10 Gen 2009 | Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo
Maggio 2000 – Chiara ritorna in quella remota regione. Quell’area dimenticata è ora disseminata di case, strade, una centrale idroelettrica, attività lavorative, chiese. L’ospedale diviene centro specializzato per le malattie tropicali e si contraddistingue per la battaglia contro la malattia del sonno, attualmente sconfitta. Si è aperto un reparto per la cura dell’Aids. Vi lavorano oltre 100 persone. Le strade rompono l’isolamento. Un college con tutte le classi inferiori e superiori, equiparate alle scuole inglesi, consente a tanti ex studenti di occupare posti di responsabilità nel Paese e all’estero. C’è chi, costretto ad emigrare, attirato dalla vita che sta fiorendo a Fontem, vi fa ritorno. Fontem è diventato un distretto del Camerun anglofono e, con altre località ad essa legate, ha ora una popolazione di circa 80.000 abitanti. Una terra senza conflitti – In quel maggio 2000, l’attuale Fon dott. Lukas Njifua, (il leader spirituale e civile), esprime a Chiara la sua gratitudine più per l’aiuto spirituale ricevuto dal Movimento che per le molte opere realizzate. Lo ribadirà in un’intervista: “La spiritualità del focolare ha cambiato le persone. Ci ha aiutato a non fare guerre. Non c’è criminalità. Per chi vive così non ci sono problemi nella famiglia, questioni di proprietà della terra, di stregoneria… La morale è più alta. Anche per la lotta alla piaga dell’Aids è importante“. In segno di riconoscenza Chiara è investita del titolo di “Mafua Ndem” (regina inviata da Dio). dal popolo bangwa e da quello continguo, mundani, nella cornice di una grande festa. E’ l’anno del Grande Giubileo del 2000, anno della riconciliazione e del perdono. Rivolgendosi a chi – ed è la maggioranza – non è cristiano, ricorda che “ognuno è liberissimo di seguire altre fedi”, ma con forza afferma che “non è libero di non amare, perché le religioni, in genere lo esigono”. Chiara propone “un patto di amore vicendevole, forte e vincolante. Come una specie di giuramento che ci impegna ad essere sempre nella piena pace tra di noi e di ricomporla ogni volta che si fosse incrinata”. E’ la scintilla di una nuova evangelizzazione che ha per primi protagonisti i leader del popolo bangwa e via via di altre tribù. Un piano organico viene messo a punto tra Chiara e il fon di Fontem che per primo si impegna davanti al suo popolo a vivere lo spirito di amore e di unità del Vangelo. E’ lo stesso Fon che coinvolge i capitribù e i notabili. Ci sono voluti anni perché la popolazione si convincesse della sincerità e trasparenza dei nuovi abitanti. D’altro canto, da parte dei focolarini, continuo è l’impegno di inculturazione, “tagliando le radici della propria cultura” per “entrare” e apprezzare valori e costumi africani. Nasce una piena collaborazione. Nel 1992 Chiara è a Nairobi dove dà il via ad una scuola per l’inculturazione secondo la spiritualità dell’unità dei Focolari, per valorizzare “i semi del Verbo” presenti nelle culture africane.
9 Gen 2009 | Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Nuove Generazioni
Primavera 1969 – Chiara coinvolge i giovani del nascente movimento gen in una mobilitazione mondiale di comunione dei beni durata più di un decennio che prenderà il nome di Operazione Africa. Indica come obiettivo della loro generazione contribuire a suscitare popoli nuovi nella prospettiva di un mondo unito. Ma ciò richiede di contribuire a sanare le ferite provocate da secoli di colonizzazione. E’ questione di “giustizia colmare il debito che il mondo occidentale ha verso il continente africano”. E mostra loro il volto sconosciuto dell’Africa, quei valori di cui le società occidentali sono carenti. I giovani, e non solo loro, vi risponderanno. In quello stesso anno, Chiara lancia ai giovani una nuova campagna di solidarietà: il Progetto Africa. Questa volta insieme ai giovani del mondo, anche i giovani bangwa, sono coinvolti, non solo a favore di Fontem, ma di tutti i popoli africani, nel segno dello scambio di ricchezze tra diverse culture. Un progetto tuttora in atto. (altro…)
10 Nov 2008 | Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo
Sono ostetrica e per anni ho lavorato nel reparto gravidanze anomale dell’ospedale di Lubiana, nell’impegno costante a intessere rapporti veri con le pazienti, i colleghi, i superiori. Ho cercato sempre di difendere la vita, subendo spesso umiliazioni e rischiando col mio comportamento di perdere il posto. Tanti genitori hanno riscoperto la gioia della maternità e della paternità, e alle madri che volevano abortire è stato risparmiato il dramma del rimorso. Pian piano colleghi e superiori cominciavano a rispettare le mie scelte e spesso si sono trovati a consultarsi con me prima di prendere decisioni importanti. Poi mi sono ammalata, era una malattia rara: niente sforzi, forti dolori alla testa e alle articolazioni, gonfiori, perdita di concentrazione. I colleghi mi hanno aiutata come potevano. Ero limitata nel lavoro, ma sentivo che c’era ancora bisogno di me. Una volta è stata ricoverata una mamma al sesto mese di gravidanza. Si erano rotte le acque e la dottoressa di turno ha consigliato l’aborto. Ho cercato allora di convincere la madre a non farlo, ma non sono riuscita. Mi sono rifiutata però di fare l’iniezione, e così le altre infermiere dopo di me. Il bimbo è nato vivo. I genitori hanno rivalutato la loro scelta: adesso il bambino vive e il papà è fiero di avere questo figlio maschio. Con il diffondersi della pratica della fecondazione assistita, poi, è entrata in ospedale una certa cultura della morte, con l’eliminazione degli embrioni soprannumerari. Con questo tipo di fecondazione poi, spesso vengono concepiti più figli, ma uno solo viene aiutato a vivere. Per me è un dolore insopportabile, che trova senso solo se unito a quello di Gesù in Croce. Per questo continuo andare controcorrente, alla fine qualcosa è cambiato all’interno del reparto. Molte compagne di lavoro hanno cominciato a lottare con me per la vita. E anche la responsabile del reparto, che non ha alcun riferimento religioso, mi sostiene, pur non capendo da dove traggo la forza per agire in questo modo, dove è racchiuso il mio segreto. (J. P. – Slovenia) (altro…)
13 Ott 2008 | Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo
I tre cappotti
Una mamma di New York ha tre bambini piccoli. E’ povera, e quell’inverno bisognava comprare i tre cappotti ai tre bambini, perché ormai erano consumati. Lei non ha soldi, ma attraverso il giornale vede che c’è un negozio che svende cappotti a prezzo minimo. Allora lei dice: bisogna che ne approfitti, entro oggi devo andare a comprare i tre cappotti per i bambini. Ma in quel momento la suocera – che viene solo di rado – telefona per fare una visita ai bimbi. Dapprima pensa: io dico che devo uscire. E subito dopo: ma Gesù riterrà fatto a sé quello che io dico a lei, perché c’è Gesù anche dietro di lei. Allora dimentica i cappotti, con grande dolore per i suoi bambini, e risponde al telefono: “Vieni pure.” Finalmente arriva, suona il campanello ed entra questa signora anziana con un grande pacco, va lì dai tre bambini e lo apre. Cosa conteneva? Tre cappotti, piccolini, per i bambini. E’ proprio Gesù che risponde.
Per un atto d’amore
Mentre faccio la passeggiata giornaliera, indicata dal medico, cerco di conoscere il quartiere dove risiedo da poco tempo: sono, infatti, il nuovo vescovo del posto. Alcuni giorni dopo, mi trovo a mettere un po’ d’ordine nella casa vescovile, cercando di far sì che essa esprima meglio Dio, che è bellezza. Trovo alcuni candelabri di bronzo che non vanno d’accordo col resto. Mi viene in mente un piccolissimo negozio di compravendita, scoperto durante le passeggiate. Penso che, data la difficile situazione economica dell’argentina, il suo proprietario possa trovarsi in gravi difficoltà, e vedo in lui Gesù. Chiedo alla segretaria di fare un pacco con i candelabri e consegnarli a quel signore con un bigliettino che dice: “Sono un piccolo dono del vescovo. Se riesce a venderli, la prego di dare i soldi ai poveri. Ma, se lei ne avesse bisogno, può tenerseli.” Nel pomeriggio improvvisamente viene al vescovado questo signore. Insiste che vuol vedermi. Quando ci troviamo di fronte mi dice: “Oggi volevo suicidarmi. Ma, quando è arrivata la sua segretaria, ho capito che io interessavo ancora a qualcuno, e ho cambiato idea. Mille grazie!” (Argentina)
Come i primi tempi
Un sabato mattina arriva una persona a farci una breve visita. Quando sta per uscire, sapendo che la sua famiglia ha tanti figli ed economicamente non va troppo bene, noi, focolarine, le abbiamo dato tutta la frutta che avevamo in casa: le nostre provviste per la settimana. Dopo un po’ arriva a visitarci un’altra famiglia che, essendo passata dal mercato, ci offre delle pere e mele fresche. Eravamo contente perché vi vedevamo il “date e vi sarà dato”. Nel pomeriggio, per fare un altro atto d’amore, avevamo promesso di andare ad una festa organizzata dalla comunità italiana del posto. Prima di arrivarvi però, abbiamo pensato di passare da un’altra famiglia bisognosa e di portare tutte le pere e le mele che avevamo ricevuto. Finita la festa, prima di partire, la famiglia che ci aveva invitato ci ha dato una scatola grande, piena di pere e mele del suo frutteto, di prima qualità, e in più un grandissimo cocomero. Eravamo felicissime, perché queste esperienze non succedevano soltanto ai primi tempi del Movimento, ma anche oggi. Il “date e vi sarà dato, una misura piena e traboccante vi sarà versata in grembo“, è di tutti i tempi. Pubblicato su I Fioretti di Chiara e dei Focolari, ed. San Paolo 2003
10 Ott 2008 | Dialogo Interreligioso, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo
“Ci impegniamo più che mai a percorrere insieme il cammino che ci hanno aperto le nostre due grandi guide”, scrive la presidente dei Focolari, Emmaus Maria Voce ai famigliari e ai seguaci “dell’amatissimo Imam W.D. Mohammed che ha offerto la sua vita per la pace e la fraternità universale”. Una profonda amicizia spirituale legava da oltre un decennio Chiara Lubich e l’Imam, riconosciuto, per la sua autorità morale, il maggiore leader dei musulmani afro-americani, deceduto nella sua casa a Markham, nell’Illinois, il 9 settembre scorso, all’età di 74 anni. “Le migliaia di persone accorse da tutti gli Stati Uniti per i suoi funerali, rendono omaggio – come si legge sulla stampa americana – al maggiore leader musulmano degli Stati Uniti”. E annota: “Gruppi di musulmani un tempo feriti da divisioni interne, si sono trovati uniti davanti ad un uomo che ha speso la sua vita per portare l’unità”. Tra le impressioni raccolte tra i presenti: “L’11 settembre 2001 aveva segnato un giorno triste per i Musulmani. Oggi invece è per noi un giorno che ci riempie di orgoglio” afferma un seguace dell’Imam. Nel 1975, sul letto di morte, suo padre, Elijah Mohammed, gli aveva affidato la guida della Comunità afro-americana “Nation of Islam” da lui fondata per il riscatto morale e sociale degli afro-americani. W.D. ha lavorato per avviare i suoi seguaci a un Islam più fedele alle radici, mettendo in rilievo la tolleranza razziale e l’universalità dell’Islam. Si è fatto costruttore di ponti fra i musulmani afro-americani e i musulmani emigrati negli USA dal Medio Oriente e dall’Asia, con i cristiani, fra bianchi e neri. Per il suo straordinario lavoro nel campo interreligioso, nel 1994 è stato nominato tra i Presidenti Internazionali del “World Council for Religions and Peace” (Consiglio mondiale delle religioni per la pace). Il viaggio percorso insieme dai seguaci dell’Imam Mohammed e Chiara Lubichè iniziato in quello storico 18 Maggio 1997 nella Moschea Malcolm Shabazz (conosciuto anche come Malcolm X) in Harlem a New York. Era la prima volta che una donna cristiana, bianca, prendeva la parola in quella moschea. Erano presenti tremila musulmani ed una buona rappresentanza di membri del Focolare. Poco dopo, in un’incontro privato, WD Mohammed e Chiara avevano stretto un patto nel nome del Dio unico: lavorare senza sosta per la pace e l’unità. La fedeltà a questo patto ha portato innumerevoli frutti di unità tra le comunità del Focolare e i suoi seguaci: il dialogo che si è sviluppato è diventato segno di speranza, luce per tanti. Si è rivelato particolarmente importante dopo gli attentati dell’11 settembre. Sono seguiti vari viaggi dell’Imam Mohammed e dei suoi seguaci a Roma, per partecipare ad incontri interreligiosi organizzati dal Focolare. Nel 1999, in rappresentanza di tutto il mondo musulmano è stato invitato ad intervenire al grande incontro interreligioso n preparazione del Giubileo, in Piazza S. Pietro, alla presenza di Papa Giovanni Paolo II. In quell’occasione il Papa aveva incoraggiato e benedetto il dialogo iniziato con il Focolare. Nel 2000 ha invitato nuovamente Chiara a parlare a 7.000 musulmani e cristiani radunati a Washington per due giorni dal titolo: “Faith Communities Together” (Comunita’ Religiose Insieme), perché, diceva, “l’America ha bisogno di ascoltare il tuo messaggio, di vedere questa unità che ci lega”. Da quel momento sono nati e continuano a svolgersi in molte citta’ degli USA (da Washington a Los Angeles, Miami, Chicago, New York, ecc) “Encounters in the Spirit of Universal Brotherhood” (Incontri nello spirito della fratellanza universale), incontri di dialogo in cui si approfondisce un punto della spiritualita’ dell’unita’ sia dal punto di vista cristiano che musulmano, con scambi di esperienze concrete di vita. Risalgono a pochi giorni fa gli ultimi contatti dei responsabili dei Focolari a Chicago con l’Imam Mohammed. Aveva infatti programmato la sua presenza, insieme ad un gruppo di suoi seguaci, al prossimo convegno internazionale di dialogo islamo-cristiano che si svolgerà a Castelgandolfo dal 9 al 12 ottobre prossimo. Ma il medico gli aveva proibito lunghi viaggi a motivo di disturbi cardiaci. Quando era stato chiesto a Chiara sul suo rapporto con l’Imam Mohammed, aveva risposto: “Mi sento a mio agio con lui, perché mi sembra che il Signore lo abbia messo accanto a noi, come ha messo noi accanto a lui, per un Suo piano d’amore che capiremo man mano che andremo avanti nella nostra comunione e lavorando insieme”. E l’Imam Mohammed, in un’intervista aveva dichiarato: “Secondo me è possibile liberarci dal veleno dei pregiudizi se siamo risanati spiritualmente. Questo è quanto noi possiamo mostrare, come persone di religioni diverse si riconoscono parte di un’unica umanità. Credo che stiamo facendo un gran lavoro, che rendiamo possibile a persone che si odiavano, di liberarsi dall’odio, di trovare una vita nuova, una felicità nuova, perché il peso dei pregiudizi è stato levato dai loro cuori”. (altro…)
7 Set 2008 | Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo
Sia mio marito che i miei figli sono alcolizzati. Fino ad un anno fa, Tom il più grande conviveva con una ragazza. Tutti e due si sono trovati ad essere non solo alcolizzati, ma anche tossicodipendenti. E’ stato circa un anno fa che mio figlio è tornato a casa perché non andava più d’accordo con la donna con cui viveva. Intanto, però, era nato un bambino. L’idea di questo nipotino mi dava tanta pena perché la sua situazione era dolorosissima. Io ne incolpavo la madre e un giorno, incontrandola per la strada, l’ho apertamente accusata di tante cose. Ci siamo lasciate con tanta amarezza da ambo le parti. Inutile dire che tornando a casa mi sentivo colpevole di non aver amato. E tutte le giustificazioni che cercavo di darmi, il ripetermi che in fondo avevo ragione, che l’avevo fatto per mio nipote, non mi davano pace. Qualcosa dentro di me mi spingeva a chiamarla per chiedere scusa, anche se trovavo la cosa molto difficile. Non sapevo neanche se mi avrebbe ascoltata. In realtà, quando io mi sono scusata con lei, è stata poi lei a scusarsi con me. Alcune settimane dopo questo episodio, Dorothy è stata messa in prigione. Le cose andavano di male in peggio, e io, preoccupata per la situazione del nipotino, provavo un forte risentimento verso i genitori che l’avevano messo al mondo in quella situazione. Non essendo sposati, il bambino sarebbe stato affidato allo Stato. Il risentimento dentro di me cresceva di ora in ora, eppure le parole di Gesù sul perdono non mi davano pace. Dovevo amare anche Dorothy, qualunque cosa fosse successa a mio nipote. Dopo vari sforzi, finalmente la Parola ha fatto breccia nel mio animo ed è stato con un’anima nuova che sono andata a trovarla in prigione: mi ha abbracciata, commossa. Credo abbia sentito che sono andata per amarla ed accettarla così com’era. E’ stata lei a parlarmi del bambino e a chiedermi se potevo tenerlo io. Così la custodia legale del nipotino è passata a mio figlio e ambedue adesso sono sotto il mio tetto. Mi è sembrato il centuplo promesso da Gesù a chi cerca il suo Regno, facendo la sua volontà, il frutto dell’essermi impegnata ad amare, fino in fondo. (J.S. – USA) (altro…)