«Oggi Bangui diviene la capitale spirituale del mondo. L’Anno Santo della Misericordia viene in anticipo in questa Terra. Una terra che soffre da diversi anni la guerra e l’odio, l’incomprensione, la mancanza di pace. Ma in questa terra sofferente ci sono anche tutti i Paesi che stanno passando attraverso la croce della guerra. Bangui diviene la capitale spirituale della preghiera per la misericordia del Padre. Tutti noi chiediamo pace, misericordia, riconciliazione, perdono, amore. Per Bangui, per tutta la Repubblica Centrafricana, per tutto il mondo, per i Paesi che soffrono la guerra chiediamo la pace!». Sono le parole con cui papa Francesco ha preceduto l’apertura della Porta Santa della cattedrale di Bangui, il 29 novembre, attraversandola, subito dopo, da solo, con un gesto intenso e carico di significati. Mentre il Papa è ancora sul volo di ritorno, abbiamo raggiunto telefonicamente a Bangui Geneviève Sanzé, originaria della Repubblica Centrafricana, membro del Pontificio Consiglio per i laici, e che presta attualmente il suo servizio presso il Centro internazionale dei Focolari, in Italia. « Nessuno poteva immaginare quello che è successo nel popolo, ci ha riportato la gioia, la pace!», esordisce. Eppure le attese erano alte, sia da parte cristiana che musulmana: «Ora viene l’uomo di Dio, si diceva. È la chance suprema che Dio ci manda». Un viaggio rischioso, per motivi di sicurezza, ma «nonostante fossero tutti preoccupati e sia stato scoraggiato in tutti modi, il Papa è voluto proprio venire». «E il popolo sente che è venuto per loro, non per un compito o un evento speciale, ma come un padre che vuole incoraggiare – spiega Geneviève -. È stato dai cristiani, cattolici e protestanti, ma anche dai musulmani. Tutti abbiamo preparato il suo arrivo con entusiasmo, anche se cristiani da una parte, musulmani dall’altra, e il Papa è andato da tutti. Tanti pensavano che fosse meglio che annullasse la visita alla moschea, nel quartiere dove nessun cristiano può entrare. Invece è andato lo stesso. E anche lì è stato straordinario».
Papa Francesco, nella messa allo stadio ha invitato i «cari Centrafricani» a «guardare verso il futuro e, forti del cammino già percorso, decidere risolutamente di compiere una nuova tappa nella storia cristiana del vostro Paese» ed esortando ciascuno ad essere «artigiano del rinnovamento umano e spirituale». Il giorno prima aveva ricordato «l’amore per i nemici, che premunisce contro la tentazione della vendetta e contro la spirale delle rappresaglie senza fine», e ancora che «dovunque, anche e soprattutto là dove regnano la violenza, l’odio, l’ingiustizia e la persecuzione, i cristiani sono chiamati a dare testimonianza di questo Dio che è Amore». Con queste parole nel cuore, Geneviève racconta di un episodio cui ha assistito con i propri occhi: «Durante la messa è entrato un musulmano, chiaramente riconoscibile, con un cartello con su scritto “Dio è grande”. I cristiani lo hanno applaudito e, andando verso di lui, lo hanno abbracciato. Vogliono vivere quello che il Papa chiede, questa responsabilità nell’amore e nella misericordia; questa porta aperta che ci riporta tutti in quella grazia. E lo hanno dimostrato con quel gesto». «Quando sono arrivata ho trovato cuori duri. Vedere in due giorni il cambiamento che c’è stato nel popolo è stato straordinario. Il gesto del Papa, poi, dell’apertura della Porta Santa, non è stato solo un atto, ma una vita che lui stesso ha testimoniato, nella misericordia con cui è andato verso tutti: ha portato questo amore di Dio a tutti».
«Il discorso della sindaco di Bangui (e presidente dello stato di transizione) – spiega ancora Geneviève – ha messo davanti al Papa tutti i peccati del nostro Paese, non ha tolto la sua responsabilità; ha chiesto perdono a Dio, chiedendo al Papa che, con la sua benedizione, invochi la grazia del perdono sulla nazione. Trovarsi in cattedrale, sapendo tutto quello che è successo, e vedere che proprio qui papa Francesco apre la porta della misericordia, è stato per me veramente eccezionale. Non ha detto tanto, ma ha saputo mettere il dito nel punto più debole, lanciando lì un appello a tutte le nazioni che fabbricano le armi. E ha chiamato Bangui la capitale spirituale del mondo. Sentire che un paese che ha versato così tanto sangue innocente viene chiamato capitale spirituale, è stato vedere Dio che viene incontro».
Imparare e crescere per superare i limiti
Imparare e crescere per superare i limiti
0 commenti