Mettersi in gioco per la pace
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Dal 22 a 25 settembre si svolgerà il “Forum Mondiale per la Pace” in Brasile, nella città di Florianópolis. La cerimonia di apertura sarà trasmessa in streaming il 22 settembre alle ore 18:00 (ora locale). Per seguire la trasmissione LIVE: http://live.flars.net/worldpeaceforum2016 Chi vuole collegarsi alla conferenza che i giovani del Forum faranno con i giovani del mondo, il 23 settembre alle ore 11:15 (ora locale) può registrarsi a questo link : worldpeaceyouth.org/registration (altro…)
«E non chiamiamole vacanze alternative!: in tanti siamo ormai degli habitué del Campus e quindi non è affatto un’esperienza fuori dell’ordinario: fa parte della nostra vita». A spiegarcelo è Nahomy Onate, 21 anni di Reggello (FI), cittadina nei dintorni della cittadella internazionale di Loppiano, che ha preso parte al Siracusa Summer Campus organizzato dai giovani dei Focolari. La Gazzetta locale titolava “I giovani per un Mondo Unito incontrano le periferie di Siracusa”: per il terzo anno consecutivo, infatti, i quartieri di Akradina e Tike e da quest’anno anche quello di Grottasanta, hanno ospitato quest’esperienza che mette al centro le relazioni e la dignità della persona. 120 giovani provenienti da 17 regioni italiane per 10 giorni hanno animato queste periferie con attività e workshop di danza, giornalismo, teatro, pittura, ecc. Oltre cento i bambini e ragazzi dai 6 ai 13 anni coinvolti. «Avevo già partecipato alla seconda edizione, sapevo più o meno cosa mi aspettava e conoscevo la situazione di disagio di queste periferie, ma appena arrivata, l’atteggiamento generale tra tutti mi ha colpito: eravamo pronti a donarci completamente per 10 giorni. E così è stato». Nahomy racconta che la novità di questa terza edizione era proprio il quartiere di Grottasanta, altra zona disagiata e a rischio della città.
«Arrivati davanti alla scuola in cui avremmo fatto attività con i bambini e ragazzi, il panorama che mi sono trovata di fronte mi ha scioccata: un mare splendido faceva da cornice a enormi palazzi fatiscenti e quel luogo era il simbolo del livello a cui il degrado sociale era arrivato. È l’educazione che per prima dà dignità all’uomo e quella scuola così com’era non riusciva a dare proprio nulla a nessuno. Al di là del cancello, però, mamme, maestre e bambini ci hanno accolto con un grosso applauso e tanta speranza di cambiamento negli occhi. Questo ci ha dato la spinta per capire che, nonostante i pochi giorni a disposizione dovevamo scommettere sulla parte più fragile della società e dare il tutto per tutto. Questo è ciò che ciascuno di noi ha fatto nel suo piccolo, stringendo rapporti di vera fratellanza con ognuno. In seguito a una lite molto forte tra due bambini, ho aperto gli occhi sulla realtà che vivono ogni giorno: violenza, desiderio di vendetta e indifferenza sono i “valori” su cui si basa la loro crescita. Di fronte alla situazione che si era creata abbiamo cercato di spiegare loro che non si risponde alla violenza con altra violenza, ma esistono altre strade e altri modi, anche se nessuno fino a quel momento glieli aveva mostrati. “Smettiamola di fare come i mafiosi – ha detto uno dei bambini – non voglio più vedere violenza e vendetta in questo quartiere, adesso siamo cambiati”. Sono bastati pochi giorni dentro il vortice dell’amore reciproco per fargli pronunciare questa frase davanti ai suoi coetanei; il seme che in questi tre anni di campus e in quei pochi giorni avevamo piantato e annaffiato stava crescendo, stavamo lasciando qualcosa dentro di loro: avevano capito che sono loro il futuro e che c’è sempre la possibilità di essere qualcosa di diverso, di migliore. In questi quartieri di Siracusa si trova solo una delle tante periferie di Italia e non vogliamo più non vedere tante situazioni che si verificano anche nelle nostre città, parti di mondo che stanno perdendo i valori, l’amore e il coraggio. Da quest’esperienza sono tornata a casa un po’ nostalgica e triste: ogni bambino mi manca, ma sono anche carica e piena del loro amore, dei loro sorrisi e della loro forza di volontà nel voler rivoluzionare il loro mondo». (altro…)
Con la sua famiglia al completo – un fratello gemello e uno più grande, mamma, papà, le nonne – Elisa era stata poche settimane prima in Mariapoli – l’appuntamento estivo dei Focolari – a Carpegna (nelle Marche) con un centinaio di persone. L’occasione di conoscersi, raccontarsi esperienze di vita, percorrere un tratto di strada insieme. Elisa, poi, se la ricordano tutti: con il suo fare allegro e contagioso, e con l’aiuto del fratello gemello, aveva voluto filmare le impressioni del suo gruppo prima di partire, perché:«Le Mariapoli sono esperienze che segnano nel cuore e sono cose che rimangono. Spero di riuscire ad andarci sempre», come aveva scritto alla mamma in un messaggino al rientro.
Gabriele, il cuginetto di 8 anni, a metà giugno aveva invece partecipato – per il secondo anno consecutivo – al “congressino Gen4”. Tre giorni vissuti nell’incanto dei bambini che più di altri capiscono “le cose di Dio”. Una foto lo ritrae mentre impersona un angioletto che suona la tromba al passaggio della Porta della Misericordia, insieme agli altri compagni. La mattina del 24 agosto la notizia del terremoto, e la sospensione: Elisa, Gabriele e le nonne, sono sotto le macerie e si teme per la loro vita, come per i tanti altri dispersi di cui non si hanno notizie. Una catena di preghiere parte subito come un tam tam, ma alla sera arriva la conferma: non ce l’hanno fatta. Le famiglie danno da subito una forte testimonianza: «La loro fede nell’amore di Dio, così salda anche in tale sofferenza, ci illumina a vivere con rinnovato vigore per ciò che non passa», scriverà Maria Voce, presidente dei Focolari, all’indomani del terremoto alle comunità e alle famiglie colpite dal sisma. Mentre le comunità dei Focolari in Italia e nel mondo si attivano per sostenere la macchina dei soccorsi.
Elisa con i suoi fratelli
Gabriele in Mariapoli
«Da quando ho iniziato gli studi di infermieristica – racconta Veronica, italiana di Genova – avevo un sogno: mettere a servizio degli altri la mia professionalità. Nel 2013, appena laureata, sono partita per la Costa d’Avorio (Africa). All’inizio è stata dura perché non parlavo il francese. Eppure ho scoperto che i gesti concreti costruivano ponti molto più di tante parole. Con alcune ragazze abbiamo organizzato una piccola attività nella quale vendere alcuni oggetti. Dopo il lavoro ci trovavamo per costruire collane, braccialetti, raccogliere ciò che c’era di superfluo nelle rispettive case. Il ricavato è stato messo in un fondo comune da utilizzare in caso di problemi economici, o per sostenere gli studi di qualcuno… un giorno, una delle ragazze ci ha raccontato che il papà non aveva ricevuto il salario e la famiglia non aveva da mangiare. Tutte siamo stati d’accordo di destinare parte di quel fondo per aiutare quella famiglia. Ho visto il Vangelo diventare vissuto. Non è stato sempre facile: a volte mi mancava la famiglia, gli amici, le mie abitudini… ma il cielo restava sempre il mio migliore amico. Quando mi sentivo sola, o avevo un dolore che non riuscivo a superare, alzavo gli occhi e, guardandolo, mi perdevo nell’immensità del creato. Quanta armonia, quanto amore in tutto ciò che mi era attorno… e quell’Amore era anche per me!» Durante il mio soggiorno a Man ho conosciuto un bambino che aveva una malformazione cardiaca sin dalla nascita. Ogni volta che arrivava, Daniel illuminava il dispensario con uno splendido sorriso. Nonostante le cure invasive a cui doveva sottoporsi, l’amore e la gioia che sprigionava era diffusiva e coinvolgente. Nonostante gli innumerevoli sforzi, c’era bisogno di fare di più. Aveva bisogno di maggiori cure e interventi più adeguati.
Dopo un anno, la mia esperienza in Africa si conclude. Tornando a casa ero felice, ma dentro di me portavo sempre il sorriso di Daniel quando lo avevo salutato. Avvertivo che non potevo lasciarlo solo. Allora, con altre amiche ci siamo attivate per capire se c’erano possibilità di farlo operare in Italia. L’entusiasmo diventa contagioso e riusciamo a raccogliere i fondi per permettere a Daniel di venire in Italia, accompagnato dal papà, per l’operazione. Sono stati due mesi intensi, dove le nostre culture si sono arricchite e riscoperte. Attraverso gli occhi di Daniel riscoprivo il mare, la gioia di vivere l’attimo presente. Intanto, l’intervento avviene con successo. Il papà gli aveva promesso una bicicletta se fosse andato tutto bene, ma si rende conto che è un regalo troppo costoso per le sue disponibilità. L’amore della comunità non si fa attendere, e proprio la sera stessa in cui il papà mi confida questa sua difficoltà, una mia amica mi porta una busta e, incredibilmente, nella busta c’era esattamente la cifra per comprare la bicicletta tanto desiderata da Daniel! Ero partita con la convinzione che avrei potuto dare tanto… spesso si parte con l’idea di cambiare il mondo; ma mi sono resa conto che, per farlo, bisogna incominciare a cambiare sé stessi e il modo di stare con gli altri. Solo costruendo, attimo dopo attimi, ponti di fraternità si può cambiare il mondo». Il 9 luglio scorso, presso il “Villaggio del Ragazzo” (Genova), è stato consegnato a Veronica Podestà il “Premio Bontà Don Nando Negri 2016”, per il suo impegno nel sociale, in particolare verso i bambini della Costa d’Avorio. Guarda video intervista https://youtu.be/H_LOYI3e910 (altro…)
Entusiasmo, voglia di capire e di essere protagonisti del proprio futuro: sono le note che hanno caratterizzato l’esperienza post GMG per il gruppo di giovani che si è ritrovato, dal 1° al 6 agosto, a Jasna, in Slovacchia. «Non potevamo immaginarci una cosa così. Se non ci accontentiamo della comodità, se non siamo “cristiani da divano”, potremo essere davvero protagonisti della storia», dichiara Anita, giovane argentina, al momento di ripartire. «Le proposte coraggiose fatte dal papa durante la GMG chiedevano un’adesione immediata, ma anche una consapevolezza che va maturata, ed è quello che abbiamo cercato di fare qui a Jasna», spiega Gianluca Falconi, filosofo. Insieme al teologo Michel Vandeleene e alla psicologa Antonella Deponte hanno animato i momenti di approfondimento, offrendo un intreccio di prospettive diverse e un approccio pluridisciplinare. Francesco a Cracovia ha parlato di abbattere la paura, di diffondere la pace in un mondo così pieno di odio, del valore della misericordia e della Croce, degli ostacoli da superare per incontrare Gesù. Ma come tradurre queste sfide, concretamente, nella vita quotidiana? I giorni in Slovacchia sono stati l’occasione per scendere nei particolari, per capire le ragioni, per interrogarsi personalmente sulla propria vita. L’esperienza internazionale ha dato la possibilità di un confronto con persone provenienti da contesti molto diversi: dal Libano all’Australia, dalla Francia agli Stati Uniti, dalla Russia all’Ucraina. «Una delle tematiche più forti – spiegano gli organizzatori – non era tanto quella dell’esistenza di Dio o delle grandi questioni, ma la relazione con l’altro, con il diverso, – poli attorno i quali la formazione si svolgeva. Venivano in evidenza le domande di senso personali, la questione del valore che ciascuno di noi è, le chances e le difficoltà delle relazioni con l’altro, col nemico, con chi la pensa diversamente».
Tutte domande a partire da esperienze personali. Come quella del giovane iracheno che ha messo in evidenza le difficoltà relazionali che vive nel proprio Paese. Per qualcuno il passo “verso l’altro” risultava impossibile. Ed allora la “scuola” ha offerto approfondimenti in piccoli gruppi, ma anche colloqui personali: spirituali, psicologici, o per fornire competenze relazionali. E si è parlato ancora del rapporto con se stessi, di autostima, dignità personale, emozioni ed apertura mentale. Il futuro è un altro dei grandi temi emersi: prendere in mano la propria vita e dare una direzione. A confrontarsi con questo c’erano adolescenti, giovani universitari, lavoratori. Cristiani di chiese diverse, agnostici e non credenti. Vocazioni diverse, 13 lingue. Una grande varietà di pubblico, quindi, ma accomunata dall’essere assetati di verità, interessati e appassionati. «Un modo di presentarsi dei giovani che non è usale nella società di oggi», commenta ancora Gianluca, nella sua lunga esperienza anche come educatore. «Ho 15 anni e nel mio gruppo c’erano persone di oltre 30 anni – racconta Carla, italiana –. È bellissimo perché ho potuto confrontarmi, chiedere spiegazioni, ricevere sicurezza». Un intreccio di generazioni, di lingue, di culture: «Da noi la filosofia non è molto apprezzata perché l’approccio con la realtà è diverso – spiega Antoine del Libano –, ma sono contento di conoscere altre mentalità diverse dalla mia». Fraternità vissuta come antidoto al male, sogni che si realizzano. Sono tra i nuovi bagagli messi in valigia dai giovani: «Il Papa ci ha detto di non smettere di sognare – confida Anna di Milano –. E questo che viviamo è un sogno diventato realtà». Maria Chiara De Lorenzo (altro…)