abbia portato un contributo assai decisivo per la storia della Chiesa nella via della comunione basata sul Cristo crocifisso, abbandonato e risorto. Siniscalco, da parte sua, ha ritracciato con saggezza e con precisione storica i vari passaggi dell’avventura esistenziale della Lubich prima, durante e dopo il Concilio Vaticano II. Mentre Dianich ha dato, con le sue ben note chiarezza e franchezza, un’interpretazione del Vaticano II come culla per una reinterpretazione più laica e più comunitaria del Vangelo. Sabato 12, il convegno si è spostato in ambiente civile, dopo la prima sessione svoltasi in ambiente invece ecclesiale, come per ribadire la doppia valenza operativa del carisma al servizio dell’unità. Nella prestigiosa sede di Palazzo Vecchio, in quella Sala dei Cinquecento che ha già visto svolgersi, sin dal 1964, vari convegni dei Focolari, e dove Chiara Lubich stessa nel 2000 ricevette la cittadinanza onoraria di Firenze, ha aperto i lavori l’attuale Presidente dei Focolari, Margaret Karram, sottolineando l’importanza della sede di Firenze, nella memoria di Giorgio La Pira, il sindaco santo, uomo di pace e di “Chiesa viva”. Nel suo nome, già nel 1974, assieme al cardinal Benelli, la Lubich aveva fondato il Centro Internazionale Studenti Giorgio La Pira, legando così inscindibilmente il suo nome alla città sull’Arno. Firenze, quindi, come città della pace, con legami privilegiati con quel Medio Oriente da cui viene la Karram, palestinese di passaporto israeliano. “Lavoriamo per tessere ovunque relazioni di pace, il bene più prezioso che l’umanità possa avere”, ha detto la presidente dei Focolari. Le ha fatto eco il card. Giuseppe Betori, assente per motivi di salute, che ha detto nel suo messaggio: “L’esperienza del dialogo, a tutti i livelli, che ha caratterizzato la vita di Chiara Lubich, si fondava su una intuizione evangelica circa il rapporto tra interiorità ed esteriorità, dove la relazione con l’altro era i prolungamento causale e consequenziale dell’unione intima con Dio”. Nel prosieguo del convegno a Palazzo Vecchio, parlando della Dei Verbum, Vincenzo Di Pilato (FTP) con un timbro eminentemente teologico ha affrontato il tema: “L’alfabeto per conoscere Cristo. La Parola di Dio evento permanente di salvezza nella Dei Verbum”. Da parte sua Florence Gillet, del Centro Chiara Lubich, ha invece affrontato un tema alla frontiera fra storia ed ecclesiologia: “La Parola di Dio in Chiara Lubich: presenza viva di Cristo che genera la Chiesa”. È seguita una tavola rotonda con Giovanna Porrino (IUS) su “La Parola nella vita della Chiesa”, Declan O’Byrne (IUS), “La Parola e lo Spirito”, Angelo Maffeis (FTIS) su “La Parola di Dio come principio di unità” e col teologo evangelico Stefan Tobler (USBL) su “Una mistica della Parola come via all’ecumenismo”. E’ seguita la terza e ultima sessione del convegno, dedicata alla Lumen Gentium, con un’attesa relazione di mons. Brendan Leahy (Vescovo di Limerick, in Irlanda) su “La Chiesa e il principio mariano”. La seguente tavola rotonda ha visto gli interventi di Alessandro Clemenzia (FTIC / IUS), “La Chiesa dalla Trinità”, di Assunta Steccanella (FTT/TV), “Il popolo messianico”, di Erio Castellucci, Vescovo di Modena-Nonantola e vicepresidente CEI, “Collegialità episcopale e sinodalità della Chiesa” e di Cristiana Dobner (carmelitana scalza), “I carismi nella missione della Chiesa”. Per finire, sul tema “Un’icona dell’ecclesiologia del Vaticano II”, è intervenuta la teologa Yvonne Dohna Schlobitten della Gregoriana. La Sala dei Cinquecento che, pur gravida di simboli guerreschi proposti nei grandi dipinti appesi alle pareti, ha udito le parole di pace di La Pira, di Bargellini, e della Lubich, ha ospitato così, l’11 e il 12 marzo, un evento che ha mostrato come la Chiesa e la società civile possano essere testimonianza di comunione e di dialogo, stimolando la politica ad assumere come proprio orizzonte la pace e la sua costruzione.

Michele Zanzucchi

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Stop alla guerra in Ucraina: ricostruire lo spazio del dialogo e del negoziato politico

Dinanzi alle vicende che da giorni sconvolgono il mondo intero, il Movimento Politico per l’unità, che ispira la propria azione all’esperienza e all’ideale del Movimento dei Focolari, afferma il comune impegno a favore della pace raggiungibile solo attraverso un “fare” concreto. “Se vuoi la pace prepara la pace” così si esprimeva Igino Giordani, politico pacifista del ‘900. Solo un quotidiano multiforme sforzo di pace può fermare la guerra che la storia ha già dichiarato troppe volte come scelta folle. I mezzi della contrapposizione sono superati e aprono la strada a maggiore insicurezza, sia a livello locale che globale. Di questo siamo convinti politici, funzionari, cittadini, diplomatici del Movimento politico per l’unità, e da tutto il mondo esprimiamo la nostra vicinanza ai popoli che subiscono questa tragica guerra, mentre sosteniamo con forza chi, a vario titolo, continua a trattare per la pace, unica vera soluzione. Non è mai troppo tardi per riaprire la negoziazione e il dialogo, a breve e a lungo termine. Ci guidi l’obbligo della pace. Individuiamo queste tre direzioni principali di impegno: 1 – Spesso la creazione degli stati nazionali non è stata una scelta libera dei popoli, ma frutto di tavoli di trattative post-belliche, lasciti di imperialismi. Vecchie e nuove divisioni chiedono uno sforzo politico coraggioso, che dia nuovo significato alle identità nazionali, che interpelli le unioni continentali, prima tra tutte l’Unione Europea, al di là degli interessi immediati. 2- E’ la storia ad insegnarci che le sanzioni economiche lasciano indenni i governi e impoveriscono la società civile, le donne e gli uomini, soprattutto i bambini. La Siria ne è l’ultimo, gravissimo esempio. La scelta delle sanzioni va perseguita con cautela, perché non sia parte della logica della guerra e delle contrapposizioni di forza. La politica deve saper controllare i circuiti delle armi e della carbon industry e solo così edificherà una pace vera. 3- Davanti alla recrudescenza degli armamenti nucleari con il loro potenziamento strategico, oggi ad alta voce chiediamo ai nostri governi che venga firmato ed attuato il Trattato sulla Proibizione delle Armi Nucleari, adottato solo da 122 Stati il 7 luglio 2017. La forza politica dell’ONU deve rimettersi in azione e la voce dei governi deve integrarsi con la voce delle città del pianeta, riunite in una apposita assemblea mondiale, per dare più forza ai nostri popoli. In queste ore in cui sembra prevalere il nudo potere della forza, affermiamo senza alcuna esitazione che crediamo ancora e sempre nella costruzione della pace, nei processi del dialogo, negli strumenti della politica. Sono le articolazioni della società civile, con la forza spirituale e culturale delle loro fedi e le tante buone pratiche, a dare luce ai grandi ideali che sorreggono la storia. Che i nostri rappresentanti facciano tacere al più presto le armi e ascoltino le donne e gli uomini della pace.

Mario Bruno, Presidente MPPU

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Chiara Lubich in dialogo con il mondo: la parola si fa dono

Chiara Lubich in dialogo con il mondo: la parola si fa dono

Il 21 gennaio 2022 si terrà presso l’auditorium della sede internazionale del Movimento dei Focolari (Rocca di Papa – Italia) la presentazione del libro ‘Chiara Lubich in Dialogo con il mondo, prospettive interculturali, linguistiche e letterarie nei suoi scritti’, edito dalla casa editrice Rubbettino. “Gli scritti di autori ed autrici definiti ‘maestri di spirito’ sono “spesso considerati solo come libri di edificazione spirituale (…) offerti al pubblico in versioni antologiche e con apparati critici sintetici. In realtà sono spesso opere di grande valore letterario, testimonianze di una lingua viva, creativa e coraggiosa[1]”. Con queste parole, Anna Maria Rossi, linguista, docente, collaboratrice del Centro Chiara Lubich, introduce il lettore all’interno di un cammino di conoscenza, quello proposto dal libro “Chiara Lubich in Dialogo con il mondo, prospettive interculturali, linguistiche e letterarie nei suoi scritti’ (edito da Rubbettino) di cui è curatrice insieme a Vincenzo Crupi. Questa opera raccoglie le relazioni presentate durante l’omonimo Convegno tenutosi a Trento (Italia) dal 24 al 25 settembre del 2020, in occasione del Centenario della nascita di Chiara Lubich. La proposta di pubblicare questo libro “è stata accolta di buon grado e senza riserva in quanto perfettamente rispondente alle linee guida della collana ‘Iride’ della Rubbettino, nata con l’intento di ‘diventare un punto di incontro fra studiosi italiani e stranieri per rispondere ad un’esigenza di informazione dialettica’ su quanto di meglio si produce nel campo della critica letteraria, della linguistica e della filologia” afferma Rocco Mario Morano, Direttore della collana. “Il volume su Chiara Lubich – continua – aggiunge a questo filone di ricerca, il pregio della vastità e profondità di analisi riscontrabile nei saggi dei 25 studiosi che, da varie parti del mondo, hanno messo a frutto le proprie esperienze di lettura e le proprie sensibilità e competenze nei vari settori disciplinari oggetto di studio”. Per descrivere la propria esperienza spirituale, Chiara Lubich autrice, aggiunge Morano, ha un’attenzione particolare nell’utilizzare “modelli di scrittura resi di volta in volta consoni all’esigenza primaria di comunicare i propri moti interiori e il proprio pensiero permeati di  una elevata spiritualità e di una grande religiosità (…). E da qui deriva inoltre l’esigenza di sottoporre i suoi testi a revisioni continue per consentire a chi ne fruisce di penetrarne i significati più profondi in tutte le sfumature (…), un affinamento che non prescinde mai (…) dal desiderio vivo e dalla gioia immensa di far dono della Parola come atto d’amore a tutti gli uomini di buona volontà  del mondo intero, indipendentemente dal loro credo religioso, politico e filosofico”. Il libro, che verrà presentato il 21 gennaio 2022 presso la sede interazionale del Movimento dei Focolari approfondisce, di fatto, in una prima parte la lettura di quei testi scritti da Chiara Lubich tra il 1949 e il 1951, meglio noti come “Paradiso ‘49”. La parola, attraverso un’attenta analisi testuale e lo studio dettagliato del linguaggio mistico, veicola il messaggio di un’esperienza  molto profonda che “attraverso immagini e metafore – afferma Anna Maria Rossi- offre spunti per raffronti intertestuali”. Ma la parola è anche vista come mezzo che conduce a un ideale, all’unità. La seconda parte del libro, infatti, analizza gli scritti della Lubich rivelandoci il suo essere “donna del dialogo”, rivolta sempre all’altro, attenta alla dimensione multiculturale dei suoi interlocutori; una donna capace di edificare con la parola, costruire abbattendo le differenze, vivendo in pieno l’amore evangelico. Un amore che, perfino nel passaggio da una lingua a un’altra, attraverso il delicatissimo compito della traduzione, prevede il confronto, lo scambio con l’altro, l’esistenza di un rapporto tra traduttore e autore, come ci spiega Regina Célia Pereira da Silva, Docente di Lingua Portoghese presso l’Università per Stranieri di Siena (Italia), specializzata in Traduzione, Strategie e Tecnologie di Informazione Linguistica: “Le parole di Chiara non provengono da una semplice teoria religiosa, ma sono frutto di una vita reale, concreta, scaturita dall’incontro con il divino. Soltanto se il traduttore fa la stessa esperienza, del donarsi dicendo, riuscirà a capire tali realtà, vivendole, non singolarmente, ma in modo collettivo”. Al fine di ridonare al mondo un’esperienza tanto forte rispettando le volontà dell’autore e eliminando ogni possibilità di ambiguità nel linguaggio, non serve soltanto esprimersi nella stessa lingua, ma è necessario che il traduttore doni la propria idea, si svuoti, sia disposto a perderla; è necessario che si stabilisca un dialogo tra “autore, traduttore e fruitori del testo d’arrivo che – continua Regina Pereira – presuppone una nuova dinamica che è tipica di Chiara Lubich (…) penetrare nella necessità dell’altro per condividerla e se possibile fare il primo passo. Esige umiltà e amore. Il rapporto autore-traduttore s’innesta nella nuova comunicazione basata su quel nulla che, perché vuoto, accoglie totalmente l’altro con la sua identità e bagaglio culturale. Il traduttore o il lettore entra nel testo, nell’autore e acquisisce la sua esperienza che lo arricchisce”.

Maria Grazia Berretta

[1] Rossi, Anna Maria in Chiara Lubich in Dialogo con il mondo, prospettive interculturali, linguistiche e letterarie nei suoi scritti, a cura di Anna Maria Rossi, Vincenzo Crupi, Rubbettino Editore, 2021, p. 11. (altro…)

Università Popolare Mariana: Lo spazio della coscienza

Università Popolare Mariana: Lo spazio della coscienza

Inaugurato il 6 novembre 2021 il ciclo di lezioni del nuovo corso dell’Università Popolare Mariana (UPM) del Movimento dei Focolari che quest’anno ha come titolo“Dove l’uomo è solo con Dio: la coscienza”. Catherine Belzung, neuroscenziata, ed Emanuele Pili, docente, relatori della seconda lezione, rispondono ad alcune domande. La coscienza è il nucleo più segreto e il sacrario dell’uomo, dove egli si trova solo con Dio, la cui voce risuona nell’intimità”. Le parole che ritroviamo nella Costituzione Pastorale Gaudium et Spes, ispirano il titolo del nuovo corso dell’UPM (Università Popolare Mariana) dei Focolari pensato per l’anno accademico 2021-2022: “Dove l’uomo è solo con Dio: la coscienza”. Uno spazio “santo” quello della coscienza morale, come ha spiegato Renata Simon, co-responsabile per l’aspetto della sapienza e dello studio del Movimento dei Focolari, durante il primo incontro di questo percorso, il 6 novembre 2021: “La coscienza non chiude l’uomo dentro un’impenetrabile solitudine, come in una cella isolata, ma lo apre alla chiamata di Dio”. Analizzare il tema nelle sue varie declinazioni e, nel contesto della spiritualità dell’unità, riflettere sulla capacità di agire secondo la responsabilità di ciascuno di entrare in dialogo con sé stessi e con questa voce, sono solo alcuni degli obiettivi che questo corso si propone di raggiungere. Una grande sfida soprattutto nel mondo di oggi, come ci spiegano Cahterine Belzung, neuroscienziata e professoressa del dipartimento “Imagerie et Cerveau” dell’Università  François Rabelais di Tours (Francia) e Emanuele Pili, professore aggiunto al Dipartimento di teologia, filosofia e scienze umane dell’Istituto Universitario Sophia. Entrambi saranno relatori durante il secondo incontro in programma il 18 dicembre 2021 sul tema: La coscienza in un mondo plurale, diverse prospettive. La lezione tratterà degli aspetti psicologici in relazione alla coscienza morale, introducendo in qualche modo la questione della libertà e dei suoi possibili condizionamenti, materia di riflessione durante il terzo incontro. Ciascuno di noi si ritrova a dover scegliere secondo dei valori, e questo lo ritroviamo in varie prospettive disciplinari – spiega Catherine Belzung. Quel che varia spesso sono i concetti e il linguaggio utilizzato. Nelle neuroscienze parliamo di ‘meccanismi per prendere una decisone’, in altri campi di ‘coscienza morale’. Si deve costruire un dialogo per capire se le varie parole utilizzate corrispondono ad un concetto comune”. Nell’agire siamo condizionati neurologicamente o siamo liberi? Siamo persone completamente libere.  – afferma Catherine Belzung- Alcune ricerche sono state interpretate male e identificano l’uomo come una marionetta nelle mani del proprio materiale genetico, del proprio cervello. In realtà noi non siamo determinati dalla nostra biologia”. Capire cosa ostacola l’ascoltarsi e l’ascoltare la voce di Dio in una realtà rumorosa come quella che abitiamo, sembra essere il vero quesito. “Il tempo nel quale viviamo – spiega Emanuele Pili – è così chiassoso e frenetico che, talvolta, si crea come una cappa soffocante intorno ai nostri desideri più intimi e autentici. La pervasività e l’onnipresenza della tecnologia mutano lo stesso processo attraverso cui si forma l’identità personale. Pertanto, la sfida dell’ascolto della nostra interiorità è effettiva e non semplice da affrontare”. Come uscire da questa impasse? Il punto, credo, stia nel trovare il modo di bucare la cappa che tende a ostacolare la possibilità di rientrare in noi stessi. – continua Emanuele Pili – Molto, penso, passa dalla riscoperta – aiutata anche dall’esperienza della pandemia – delle relazioni vere e semplici, vissute nella loro dimensione corporea ed emozionale, capaci di lasciar da parte superficialità e mediocrità. (…) riscoprire l’interiorità e il desiderio che la anima è il gioco serio, non serioso, della normalità della vita. Forse, oggi, bucare la cappa che non ci permette di accedere all’interiorità passa anche e soprattutto dal saper ascoltare questo grido, talora muto o soffocato, di cui ad esempio i più giovani sono, nel bene e nel male, la più viva ed efficace testimonianza”.

Maria Grazia Berretta

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Musica di fraternità sulla rotta balcanica

Musica di fraternità sulla rotta balcanica

Il viaggio della band internazionale Gen Rosso nella rotta balcanica dove migliaia di migranti vivono situazioni drammatiche cercando di raggiungere l’Europa in cerca di futuro migliore. Da questa esperienza nasce anche il loro prossimo concerto di Natale dal titolo “Refugee” che sarà trasmesso gratuitamente in streaming. “Siamo stanchi, molto stanchi di vivere in queste condizioni, ma oggi abbiamo ritrovato e sperimentato la gioia”. Queste le parole di Mariam, visibilmente emozionata, nel ringraziare il gruppo internazionale Gen Rosso al campo rifugiati in Bosnia, dopo una giornata trascorsa insieme. Mariam è iraniana e insieme ad altri migranti oggi vive in quel campo profughi perché è in cerca di un futuro migliore, dove non ci sono guerre, odio e persecuzioni. Migliaia di rifugiati come lei sono bloccati al freddo e al gelo, nella cosiddetta “rotta balcanica”, con la speranza di raggiungere l’Europa. Il Gen Rosso nel mese di ottobre 2021 è andato in Bosnia per portare sollievo e speranza a questi migranti anche attraverso l’arte, la musica, il ballo. Un campo profughi gestito dalla Jesuit Refugee Service (Jrs), il Servizio dei Gesuiti per i Rifugiati che fornisce alloggi e aiuti essenziali ai richiedenti asilo e ai migranti che tentano di superare il confine croato. “Non avevamo la minima idea di cosa e chi avremmo incontrato – spiegano dalla band -, ma avevamo il desiderio di fare sentire la fraternità a queste persone forzate ad un doloroso peregrinare di anni”. I migranti hanno bisogno non solo di cibo e vestiti ma anche di momenti di accoglienza e serenità. All’inizio “ci siamo ritrovati sotto lo sguardo interrogativo e un po’ diffidente di famiglie che si tenevano a distanza. Non era semplice iniziare con persone provenienti da diverse culture e tradizioni, abituate all’indifferenza, se non all’ostilità, di tanti” spiegano dalla band. A rompere il ghiaccio iniziale sono stati i bambini. Incoraggiati, si sono avvicinati per provare a suonare un tamburello brasiliano di Ygor del Gen Rosso. Piano piano tutti si sono fatti coraggio. “Chissà cosa hanno vissuto questi bambini e cosa portano nel cuore – racconta Michele, cantante solista della band -. Si è creata subito una bella atmosfera. Il fatto che i bambini fossero presenti, con la loro immediatezza e semplicità, ha aiutato molto”. Così sono cominciati i primi dialoghi. Come ti chiami? Da dove vieni? E la diffidenza ha iniziato a lasciare spazio alla fiducia. “Avevamo previsto di dividerci in gruppetti – raccontano i musicisti -, ma abbiamo capito che loro tutti desideravano rimanere insieme e dopo tanto tempo, fare festa, con canti e danze di singoli e di popolo, secondo le proprie tradizioni. Alcune mamme, per mostrarci una danza tipica, ci hanno lasciato i loro bimbi in braccio con la fiducia che si ripone in fratelli”. Un rifugiato con una gamba ferita “ha afferrato il mio tamburo – racconta Helânio – i suoi occhi brillavano, era quasi il suo unico modo di esprimersi. Ero felice di dargli questa opportunità”. “Una donna ha chiesto se poteva ballare. – racconta Raymund, ballerino -. Sentiva che qualcuno la stava apprezzando. Ho capito cosa significa andare loro incontro attraverso la musica, capace di ricostruire l’anima delle persone, ed era evidente nei loro occhi lucidi, che erano felici”. Un’esperienza indelebile che ha ispirato anche il prossimo Concerto di Natale che il Gen Rosso ha intitolato appunto “Refugee”. Si svolgerà il 18 dicembre 2021, alle ore 21:00 (UTC+1), presso l’auditorium di Loppiano – puoi acquistare i biglietti qui o presso l’auditorium – e sarà trasmesso gratuitamente in streaming sulla piattaforma web publica.la. Una serata dedicata in particolare a tutti coloro che in questo momento si trovano in situazioni di sofferenza e disagio, con il desiderio di portare sollievo, pace e speranza.

Lorenzo Russo

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Scuola Abbà: un fiore a quattro petali

Scuola Abbà: un fiore a quattro petali

Dopo l’Assemblea generale dei Focolari a inizio 2021, è ripartita la Scuola Abbà (Centro studi del Movimento dei Focolari) con una nuova configurazione. Per saperne di più abbiamo intervistato il suo Direttore, Mons. Piero Coda, già Preside dell’Istituto Universitario Sophia di Loppiano (Italia), recentemente nominato da papa Francesco Segretario Generale della Commissione Teologica Internazionale. Lei è stato nel primo gruppo convocato da Chiara Lubich per formare la Scuola Abbà: quali sono gli obiettivi di questo gruppo di studio? Com’è stata la sua esperienza intellettuale e spirituale a contatto con il pensiero e la vita della Lubich? Certamente per un dono singolare di Dio, mi son trovato a partecipare all’inizio di questa esperienza con Mons. Klaus Hemmerle già nel 1989, prima che nel ’90 prendesse avvio ufficialmente la Scuola Abbà. Lo scopo che Chiara Lubich ha confidato sin dall’inizio a questo originale Centro Studi è stato quello di studiare e sviscerare le implicazioni anche teologiche, culturali e sociali del carisma dell’unità. Ma prima di tutto di fare un’esperienza vissuta e condivisa del Vangelo di Gesù nella luce che scaturisce dal carisma. Tanto che una delle ultime consegne che nel 2004 Chiara ha fatto alla Scuola Abbà è stata questa: «Siate un cenacolo di santità!». Ecco il dono e il compito della Scuola Abbà: imparare ad abitare con la vita, e così anche col pensiero, quel luogo in cui c’introduce la presenza di Gesù risorto vivo in mezzo ai suoi, quel luogo che è la vita di Dio, il seno del Padre. Tale vita – c’insegna Chiara in accordo col Vangelo e la fede della Chiesa – è la vita stessa della Santissima Trinità, non solo nei Cieli, ma in mezzo a noi: “come in Cielo così in terra”. Per me è stata ed è un’esperienza unica. La potrei descrivere con le parole della prima lettera di Giovanni: «i miei occhi hanno visto, le mie mani hanno toccato, le mie orecchie hanno udito … il Verbo della vita»: i sensi dell’anima si sono accesi e hanno sperimentato la luce di Gesù abbandonato e risorto con cui guardare in modo nuovo la realtà. Così, più di prima, la teologia è diventata per me un fatto vitale e affascinante e al tempo stesso, essendo presenti nella Scuola Abbà esperti di tutte le discipline tesi a vivere l’unità anche nella comunione del pensiero, si è dischiuso l’orizzonte della inter- e trans-disciplinarità, e cioè della scoperta della radice e della meta comune di tutte le forme di sapere chiamate perciò in concreto a dialogare tra loro. La teologia che esercito si è straordinariamente arricchita in questo dialogo condotto non solo a livello interpersonale, ma anche a livello di rapporto tra le discipline. Di recente la Scuola Abbà ha vissuto un ulteriore sviluppo e lei è diventato il direttore a marzo 2021. Ci può dire in cosa consiste questo sviluppo? La Scuola Abbà ha ormai più di trent’anni di vita e lungo questo tempo s’è sviluppata e arricchita molto. Quasi 50 le persone che, in periodi diversi, son entrate a farvi parte, fino al 2004 con la presenza costante e decisiva di Chiara. Poi sono nati attorno ai suoi membri gruppi attinenti le varie discipline: psicologia, sociologia, politica, economia, scienze naturali, arte, dialogo… attualmente più di 300 persone in tutto il mondo. In concomitanza con l’Assemblea generale dell’Opera di Maria e come frutto di tutto un cammino di discernimento comunitario, s’è costatato che il “fiore” della Scuola Abbà in questi anni è fiorito in “quattro petali”: e si è perciò cercato di dare loro una configurazione unitaria e insieme distinta, che riconosca e promuova questo sviluppo a servizio della missione dell’Opera di Maria. Un “petalo” è quello formato da chi (una quindicina di persone) è chiamato a continuare nello studio specifico del significato carismatico e culturale dell’evento del ’49 quale espressione peculiare del carisma dell’unità nell’esperienza vissuta da Chiara, Foco (Igino Giordani), le prime compagne, i primi compagni e poi via via da tutti coloro che partecipano del carisma un evento di grazia di cui custodiamo una preziosa testimonianza scritta da Chiara stessa. Un secondo “petalo” è quello impegnato nella trasmissione di questo patrimonio di luce e dottrina alle nuove generazioni: un gruppo di 27 giovani studiosi, con competenze disciplinari diverse, provenienti da tutto il mondo. Un terzo “petalo” raccoglie coloro che sinora hanno fatto parte della Scuola Abbà, e tuttora continuano a farvi parte (un bel gruppo di 29 persone), nella prospettiva di realizzare dei progetti di ricerca ispirati dal carisma e a servizio dell’Opera, basandosi sulle rispettive competenze ed esperienze. Infine, il quarto “petalo” è quello dei gruppi disciplinari con estensione internazionale. Che progetti avete in mente per il futuro? I progetti li stiamo mettendo sul tavolo per discernere insieme quali intraprendere e come farlo. Si profilano già alcune cose interessanti. La prima è quella di dar forma a un “lessico” della vita di unità: una specie di vademecum, in cui le idee-forza sprigionate dal carisma dell’unità vengano presentate in maniera universale e arricchite alla luce di tutto il cammino che sin qui si è compiuto. Una seconda cosa è di offrire un contributo, partendo dalla specificità del carisma, al cammino sinodale della Chiesa che papa Francesco ha lanciato proprio ora. Crediamo infatti che qui vi sia qualcosa di importante: perché Chiara, nel ’49, dice che l’«Anima», – questo soggetto nuovo, personale e comunitario insieme, che nasce dal patto di unità – è «in veste di Chiesa» che viene accolta nel grembo della Trinità ed è un «drappello» che cammina. E sinodo, appunto, è il nome della Chiesa che cammina fianco a fianco di tutti, a cominciare dai più poveri e scartati e da tutti coloro in cui riconosciamo il volto e il grido di Gesù Abbandonato. C’è poi il grande tema antropologico che interpella il nostro tempo: in particolare, la relazione tra le persone e in specie quella tra il maschile e il femminile e tra le diverse culture. E infine il rapporto tra le religioni: un segno dei tempi e uno specifico scopo del carisma dell’unità. Un membro dei Focolari si potrebbe domandare, come posso partecipare io della Scuola Abbà? Tutta l’Opera di Maria è Scuola Abbà! Come diceva Chiara, il Movimento è nato come una scuola. Nella Scuola Abbà, e così nell’Opera, si tratta infatti di mettersi alla scuola decisiva che Dio ha fatto a Chiara, Foco, le prime focolarine, i primi focolarini, in particolare nel ’49. L’impegno, dunque, è che la Scuola Abbà non sia una casa con le porte chiuse: ma sia tutta finestre e tutta porte, in modo che tutti vi possano partecipare dal vivo. Vedo, per esempio, la piccola esperienza che stiamo facendo a Loppiano nell’offrire alcuni approfondimenti per partecipare a tutti questa luce. È un fatto estremamente positivo: anche perché questa luce, quando raggiunge le persone nelle diverse situazioni, nelle diverse competenze, nelle diverse sensibilità, suscita gioia e creatività. La Scuola Abbà non è una realtà a una sola direzione: nel senso che parte solo dalla luce che viene offerta. No! La luce parte e ritorna arricchita dall’esperienza, dalle questioni, dalle soluzioni che la vita del popolo di Chiara guadagna e offre. Una circolarità virtuosa, dunque, che dev’essere sempre di più e sempre meglio attivata e promossa.

Carlos Mana

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