Giu 20, 2020 | Testimonianze di Vita
“Gesù è stato la manifestazione dell’amore pienamente accogliente del Padre celeste verso ciascuno di noi – scriveva Chiara Lubich – e dell’amore che, di conseguenza, noi dovremmo avere gli uni verso gli altri. (…) L’accoglienza dell’altro, del diverso da noi, sta alla base dell’amore cristiano. È il punto di partenza, il primo gradino per la costruzione di quella civiltà dell’amore, di quella cultura di comunione, alla quale Gesù ci chiama soprattutto oggi”[1]. Lavoro di ricerca Stavo lavorando ad una ricerca per la quale c’era una scadenza, quando ha bussato la vicina: mi chiedeva di far compagnia al marito, molto malato, mentre lei andava a fare la spesa. Conoscevo la situazione e non ho potuto dirle di no. Lui ha cominciato a parlarmi del suo passato, degli anni di insegnamento… Mentre ascoltavo, veniva di tanto in tanto a distrarmi il pensiero del lavoro interrotto. Finché mi sono ricordato del consiglio di un amico: riuscire ad ascoltare un prossimo per amore è un’arte che esige il vuoto di sé. Ho provato a fare questo esercizio essendo interamente presente all’altro. A un certo punto il malato si è interessato a sua volta a me, chiedendomi del mio lavoro. Saputo di cosa mi stavo occupando, mi ha suggerito di cercare nella libreria un suo quaderno di appunti presi a una conferenza proprio sul tema che stavo trattando. L’ho trovato e abbiamo cominciato a discutere sull’argomento. In breve, ho acquisito nuovi elementi per vedere più chiaramente come concludere la mia ricerca. E pensare che avevo temuto di perdere tempo! (Z. I. – Francia) Prepararsi a… vivere Quando il medico mi annunciò che ormai non c’era più niente da fare, fu come se si chiudesse ogni fonte di luce e restassi al buio. Tornando verso casa, presi la strada della chiesa. Lì sostai in silenzio, mentre i pensieri mi turbinavano nella testa. Poi, come una voce, si formò nella mente un pensiero: “Non devi prepararti alla morte, ma alla vita!”. Da quel momento provai a fare ogni cosa bene, ad essere gentile con tutti, senza farmi distrarre dal mio dolore ma pronto ad accogliere gli altri. Iniziarono giorni pieni. Non so quanto tempo mi resta, ma l’annuncio della morte è stato come svegliarmi da un sonno. E sto vivendo con insperata serenità. (J. P. – Slovacchia) Trasfusione diretta Sono infermiera. Per caso vengo a sapere di una ricoverata in condizioni disperate. Per tentare di salvarla occorre sangue di un gruppo che da vari giorni sembra introvabile. Mi metto all’opera fra le varie amicizie e conoscenze per poi continuare la ricerca nell’ambiente di lavoro. Niente da fare. Sto per cedere le armi. Nasce allora una richiesta a Gesù. “Tu lo sai che ho cercato di fare la mia parte, ma se vuoi, tu puoi tutto”. Finito l’orario di servizio del mio reparto, il medico che coadiuvo è appena andato via quando si presenta una giovane donna per farsi visitare. Non posso lasciarla andar via, chissà da dove viene. Mi precipito a chiamare il sanitario, che a differenza di altre volte trovo disposto a ritornare in ambulatorio. Comincio a intestare la ricetta e, chiesto un documento di riconoscimento, mi vedo porgere dalla signora un tesserino dell’Associazione dei volontari donatori di sangue. Col fiato sospeso, ho in mente una domanda: e se avesse quel gruppo sanguigno? Se fosse disponibile? È proprio così e, poche ore dopo, la donna è al capezzale della malata per la trasfusione diretta. (A. – Italia)
a cura di Stefania Tanesini
(tratto da Il Vangelo del Giorno, Città Nuova, anno VI, n.3, maggio-giugno 2020) [1] Cf. C. Lubich, Parola di Vita dicembre 1992, in eadem, Parole di Vita, a cura di Fabio Ciardi (Opere di Chiara Lubich 5; Città Nuova, Roma 2017) pp. 513-514. (altro…)
Giu 19, 2020 | Focolari nel Mondo
Continuiamo a condividere le storie di solidarietà di tanti di noi, delle comunità dei Focolari nei Paesi che ancora stanno affrontando la battaglia contro il Covid-19. Se in alcuni Paesi si è tornati “quasi” alla normalità, in altri invece è ancora alto il livello di pandemia. Nonostante ciò continuano ad arrivare storie di fraternità dalle comunità dei Focolari in giro per il mondo. Il Brasile è attualmente il paese più colpito dal Covid. Anche la comunità dei Focolari non ha mai smesso di pensare a chi è più in difficoltà e sono nate azioni e collaborazioni, anche in rete con altre organizzazioni, per sostenere chi è più colpito. Le diverse comunità di Focolari sparse in tutto il Paese hanno innanzi tutto rivolto lo sguardo al loro interno, a chi tra loro stava soffrendo. E’ stato fatto un veloce censimento dei più bisognosi e, attraverso la comunione e il sostegno economico o materiale, si prevede di riuscire a sostenere chi è maggiormente in necessità per almeno due o tre mesi. Inoltre gli imprenditori per un’Economia di Comunione hanno avviato una raccolta fondi per le comunità più carenti. Dagli Stati Uniti Matteo racconta: “Quando il Covid-19 iniziò qui la sua terribile e rapida diffusione, come staff della rivista Living City e New City Press ci siamo chiesti: cosa possiamo fare, oltre a seguire tutte le linee guida delle autorità civili? Come possiamo aiutare le persone a superare la crisi? Immediatamente fu chiaro che il “distanziamento sociale” non avrebbe dovuto impedire a noi e agli altri di amare. Così abbiamo creato una serie di video, webinar e interviste con l’hashtag #DareToCare, per ispirare e incoraggiare tutti a mettersi in contatto durante queste settimane impegnative. Abbiamo chiesto alle persone di condividere in un video di 1-2 minuti come “osano preoccuparsene”. Così una donna ha raccontato che, mentre faceva shopping ha visto la gente presa dal panico. Tuttavia, invece di acquistare due grossi pacchi di pollo appena arrivati al supermercato, ne ha preso solo uno per lasciare ad altri la possibilità di comprare il pollo.
Un farmacista invece ha deciso di rimanere aperto per servire i suoi clienti, ma non aveva dispositivi di protezione: “Quando è iniziata la crisi, non avevamo quasi maschere e guanti”, ha detto. Quindi ha condiviso le sue preoccupazioni con i suoi clienti, che hanno portato loro delle maschere che potevano risparmiare. E ancora una famiglia di cinque persone ha registrato la sua nuova routine quotidiana: lavorando e prendendo lezioni online da casa, la figlia si allena per mantenersi in forma per l’atletica leggera del prossimo anno, mentre tutti provano nuove ricette per amare i vicini più vicini a casa. E i video continuano ad arrivare!” Ulrike, medico psichiatra racconta: “sono impiegata presso l’ufficio sanitario di Augsburg in Germania. Attualmente sono impegnata al telefono per i cittadini. Una volta mi sono impegnata in modo particolare per una signora che ha telefonato. Ho insistito per venire incontro alla richiesta della signora, finché finalmente sono riuscita a procurarle un’informazione importante. Nel pomeriggio arriva una e-mail: “Cara dottoressa, io e mio marito desideriamo ringraziarla ancora una volta di tutto cuore per il suo straordinario impegno. Se tutti si comportassero bene e si rendessero disponibili come lei in questo periodo così difficile, ci sarebbero meno problemi”. Da Buenos Aires, Argentina, Carlos racconta che “Da luglio 2019 la comunità ebraica Bet El, dopo la morte per il freddo di un senzatetto, ha avviato una campagna in aiuto dei poveri dal nome ‘non avere freddo di fronte al freddo’. I nostri amici cristiani, in particolare i nostri fratelli focolari sono venuti ad aiutarci per condividere il cibo per i senzatetto. Il nostro non è dialogo, è vita condivisa”. Con il coronavirus non potevano più uscire per strada. Cosa fare? “Così è nato il progetto ‘Un piatto in più per le quarantene affamate’. Ancora una volta insieme, ebrei e cristiani, la Bet El Community e i Focolari si sono imbarcati nel sacro compito di amare il nostro prossimo e di non trascurarlo” conclude Carlos. A Montevideo in Uruguay, una direttrice di scuola elementare racconta: “Attraverso una partnership con lo Stato aiutiamo i bambini di 48 famiglie per dare loro il pranzo. Con la sospensione delle lezioni per il Covid, è sorto il problema dell’alimentazione per questi bambini. Ho iniziato a pregare e ad avere più fiducia in Dio. E così, grazie ad una fondazione e ad alcuni amici dell’Inda (Istituto Nazionale per l’alimentazione) sono arrivate risorse per distribuire cesti alimentari per almeno un mese”.
Lorenzo Russo
Se vuoi dare il tuo contributo per aiutare quanti soffrono degli effetti della crisi globale del Covid, vai a questo link (altro…)
Giu 18, 2020 | Cultura
Un nuovo video del Gen Verde dedicato a Chiara Lubich
Non è scontato, né superficiale. Dire grazie a qualcuno è semplice e profondo allo stesso tempo. È questo l’intento con cui il Gen Verde ha pubblicato su YouTube il nuovo video della canzone “Che siano uno”. Un brano dedicato a Chiara Lubich e al suo ideale, la fraternità universale. Un video che vuole ricordarla proprio nell’anno che celebra il suo centenario dalla nascita. “Con questo video – afferma Adriana del Messico – non vogliamo celebrare o ricordare Chiara Lubich come si fa magari in famiglia sfogliando gli album che raccontano eventi e storie importanti; oggi ci sta più che mai a cuore che tante persone possano incontrarla nell’oggi della società, in quel suo-nostro ideale che si è incarnato nei vari ambiti della vita civile, religiosa e politica. La ricordiamo perché è lei che ha dato vita al Gen Verde, è lei che ci ha guidato nei primi passi, è lei che ci ha regalato i primi strumenti da cui tutto è partito! Così come tante di noi sono rimaste affascinate dai suoi gesti, dalle sue parole e dalla sua vita, ora noi avvertiamo che dobbiamo essere testimoni autentici e credibili del suo messaggio”. Un’ideale forte nato sotto le bombe della seconda guerra mondiale, ma attualissimo ancor più oggi quando tv e social ci raccontano di ondate di razzismo e discriminazione. Se l’emergenza covid-19 riesce ad essere discretamente fronteggiata in alcuni continenti, è anche vero che in altri è cresciuto il gap tra ricchi e poveri, neri e bianchi, tra chi si può permettere le cure mediche necessarie per sopravvivere e coloro che cadono come birilli in mezzo alla strada. “Siamo pienamente convinte che la fraternità universale – spiega Beatrice della Corea – è possibile e non è utopia; è questo quello che sperimentiamo quotidianamente e proviamo a trasformare le nostre esperienze in musica. Spesso si tratta di compiere gesti semplici, ma non scontati, che fanno cadere pregiudizi o barriere culturali”. È questo quello che ha fatto Chiara Lubich sin dal 1943, anno di fondazione del Movimento dei Focolari. Passo dopo passo, con costanza e tenacia, assieme alle sue amiche, ha costruito rapporti nuovi, profondi e anche rivoluzionari dapprima all’interno della sua città d’origine (Trento, Italia) e poi in tutto il mondo. Lo stesso video del Gen Verde ha catturato scatti fotografici importanti: Chiara assieme ad ebrei, sikh, indù, mussulmani e anche tra i massimi esponenti di due tribù del Cameroon. Immagini che raccontano momenti storici e che resteranno per sempre nella storia dell’umanità. “Certamente il grazie più grande che possiamo dire a Chiara – spiega Nancy degli Stati Uniti – è vivere per il suo ideale; ma con questo video vogliamo davvero dirle un grazie immenso; è lei che ci ha generato, senza di lei il Gen Verde non esisterebbe”. Per vedere il video clicca qui: https://youtu.be/A3xuaqtkOj8
Tiziana Nicastro
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Giu 16, 2020 | Sociale
C’è anche Maria Voce tra i firmatari dell’appello promosso dalla Comunità di Sant’Egidio per riumanizzare le nostre società. L’invito a diffonderlo e a firmare per richiamare l’attenzione sulla grave condizione degli anziani in seguito alle “stragi” operate dalla pandemia. No ad una sanità selettiva, no alla “cultura dello scarto”, no a qualsiasi espropriazione dei diritti dell’individuo; sì, invece, alla parità di trattamento e al diritto universale alle cure. “Il valore della vita rimanga uguale per tutti. Chi deprezza quella fragile debole dei più anziani, s prepara a svalutarle tutte”. E’ una cultura della vita senza sconti che l’appello internazionale “Senza anziani non c’è futuro, per ‘riumanizzare’ le nostre società – Contro una ‘sanità selettiva’” sostiene e ha rilanciato pochi giorni fa, il 15 giugno scorso, in occasione della Giornata mondiale contro gli abusi sugli anziani, che Sant’Egidio ha celebrato in tutti i Paesi in cui è presente. Tra le molte adesioni eccellenti ci sono l’economista statunitense Jeffrey Sachs, la scrittrice italo-britannica Simonetta Agnello Hornby, il filosofo tedesco Jurgen Habermas, il sociologo spagnolo Manuel Castells e poi Stefania Giannini, direttore generale aggiunto UNESCO, oltre al fondatore della Comunità di Sant’Egidio, Andrea Riccardi, che è anche il primo firmatario. Anche la presidente dei Focolari ha aderito e firmato, invitando le comunità del movimento nel mondo a fare lo stesso, per richiamare l’attenzione, soprattutto dell’Europa, sulla condizione degli anziani. “Condivido quanto denunciato dall’appello e cioè l’emergere, di fronte alle drammatiche condizioni sanitarie che il Covid-19 ha portato allo scoperto, di un pericoloso modello che promuove una sanità selettiva che di fatto giustificherebbe la scelta di curare i più giovani, sacrificando gli anziani. Una società senza anziani non può dirsi tale; una società che non può beneficiare dell’indispensabile rapporto intergenerazionale è una società povera, monca, incapace di progettare e realizzare un futuro migliore per tutti, inclusivo, perché frutto di diversità che si incontrano”. “L’appello – si legge in una nota diffusa dalla Comunità di Sant’Egidio – nasce dall’amara constatazione del numero altissimo di vittime del Covid-19 tra la popolazione anziana, in particolare tra le persone presenti negli istituti e nelle case di riposo, e propone un radicale cambiamento di mentalità che porti a nuove iniziative sociali e sanitarie”. Un rapporto dell’Oms rilevava, già nel 2018, che proprio “nelle istituzioni i tassi di abuso sono molto più alti rispetto agli ambienti comunitari” e includono maltrattamenti vari tra cui “restrizioni fisiche, privazione della dignità, imposizione di esecuzione di faccende quotidiane, fornitura intenzionale di assistenza insufficiente, trascuratezza e abuso emotivo”. La situazione si è aggravata durante la pandemia da Covid-19 determinando, com’è noto, un altissimo tasso di vittime all’interno degli istituti, circa il doppio rispetto agli anziani che vivono in casa, secondo i dati in possesso dell’Istituto superiore di sanità. Per questo, nella Giornata mondiale contro gli abusi sugli anziani, il Movimento dei Focolari si è unito alla Comunità di Sant’Egidio, nel sostegno all’appello internazionale e alla promozione di una “rivolta morale perché si cambi direzione nella cura degli anziani”, riproponendo anche alle amministrazioni statali e locali la messa in atto di un sistema che privilegi la domiciliarità delle cure e dell’assistenza per la popolazione anziana.
Stefania Tanesini
Firma l’appello qui (altro…)
Giu 16, 2020 | Sociale
Partirà il 20 giugno prossimo, in diretta mondiale YouTube, #daretocare, la campagna dei giovani dei Focolari per “farsi carico” delle nostre società e del pianeta. Jesùs Morán, co-presidente dei Focolari: “Occorre una nuova agenda etica; la cura ha una spiccata vocazione politica e una forte dimensione planetaria”.
“#daretocare”, ovvero “osare prendersi cura”. I giovani del Movimento dei Focolari hanno preso sul serio le parole di Papa Francesco e di molti altri leader religiosi e civili di collaborare concretamente alla cura della Casa Comune. Attraverso questo nuovo percorso vogliono quindi essere cittadini attivi e interessarsi a tutto quello che accade nel mondo per cercare di costruire un pezzetto di mondo unito. “In questo tempo di profonda crisi umanitaria, a causa del Coronavirus, sta emergendo una nuova visione – sostiene Jesús Morán, co-presiedente del Movimento dei Focolari – cioè la necessità di un nuovo modo di comportarsi, di vivere, una sorta di nuova agenda etica, come dicono alcuni esperti. E in questo contesto una categoria sta diventando centrale, ed è quella della cura, il farsi carico, l’occuparsi degli altri, della società, del pianeta”. Osare prendersi cura vuol dire quindi essere protagonisti nella vita di tutti i giorni per risolvere problemi, avviare dialoghi per una società migliore, essere attenti all’ambiente e alle persone di qualsiasi colore, religione, cultura. Soprattutto oggi dove il razzismo torna a riemergere, dove la libertà degli uomini torna ad essere minata da regimi totalitaristici, dove le armi e le guerre vogliono imporre il proprio dominio sulla pace e l’unità fra i popoli. “La cura è una categoria molto ampia, bella, poliedrica – continua Morán -. L’etica della cura ha a che fare con la dignità della persona, questo è fondamentale, è proprio il cuore della cura; non è una cosa intimistica, privata. Anzi, la cura ha una spiccata vocazione politica e una forte dimensione planetaria, anche se non dimentica il locale perché dopo, è localmente che ci prendiamo cura degli altri, è proprio nei rapporti personali, nella società, nel locale. Però questa dimensione planetaria è importante”. Papa Francesco ne ha parlato il 24 maggio scorso durante il quinto anniversario della Laudato sii, promuovendo un anno speciale di riflessione – fino al 24 maggio 2021 – per riportare all’attenzione di tutti il tema della cura del creato. E per creato si intende non solo l’ambiente che ci circonda, ma anche le persone, l’economia, la politica, il sociale… Chiara Lubich, la fondatrice dei Focolari, definiva la politica come “l’amore degli amori”. Il politico è colui che sta al servizio della propria gente, e, conclude Morán, “oggi c’è bisogno più che mai di questo tipo di amore, e la categoria della cura lo esprime bene, è proprio un concentrato di questo amore di cui stiamo parlando. Allora la proposta dei giovani dei Focolari è questa: mettere la cura al centro della politica e della nostra vita di cittadini”. Quindi, dopo un anno dedicato ad azioni e progetti su pace, diritti umani e legalità, il prossimo 20 giugno con la campagna #daretocare i giovani dei Focolari aggiungono un altro tassello, quello della “cura”, sviluppata e approfondita attorno a cinque tematiche principali: ascolto, dialogo e comunicazione, uguaglianza, fraternità e bene comune, partecipazione e cura del pianeta. E come farlo? Seguendo la metodologia tipica dei “pathways”, i percorsi che per il terzo anno stanno percorrendo: imparare, agire e condividere. Allora: coraggio e osare. Appuntamento al prossimo 20 giugno, ore 14 (Cest + 2), con un evento online mondiale su Youtube per lanciare questa grande idea #daretocare. Per maggiori informazioni visitate il sito dello United World Project
Lorenzo Russo
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Giu 15, 2020 | Chiara Lubich
Una delle cose sulle quali questo periodo di pandemia ha attirato la nostra attenzione è l’importanza dei legami che compongono il tessuto sociale nel quale ognuno di noi è inserito, la qualità dei rapporti che ci uniscono gli uni agli altri. Essi sono un antidoto alla solitudine, all’indigenza e allo scoraggiamento. Il seguente scritto di Chiara Lubich è un invito a rinsaldarli. (…) C’è una pagina del Vangelo che ha un’eco particolare in noi. Gesù dice: «Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore […]». «Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri […]»[1]. Tutto sta dunque nell’amore reciproco. (…) Come in un caminetto acceso occorre ogni tanto scuotere col ferro la brace perché la cenere non la copra, così nel gran braciere del nostro Movimento è necessario di tempo in tempo ravvivare di proposito l’amore reciproco fra noi, ravvivare i rapporti, perché non siano ricoperti dalla cenere dell’indifferenza, dell’apatia, dell’egoismo. In questo modo ameremo veramente Dio, saremo l’Ideale vivo; potremo sperare che la carità così vissuta generi in noi virtù solide che, quasi senza accorgerci, raggiungeranno, con la grazia di Dio, la misura dell’eroismo. In tal modo ci faremo santi. (…)
Chiara Lubich
(in una conferenza telefonica, Rocca di Papa, 26 maggio 1988) Tratto da: “Ravvivare i rapporti”, in: Chiara Lubich, Conversazioni in collegamento telefonico, pag. 327. Città Nuova Ed., 2019. [1] Gv 15, 10.12. (altro…)
Giu 13, 2020 | Vite vissute
Un produttore cinematografico indipendente, un cittadino del mondo, un appassionato di cinema, televisione e… fraternità universale. Nel cuore della notte italiana, le 11 del mattino a Melbourne, l’ultimo saluto via streaming a Mark Ruse, produttore cinematografico australiano, morto dopo una brevissima malattia all’età di 64 anni. Mark non era solo un produttore indipendente molto stimato e amato da tutti nel circus cinematografico e televisivo australiano, ma era un cittadino del mondo che attraverso il suo lavoro, ma soprattutto con la sua umanità e semplicità, aveva costruito legami autentici e profondi con tante persone anche al di fuori dell’ambiente cinematografico. Mark Ruse aveva iniziato la carriera come produttore indipendente e negli ultimi 20 anni, insieme al suo socio, Stephen Luby, avevano fondato la Ruby Entertainment, che ha prodotto una quantità incredibile di film e serie televisive, soprattutto commedie con premi, riconoscimenti e indici di ascolto fra i più alti in Australia. Aveva prodotto anche film e documentari di impegno sociale, legati alla storia a volte tragica della loro terra come Hoddle Street sul massacro del 1987 a Melbourne che gli valse un importante premio internazionale. Mark, però, era soprattutto una persona semplice e gentile, appassionato del suo lavoro, che affrontava le difficoltà – che per un produttore indipendente sono molte – con leggerezza e una buona dose di humour. Ci eravamo conosciuti più di 40 anni fa in Italia. In molti ci ritrovavamo da diversi paesi dell’Europa e del mondo, sui colli vicino a Roma, e condividevamo quello che in quegli anni ‘70 Chiara Lubich proponeva in particolare proprio a noi Gen, i giovani dei Focolari. Un ideale per molti versi rivoluzionario, che aveva al centro una dimensione spirituale e personale fortissima, ma allo stesso tempo anche comunitaria e globale. La passione giovanile di entrambi (cinema e televisione) sarebbe diventata col tempo il nostro lavoro, il mio di regista televisivo, il suo di produttore, ma anche lo spazio di vita all’interno del quale cercare di portare le idee e convinzioni profonde che condividevamo. All’inizio degli anni duemila avremmo condiviso la nascita di NetOne, una grande rete mondiale di professionisti dei vari ambiti della comunicazione, registi, produttori, sceneggiatori, giornalisti che, oggi come allora, vuole contribuire insieme ad altri a una comunicazione diversa, sia nei rapporti di produzione che nel rispetto del pubblico, il destinatario finale del nostro lavoro. Mark è stato un instancabile costruttore di questa rete. Ogni volta che ci vedevamo a Roma o a Melbourne o in qualche altra parte del mondo, il discorso riprendeva esattamente da dove lo avevamo lasciato anche se si trattava di mesi o anni prima. Fino al messaggio di pochi mesi fa, che mi confidava la malattia: «Sarà un viaggio lo so, ma voglio condividerlo con te e con tutti quelli di Netone. Ho abbracciato questa nuova fase della vita con amore». Se n’è andato nel giro di pochi mesi, nonostante un ultimo collegamento via Zoom, pochi giorni prima della morte, lo avesse mostrato allegro e sempre pieno di progetti per il futuro. «Alla base della mia fede c’è l’idea di voler amare il prossimo – diceva. – Quello che facciamo, è qualcosa che deve migliorare la società, che arricchisca davvero le persone che guarderanno il nostro film, e questo è un altro modo di mettere amore nella società». Il cinema australiano ha perso un bravo produttore, noi della rete di NetOne un amico, un compagno di viaggio che ci ha lasciato con la leggerezza del suo sorriso… «We’re crazy, we’re crazy people, but we need to feel part of a family». Proprio così, Mark, proprio così.
Marco Aleotti
Per gentile concessione di Cittanuova.it (altro…)
Giu 12, 2020 | Centro internazionale
Maria Voce, Presidente dei Focolari, all’“Elijah Interfaith Institute” di Gerusalemme “Tutto quello che avviene nella vita è condotto da un Autore della storia che è Dio, e Dio vuole il bene degli uomini […] Quindi anche se qualche volta forse la libertà delle creature porta a delle conseguenze negative, Dio è capace […] di far venir fuori il bene anche da queste situazioni negative”. Secondo Maria Voce, Presidente del Movimento dei Focolari, questo è l’insegnamento più grande che la crisi del coronavirus può offrire agli uomini. In una intervista per il rabbino Alon Goshen-Gottstein, direttore del “Elijah Interfaith Institute” di Gerusalemme, la Presidente dei Focolari parla anche dei possibili benefici che la pandemia può portare al mondo. L’intervista fa parte del progetto Coronaspection, una serie di interviste video con leader religiosi di tutto il mondo, che condividono saggezza e consigli spirituali mentre affrontiamo congiuntamente una crisi globale (qui puoi vedere il trailer del progetto, che riassume lo spirito del progetto). “Ci sono valori che in questo momento vengono più in evidenza di altri – sostiene Maria Voce -, come la solidarietà, l’uguaglianza fra gli uomini, la preoccupazione per l’ambiente”. Il mondo uscirà migliore da questa crisi se sapremo “superare le divisioni legate ai pregiudizi, alla cultura, per vedere tutti come fratelli che appartengono all’unica famiglia dei figli di Dio”. Una certezza che viene da una profonda fiducia nell’uomo: “negli uomini c’è sempre una scintilla di bene e si può far leva su quella”; l’uomo risponde “perché (il bene) è insito dentro di lui”. È l’interiore convinzione che “Dio è Amore e ama tutte le creature” a suscitare speranza. In effetti – continua – basta guardarsi intorno per scorgere esempi di solidarietà. Gli sforzi di medici e infermieri che cercano di suscitare fiducia, un sorriso, e il loro dolore per le persone che non sono riusciti a salvare, hanno avuto l’effetto di “edificare” i pazienti che sono usciti guariti. Inoltre “Nel nostro Movimento tante persone sono state capaci di mettersi a disposizione del vicino di casa per portargli quello di cui aveva bisogno; tanti bambini hanno messo a disposizione di altri i giocattoli che per loro sono stati di conforto”. A livello di rapporti internazionali – osserva Maria Voce – “esempi di solidarietà li vediamo nella partecipazione di medici e infermieri che da altri Paesi sono venuti in Italia. […] Anche a livello di pensiero economico si sta cercando di fare di tutto perché i Paesi non pensino soltanto a difendere i propri beni ma ad integrare la propria visione con quella degli altri Paesi”. Testimonianze che tuttavia non nascondono le sfide che la crisi impone. Accanto a quelle personali – racconta – ci sono quelle che vengono dal guidare un movimento internazionale: “prendere decisioni che comportano difficoltà sia a livello personale che economico”. Qui “ho sentito di dover chiamare i miei diretti collaboratori, perché le decisioni fossero condivise, per far prevalere l’interesse delle persone su tutti gli altri interessi”. Anche la paura – osserva infine – non va negata, ma accettata per superarla: “direi di imparare a convivere con la paura e nello stesso tempo di non lasciarsi fermare da essa” restando – secondo l’esempio di Chiara Lubich – “ancorati al presente”. “Solo l’amore – conclude citando la fondatrice dei Focolari – scaccia la paura, e non c’è paura dove c’è il perfetto amore. Quindi aumentare l’amore fa diminuire la paura perché l’amore ti aiuta a fare delle azioni che la paura cercherebbe invece di condizionare”. Per guardare l’integrale dell’intervista clicca qui
Claudia Di Lorenzi
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Giu 11, 2020 | Focolari nel Mondo
“La necessità aguzza l’ingegno”. E’ sulla scia di questo detto che il 14 e 15 maggio scorso la comunità dei Focolari dell’area metropolitana di Manila ( Filippine) ha organizzato la prima Mariapoli Online.
“Eravamo sull’orlo della separazione. Essendo bloccati, noi due soli, abbiamo sentito di dover affrontare i nostri problemi, mettere da parte le nostre differenze e ricominciare da capo. Grazie per tutto il vostro amore”. Questo è solo uno dei tanti feedback che abbiamo ricevuto da coloro che si sono registrati e hanno partecipato via Zoom alla prima Mariapoli online del 14 e 15 maggio 2020 nelle Filippine. L’inaspettata quarantena diventata comunitaria a causa del Covid-19 ci ha spinto a cercare i mezzi per far sì che il nostro popolo si connettesse e si nutrisse della spiritualità dell’unità. L’idea ci è venuta in seguito alla trasmissione Online della S. Messa per un piccolo gruppo dei membri del Focolare che ben presto è risultato essere un appuntamento quotidiano per circa duemila persone. Sentivamo che, se da un lato non avevamo più la possibilità di fare i nostri progetti per “celebrare e incontrare” Chiara nel suo centenario, dall’altro Dio ci apriva questa strada che ci consentiva di farlo anche se a piccoli pezzi! Dall’entusiasmo dei partecipanti alla Messa, espresso attraverso i messaggi sulla chat di Facebook, è stato chiarissimo che anche in soli 30 minuti online era possibile fare un’esperienza di Dio!
Nel frattempo abbiamo avuto le nostre prime esperienze con Zoom, ad esempio durante la Settimana Mondo Unito e la Run4Unity. Abbiamo sentito di dover “andare” in Mariapoli, per stare con e accanto alla nostra gente, in questo momento così difficile. Non sarebbe stato facile: i “Mariapoliti” erano a casa, con tutte le distrazioni e molto probabilmente alle prese con molte cose da fare contemporaneamente: bambini da accudire, pasti da cucinare, faccende da sbrigare, ecc. Anche le disparità di rete in un paese in via di sviluppo come il nostro sono una grande sfida. Per questo la nostra Mariapoli doveva durare solo 2 giorni, e ogni volta solo 2 ore. Abbiamo anche pensato di cambiarle nome per gestire le aspettative della gente. Ma alla fine tutti noi volevamo che fosse proprio “Mariapoli”, come tutte le Mariapoli vissute. E volevamo che non fosse un Webinar, ma una Mariapoli, una Città di Maria, perché sentivamo il bisogno di aver Maria tra noi, di essere Lei, come ci ha insegnato Chiara, per portare Gesù in mezzo alla nostra gente, affinché questa esperienza potesse illuminare la loro esperienza della pandemia. Le persone registrate erano più di 950, non solo da tutte le Filippine, ma anche da diversi Paesi asiatici, dall’America Latina, dal Canada, dagli Stati Uniti e alcuni dall’Europa. Il programma, disponibile in Live-Streaming per un numero infinito di partecipanti, prevedeva canti, esperienze legate all’attuale situazione pandemica, input spirituali e un’ora di comunione profonda in gruppi. Un partecipante ha ben espresso che cos’è stata questa Mariapoli: “E’stata davvero un segno concreto dell’amore di Maria per tutti noi! Come nostra madre, lei conosce davvero i nostri bisogni personali e condivisi. Attraverso il tema scelto, i discorsi, le esperienze e i canti, ci ha nutrito con il giusto cibo e le giuste vitamine sia per il corpo che per l’anima”.
Romé Vital
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Giu 9, 2020 | Focolari nel Mondo
Il Paese dei cedri s’interroga sulle possibili vie d’uscita dalla grave crisi politico-economica-sanitaria che è scoppiata di recente. La speranza non muore mai in una terra che di traversie ne ha avute a non finire
Per la recente Settimana per un Mondo Unito, la comunità dei Focolari libanese si è voluta interrogare, giovani e adulti, sulle prospettive difficili di una profonda perturbazione che attanaglia il Paese. Sono in effetti varie crisi che si sommano: quella politico-sociale, iniziata il 17 ottobre scorso, con la thaoura, la rivoluzione di popolo, scatenatasi contro una classe dirigente del Paese accusata di corruzione e di incapacità nella gestione pubblica; quella economica, che ha mostrato la sua profondità nel marzo scorso, quando il governo ha dichiarato di non poter rimborsare un suo debito di 1,2 miliardi di dollari con l’Unione europea, e in queste ultime settimane con il crollo della lira libanese che, scambiata qualche mese fa a 1500 lire per dollaro, oggi viaggia sui 4000 e più; infine, la crisi sanitaria dovuta al coronavirus, che non ha avuto diffusione eccessiva (meno di mille contagiati per meno di 30 morti) ma che ha comunque portato il Paese a una lunga segregazione, non ancora terminata. Per questa situazione, soprattutto i giovani sembrano voler riprendere una vecchia tradizione del Paese, cioè l’espatrio per mancanza di prospettive. Va ricordato che per 4 libanesi che abitano nel territorio mediorientale, ce ne sono circa 12 sparsi in tutto il mondo, analogamente a quanto accade per tanti popoli vicini, in particolare ebrei, palestinesi ed armeni. L’emigrazione è particolarmente dolorosa per i libanesi, che ritengono di avere (ed è vero) un Paese magnifico, ricco di storia e di bellezze naturalistiche, crocevia mediorientale di ogni tipo di traffici e commerci, patria di Premi Nobel e grandi mercanti, cineasti e scrittori, santi e scienziati. E poi va sottolineato come la diaspora sia un affare dolorosissimo, visto l’incredibile attaccamento alla famiglia che i libanesi manifestano ad ogni occasione. In questo contesto, i Focolari locali hanno organizzato un Webinar, cui hanno partecipato circa 300 persone di diversi Paesi, dal Canada all’Australia, alla Spagna e all’Italia, dal titolo esplicito: “Costruire un futuro vivendo per la fraternità”. Due avvocatesse, Mona Farah e Myriam Mehanna, hanno voluto presentare una delle più gravi minacce che si stanno sopportando in Libano, cioè la pericolosa assenza di certezza del diritto. Nel contempo il Libano ha delle capacità notevoli nel trovare le soluzioni più adatte alla complessità del panorama e ha una tradizione antichissima di capacità giuridiche. Si comprende quindi il desiderio di espatriare dei suoi giovani, anche se va riscontrata la volontà di tanti di rimanere per costruire un Libano più unito e fraterno, in un contesto in cui esistono 18 comunità confessionali, riunite da un sistema politico di “democrazia confessionale” unico al mondo. Sono seguite naturalmente le testimonianze di due coppie ancora giovani che una dozzina d’anni fa hanno deciso di tornare in patria, dopo alcuni anni di esperienze lavorative all’estero, per contribuire alla ricostruzione del Paese dopo la guerra cosiddetta civile. Così Imad e Clara Moukarzel (che lavorano nel sociale e nell’umanitario) e Fady e Cynthia Tohme (entrambi medici) hanno testimoniato che sì, è possibile rimanere o tornare per non cedere un Paese ricco come il Libano alle forze più retrive. Tony Ward, imprenditore nel campo dell’alta moda, ha poi raccontato la sua decisione di tornare in patria vent’anni fa, pur lavorando in un ambiente naturalmente mondializzato. Ha raccontato anche come, nella crisi del coronavirus, abbia riconvertito per alcune settimane la sua produzione verso la preparazione di lenzuola, mascherine e tute per gli ospedali libanesi che trattano i casi di coronavirus. Da parte sua, Tony Haroun, dentista da più di trent’anni in Francia, ha voluto raccontare le difficoltà degli espatriati, soprattutto culturali, ma ha anche sottolineato come la disponibilità di ascoltare la voce di Dio permetta di superare ogni sorta di ostacoli. Ancora, Michele Zanzucchi, giornalista e scrittore basato in Libano, ha voluto evidenziare tre qualità del popolo libanese che potranno essere di grande aiuto nell’attuale emergenza: la resilienza, cioè la capacità di resistere agli urti senza spaccarsi; la sussidiarietà, cioè la capacità a sostituire lo Stato quando questi non riesce ad assicurare i servizi essenziali; e infine la creatività, di cui i libanesi sono grandi estimatori, creando un’infinità di progetti umanitari, economici, commerciali, politici e via dicendo. Youmna Bouzamel, giovane moderatrice del Webinar, ha voluto sottolineare in conclusione come il Libano sembri veramente fatto per accogliere il messaggio della fraternità, sola vera possibilità che ha tra le mani. Se Giovanni Paolo II aveva definito il Libano non tanto “un’espressione geografica” quanto “un messaggio”, oggi questo messaggio è innanzitutto un annuncio di fraternità. Grandi ideali e realismo coniugati assieme.
Pietro Parmense
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