Il terzo e ultimo giorno della Conferenza Raising Hope si è sviluppato con nuove relazioni, momenti di riflessione, preghiera, musica e un momento chiave: i contributi dei partecipanti e gli impegni assunti, presentati come pilastri fondamentali per l’azione a favore della giustizia climatica.
Sul sito raisinghope.earth/it/impegno/ , i partecipanti alla conferenza, sia in presenza che online, sono stati invitati a condividere i propri contributi: Come risponderai al grido della terra e al grido dei poveri? Questi People-Determined Contributions (PDC) sono una coraggiosa iniziativa globale della società civile per presentare gli impegni di persone e comunità di base verso la trasformazione ecologica.
L’acqua di Raising Hope arriverà alla COP30
La commovente apertura guidata da Papa Leone XIV mercoledì 1 ottobre — quando ha benedetto un blocco di ghiaccio della Groenlandia — ha raggiunto il suo culmine questo pomeriggio, quando i partecipanti hanno raccolto l’acqua, frutto dello scioglimento del ghiaccio, da portare alle proprie case e comunità.
La dott.ssa Lorna Gold, direttrice esecutiva del Movimento Laudato Si’, ha espresso con emozione: «Un blocco di ghiaccio benedetto dal Papa è diventato virale in questi giorni. Ora quest’acqua benedetta si trasformerà in qualcosa di molto potente, perché arriverà alla COP30, in Brasile.»
Ogni partecipante ha potuto portare con sé, in una ciotola, parte di quest’acqua benedetta — in parte proveniente dal ghiaccio glaciale, mescolata con l’acqua dei fiumi del mondo offerta da diversi rappresentanti all’inizio della conferenza. Non è stato solo un dono, ma un segno dell’urgenza dettata dalla crisi climatica, allo stesso tempo contrassegnato dalla speranza della benedizione papale.
Tornare al cuore e alzare la voce
Un altro momento chiave della chiusura si è avuto quando la dott.ssa Lorna Gold ha condiviso alcuni degli impegni assunti dai partecipanti. Tra i più significativi: il potere della collaborazione, l’importanza delle alleanze, l’impegno a tornare al cuore e a promuovere il Programma degli Animatori Laudato Si’, sviluppato dal MLS.
Ha sottolineato l’importanza dell’attuazione: «Non possiamo aspettare che siano gli altri a farlo. Dobbiamo realizzare i cambiamenti che sono nelle nostre mani,» ha affermato la dott.ssa Lorna. E ha incoraggiato ad alzare insieme la voce a Belém, in Brasile (prossima COP), dove verrà lanciata anche una nuova alleanza per la non proliferazione dei combustibili fossili.
Ringraziamento per i 10 anni del MLS
Un momento particolarmente toccante è stato il ringraziamento per i dieci anni di storia del Movimento Laudato Si’, fondato nel gennaio 2015. La dott.ssa Lorna Gold ha ricordato quando, nello stesso anno, conobbe Tomás Insua, cofondatore, e rimase colpita dal suo entusiasmo ed energia nel voler diffondere i valori dell’enciclica.
«La cosa più straordinaria del nostro movimento è la gioia,» ha dichiarato, esortando tutti a «portare questa gioia alla COP30.» Ha ricordato le parole di Papa Francesco che ci invitava a «cantare lungo il cammino,» perché «la nostra preoccupazione non deve toglierci la gioia né la speranza.»
Yeb Saño, presidente del Consiglio Direttivo del Movimento Laudato Si’, ha esortato i presenti a imprimere nella memoria quanto vissuto durante la conferenza, affinché «tutte queste ragioni ci spingano ad alzarci dal letto ogni mattina.»«Abbiamo molto lavoro davanti a noi, ma Papa Leone è dalla nostra parte. Non si tratta di correre avanti, ma di avanzare tutti insieme.»
Laudato Si’, per comunità coraggiose
La mattinata si è aperta con l’intervento di Kumi Naidoo, presidente del Trattato di Non Proliferazione dei Combustibili Fossili, che si è definito un «prigioniero della speranza.» Ha sottolineato che dobbiamo prenderci cura del nostro ambiente perché «non ci sono lavori né esseri umani su un pianeta morto.»
«Le comunità cattoliche, attraverso la Laudato Si’, hanno dimostrato coraggio,» ha affermato Naidoo, esortando ad agire con saggezza e fede, con urgenza. «La speranza non è amore; la speranza è resilienza, la speranza è una missione.»
La resilienza dei popoli
Il pannello successivo, intitolato «La fede e la missione condivisa per un pianeta resiliente,» è stato moderato da Josianne Gauthier, segretaria generale di CIDSE (Coopération Internationale pour le Développement et la Solidarité). Tra i temi principali: il finanziamento ai paesi in via di sviluppo e la resilienza come motore per andare avanti.
La dott.ssa Maina Vakafua Talia, ministra dell’Interno, del Cambiamento Climatico e dell’Ambiente di Tuvalu, ha sottolineato che, sebbene nella sua lingua madre non esista la parola resilienza, il suo popolo ha imparato a «passare dalla vulnerabilità alla forza» dopo aver affrontato molteplici catastrofi climatiche. Ha inoltre ribadito l’importanza della spiritualità per costruire un futuro resiliente.
La dott.ssa Svitlana Romanko, fondatrice e direttrice di Razom We Stand, ha parlato del suo paese, l’Ucraina, e di come la dipendenza dai combustibili fossili, aggravata dalla guerra, abbia devastato il popolo. Ha affermato che la resilienza oggi li mantiene in piedi, insieme alle energie rinnovabili e alle economie verdi, dimostrando che vivere di energia pulita è possibile.
Mons. Robert Vitillo, del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale e della Piattaforma Laudato Si’ Action, ha offerto un contributo dal Vangelo: «Ci viene insegnata la solidarietà e dobbiamo cambiare prospettiva per tradurla in azione nei nostri impegni.»
Ascoltare le periferie
Nel pomeriggio, l’ultimo panel è stato moderato da Bianca Pitt, fondatrice della Women’s Environment Network e cofondatrice di SHE Changes Climate. La discussione si è concentrata su ciò che il cuore ci dice riguardo all’esperienza vissuta in questi giorni.
Catherine Coleman Flowers, MacArthur Fellow e attivista per la salute ambientale, membro dei consigli del Natural Resources Defense Council, ha condiviso come le persone delle periferie siano quelle che soffrono di più e che vengono ascoltate di meno.
Mons. Ricardo Hoepers, segretario generale della Conferenza Nazionale dei Vescovi del Brasile, ha riflettuto sulla diversità del suo paese e su come sia necessario uscire ciascuno dal proprio luogo per ampliare gli orizzonti: «Il mio sogno per il Brasile è unire Laudato Si’ e Fratelli Tutti; e che la natura e gli esseri umani abbiano la stessa importanza: la natura è lo spazio che Dio ci ha dato per vivere come fratelli.»
E Margaret Karram, Presidente del Movimento dei Focolari, ha affermato: «Sono convinta che l’unico modo per realizzare un cambiamento duraturo sia quello di scegliere l’amore come principio guida della nostra azione ecologica. Nella Laudato Si’, la parola amore compare settanta volte! Un’indicazione potente di un cammino che tutti noi siamo invitati a percorrere. Un invito a passare da un’autentica fraternità umana — come quella che abbiamo sperimentato in questi giorni — ad una fraternità cosmica.»
Prima di concludere, i partecipanti hanno preso parte a una sessione finale di preghiera e riflessione, guidata da membri di Trócaire. Dopo la proiezione di un video riassuntivo dei tre giorni, tutti sono stati invitati a richiamare alla memoria i momenti più significativi e ad assumere solennemente l’impegno di continuare il cammino, difendendo la casa comune.
Nel pomeriggio del 1° ottobre, presso il Centro Internazionale Mariapoli del Movimento dei Focolari a Castel Gandolfo, Roma, si è inaugurata la Conferenza Raising Hope con la partecipazione di Sua Santità Leone XIV, accanto a figure di rilievo come Arnold Schwarzenegger, ex governatore della California, e l’on. Marina Silva, Ministra dell’Ambiente e del Cambiamento Climatico del Brasile.
La sessione ha unito testimonianze, momenti spirituali e artistici, in ringraziamento per il decimo anniversario dell’enciclica Laudato Si’. A rappresentare il Movimento Laudato Si’ sono intervenuti Christina Leaño, direttrice associata, e Igor Bastos, direttore per il Brasile, che hanno presieduto l’apertura della giornata.
Un momento simbolico è stato quando Papa Leone XIV ha toccato e benedetto un blocco di ghiaccio di oltre 20.000 anni, staccatosi a causa del cambiamento climatico da un ghiacciaio della Groenlandia, nonché acqua proveniente da diverse parti del mondo — gesti che hanno incarnato compassione e attenzione per il grido della Terra e dei poveri.
Laudato Si’: cosa resta da fare?
“Questa Enciclica ha profondamente ispirato la Chiesa cattolica e molte persone di buona volontà”, ha iniziato Papa Leone nel suo discorso su Laudato Si’, “ha aperto un forte dialogo, gruppi di riflessione e programmi accademici”. Il Papa ha sottolineato come l’enciclica del suo predecessore si sia diffusa “fino ai vertici internazionali, al dialogo ecumenico e interreligioso, ai circoli economici e imprenditoriali, agli studi teologici e bioetici”.
Rendendo grazie al Padre celeste “per questo dono che abbiamo ereditato da Papa Francesco”, Leone ha ribadito che oggi le sfide ambientali e sociali sono ancora più urgenti. In questo anniversario dobbiamo chiederci: “Cosa resta da fare? Cosa dobbiamo fare ora per garantire che la cura della nostra casa comune e l’ascolto del grido della terra e dei poveri non appaiano come mode passeggere o, peggio ancora, siano viste e sentite come questioni divisive?” ha domandato.
Ritornare al cuore: dalla raccolta dei dati alla cura
“Oggi più che mai è necessario ritornare al cuore, luogo della libertà e delle decisioni autentiche”, ha affermato il Pontefice, perché sebbene esso “comprenda la ragione”, allo stesso tempo “la trascende e la trasforma”. “Il cuore è il luogo in cui la realtà esterna ha il maggiore impatto, dove si compie la ricerca più profonda, dove si scoprono i desideri più autentici, dove si trova l’identità ultima di ciascuno e dove si forgiano le decisioni.”
In questo senso, ha sottolineato che “solo ritornando al cuore può aver luogo una vera conversione ecologica”. “Dobbiamo passare dalla raccolta dei dati alla cura; e dal discorso ambientale a una conversione ecologica che trasformi gli stili di vita personali e comunitari.”
Leone ha ricordato ai presenti che questa esperienza di conversione ci orienta verso il Dio vivente: “Non possiamo amare Dio, che non vediamo, mentre disprezziamo le sue creature. Né possiamo chiamarci discepoli di Gesù Cristo senza condividere la sua visione del creato e la sua cura per tutto ciò che è fragile e ferito.”
Nessuno spazio per l’indifferenza o la rassegnazione
Prima di concludere, il Papa ha guardato con speranza ai prossimi vertici internazionali — la COP30 del 2025, la sessione del Comitato per la Sicurezza Alimentare Mondiale e la Conferenza sull’Acqua del 2026 — “affinché ascoltino il grido della terra e il grido dei poveri”.
Ha anche incoraggiato i giovani, i genitori e coloro che lavorano nelle amministrazioni e istituzioni a contribuire a “trovare soluzioni alle sfide culturali, spirituali ed educative di oggi, lottando sempre con tenacia per il bene comune.”
Infine ha riflettuto: “Dio ci chiederà se abbiamo coltivato e custodito il mondo che Egli ha creato e i nostri fratelli e sorelle. Quale sarà la nostra risposta?”
1,5 miliardi di cattolici possono impegnarsi
L’attore ed ex governatore della California, fondatore dell’USC Schwarzenegger Institute e della Schwarzenegger Climate Initiative, Arnold Schwarzenegger, ha iniziato il suo intervento congratulandosi con il Santo Padre per l’installazione dei pannelli solari sui tetti del Vaticano: “Sono accanto a un eroe”, ha dichiarato.
“Ci sono 1,5 miliardi di cattolici: quel potere e quella forza devono essere usati per impegnarsi nel movimento climatico”, ha affermato Schwarzenegger, invitando a concentrarsi di più sul parlare dell’inquinamento: “La persona comune non capisce quando parliamo di zero emissioni nette o di temperature in aumento. Invece di parlare alla testa, dobbiamo parlare al cuore. Possiamo porre fine all’inquinamento se lavoriamo insieme, perché Dio ci ha messi sulla terra per renderla un posto migliore.”
Verso la COP della speranza
Successivamente è intervenuta l’on. Marina Silva, Ministra dell’Ambiente e del Cambiamento Climatico del Brasile, copresidente della COP30. Nel suo discorso ha espresso di sentirsi ispirata dai valori cristiani nel partecipare alla conferenza.
Con convinzione ha affermato: “Sono certa che il Papa darà un grande contributo affinché la COP30 passi alla storia e diventi, come tutti desideriamo ardentemente, la COP della speranza, per preservare e coltivare tutte le forme di vita che fanno parte del meraviglioso giardino che Dio ci ha donato.”
Dalle lacrime alla speranza
Sul palco, il Papa è stato accompagnato dalla dott.ssa Lorna Gold, direttrice esecutiva del Movimento Laudato Si’ e presidente del Comitato Organizzatore della Conferenza; dalla teologa Margaret Karram, presidente del Movimento dei Focolari; da p. Jesús Morán; e da Yeb Saño, presidente del Consiglio Direttivo del Movimento Laudato Si’, che ha condiviso la sua esperienza nelle Filippine, a contatto diretto con molte catastrofi climatiche, introducendo le testimonianze principali.
È seguito un momento spirituale simbolico in cui rappresentanti di diversi paesi — Timor Est, Irlanda, Brasile, Zambia e Messico — hanno portato acqua dalle loro terre, per versarla in un bacile comune sul palco. Hanno incarnato il grido dei popoli indigeni, della fauna selvatica, degli ecosistemi, delle generazioni future, dei migranti, dei poveri e della stessa terra.
Dalle lacrime alla speranza, con il pubblico in piedi, Papa Leone si è avvicinato al ghiaccio glaciale e ha proclamato la benedizione sull’acqua e su tutti i presenti: “Che possiamo lavorare per la fioritura di tutto il creato.” Le esibizioni musicali di Adenike, Gen Verde e dei Pacific Artists for Climate Justice hanno animato l’incontro con gioia ed energia.
Un blocco di ghiaccio dalla Groenlandia
Il ghiaccio ha percorso più di 5.000 chilometri dai fiordi di Nuuk, in Groenlandia, fino a Castel Gandolfo, Roma. L’artista Olafur Eliasson ha organizzato il trasferimento con il supporto del geologo Minik Rosing. Raccolto nel fiordo di Nuup Kangerlua, il blocco di ghiaccio si era staccato dalla calotta glaciale della Groenlandia a causa del cambiamento climatico e si stava sciogliendo nell’oceano. La vasta calotta glaciale della Groenlandia è uno dei regolatori climatici più importanti della Terra. Formata da neve compattata nel corso di decine di migliaia di anni, contiene strati di oltre 100.000 anni che custodiscono bolle d’aria antica che registrano la storia dell’atmosfera terrestre. L’Osservatorio della Terra della NASA stima che la calotta glaciale della Groenlandia stia perdendo circa 270 miliardi di tonnellate all’anno a causa del cambiamento climatico. Man mano che il ghiaccio rilascia acqua di fusione nell’oceano, ci ricorda che il nostro rapporto globale con le calotte glaciali è esistenziale: ci collegano al passato, plasmano il nostro clima attuale e — a seconda della nostra cura o negligenza — determineranno il nostro futuro comune. Se il ghiaccio dovesse sciogliersi completamente, la NASA prevede che il livello del mare potrebbe salire di circa sette metri, ridisegnando le coste e costringendo milioni di persone in tutto il mondo a spostarsi.
Da più di tredici anni, siamo coinvolti in un dialogo concreto con un gruppo di famiglie musulmane turche che vivono nella nostra città, Lubiana (Slovenia). Un’ esperienza iniziata in modo del tutto casuale. Lavoravo come dentista e una delle prime famiglie turche arrivate in Slovenia era tra i miei pazienti. Da quel primo incontro è nato un legame profondo, che nel tempo ha coinvolto altre famiglie della stessa comunità. Dopo il fallito colpo di stato in Turchia nel 2016, infatti, molte persone sono state accusate di appartenere a un movimento ostile e sono state costrette a fuggire, trovando rifugio nel nostro Paese. Da quel momento, il numero di famiglie con cui abbiamo iniziato a interagire è cresciuto rapidamente, arrivando a circa 50 persone in pochi mesi. Ben presto abbiamo compreso che non si trattava di un semplice scambio culturale, ma questo legame si è trasformato in un rapporto di vero aiuto reciproco: abbiamo dato una mano per apprendere la lingua, per sbrigare pratiche burocratiche, iscrizioni scolastiche fino al sostegno in quelle che sono le necessità della vita quotidiana. Un’amicizia, insomma, che man mano ha dato vita ad un dialogo profondo, anche sui valori e sulla spiritualità.
Col tempo, abbiamo avuto l’opportunità di presentare loro il Movimento dei Focolari e l’ideale del mondo unito. Questo ha dato vita a una condivisione di molti punti in comune tra il carisma focolarino e la loro spiritualità.
Uno degli aspetti più significativi di questo percorso è stato prendere parte alle festività religiose gli uni degli altri. Abbiamo partecipato alle cene di iftar durante il Ramadan, mentre le famiglie musulmane hanno mostrato interesse per le festività cristiane. Per quattro anni consecutivi, abbiamo celebrato insieme il Natale. Le famiglie musulmane erano inizialmente sorprese dalla profondità spirituale di questa festa, avendone una visione principalmente consumistica, influenzata dai media occidentali.
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Da questo desiderio di approfondire ulteriormente il dialogo, è nato il progetto Pop the Bubbles in collaborazione con l’Associazione per il Dialogo Interculturale e Social Academy, dove lavoro. L’obiettivo era superare pregiudizi e barriere tra le comunità, favorendo l’incontro tra famiglie turche e slovene. Il progetto ha coinvolto un gruppo di famiglie per un anno intero, durante il quale abbiamo lavorato insieme per individuare valori comuni tra le due culture. Alla fine del percorso, sono emersi sei valori fondamentali: famiglia, cittadinanza attiva, dialogo interculturale, democrazia, libertà e inclusione. Per concludere il progetto, abbiamo organizzato due campi di convivenza, uno di tre giorni e uno di cinque, a cui hanno partecipato 73 persone. Oltre agli incontri di scambio culturale, il progetto ha portato anche a iniziative concrete di solidarietà, come l’aiuto ai rifugiati ucraini. Questo ha dimostrato che lavorare insieme per un obiettivo comune può rafforzare i legami tra comunità diverse. Inoltre, negli ultimi anni, ho iniziato a lavorare in una ONG (Social Academy) che si occupa di giovani e le famiglie turche mi hanno chiesto di prendermi cura anche dei loro figli adolescenti, trasmettendo loro quei valori comuni che abbiamo scoperto insieme. Questo passaggio è stato molto significativo, perché ha dimostrato la fiducia che si era creata tra le nostre comunità.
Nello stesso periodo è nato un progetto innovativo: la creazione di un’applicazione per favorire il dialogo tra persone con opinioni opposte – hardtopics.eu. L’app funziona mettendo in contatto due persone che hanno risposto in modo divergente a un questionario su temi polarizzanti. Il sistema le abbina e le invita a un confronto in un ambiente preparato, con l’obiettivo di superare la polarizzazione sociale e promuovere una cultura del dialogo. Questa app verrà presto utilizzata nelle scuole superiori e nelle università di Lubiana. L’entusiasmo mostrato dai giovani durante la fase di test ha confermato il valore di questa iniziativa.
Penso che sia fondamentale creare reti di dialogo interreligioso a livello europeo. Il percorso che abbiamo intrapreso dimostra che con pazienza e dedizione si possono costruire relazioni autentiche basate sulla fiducia, sul rispetto e sulla condivisione dei valori comuni.