Apr 27, 2001 | Chiesa, Cultura, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo
In oltre 4000 di 20 Movimenti ecclesiali e nuove comunità hanno partecipato al II Incontro nazionale della Repubblica Ceca “Nuova Evangelizzazione per il nuovo millennio”. Tra i Movimenti: il Cammino Neocatecumenale, di radice spagnola, la Comunità di Sant’Egidio, i Focolari, e Mondo Migliore dall’Italia, Chemin Neuf e Emmanuel di origine francese, Regnum Christi, nato nel Messico, Mother’s prayer, nato in Inghilterra, Schoenstatt, di origine tedesca. “Ci siamo ricordati i tempi del comunismo in cui non potevamo nemmeno immaginare un mondo unito. Qui abbiamo visto l’umanità nuova” “Non eravamo più membri di diversi movimenti e comunità ecclesiali, ma una sola famiglia”. “Un’esperienza di Chiesa meravigliosa, che mi ha commossa”. “Incontro dopo incontro tra i movimenti mi accorgo che in noi tutti cresce il fervore per annunciare Cristo nella nostra società secolarizzata”. “La testimonianza di oggi è per me un segno di speranza per il futuro”. “Oggi ho scoperto quale grande dono sono gli altri carismi: fanno capire di più Dio, rivelano un’altra bellezza, un’altra luce”. “La società civile è ora innanzi a noi e con la nostra unità dobbiamo trasformarla”. Queste alcune impressioni a caldo, raccolte tra giovani, famiglie, persone di ogni età e categoria radunate dalle varie città della Repubblica Ceca nel Palazzetto dello Sport Paegas Arena che ben esprimono il clima che si è respirato durante questo incontro: gioiosa speranza e nuova forza per essere in prima linea a portare nel mondo l’annuncio del Vangelo. Un traguardo notevole, in questa terra, dove diffuso è il disorientamento per l’ondata del nuovo materialismo della cultura consumista occidentale e più di metà della popolazione si dichiara atea. I testimoni dei vari movimenti ecclesiali e nuove comunità – ospite attesa tra loro, per la sua prima visita in Cechia, Chiara Lubich, che ha approfondito con grande intensità spirituale il tema principale – hanno mostrato la forza dell’amore, che nell’incontro con Dio provoca profondi cambiamenti di vita, risposta all’urgenza espressa ripetutamente dal Papa, di riportare nel mondo scristianizzato l’annuncio vitale del Vangelo. Una giornata densa di testimonianze, momenti artistici, preghiera. Questo incontro non è un episodio isolato: è diventata stile di vita quella “testimonianza comune” auspicata dal Papa “per portare nel cuore della Chiesa la ricchezza dei loro carismi”. Oltre 150 nel mondo gli incontri tra movimenti ecclesiali e nuove comunità. Un cammino – tratteggiato a Praga dal vescovo Radkosvki, delegato della commissione Laici della Conferenza episcopale ceca – iniziato da quella “geniale intuizione del Papa di mostrare il volto carismatico della Chiesa”, “questa primavera che sta per risvegliarsi” col primo incontro storico dei Movimenti e nuove comunità che in centinaia di migliaia gremivano piazza San Pietro, alla vigilia di Pentecoste ‘98. “L’effusione dello Spirito Santo sperimentata quel giorno non si è più interrotta”. (altro…)
Apr 8, 2001 | Cultura
Ci troviamo qui per approfondire quell’ancor piccola, ma importante, realtà economica nata nel 1991 nel Movimento dei Focolari e che si è sviluppata finora quasi unicamente in esso, sotto il nome di “Economia di Comunione”. In questo convegno essa verrà studiata, approfondita, sviscerata secondo le varie competenze che loro, Signori imprenditori, professori di economia, studiosi, penseranno meglio. Per parte mia vorrei offrire qualche pensiero su quel tipico aspetto spirituale che le sta alla base, sin dal suo esordio a San Paolo in Brasile, e che l’ha animata, la anima, la sostiene e la dovrà sempre sostenere a garanzia della sua autenticità. Mi spinge a ciò un motivo non certo trascurabile: l’Economia di Comunione non è un’attività unicamente umana, frutto semplicemente di idee e di progetti di uomini seppur dotati. Essa è un’espressione del Movimento dei Focolari che è Opera di Dio. Opera di Dio, anche se Egli, Altissimo, ama usare quali suoi strumenti, per i suoi fini, uomini e donne di questo mondo. Ne consegue che, se l’Economia di Comunione è parte di un’Opera di Dio, è Opera di Dio essa stessa, almeno nel suo spirito e negli aspetti essenziali. E, se le cose stanno così, sarà ovvio e saggio conoscere e approfondire come è stata prevista dal Cielo e ispirata, e come qui in terra è stata da noi concepita e plasmata. In pratica, come è stata condotta da quel carisma d’unità, dono di Dio, che ha suscitato, sviluppato e continua a far progredire il nostro Movimento nella sua globalità. Ma quali e quanti i suggerimenti, le intuizioni, le ispirazioni anche, che hanno guidato fin qui l’Economia di Comunione? Mi sembra che ve ne siano di assai pregevoli e che non siano pochi. Permettano, Signori, che ora ne prenda in considerazione quattro, venuti in evidenza durante i dieci anni di vita dell’Economia di Comunione. Si tratta qui di riconsiderarli bene, insieme, per interpretarli esattamente ed attuarli con grande fedeltà. Essi riguardano: la finalità dell’Economia di Comunione e cioè lo scopo per cui è sorta; la “cultura del dare”, che le è tipica; gli “uomini nuovi”, che non possono mancare nel gestirla; le “scuole di formazione” per tali uomini e donne, assolutamente necessarie, che dobbiamo prevedere. Lo scopo per cui è sorta La finalità dell’Economia di Comunione è nascosta nel suo stesso nome: un’economia che ha a che fare con la comunione fra gli uomini e con le cose. Essendo, infatti, l’Economia di Comunione un frutto del nostro Ideale, questa sua finalità non può essere che una parziale espressione della finalità stessa del nostro Movimento e cioè: lavorare per l’unità e la fraternità di tutti gli uomini richiesta dalle parole-preghiera di Gesù al Padre: “Che tutti siano uno”, diventando così un cuor solo ed un’anima sola per la carità scambievole. Unità che si può realizzare con la nostra tipica “spiritualità dell’unità”. Ora per quanto riguarda le indicazioni, che possiamo aver avuto dall’Alto, vediamo che la finalità dell’Economia di Comunione è presente sin dal 1991, anno della sua nascita, in uno scritto dove si legge: “A gloria di Dio è nata perché torni a rivivere lo spirito e la prassi dei primi cristiani: ‘Erano un cuore solo e un’anima sola e fra loro non v’era indigente’.” (Cf At 4,32-34) E nel ’94 si ricalca: “Se noi attuiamo l’Economia di Comunione, col tempo, potremo vedere realizzata nella nostra Opera una meravigliosa pagina della Chiesa nascente: ‘La moltitudine (…) aveva un cuore solo ed un’anima sola (…), ogni cosa era fra loro in comune. (…) Nessuno fra loro era bisognoso’.” (At 4,32-34) Anzi è un anno questo, il 1994, in cui, affinché si abbia sempre di fronte l’importanza dell’Economia di Comunione e la sua finalità, si rievocano i primi suoi passi perché non perda di smalto. Riportiamo quelle parole perché ci siano di aiuto pure oggi: “Si misero a disposizione terreni e case; ci si spogliò di ciò che si aveva di più caro: i gioielli di famiglia, ad esempio; si pensò ai molti sistemi per orientare aziende ai fini dell’Economia di Comunione. Fu uno spettacolo d’amore non solo in Italia, ma nel mondo”. E un anno dopo, sempre per meglio attuare la finalità dell’Economia di Comunione e incoraggiare ad attuarla, si vuole far conoscere questi nostri fratelli e sorelle che ne beneficiarono: “Ma chi sono questi nostri fratelli? Li conosco e li ho visti alcuni in foto: sorridenti, dignitosi, fieri di esser figli di Dio e di quest’Opera. Non mancano di tutto, ma di qualcosa. Hanno bisogno, ad esempio, di togliersi dall’animo l’assillo che li opprime notte e giorno. Hanno necessità d’essere certi che loro e i loro figli avranno da mangiare; che la loro casetta, a volte una baracca, un giorno cambierà volto; che i bambini potranno continuare a studiare; che quella malattia, la cui cura costosa si rimanda sempre, potrà finalmente essere guarita; che si potrà trovare un posto di lavoro per il padre. Sì, sono questi i nostri fratelli nel bisogno, che non di rado aiutano anche loro, in qualche modo, gli altri. Sono un tipo di Gesù ben preciso, che merita il nostro amore e che ci ripeterà un giorno: ‘Avevo fame, ero ignudo, ero senza casa o con la casa rovinata… e voi…’. Sappiamo cosa ci dirà”. Conosciamo quindi la finalità dell’Economia di Comunione. Ma come raggiungerla? La cultura del dare che le è tipica Nei nostri ambienti, nei nostri Convegni ne parliamo spesso e ci appaiono assai belle queste parole. Non sono forse l’antidoto a quella cultura dell’avere che oggi domina e proprio nell’economia? Certamente sì. Ma, a volte, si può aver posto troppa fiducia nell’espressione: “cultura del dare”, dandole un’interpretazione un po’ semplicistica e riduttiva. Non sempre, infatti, con essa si vuol dire spogliarci di qualcosa per donarla. Queste parole in realtà significano quella tipica cultura che il nostro Movimento porta in sé ed irradia nel mondo: la cultura dell’amore. “Cultura dell’amore”, di quell’amore evangelico assai profondo e impegnativo, che è parola sintesi di tutta la Legge e i Profeti, quindi di tutta la Scrittura, per cui chi vuol possederlo non può esimersi dal vivere il Vangelo intero. Ma come lo potrebbe fare? Lo dirò fra poco. Intanto notiamo che anche della “cultura del dare” si è scritto già nel 1991: “A differenza dell’economia consumista, basata su una cultura dell’avere, l’Economia di Comunione è l’economia del dare. Ciò può sembrare difficile, arduo, eroico. Ma non è così perché l’uomo fatto ad immagine di Dio che è Amore, trova la propria realizzazione proprio nell’amare, nel dare. Questa esigenza è nel più profondo del suo essere, credente o non credente che egli sia”. E si conclude: “E proprio in questa costatazione, suffragata dalla nostra esperienza, sta la speranza di una diffusione universale, domani, dell’Economia di Comunione”. Si prevede, dunque, che l’Economia di Comunione possa un giorno superare i confini del nostro Movimento. Riguardo poi sempre al dare, ma anche alle sue meravigliose conseguenze, troviamo scritto l’anno dopo, nel 1992: “Dare, dare, attuare il ‘dare’. Far sorgere, incrementare la cultura del dare. Dare quello che abbiamo in soprappiù o anche il necessario, se così ci suggerisce il cuore. Dare a chi non ha, sapendo che questo modo di impiegare le nostre cose rende un interesse smisurato, perché il nostro dare apre le mani di Dio ed Egli, nella sua Provvidenza, ci riempie sovrabbondantissimamente per poter dare ancora e molto e ricevere ancora e così poter venire incontro alle smisurate necessità di molti”. La causa dell’Economia di Comunione però non domanda solo l’amore ai bisognosi, ma verso chiunque perché così la spiritualità dell’unità esige. E perciò vuole che si amino tutti i soggetti dell’azienda. Si scrive, ad esempio: “Diamo sempre; diamo un sorriso, una comprensione, un perdono, un ascolto; diamo la nostra intelligenza, la nostra volontà, la nostra disponibilità; diamo le nostre esperienze, le capacità. Dare: sia questa la parola che non può darci tregua”. Nel ’95 si precisa il più profondo significato del dare:”Ma cos’è questa cultura del dare? E’ la cultura del Vangelo, è il Vangelo, perché noi il ‘dare’ l’abbiamo capito dal Vangelo. ‘Date – c’è scritto nel Vangelo – e vi sarà dato; una buona misura, pigiata, scossa e traboccante vi sarà versata nel grembo’ (Lc 6,38). Ed è quello che sperimentiamo quotidianamente. Se tutti vivessero il Vangelo, i grandi problemi nel mondo non esisterebbero, perché il Padre del Cielo interverrebbe a realizzare la promessa di Gesù: ‘… vi sarà dato’.” Durante questi anni, poi, non ci sono mancati forti impulsi sul significato più semplice del dare, sul dare concretamente, specie da certi santi. “All’affamato – dice san Basilio – appartiene il pane che metti in serbo; all’uomo nudo il mantello che conservi nei tuoi bauli; agli indigenti il denaro che tieni nascosto. Commetti tante ingiustizie quante sono le persone a cui potresti dare tutto ciò”. E san Tommaso d’Aquino: “Quando i ricchi consumano per i loro fini personali il sovrappiù necessario alla sussistenza dei poveri, essi li derubano.” Ma, trovandoci oggi tra persone con responsabilità d’azienda, ricorderei un altro scritto: “Non basta un po’ di carità, qualche opera di misericordia, qualche piccolo superfluo di singole persone (per raggiungere il nostro scopo): occorre che aziende intere e imprese mettano in comune liberamente il loro utile”. Nello scandire gli anni del decennio 1991-2001 è infine presente l’esigenza per l’Economia di Comunione di avere e formare “uomini nuovi”. Ma chi sono questi “uomini nuovi”? Sono, anzitutto, laici. Quei laici che oggi stanno vivendo un momento privilegiato. Conosciamo, penso, quelle sapienti parole dell’Antico Testamento che dicono: “Per ogni cosa c’è il suo momento, il suo tempo per ogni faccenda sotto il cielo. C’è un tempo per nascere e un tempo per morire (…). Un tempo per tacere e un tempo per parlare. (…) Egli (Dio) ha fatto bella ogni cosa a suo tempo.” (Qo 3,1-11) Ebbene: che tempo è quello che noi viviamo? Che tempo è per la Chiesa? Ce lo dice Giovanni Paolo II: “Nella Chiesa è scoccata oggi l’ora del laicato”. E, se così è, questo è il tempo nostro, vostro, dei laici. Ora, poiché il Signore conduce la grande storia del mondo e del cosmo e contemporaneamente la piccola storia nostra, di noi, sue creature, dobbiamo chiederci: come Egli vuole noi, laici, in questo momento? La risposta l’ha già data lo Spirito Santo in due modi: attraverso il Concilio Vaticano II e il sorgere dei nuovi Movimenti nella Chiesa. Il messaggio del Concilio è questo: i laici devono santificarsi là dove sono, nel mondo. Quindi come operai, impiegati, maestri, politici, economisti, tranvieri, casalinghe e così via. E lì dove sono, devono cristianizzare (rinnovare col Vangelo) i vari ambiti del vivere umano: con la testimonianza e con la parola, perché lo Spirito Santo ha donato ai laici doni speciali proprio per questo. Lo possono fare proprio loro e specialmente loro. Col Vangelo, vivendo integralmente il Vangelo. Infatti, i Movimenti hanno questo di caratteristico: i loro membri sono chiamati alla radicalità della vita evangelica, a vivere il Vangelo con autenticità: una grande vocazione che eleva la loro dignità. Nel ’98, in qualche nostro scritto, si precisa che sono laici sì, ma laici speciali, chiamati a questo, forse, per la prima volta sul nostro pianeta. I concetti sono questi: “Quando consideriamo l’Economia di Comunione dobbiamo pensare ad uno dei fattori che la rendono così bella, viva, di esempio nel mondo: essa è suscitata e portata avanti da laici. Mi ricordo che un tempo si diceva che il laico è colui che deve soltanto imparare. Igino Giordani, perché laico, si sentiva, con ciò, un proletario nella Chiesa. Ora, dopo il Concilio Vaticano II, e ad opera dei nuovi Movimenti, come il nostro che ha avuto origine da laici, vediamo come il laico sia protagonista. Perché? Perché si sta scoprendo, con grande gratitudine a Dio, con meraviglia e non senza sorpresa, che specie certi laici di oggi hanno qualcosa di particolare. Essi non si accontentano di realizzarsi con un lavoro, con una carriera, o con la semplice vita di famiglia. Non basta più; non sono sazi, non si sentono se stessi, se non si dedicano anche esplicitamente all’umanità. Per cui quel decidere di impegnarsi nell’Economia di Comunione, anziché esser loro di peso, è di gioia, per aver trovato il modo di realizzarsi pienamente. Ed è un fatto che commuove: potrebbero mettersi in tasca quegli utili guadagnati, comprare la pelliccia alla signora, nuovi doni ai bambini, la macchina al figlio… Ma non lo fanno, vivono per un grande Ideale e sono coerenti. E si santificano non nonostante la politica, l’economia ecc., ma proprio nella vita politica, in quella economica ecc. Dio li benedica e dia loro il centuplo già in questa vita e poi la vita piena”. E come sono ancora questi “uomini nuovi”? Sono anzitutto persone di grande fede perché di profonda vita interiore. Lo si dice sempre nel ’98. “Se noi nel fare l’Economia di Comunione viviamo il Vangelo, cerchiamo il suo regno, perché ci mettiamo in contatto con i nostri operai, ma da Gesù a Gesù; con i clienti, ma da Gesù a Gesù; con i concorrenti, ma da Gesù a Gesù; se noi facciamo così l’Eterno Padre pensa a noi. E vediamo verificarsi nel mondo dell’Economia di Comunione piccoli o meno piccoli miracoli di grazia. Imprese di tre operai, ora con più di duecento … Industrie che stanno per chiudere ma, perché sperano ancora, dicono: ‘Tiriamo avanti fino a domani.’ E intanto arrivano tutti i mezzi necessari per superare la crisi. C’è un Altro, insomma, c’è un’altra cassa che non è quella che abbiamo nel nostro ufficio: è una cassa Celeste che si apre al momento opportuno”. Nel 1998 si aprono pure orizzonti nuovi. L’Economia di Comunione richiede nuovi impegni, e si vede come essa nobiliti coloro che vi lavorano e dia loro dignità. “Occorre che l’Economia di Comunione non si limiti ad esemplificazioni nel realizzare imprese nuove ispirate ad essa, con qualche commento di chi è più o meno esperto, ma occorre che diventi una scienza con la partecipazione di economisti preparati che sappiano delinearne teoria e pratica, confrontandola con altre correnti economiche, suscitando non solo tesi di laurea, ma scuole da cui molti possano attingere. Una scienza vera che dia dignità a chi deve dimostrarla con i fatti e significhi una vera ‘vocazione’ per chi vi si impegna in qualsiasi modo.” Scuole di formazione per imprenditori, economisti, e i vari componenti dell’azienda Per attuare un’Economia di Comunione occorrono, dunque, una finalità chiara, la “cultura del dare” e “uomini nuovi”. Ma gli uomini nuovi sono coloro che vivono in modo attualissimo il Vangelo, attuano l’amore reciproco, fanno propria, in pratica, la spiritualità dell’unità che porta Gesù in mezzo a noi. E qui non possiamo non esultare perché proprio la spiritualità dell’unità o di comunione è diventata nelle ultime settimane – come è stato autorevolmente detto: “La base su cui opera la Chiesa in questo momento”. Il Santo Padre ha scritto nella Novo millennio ineunte, al paragrafo 43: “Prima di programmare iniziative concrete occorre promuovere una spiritualità della comunione (…). Spiritualità della comunione significa (…) capacità di sentire il fratello (…) come ‘uno che mi appartiene’, per saper condividere le sue gioie e le sue sofferenze, per intuire (…) e prendersi cura dei suoi bisogni (…). Spiritualità della comunione è pure capacità di vedere innanzitutto ciò che di positivo c’è nell’altro, per accoglierlo (…) come dono di Dio: un “dono per me” (…). Spiritualità della comunione è infine saper ‘fare spazio’ al fratello, portando ‘i pesi gli uni degli altri’ (Gal 6,2)”. L’Economia di Comunione è stata possibile perché è nata in un contesto di cultura particolare, la cultura dell’amore che domanda comunione, unità e aiuta a pensare ad un mondo nuovo, a creare un popolo nuovo, con una cultura nuova, che ha in sé quei valori cui noi teniamo di più. E’ per questo che occorre una formazione adeguata a questa cultura, e urge far nascere delle scuole per imprenditori, economisti, professori e studenti d’economia, per ogni componente dell’azienda. La scuola per i politici che vogliono aderire al “Movimento dell’unità”, stimata e già funzionante una volta al mese vicino al Parlamento, può suggerirne lo schema. Si tratta di seguire un iter spirituale, un cammino, facendo proprie le sue varie tappe; iter proposto da un membro esperto del Movimento dei Focolari, da vivere poi nel quotidiano. Si tratta, inoltre, di vederne le implicazioni nel mondo economico e di offrire a conferma valide esperienze. Il tutto, che dovrebbe durare circa due ore, si conclude con commenti e proposte dei presenti. Una cosa “semplice e fattibile”, così diceva un parlamentare presente, così – lo speriamo – diranno gli imprenditori. Quest’anno va dedicato, in modo tutto particolare, proprio alle prime realizzazioni di scuole per l’Economia di Comunione. Il nostro carisma lo vuole. La realtà dell’Economia di Comunione nel mondo lo esige. (altro…)
Apr 8, 2001 | Cultura
D – Quali le novità che sono emerse a conclusione di questa prima scuola degli imprenditori che aderiscono al progetto dell’Economia di Comunione a dieci anni di vita di questo progetto? Dopo 10 anni di vita del progetto di Economia di Comunione si sentiva un po’ dappertutto il bisogno di raccogliersi, di fare il punto della situazione e di vedere quali nuovi traguardi si aprivano davanti a noi. E questo ci è stato indicato da Chiara Lubich nel suo tema programmatico, dove lei ha voluto risottolineare e rilanciare quelle che erano proprio le ispirazioni originali del progetto. Il tema si è svolto in quattro punti fondamentali: Le finalità del progetto, cioè l’aiuto ai bisognosi attraverso la condivisione degli utili delle imprese; La cultura del dare come un humus culturale che sta alla base delle attività delle imprese; Gli “uomini nuovi”, ossia laici impegnati a consacrare le realtà umane; La creazione, a partire da questo… di scuole di formazione per gli imprenditori. Lanciando questi quattro punti, Chiara Lubich ha indicato delle strade da percorrere, raccolte dagli imprenditori presenti con grande serietà ed impegno. Nel programma che abbiamo svolto in tre giorni, anzitutto nel primo ci siamo concentrati sulla vita e sulla realtà delle imprese, nel secondo giorno ci siamo più raccolti intorno alle idee, alle teorie economiche che potrebbero stare a base e che potrebbe illuminare la vita, l’azione delle imprese. In tutto questo lavoro c’è stato un grande contributo anche di esperti che si sono raccolti intorno agli imprenditori per lanciare questa idea. C’è stato anche un gran lavoro di confronto e di raccordo tra gli imprenditori di imprese dello stesso settore, e nell’ambito dei gruppi linguistici, per cui c’è stato un grande dialogo fra tutti, in modo che la conoscenza si approfondisse e che tutte le idee che potevano sorgere fossero raccolte. Un altro punto importante è stato il lancio dell’idea di Chiara di creare intorno alle cittadelle del Movimento dei poli industriali. D – Da questa scuola è emersa anche qualche nuova iniziativa? Ecco, l’iniziativa nuova è stata appunto la richiesta di Chiara di creare un Polo industriale nelle cittadelle del Movimento. Già 10 anni fa, era nato il polo industriale accanto alla cittadella Araceli, vicino a S. Paolo in Brasile, un polo che in questi 10 anni si è sviluppato e che conta oggi 6 aziende ed è un faro di credibilità per l’Economia di Comunione. Chiara quest’anno ha lanciato l’idea che questa realizzazione avvenga anche in Italia, nella cittadella del Movimento qui a Loppiano, vicino Firenze. Come per il Brasile, Chiara diceva: “Siamo poveri, ma tanti”, e quindi si tratta di fare una raccolta di fondi da parte di tutti, cioè che vengano non solo dagli imprenditori, ma da tutti quelli che amano l’Economia di Comunione, del Movimento e fuori del Movimento. D – Una forma di azionariato popolare? Sì, una forma di azionariato popolare che si è incominciato a fare ancora durante l’incontro e che ha già raccolto una somma considerevole per iniziare questa attività. D – E quale è il significato di queste cittadelle con un Polo industriale? Una cittadella del Movimento ha come identità gridare con la sua vita il Vangelo. E’ una testimonianza di vita evangelica in un contesto normale, ma con rapporti di carità, di unità, di solidarietà fra popoli, etnie diverse. Ora il polo industriale conferisce alla cittadella un’altra dimensione: dare testimonianza che la vita evangelica è capace di penetrare tutti gli aspetti della vita umana, sia quelli spirituali, sia quelli più temporali. D – Dal dibattito emerso in questi giorni, qual’ è l’ apporto dell’Economia di Comunione all’attuale crisi dell’Economia mondiale che crea un sempre maggiore divario tra ricchi e poveri? In questo senso il professor Stefano Zamagni ha dato un suo contributo specifico nella tavola rotonda fatta da 4 esperti di varie nazionalità. Lui ha detto che uno dei contributi essenziale dell’Economia di Comunione era proprio quello di immettere in questo clima di competizione, che ormai non è solo tipico della vita economica ma che sta invadendo tutte le dimensioni della vita – da quello familiare a quello politico ecc., con delle ripercussioni gravi per la vita umana – un nuovo paradigma, non della competizione, ma un paradigma dell’amore, dell’unità. Lui considerava questo come uno dei più grandi contributi che l’Economia di Comunione può dare. Un ‘altro esperto, la prof. Emanuela Silva del Portogallo, ha affermato che l’EdC porta come contributo teorico il senso della solidarietà e della condivisione in un mondo come quello economico in cui impera l’individualismo, in cui la razionalità scientifica e l’affermazione del proprio io sono paradigmi fondamentali. Con l’Economia di Comunione si immettono in questo tessuto il senso della solidarietà e il senso della condivisione. D – Nell’attuale ricerca anche a livello teorico nel campo dell’economia i valori testimoniati dalle aziende dell’EdC si può dire che costituiscono una risposta ad una ricerca in atto, oppure si pongono in netto contrasto con quanto sta maturando a livello di elaborazione teorica nel mondo economico? Va in contrasto con quelle che sono le idee dominanti della globalizzazione. Esiste nel mondo dell’Economia oggi tutto un settore che possiamo chiamare economia alternativa o il terzo settore o economia solidale, o economia civile . C’è tutta una serie di proposte che sono in contrasto con questo tipo di economia razionalista ed individualista, neo liberale, l’economia di mercato. L’EdC si inserisce accanto a queste forme di economia alternativa dando però un suo specifico contributo. D – Quale? Appunto questo di immettere nell’Economia profit i grandi valori della solidarietà e della condivisione che normalmente vengono richiesti solo dall’economia non profit, cioè quella che non ricerca il lucro. Invece l’Economia di Comunione si attua dentro l’Economia di mercato, cioè quella profit, che ricerca gli utili, però proponendo appunto di condividere gli utili con i meno abbienti della società. (altro…)
Apr 8, 2001 | Cultura
“L’economia di comunione è nata perché torni a rivivere lo spirito e la prassi dei primi cristiani: ‘Erano un cuore solo e un’anima sola e fra loro non v’era indigente’. Non basta oggi un po’ di carità. Occorre che aziende intere mettano in comune liberamente il loro utile. Impiegare così i nostri capitali rende un interesse smisurato perché il nostro dare apre le mani di Dio”. (Chiara Lubich) Il rilancio all’Economia di Comunione a 10 anni dalla nascita è stato impresso da Chiara Lubich che in apertura della Scuola ha approfondito le radici spirituali che stanno alla base dell’Economia di Comunione, sin dal suo esordio a San Paolo in Brasile, e che ” sempre la dovranno sostenere a garanzia della sua autenticità”. Un progetto certo ardito quello dell’Economia di Comunione. Gestire le aziende destinando gli utili per chi è nel bisogno, e non per arricchirsi. E ancora per la formazione di uomini nuovi, pur investendo una parte per l’incremento dell’azienda. Ma come è possibile sopravvivere alla leggi ferree del mercato? Senza mezzi termini sin dalle prima battute, Chiara Lubich afferma che non si tratta di un’attività frutto solo di idee e progetti di uomini, seppur dotati. Nasce infatti in uno dei Movimenti suscitati oggi dallo Spirito, e quindi opera di Dio. Tutto avviene 10 anni fa durante un viaggio di Chiara in Brasile di fronte al dramma della miseria delle favelas che circondano le grandi metropoli. Chiara ha richiamato con forza proprio la finalità per cui è sorto questo progetto: veder realizzata quella pagina della Chiesa nascente: “erano un cuore solo ed una anima solo, ogni cosa era fra loro in comune. Nessuno era nel bisogno”. E forte è risuonato il richiamo ad avere costantemente davanti agli occhi i “fratelli gravati dall’assillo della sopravvivenza che li opprime notte e giorno”. “Non basta oggi un po’ di carità, – ha ancora detto – occorre che aziende intere e imprese mettano in comune liberamente il loro utile. Con altrettanta forza ha parlato di quella “cultura del dare” che ha radice proprio in quella promessa: “date e vi sarà dato con una misura scossa e traboccante”. Promessa che si verifica anche nella gestione delle aziende. “Impiegare così i nostri capitali – ha detto – rende un interesse smisurato, perché il nostro dare apre le mani di Dio”. Certo occorre formare “uomini nuovi”, i laici di questo nuovo millennio che si fanno santi non “nonostante” l’economia o la politica, ma proprio nell’agire economico e politico. Da qui il lancio, da questa prima scuola di formazione, al moltiplicarsi di queste scuole nel mondo. L’ Economia di Comunione ispira attualmente oltre 750 aziende nei 5 continenti. Sta suscitando un sempre crescente interesse da parte di economisti e sociologi, atenei e istituzioni internazionali. Innumerevoli i convegni svolti a vari livelli, oltre 100 le tesi di laurea. Storia e sviluppi di questi 10 anni sono stati tracciati dalla sociologa brasiliana Vera Araujo e dall’imprenditore Alberto Ferrucci. Vari gli aspetti toccati: dalla destinazione degli utili a oltre 10.000 famiglie nel bisogno, alle linee di conduzione dell’impresa emerse dall’esperienza delle aziende. Hanno poi preso la parola molti imprenditori. Tra le imprese presentate: la “Solidar Capital” (Germania) e le aziende collegate in Libano e Israele, la Unilab-informatica (Italia). Il Polo industriale Spartaco che sorge nella cittadella brasiliana Araceli nei pressi di s. Paolo, e che costituisce la realizzazione-pilota, è stato presentato anche con una videoregistrazione. E ancora aziende di Goa (India), Sestri Levante e Latina, Camerun, il Progetto “Asia Management Training Center” (Filippine) e collaborazione con imprenditori italiani per la importazione del progetto in Europa . La scuola è intervallata da incontri per settori di attività: informatica, produzione industriale, commercio, studi professionali, servizi di consulenza, promozione turistica, servizi alla persona. Sono stati importanti momenti di dialogo e confronto tra le imprese di tutto il mondo, avvenuti per la prima volta dalla nascita dell’Economia di Comunione. “Sfide e prospettive dell’Economia di Comunione oggi” è stata al centro del vivace dialogo dei partecipanti con la sociologa brasiliana Vera Araujo, il prof. Luigino Bruni, docente di Storia dell’economia all’Università Statale di Milano, l’imprenditore Alberto Ferrucci. Le prime linee di una nuovo pensiero economico sono state tracciate dal prof. Bruni intervenuto su: “Economia di comunione. Fatti e idee per un nuovo umanesimo” La sociologa Vera Araujo ha approfondito “La cultura del dono e del dare”. Il prof. Benedetto Gui, docente di economia all’Università di Padova ha trattato: “Per un agire economico di comunione”. Una tavola rotonda ha affrontato “La sfida dell’Economia di comunione all’economia odierna” interverranno i docenti di Economia Manuela Silva (Portogallo), Cristina Calvo (Argentina), Rocio Marques (Malaga, Spagna), Stefano Zamagni (Bologna), che ha concluso la giornata con un intervento accolto con grande entusiasmo da parte dei partecipanti. Il prof. Zamagni ha indicato nell’Economia di Comunione e la sua cultura dell’amore, un antidoto alla cultura della “competizione” che sta invadendo tutte le sfere delle relazioni umane (politica, famiglia, ecc.); una Economia di Comunione che, secondo l’economista di Bologna, può sempre più diventare l’esperienza di punta in questa delicata fase di ricerche di nuove strade per una economia davvero giusta e capace di futuro. (altro…)
Apr 4, 2001 | Cultura
Aperte le iscrizioni per L’AZIONARIATO POPOLARE
Il Progetto è stato lanciato da Chiara Lubich a conclusione della 1^ Scuola internazionale per imprenditori a 10 anni dall’avvio dell’Economia di comunione. Grande entusiasmo ha suscitato tra gli imprenditori il progetto di far nascere un polo industriale nei pressi della cittadella internazionale di Loppiano. Si sono subito aperte le iscrizioni per l’azionariato popolare che darà vita ad una società per azioni per la realizzazione di questo progetto.
Questa iniziativa si attuerà sul modello del “Polo Spartaco” nato nel 1991 in Brasile, nei pressi della cittadella Araceli a 47 km. da san Paolo, città-pilota dell’Economia di comunione: Conta ora 6 le aziende in vari settori: dall’abbigliamento ai detersivi, da grandi manufatti in plastica al commercio di farmaci, in pieno sviluppo. E’ un “faro” di credibilità per l’economia di comunione, oggetto di attenzione anche da parte della Commissione per debellare la povertà del Governo Brasiliano che vi ha intravvisto una prassi capace anche di trasformare l’agire politico in ‘politica di comunione’. Una commissione del SEBRAE, la più importante istituzione di supporto alle micro e piccole aziende, con una quarantina di persone – politici, assessori e imprenditori – ha visitato il Polo industriale per verificare “in loco” l’attuazione del progetto. Vi ha individuato un modello da proporre e moltiplicare.
“Una cittadella così in Brasile, dove il divario fra ricchi e poveri costituisce la piaga sociale per eccellenza potrebbe costituire un faro e una speranza. Avrà un influsso non solo locale. L’esempio trascina. I primi cristiani hanno informato ben presto l’Impero romano dei principi del Vangelo”. E’ quanto aveva detto Chiara Lubich, nel 1991, agli abitanti della cittadella Araceli al momento del lancio del progetto dell’Economia di comunione suscitato dalla drammatica miseria delle favelas che attorniano la metropoli di San Paolo. Immediata era stata la rispondenza. Era stata costituita subito una società per azioni, dove molti, anche con un minimo di capitale, potessero partecipare, facendo leva sulle parole di Chiara: “siamo poveri, ma tanti”. Ora sono più di 3000 gli azionisti della società anonima per azione “Espri” che gestisce il Polo.
L’idea originaria risale ancora nel 1962, quando Chiara Lubich, in Svizzera, dall’alto di una collina, ammirando la cittadella benedettina di Einsiedeln, nei secoli centro propulsore di civiltà, aveva “sognato” la nascita di cittadelle consone con i tempi: con case, scuole, industrie, piccole città-bozzetto di una società nuova, la cui legge fosse l’amore reciproco, legge del Vangelo, con la conseguente piena comunione di ogni ricchezza culturale, spirituale e materiale, città-pilota per un mondo nuovo. Cogli anni ne sono sorte 20 nei 5 continenti, ciascuna con caratteristiche proprie. Non si era però ancora sviluppato l’aspetto industriale. E’ quanto hanno già iniziato ad attuare la cittadella brasiliana e quella argentina di O’Higgins. Progetto che Chiara ha rilanciato ora, incominciando dalla prima cittadella nata nel Movimento: Loppiano che conta più di 800 abitanti da 70 Paesi dei 5 continenti. Era questa l’esigenza più viva degli imprenditori che a 10 anni dalla nascita del progetto dell’economia di comunione si incontravano per la prima volta a livello internazionale per una scuola di formazione: verifica del progetto e apertura a nuovi orizzonti. Altra iniziativa: prenderanno il via le scuole di formazione per imprenditori nei vari paesi del mondo a iniziare da Roma.
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Nov 14, 2000 | Cultura
Un avvenimento di particolare attualità ha avuto luogo a Washington, venerdì 10 novembre, alla Basilica Nazionale dell’Immacolata Concezione, gremita da oltre 3.000 persone tra cui anche ebrei, buddisti, indù e numerosi musulmani afro americani, per il conferimento a Chiara Lubich della Laurea h.c. in Pedagogia da parte dell’Università Cattolica d’America. Il Card. Hickey, di Washington, ha parlato dei segni della “primavera della Chiesa”. Nella Laudatio è stata sottolineata la preghiera di Gesù “Che tutti siano uno”, al cuore della spiritualità dei Focolari, che continua a ispirare numerosissimi uomini e donne di ogni tradizione religiosa a fare di quella preghiera il programma della loro vita. E, nella sua lezione, Chiara Lubich ha delineato i tratti della nuova pedagogia che trae linfa dal Vangelo, la spiritualità dell’unità. “Una pedagogia che porta a fare del nostro mondo – aveva detto – non una Babele senz’anima, ma un’esperienza del Dio con noi, capace di abbracciare l’umanità”. Il teologo David Schindler, di Washington, in un’intervista parlava di “risposta di particolare attualità” per la situazione in America, per la frantumazione e mancanza di speranza, e il cinismo così diffusi oggi: “Basti l’esempio delle attuali elezioni”. Ultima tappa dell’ intenso viaggio a Washington: il colloquio della neo-laureata con studenti e docenti dell’Università Cattolica d’America, il pomeriggio di martedì 14 novembre. Prima di rispondere alle domande, Chiara Lubich ha voluto dare trasparente testimonianza dell’azione dello Spirito che ha suscitato l’opera da lei fondata. Ed ha motivato l’accettazione di questi riconoscimenti – è la 12ma laurea honoris causa – a gloria di Dio “perché vedano le buone opere del Padre” non solo in senso spirituale, ma “a dimostrazione che Dio, e il suo Spirito, ha operato un rinnovamento anche nel campo umano”. E dal fitto dialogo è emerso proprio questo rinnovamento nel campo degli studi, dell’economia, della pedagogia, della teologia in rapporto con le altre religioni. Il prof. David Schindler ne ha sottolineato la radice: “Nessun agire economico, sociale o politico può fare a meno” di quello che ha definito “realismo dell’innocenza da cui traspare l’amore”. (altro…)