Movimento dei Focolari
Vangelo vissuto: in cerca di chi è smarrito

Vangelo vissuto: in cerca di chi è smarrito

Nei miei anni giovanili, in disaccordo col mio parroco che ritenevo troppo autoritario e rigido nelle strutture, a poco a poco mi ero allontanato anche dalla pratica religiosa finché la testimonianza di un gruppo di cristiani che mettevano in pratica il comandamento nuovo di Gesù (Gv 13,34-35)mi aveva fatto ricredere e nel cambiamento di condotta che ne era derivato mi ero sentito spinto prima di tutto a riconciliarmi con chi avevo giudicato. Gli ho chiesto scusa e ci siamo chiariti. Dietro certi modi di fare poco incoraggianti ho trovato un cuore capace di comprendere. Dopo qualche anno, avendo maturato una scelta totalitaria di Dio, sono andato a condividerla col parroco ormai amico: non se l’aspettava e conoscendo le mie capacità pittoriche, mi ha chiesto di decorare un tabellone sul quale venivano esposti gli annunci dei pellegrinaggi che lui era solito organizzare per i parrocchiani. Si trattava di un contributo tutto sommato modesto, ma per lui significativo: veniva a suggellare la nuova armonia stabilita tra noi.

(F. – Italia)

Michel seguiva la formazione umana e spirituale di un gruppo di adolescenti. Durante le vacanze di Pasqua li aveva portati per una sorta di ritiro in un collegio lasciato vuoto dagli studenti tornati a casa. I ragazzi erano una trentina, tutti vivacissimi. La prima serata trascorsa giocando andò bene. Il difficile era il riposo notturno, quando dai ragazzi c’era da aspettarsi qualche bravata. Per cui, una volta mandati a letto e spente tutte le luci, Michel attese. Silenzio. Dopo le 22, sentì qualche porta delle camerette aprirsi dolcemente. Lasciò che uscissero tutti, poi di colpo uscì a sua volta accendendo le luci del corridoio. I ragazzi rimasero impietriti, aspettandosi una ramanzina. Invece Michel esclamò: “E adesso… andiamo tutti in città a mangiare le frites” (le patatine fritte in Belgio con una tecnica particolare: una specialità). I ragazzi non se l’aspettavano. Felici, uscirono e ognuno ebbe il suo cartoccio di frites. Dopodiché, soddisfatti, tornarono al loro alloggio in tranquillità. Conquistati da Michel, il ritiro ebbe ottimi risultati.

(G.F. – Belgio)

Prima di scoprire il Vangelo come codice dell’esistenza, da ragazzo pensavo che chi seguiva Gesù dovesse fare molte rinunce: ora so che l’unica cosa a cui occorre rinunciare è il proprio egoismo. Tutto il resto è guadagno. Dopo quel cambiamento di rotta, sempre più si è evidenziata in me l’esigenza di approfondire, mediante studi teologici, quel Dio che mi ha cambiato la vita. Per me adesso insegnare religione in alcune classi dove non mancano alunni a rischio è una missione che nasce dal dovere di comunicare il dono ricevuto. Non è facile: in genere loro, dato il contesto sociale da cui provengono, la situazione di povertà e anche la mancanza forse di modelli a cui riferirsi, sono tabula rasa per quel che riguarda la religione. La Chiesa con i suoi precetti è da loro sentita come una realtà distante, superata. Si tratta allora, anzitutto, di farseli amici, di entrare nei loro interessi. In tutti c’è sempre del positivo da evidenziare; e allora, facendo leva su quello, è più facile che si aprano ed accolgano il messaggio cristiano.

(Gerardo – Italia)

A cura di Maria Grazia Berretta

(tratto da Il Vangelo del Giorno, Città Nuova, anno X– n.1° settembre- ottobre 2025)
Foto: © Pixabay

Vangelo vissuto: con il tesoro nel cuore

Vangelo vissuto: con il tesoro nel cuore

Mia suocera era rimasta insoddisfatta del lavoro fatto dall’operaio mandatole dal figlio. Quando le facemmo notare che non era mai contenta di niente, reagì vivacemente. Più tardi, a cena, manteneva ancora il broncio, e quando feci per minimizzare l’accaduto, partì in quarta rimproverandomi cose di cui non mi sentivo assolutamente colpevole.

Fino ad alzarsi da tavola e andare a rifugiarsi in camera. Ah, se ognuno fosse rimasto a casa sua!… Ma dentro di me la voce della carità che copre come un manto difetti e debolezze mi spinse ad andare da lei. La trovai in lacrime. Alla mia richiesta di perdono, ai rimproveri contro me associò anche il figlio. Non mi restò che andarmene: mi sembrava di aver fatto abbastanza… ma la voce di prima mi suggerì di riprovare. Sparecchiata la tavola, tornai da lei per convincerla che ero veramente dispiaciuta, l’abbracciai come avrei fatto con mia madre. E la lasciai solo dopo che la tensione si allentò e la vidi assopirsi. Ne ringraziai Dio e l’indomani il mio saluto sorridente tolse a mia suocera l’ultimo imbarazzo.

Maria Luisa – Italia

Mi ero ricoverata per un intervento al naso nell’ospedale di Ribeirão Preto. Non era la prima volta, perché ho una malattia rara e ho bisogno di cure frequenti: per questo non mi piace l’ospedale e avevo tanta paura, però mi sono messa a fare tutto per amore di Gesù.

Per esempio, ho bevuto il latte con la panna, che non mi piace per niente; nel giorno dell’intervento ho indossato senza fare storie i vestiti dell’ospedale; sono rimasta senza pranzo per prendere l’anestetico; ho aspettato con amore il ritardo di quattro ore per operarmi e ho cercato di amare gli altri bambini ricoverati con me. Dopo l’intervento, ho aspettato altre ore il medico che doveva chiamarmi per il controllo.

Avevo già fame, ero stanca e mi ha preso il nervoso, così ho rovesciato una sedia e ho brontolato. Però subito mi sono ricordata di ciò che avevo promesso a Gesù e mi sono pentita. Poco dopo s’è aperta la porta: era il medico e mi ha chiamata.

Paulinha, 7 anni – Brasile

Una mattina sento suonare il campanello di casa: la persona si annuncia come B., l’inquilina che abita sotto di me, affetta da Alzheimer. Mi chiede il favore di farla entrare perché è rimasta chiusa fuori casa senza chiavi, in assenza del marito. Le apro e la invito a fermarsi un po’ da me intanto che lui arriva.

© svklimkin-Pixabay

Siccome la vedo triste e confusa (a volte si rende conto della sua situazione), per non farle pesare la cosa le faccio osservare che quell’imprevisto può capitare a tutti, per disattenzione. Scambiamo quattro chiacchiere, finché lei si ricorda di essere rimasta senza chiavi e di nuovo si fa prendere dall’ansia.

Siccome non me la sento di lasciare quel prossimo in quello stato, pur trovandomi su una sedia a rotelle, per tranquillizzarla l’accompagno in ascensore al piano di sotto.

Prima però B. si è fatta prossimo anche lei per me: ha avuto infatti l’attenzione di sistemare il tappetino davanti alla mia porta d’ingresso in modo che questa non possa chiudersi. Così le faccio compagnia fino all’arrivo del marito.

M. – Italia

(tratto da Il Vangelo del Giorno, Città Nuova, anno X– n.1° luglio-agosto 2025)
Foto: © Pixabay

Una rete di famiglie: il dialogo crea comunità

Una rete di famiglie: il dialogo crea comunità

Da più di tredici anni, siamo coinvolti in un dialogo concreto con un gruppo di famiglie musulmane turche che vivono nella nostra città, Lubiana (Slovenia). Un’ esperienza iniziata in modo del tutto casuale. Lavoravo come dentista e una delle prime famiglie turche arrivate in Slovenia era tra i miei pazienti. Da quel primo incontro è nato un legame profondo, che nel tempo ha coinvolto altre famiglie della stessa comunità. Dopo il fallito colpo di stato in Turchia nel 2016, infatti, molte persone sono state accusate di appartenere a un movimento ostile e sono state costrette a fuggire, trovando rifugio nel nostro Paese. Da quel momento, il numero di famiglie con cui abbiamo iniziato a interagire è cresciuto rapidamente, arrivando a circa 50 persone in pochi mesi. 
Ben presto abbiamo compreso che non si trattava di un semplice scambio culturale, ma questo legame si è trasformato in un rapporto di vero aiuto reciproco: abbiamo dato una mano per apprendere la lingua, per sbrigare pratiche burocratiche, iscrizioni scolastiche fino al sostegno in quelle che sono le necessità della vita quotidiana. Un’amicizia, insomma, che man mano ha dato vita ad un dialogo profondo, anche sui valori e sulla spiritualità.

Col tempo, abbiamo avuto l’opportunità di presentare loro il Movimento dei Focolari e l’ideale del mondo unito. Questo ha dato vita a una condivisione di molti punti in comune tra il carisma focolarino e la loro spiritualità.

Uno degli aspetti più significativi di questo percorso è stato prendere parte alle festività religiose gli uni degli altri. Abbiamo partecipato alle cene di iftar durante il Ramadan, mentre le famiglie musulmane hanno mostrato interesse per le festività cristiane. Per quattro anni consecutivi, abbiamo celebrato insieme il Natale. Le famiglie musulmane erano inizialmente sorprese dalla profondità spirituale di questa festa, avendone una visione principalmente consumistica, influenzata dai media occidentali.

Video in lingua originale – Attivare i sottotitoli e scegliere la lingua desiderata

Da questo desiderio di approfondire ulteriormente il dialogo, è nato il progetto Pop the Bubbles in collaborazione con l’Associazione per il Dialogo Interculturale e Social Academy, dove lavoro. L’obiettivo era superare pregiudizi e barriere tra le comunità, favorendo l’incontro tra famiglie turche e slovene. Il progetto ha coinvolto un gruppo di famiglie per un anno intero, durante il quale abbiamo lavorato insieme per individuare valori comuni tra le due culture. Alla fine del percorso, sono emersi sei valori fondamentali: famiglia, cittadinanza attiva, dialogo interculturale, democrazia, libertà e inclusione. Per concludere il progetto, abbiamo organizzato due campi di convivenza, uno di tre giorni e uno di cinque, a cui hanno partecipato 73 persone. Oltre agli incontri di scambio culturale, il progetto ha portato anche a iniziative concrete di solidarietà, come l’aiuto ai rifugiati ucraini. Questo ha dimostrato che lavorare insieme per un obiettivo comune può rafforzare i legami tra comunità diverse. Inoltre, negli ultimi anni, ho iniziato a lavorare in una ONG (Social Academy) che si occupa di giovani e le famiglie turche mi hanno chiesto di prendermi cura anche dei loro figli adolescenti, trasmettendo loro quei valori comuni che abbiamo scoperto insieme. Questo passaggio è stato molto significativo, perché ha dimostrato la fiducia che si era creata tra le nostre comunità. 

Nello stesso periodo è nato un progetto innovativo: la creazione di un’applicazione per favorire il dialogo tra persone con opinioni opposte – hardtopics.eu. L’app funziona mettendo in contatto due persone che hanno risposto in modo divergente a un questionario su temi polarizzanti. Il sistema le abbina e le invita a un confronto in un ambiente preparato, con l’obiettivo di superare la polarizzazione sociale e promuovere una cultura del dialogo. Questa app verrà presto utilizzata nelle scuole superiori e nelle università di Lubiana. L’entusiasmo mostrato dai giovani durante la fase di test ha confermato il valore di questa iniziativa.

Penso che sia fondamentale creare reti di dialogo interreligioso a livello europeo. Il percorso che abbiamo intrapreso dimostra che con pazienza e dedizione si possono costruire relazioni autentiche basate sulla fiducia, sul rispetto e sulla condivisione dei valori comuni. 

 di Andreja Snoj Keršmanc (Slovenia)

 

Giubileo dei giovani: “Aspirate a cose grandi”

Giubileo dei giovani: “Aspirate a cose grandi”

Guardando la trasmissione in diretta della veglia a Tor Vergata, alla periferia di Roma, e vedendo quelle immagini d’una immensa moltitudine, può sorgere una domanda: che cosa sono venuti a cercare qui questo milione di giovani? Stare vicino a Papa Leone XIV? Non mi sembra sufficiente come motivazione. Conoscere Roma? Può darsi, ma sicuramente non avrebbero scelto queste condizioni di alloggio, cibo e trasporto. Ma nel silenzio profondo e prolungato durante l’ora di adorazione si trova la risposta. Questi ragazzi e ragazze venuti da tutto il mondo, sono stati attratti da Gesù, anche a loro insaputa, può darsi, per questo incontro personale e comunitario, dove Lui senza dubbio ha parlato al cuore di ognuno che torna a casa cambiato, con una fede più salda, con una esperienza di divino che non dimenticherà.

La settimana del Giubileo dedicata ai giovani è incominciata il 28 luglio e si è conclusa la domenica 3 agosto 2025. Sono state organizzate moltissime  attività per accogliere chi arrivava a Roma per vivere questi giorni: visite ai luoghi storici, alle Basiliche, eventi culturali, concerti, catechesi.

Anche il Movimento dei Focolari ha proposto 4 percorsi speciali a Roma seguendo il Pellegrinaggio delle Sette Chiese, ideato da San Filippo Neri: un itinerario storico che ha accompagnato i pellegrini fin dal XVI secolo. Un cammino di fede e comunione fraterna, fatto di preghiera, canti e riflessioni sulla vita cristiana, con attività di gruppo, catechesi e testimonianze, aiutati da un libretto di meditazioni per un approfondimento spirituale alla luce del carisma dell’unità. Il folto gruppo che ha aderito alla proposta era composto da giovani di lingua inglese, ungherese, olandese, italiana, tedesca, rumena, coreana, spagnola, araba.

Tutto il “viaggio” si è basato su 4 idee chiave: pellegrinaggio (un cammino), porta santa (un’apertura), speranza (guardare avanti), riconciliazione (fare pace)

“Speranza” è la parola che è riecheggiata nella testimonianza di Samaher, giovane siriana di 28 anni: “Gli anni della mia infanzia sono stati dolorosi, bui e solitari. La casa non era un luogo sicuro per una bambina a causa dei conflitti, e neanche la società, a causa del bullismo. Affrontavo tutto da sola, senza poterlo condividere con nessuno, arrivando a tentativi segreti di suicidio a causa della forte depressione e della paura. Il Vangelo mi ha cambiata, dopo che la vita dentro di me si era spenta e tutto era diventato buio… mi ha restituito la luce”.

Le catechesi si sono svolte presso il Focolare meeting point tenute da Tommaso Bertolasi (filosofo), Anna Maria Rossi (linguista) e Luigino Bruni (economista). “Uno sguardo che parte dall’amore e suscita amore, non è forse il volto più concreto della speranza?” è la domanda provocatoria rivolta da Anna Maria Rossi ai giovani pellegrini.

José, giovane diciottenne del Panama, lo ha confermato nella testimonianza che ha condiviso a proposito del periodo della sua malattia: “La mia esperienza dimostra che, quando metti in pratica l’arte d’amare che consiste nel vedere Gesù in tutti, amare tutti, amare i nemici, amare come te stesso, amarsi reciprocamente…, non solo cambia la tua vita, ma cambia anche quella degli altri. Proprio quest’arte di amare, che molte persone hanno condiviso con me, ha creato un equilibrio così forte che mi ha aiutato a non crollare nei momenti difficili, sostenendomi e rafforzarmi attraverso ogni ostacolo che ho incontrato”.

Anche Laís del Brasile non ha nascosto le sfide incontrate per via della separazione dei suoi genitori: “Ci sono stati momenti in cui non capivo perché vivessero separati e desideravo che fossero di nuovo insieme. Tuttavia, quando ho avuto una maggiore consapevolezza di ciò che era accaduto tra loro, ho potuto fare domande sincere, e nessuno dei due ha nascosto la verità. Questo mi ha aiutato ad accettare la realtà della nostra famiglia. Oggi hanno un rapporto di amicizia e questo, per me, è un esempio di maturità, perdono e amore vero, che va oltre le difficoltà e gli errori. Ricominciare è possibile quando ci mettiamo davvero in gioco”.

 Papa Leone, in vari momenti ha fatto interventi e saluti fuori programma, come quando, alla messa di benvenuto, ha voluto farsi presente alla conclusione percorrendo, a bordo della “papamobile” Piazza San Pietro e via della Conciliazione, gremita di giovani, per salutarli.  Parlando a braccio ha detto: “Speriamo che tutti voi siate sempre segni di speranza. (…)  Camminiamo insieme con la nostra fede in Gesù Cristo e il nostro grido deve essere anche per la pace del mondo”. 

Poi, sabato 2 agosto, mentre la natura regalava un magnifico tramonto, rispondendo alle domande dei giovani a Tor Vergata ha ribadito il suo appello: “Cari giovani, vogliatevi bene tra di voi! Volersi bene in Cristo. Saper vedere Gesù negli altri. L’amicizia può veramente cambiare il mondo. L’amicizia è una strada verso la pace”. E poi ha aggiunto: “Per essere liberi, occorre partire dal fondamento stabile, dalla roccia che sostiene i nostri passi. Questa roccia è un amore che ci precede, ci sorprende e ci supera infinitamente: è l’amore di Dio. (…) Troviamo la felicità quando impariamo a donare noi stessi, a donare la vita per gli altri”. E ha indicato la strada per seguire Gesù: “Volete incontrare veramente il Signore Risorto? Ascoltate la sua parola, che è Vangelo di salvezza! Cercate la giustizia, rinnovando il modo di vivere, per costruire un mondo più umano! Servite il povero, testimoniando il bene che vorremmo sempre ricevere dal prossimo!”.

Nella Messa della domenica Papa Leone XIV ha detto ai giovani che siamo fatti “per un’esistenza che si rigenera costantemente nel dono, nell’amore. E così aspiriamo continuamente a un ‘di più’ che nessuna realtà creata ci può dare; sentiamo una sete grande e bruciante a tal punto, che nessuna bevanda di questo mondo la può estinguere”. Eh ha concluso l’omelia con un accorato invito: “Carissimi giovani, la nostra speranza è Gesù. (…) Aspirate a cose grandi, alla santità, ovunque siate. Non accontentatevi di meno”.

Salutandoli alla fine ha definito questi giorni “una cascata di grazia per la Chiesa e per il mondo intero”. Ribadendo ancora il suo grido per la pace: “Siamo con i giovani (…) di ogni terra insanguinata dalle guerre. (…) Voi siete il segno che un mondo diverso è possibile: un mondo di fraternità e amicizia, dove i conflitti si affrontano non con le armi ma con il dialogo”.


Si conclude l’esperienza unica ed irripetibile del Giubileo dei Giovani 2025. In questo incredibile viaggio abbiamo: camminato, cantato  camminato, ballato, gioito, camminato, pregato, riso e camminato… trascinati da una meta comune e tanti compagni di viaggio. Sì, perché aldilà del programma stupendo che ci ha arricchito culturalmente e spiritualmente, rimarrà per sempre impressa nei nostri occhi l’immagine di migliaia di ragazzi come noi che camminavano. Forse se avessimo chiesto ad alcuni di loro quale era la loro meta avrebbero risposto qualcosa come: “Stiamo andando alla chiesa di Santa Maria Maggiore” oppure “Andiamo finalmente a riposare”, ma sono altrettanto convinto che, se avessimo anche chiesto come lo stavano facendo, avrebbero raccontato con occhi pieni di energia delle canzoni che hanno cantato, dei ragazzi con i quali hanno fatto amicizia e della pienezza di spirito che questo camminare ha donato loro. In fondo per noi il Giubileo è stato questo, un cammino come nessun’altro, in una città come nessun’altra, dove si uniscono sogni,

speranze, gioie e dolori di un mare di persone, dove se cammini solo hai comunque un compagno al tuo fianco, dove il mondo è contemporaneamente minuscolo ed immenso, dove tutto grida Unità. Torniamo a casa con un ricordo che non sbiadirà facilmente, il ricordo di un Mondo Unito che si prende per mano e cammina, a testa alta e cuore colmo di uno spirito più grande.

Mattia, Calabria (Italia)


Carlos Mana (con la collaborazione di Paola Pepe)
Foto © Joaquín Masera – CSC Audiovisivi

Paolo Rovea, una vita in Dio

Paolo Rovea, una vita in Dio

Gratitudine e riconoscenza a Dio. Queste parole possono racchiudere la moltitudine di messaggi giunti da tutto il mondo per Paolo Rovea. Il 3 luglio 2025 in un incidente in montagna, Paolo ha concluso la sua vita terrena. Sposato con Barbara, hanno cinque figli: Stefano, Federico, Francesco, Miriam e Marco.

Era il 1975 quando ha conosciuto l’Ideale dell’unità del Movimento dei Focolari. “Ha cambiato radicalmente la mia vita” diceva. In quell’anno partecipa al Genfest a Roma, tornando col desiderio di vivere al cento per cento coi gen, i giovani dei focolari; e per 14 anni si impegna senza risparmiare tempo e forze, facendo del Vangelo il suo stile di vita.

Con Barbara, anche lei una gen, iniziano a progettare di mettere su famiglia. Coppie di fidanzati o di giovani famiglie iniziano a vederli sempre più come punti di riferimento. Scrive una di loro: “Con grandissimo dolore per questa perdita, siamo profondamente grati per l’amore, la stima, la fiducia ricevuti da Paolo. Grati per i tanti anni di straordinarie ‘pazzie’ di tutti insieme. Con Barbara egli ha segnato la storia di Famiglie Nuove – diramazione dei Focolari per il supporto alle famiglie -, la storia di tante coppie, tra cui la nostra”.

Paolo si afferma sempre più anche nella sua professione, con competenza e sensibilità. Si era laureato in medicina all’Università di Torino (Italia), con specializzazione in oncologia e radioterapia oncologica. Nella stessa università era docente in un master pluriennale. Aveva lavorato come medico ospedaliero divenendo poi responsabile del reparto di Oncologia e Radioterapia Oncologica a Torino, fino alla pensione arrivata nel 2021. Aveva anche conseguito un Master e frequentato corsi di perfezionamento in Bioetica.

Nel 1989 sente che Dio lo chiama sulla strada del focolare e si confida con Danilo Zanzucchi, uno dei primi focolarini sposati: “Sono in un momento molto importante per la mia vita: il lavoro come medico dovrebbe diventare definitivo; 5 mesi fa mi sono sposato. (… ) Ringrazio Dio di tutti i doni che mi ha dato: prima di tutto per l’Ideale del’unità (…), per la mia famiglia (…) la vita gen (…); per Barbara, mia moglie, con la quale sto vivendo dei mesi bellissimi (…) Ti assicuro che parto con un rinnovato desiderio di santità su questa strada così unica che è il focolare”.

Una vita che ha le sue radici in una crescita costante del suo rapporto con Dio.

Molti ricordano come Paolo raramente dicesse di no a una richiesta o esigenza; era accanto a chiunque avesse bisogno con amore concreto. I suoi talenti e la sua professionalità erano al servizio di chi gli era accanto: se c’era da cantare o suonare, cantava e suonava, se c’era da scrivere un testo, scriveva, se c’era da dare un consulto medico era pronto, se c’era da dare un consiglio, lo dava con distacco, incoraggiando i timorosi e spronando gli incerti. La sua capacità di farsi vicino alla vita di ognuno che gli passava accanto, fa sì che nel tempo sia percepito da tanti ome un vero fratello, uno di famiglia, un amico fedele.

L’impegno di Paolo e Barbara nei Focolari va crescendo soprattutto all’interno di Famiglie Nuove (FN). Uno dei campi che tanto li appassiona è l’educazione all’affettività e alla sessualità. È grazie a loro che nel 2011, in sinergia con le diverse agenzie formative del Movimento dei Focolari nasce un itinerario in tal senso, Up2Me, alla cui base vi è la visione antropologica tipica dei Focolari.

Maria e Gianni Salerno, responsabili di Famiglie Nuove raccontano: “Pur conoscendoci con Paolo e Barbara già da quando eravamo giovani, abbiamo lavorato a stretto contatto, quotidianamente, negli ultimi 10 anni, alla Segreteria Internazionale di Famiglie Nuove. La passione, la generosità, la creatività, l’impegno instancabile con cui Paolo portava avanti ogni cosa, sempre attento ai rapporti con ognuno, restano per noi una testimonianza grandissima e sono stati sempre uno sprone ad andare avanti insieme, per cercare sempre più e sempre meglio di essere al servizio delle famiglie nel mondo. Spesso, nel confrontarci con lui su come affrontare le sfide della famiglia oggi, per poter essere sempre più prossimi a tutti, suggeriva idee innovative, utili per stare al passo con i tempi e con le necessità delle persone. Ha viaggiato con Barbara tanto e ha lasciato ovunque nel mondo una scia di luce”.

“Tante delle nuove iniziative di Famiglie Nuove  – continuano i Salerno – sono state suggerite e coordinate da lui, insieme a Barbara. Il programma Up2me, Formato Famiglia, un programma di confronto e crescita con altre famiglie nella cittadella internazionale dei Focolari di Loppiano e non ultima la Loppiano Family Experience, una scuola di tre settimane per animatori di Famiglie Nuove che provengono da tutto il mondo, sempre a Loppiano. Pur nel dolorosissimo distacco, sappiamo che possiamo contare sul suo insostituibile sostegno, che ora, dal Cielo, sarà ancora più forte…”

Grazie Paolo!

Lorenzo Russo

Vangelo vissuto: il coraggio di fermarsi

Vangelo vissuto: il coraggio di fermarsi

Nel condominio

Salivo le scale di casa quando mi è venuta in mente l’inquilina di fronte a me con grossi problemi di salute. Non riuscivo mai a trovare un po’ di tempo per lei e anche stavolta ero tentata di rinviare, ma il pensiero di farlo a Gesù mi ha dato la spinta. Lasciata la signora contentissima di aver fatto quattro chiacchiere con me, sono stata trattenuta da alcuni inquilini che, vedendomi, volevano sentire anche il mio parere su una vecchia questione del condominio rimasta irrisolta. Avrei voluto tagliar corto, dovevo ancora preparare il pranzo, ma mi sono fermata ad ascoltare le ragioni dell’uno e dell’altro; al tempo stesso, cercavo una soluzione che riportasse l’armonia nello stabile, ma nessuna mi sembrava praticabile. Forse quello che potevo fare era solamente amare, ascoltandoli. Alla fine hanno trovato loro stessi quella che andava bene per tutti. Dopo i saluti, come a ringraziarmi, uno di loro è tornato indietro e mi ha regalato un medaglione. Ma più importante per me era aver trovato con quelle persone un rapporto che prima non c’era.

(Fulvia – Italia)

Dieci anni dopo

Quella sera trovai mia moglie affaccendata a lavare i piatti. Come dirle che la valvola mitralica che mi teneva in vita non funzionava, che bisognava operare di nuovo a distanza di dieci anni? La prima volta c’era stato lo strazio per la separazione, per i bambini che già vedevo orfani… Poi l’accettazione e finalmente la serenità, disposto a “partire” in qualsiasi momento. Infine l’operazione, dolorosa, però con un buon recupero. Ma il dono più grande era stato sentire Dio sempre vicino a noi, proprio attraverso la conseguente limitazione fisica. Intanto, contrariamente ai pronostici dei medici, si era prolungato il miracolo di una mezza salute stabile. Ora però, d’improvviso, le palpitazioni e il senso di spossatezza mi avevano fatto tornare alla realtà. Tuttavia non persi la calma, diedi un bacio ad Adita e accennai a certe analisi che il medico mi aveva prescritto. Era sufficiente perché lei comprendesse. Mi guardò con un sorriso. Anch’io le sorrisi. Era il nostro “sì” a ciò che Dio ci chiedeva. Non dovevamo far altro che abbandonarci ancora a lui.

(Annibale – Argentina)

Non è più solo

Fin da adolescente avevo un’attenzione speciale per i poveri, gli ammalati, i soli. Tanti ne ho conosciuti, fra i quali una signora con due figli, emarginati da tutti, perché con problemi psichici. Venuta a mancare lei, essi rimasero ancora più soli, ma continuarono a considerarmi come una persona di famiglia: infatti di tanto in tanto andavo a trovarli, con aiuti vari. Più tardi anche uno di loro andò a raggiungere la mamma in Cielo. Rimase F., il fratello, considerato dai vicini di casa una persona inavvicinabile perché violento. Non usciva mai da casa, né potevo farmi accompagnare nelle mie visite perché non accettava nessuno. Vera immagine di Gesù Crocifisso, decisi di andare a trovarlo. Prima però telefonai ad un’amica di venirmi a cercare se non l’avessi richiamata dopo 30 minuti. Grande fu la gioia di F. nel vedermi in casa sua, senza nessun timore: per lui era il regalo più grande mai ricevuto avere qualcuno con cui parlare. Da allora, quasi tutte le sere, mi manda un messaggio. Io rispondo cercando di infondergli speranza. Adesso F. non è più solo.

(G. – Italia)

A cura di Maria Grazia Berretta

(tratto da Il Vangelo del Giorno, Città Nuova, anno X– n.1° luglio-agosto 2025)

Foto © Mihaly-Koles-Unsplash