Movimento dei Focolari

Vangelo vissuto: una fede vincente

“La fede – scriveva Chiara Lubich – è il nuovo modo di ‘vedere’, per così dire, di Gesù” . Con essa possiamo avvicinare Lui in ogni prossimo e comprenderlo in profondità, incontrarlo nel più profondo del cuore. Non ci è mancato nulla Un giorno il padrone dell’azienda presso cui lavoro ha riunito il personale e, dopo aver enumerato i problemi per portarla avanti, ci ha fatto la proposta di ridurre le ore di servizio, con il 30 % in meno di salario, per evitare licenziamenti e continuare a mantenere tutti gli operai. Cosa fare? È stato un momento difficile, considerando che ho una famiglia numerosa e le spese sono tante …ma se questo permetteva a tanti di noi di continuare a lavorare, ho accettato. A casa, mia moglie ed io ci siamo impegnati a fidarci della provvidenza di Dio e abbiamo coinvolto anche i bambini a pregare, non soltanto per i bisogni della nostra famiglia, ma anche per le altre famiglie in difficoltà. Uno dei primi segni che Dio ci aveva ascoltati è stato l’arrivo di una somma che tempo addietro avevo dato in prestito a un amico e che quasi non speravo più di recuperare. Ora che sono passati tanti mesi, ci rendiamo conto che non solo non ci è mancato mai nulla, ma è molto cresciuto il senso di responsabilità nei nostri figli. S.d.O. – Brasile Televendite Il più delle volte mi trovo nella situazione imbarazzante di dover dire di no a un televenditore. Spesso, quelle indesiderate telefonate arrivano nel momento meno indicato della giornata. Nel corso degli anni ho adottato una varietà di risposte che vanno dal fingere un accento straniero e di non capire al solito: «Non ho tempo», riagganciando rapidamente. Ogni volta però che ho usato queste e altre simili tattiche mi sono sentita a disagio, sapendo di aver aggiunto negatività a qualcuno che non ha avuto altra scelta se non lavorare nelle televendite. Che fare allora? Rifiutare delicatamente ma fermamente prima che l’altro faccia le sue proposte, per evitargli di perdere tempo con me? Quando poi mi ricordo che la persona che sta eseguendo quel servizio è sempre un prossimo da amare, più ascolto, più rimango amareggiata quando finalmente devo dichiarare il mio rifiuto. Sto cercando di imparare a dire almeno un veloce «Buona giornata!» prima del clic. C.C. –USA Percepire l’amore Nel mio reparto era stato ricoverato un uomo di 52 anni che si era sparato alla testa per problemi familiari. Per fortuna il cervello non aveva subìto danni, ma gli occhi erano stati compromessi. L’intervento chirurgico fu molto complicato. Nelle visite che seguirono non faceva altro che ripetere di voler morire. Dopo il periodo di terapia intensiva, fu portato nel mio reparto, dove approfittavo di ogni occasione per salutarlo. Un giorno gli chiesi: «Sa chi c’è accanto a lei?». E lui: «Non ci vedo, ma penso sia la dottoressa che mi ha operato. Durante l’operazione ho percepito tanto amore». Gli promisi che avrei fatto il possibile per salvargli almeno un occhio. A conferma di ciò, una mattina mi disse che cominciava a vedere un barlume di luce. La vista migliorò giorno dopo giorno. Qualche mese dopo essere stato dimesso, venne a trovarmi. Era un’altra persona: per lui era cominciata una nuova vita, anche nel matrimonio. Ma soprattutto, diceva, aveva trovato la fede. Gli ho risposto scherzosamente che aveva dovuto perdere un occhio per vederci meglio! F.K. – Slovacchia

a cura di Stefania Tanesini

(tratto da Il Vangelo del Giorno, Città Nuova, anno VI, n.2, marzo-aprile 2020) I (altro…)

Radicarsi nel presente

Radicarsi nel presente

Un modo inatteso di vivere il centenario di Chiara Lubich. L’intervento di Maria Voce su “Osservatore Romano”. 02 aprile 2020 «Celebrare per incontrare» è il motto che, come Movimento dei Focolari, abbiamo scelto per ricordare nel 2020, in tutto il mondo, i 100 anni dalla nascita della nostra fondatrice Chiara Lubich. Fino a poche settimane fa questo motto ci sembrava una scelta azzeccata per celebrare, nelle modalità più varie, la persona della nostra fondatrice e il carisma che Dio le ha donato e che lei ha trasmesso generosamente. Desideriamo infatti che le persone la incontrino viva oggi e non la evochino come un ricordo nostalgico; che la ritrovino nella sua spiritualità, nelle sue opere e soprattutto nel suo “popolo”, cioè in quanti vivono nel presente il suo spirito di fraternità, di comunione, di unità. E a partire dal 7 dicembre 2019 abbiamo gioito per i tantissimi eventi che si sono svolti in tutto il mondo. Avremmo voluto che la festa continuasse. Ma in poco tempo lo scenario è cambiato e il motto «celebrare per incontrare» rischia di apparire anacronistico: anche noi abbiamo sospeso ogni tipo di celebrazione o evento. La pandemia causata dal coronavirus sta costringendo sempre più Paesi su tutto il pianeta a misure drastiche per rallentarne il contagio: l’isolamento e la lontananza fisica sono per ora gli strumenti più efficaci. Lo dimostrano i segnali che ci stanno arrivando dalla Cina, che per settimane abbiamo accompagnato con trepidazione. Ma qui in Italia e in diversi altri Paesi del mondo la situazione è ancora molto seria.

© Horacio Conde – CSC Audiovisivi

Per molti di noi che viviamo in isolamento è un’esperienza totalmente nuova. Essa non ha solo una dimensione sociale o psicologica, ma anche una forte ripercussione spirituale. Ciò vale per tutti e in modo particolare per i cristiani. Una situazione che tocca anche nell’intimo la nostra specifica spiritualità come Focolari. Noi siamo fatti per la comunione e l’unità. Saper creare rapporti è forse la qualità più caratteristica di una persona che ha conosciuto e accolto lo spirito di Chiara. E proprio questa dimensione ora sembrerebbe limitata al massimo. Ma l’amore non si lascia limitare. È questa la grande esperienza che si sta facendo in questi giorni drammatici e dolorosi. Più che mai e da ogni dove mi arrivano testimonianze di persone che mettono in moto la creatività e la fantasia, e che sono in donazione verso gli altri anche in condizioni difficili e insolite: bambini che raccontano i piccoli-grandi atti di amore per superare le difficoltà del dover restare a casa; ragazzi che si mettono in rete per creare una staffetta di preghiera; imprenditori che vanno controcorrente per non approfittare dell’emergenza, ma anzi mettersi al servizio del bene comune anche a scapito del guadagno personale. Sono molti i modi con i quali si cerca di offrire sostegno e conforto: con la preghiera prima di tutto; con una telefonata, un messaggio WhatsApp, una mail…, perché nessuno si senta solo, quelli che sono a casa, ma anche gli ammalati e quanti si prodigano per curare, consolare, accompagnare coloro che subiscono le conseguenze di questa situazione. E poi ci sono messaggi di solidarietà che ci aiutano a spalancare il cuore anche oltre l’emergenza coronavirus, come quello dei giovani in Siria che, nonostante le loro drammatiche condizioni, trovano la forza di pensare a noi in Italia. Sono i giovani a insegnarci che queste esperienze condivise sui social media si possono moltiplicare, perché anche il bene può essere contagioso. Attraverso queste testimonianze è maturata in me una convinzione: il centenario di Chiara Lubich non è sospeso e il motto «Celebrare per incontrare» è più attuale che mai. È il nostro Padre nel cielo però, o forse anche la stessa Chiara, che ci invita a vivere questo anno giubilare in una maniera più profonda e più autentica. Al di là dei condizionamenti, anche nell’impossibilità di celebrare insieme l’eucaristia, stiamo riscoprendo la presenza di Gesù, viva e forte nel Vangelo vissuto, nel fratello che amiamo e in mezzo a quanti — anche a distanza — sono uniti nel suo nome. Ma in modo particolare la nostra fondatrice ci fa riscoprire il suo grande amore, il suo sposo: Gesù Abbandonato — «il Dio di Chiara», come ama definirlo monsignor Lauro Tisi, l’arcivescovo di Trento. È il Dio che è andato al limite, per accogliere in sé ogni esperienza limite e darle valore. È il Dio che si è fatto periferia per farci capire che anche nella più estrema esperienza possiamo ancora incontrare Lui. È il Dio che ha fatto sua ogni sorta di dolore, di angoscia, di disperazione, di malinconia, per insegnarci che il dolore accettato e trasformato in amore è fonte inesauribile di speranza e di vita. Ecco la sfida di questa emergenza planetaria: non sfuggire, non cercare soltanto di sopravvivere per arrivare sani e salvi al traguardo, ma radicarci bene nel presente, guardando, accettando e affrontando ogni situazione dolorosa — personale o di altri — per farne un luogo di incontro con “Gesù Abbandonato” e trovare, nell’amore per Lui, la forza e la creatività di costruire rapporti di fraternità e di amore anche in questa difficile situazione. Per Chiara ogni incontro con “lo Sposo”, con Gesù Abbandonato, era festa, era celebrazione. Incontrando Lui — ne sono convinta —, incontreremo anche lei perché impareremo, come ha cercato di fare lei, a guardare ogni situazione con gli occhi di Dio. Forse anche noi potremo ripetere l’esperienza di Chiara e delle sue compagne, che non si erano “quasi” accorte né della guerra né della sua fine, perché, prese da Dio e dal suo amore, sentivano che la realtà che vivevano, l’amore concreto che circolava tra loro e con tanti nella loro città, era più forte di tutto. Non sappiamo quanto durerà questa emergenza: saranno forse settimane o mesi. Comunque passeranno. Il mondo che troveremo alla fine del tunnel, lo stiamo costruendo adesso.

di Maria Voce

Fonte Osservatore Romano – https://www.vaticannews.va/it/osservatoreromano/news/2020-04/radicarci-bene-nel-presente.html   (altro…)

Ha terminato la corsa, Regina Betz (3 gennaio 1921 – 17 marzo 2020)      

All’età di 99 anni il 17 marzo è scomparsa Regina Betz, focolarina tedesca, professoressa di sociologia, pioniera dei Focolari in Germania e in Russia, appassionata di ecumenismo e dell’impegno per il rinnovamento cristiano della società. Era sempre di corsa. Da quando ho conosciuto Regina Betz, la ricordo con un passo accelerato. Non come qualcuno che si sente sospinto o inseguito, ma piuttosto come qualcuno cha ha una meta da raggiungere e non vuole perdere tempo inutile. Se invece si fermava con te, era pienamente presente: con quello sguardo sveglio e vivace, con quell’ inconfondibile sorriso, un po’ birichino, che ti illuminava una giornata intera. Regina Betz ne ha avute di cose  da fare nella vita. Nata prima di due figli a Göttingen (Germania) in una famiglia cattolica cresce in una zona a maggioranza luterana con un ecumenismo naturale, rafforzato ulteriormente dalla comune resistenza al nazionalismo di Hitler. Avendo passato, durante la seconda guerra mondiale, alcuni anni in Italia, si stabilisce – dopo gli studi in economia sociale – per tre anni (1955-1958) a Roma per lavorare al Pontificio Consiglio per i laici. Qui conosce il Movimento dei Focolari e rimane colpita da “una luce ed una forza”, come scriverà più tardi in un suo libro (1). Per scoprirne il segreto partecipa alla Mariapoli del ’58 ed incontra – come racconterà – dei “cristiani, che volontariamente vivevano l’unità” ed il modello di una “nuova ed umana società”. “Finalmente avevo trovato – commenta – quanto stavo cercando da tanto tempo. Dentro di me un canto di giubilo”. Rientrata in Germania, dove non c’era ancora il focolare, continua il suo lavoro nella Chiesa e fa importanti viaggi in Asia e Sud America. Nel ’66 è tra le volontarie del Movimento dei Focolari quando riceve l’invito ad insegnare sociologia alla scuola di formazione di Loppiano (Italia), dove si sente spinta di entrare – all’età di 46 anni – come consacrata nel focolare. Gli anni dal ’68 fino al ’90 la vedono professoressa di sociologia a Regensburg (Germania) e come collaboratrice dell’ “Istituto per le Chiese orientali” che le permette di incontrare i cristiani dell’Est-Europa e fare viaggi in vari Paesi dei Balcani, in Bulgaria e in Romania. Rimane particolarmente impressionata dall’entusiasmo di giovani comunisti spinti nel loro agire dall’amore per i più piccoli. Nel 1989 le viene offerto un lavoro in ambito accademico a Mosca e ciò rende possibile aprire il focolare. „La vita a Mosca – commenta – si è rivelata come una vita dell’insieme: l’insieme nel focolare, l’insieme con tanti russi che venivano a conoscere la nostra vita. Ho conosciuto un po’ l’anima russa, piena di generosità, di cordialità. Ho sperimentato un’ospitalità grandiosa dove si condivideva tutto. Niente strutture, ma tanti amici“. La fioritura della vita intorno al focolare ha, però, un prezzo. Come mi ha confidato personalmente, Regina ci teneva, che dopo la sua morte, parlando di lei,  venisse comunicata anche la parte “buia” della sua vita: “Non ho più nulla da dare – scriveva in un diario di quel periodo – però mi è di consolazione sapere Lui con me nel buco … Per me ogni attimo è faticoso, ho paura e non riesco immaginarmi di poter ancora concludere qualcosa”. Nel 2008 Regina ritorna in Germania, nella Cittadella ecumenica di Ottmaring. Sono anni caratterizzati da rapporti con le persone più varie, coltivati con visite e con migliaia di lettere, scritte a mano e ricche di sapienza. Con attenzione e condivisione segue gli eventi della Chiesa e della società. E anche nel venire meno delle forze è fedele alla Parola di Vita personale che aveva ricevuto Chiara Lubich: “Chi vuole salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia, la troverà (Mt 16,25)”. “Quante volte ho lasciato tutto per ricominciare da un’altra parte! E quanto vi ho guadagnato: quante esperienze, quanta conoscenza della vita di Paesi e culture, quanti rapporti con innumerevoli persone!” Il 17 marzo Regina Betz ha terminato la sua corsa ed ha lasciato definitivamente tutto. Sono sicuro che ha trovato una vita inimmaginabile.

Joachim Schwind

  (1) Regina Betz, Immer im Aufbruch, immer getragen, Verlag Neue Stadt, München 2014. (altro…)

Essere vicini a chi soffre

Il seguente scritto di Chiara Lubich tocca un argomento che anche l’attuale pandemia ha messo tanto in evidenza: quello del dolore. Ci aiuta a cogliere in esso una misteriosa presenza di Dio al cui amore nulla sfugge. Questo sguardo genuinamente cristiano infonde speranza e ci sprona a fare nostro ogni dolore, quello che ci tocca direttamente come pure il dolore di quanti ci circondano. (…) La sofferenza! Quella che investe totalmente a volte le nostre persone o quella che ci sfiora e mescola l’amaro con il dolce nelle nostre giornate. La sofferenza: una malattia, una disgrazia, una prova, una circostanza dolorosa… La sofferenza! Come vedere questo fatto, (…) che è sempre pronto ad apparire in ogni esistenza? Come definirlo, come identificarlo? Che nome dargli? Di chi è la voce? Se guardiamo con occhio umano la sofferenza, siamo tentati di cercarne la causa o in noi, o fuori di noi, nella cattiveria umana ad esempio, o nella natura, o in altro (…) E tutto ciò può essere anche vero, ma, se pensiamo solo in tal modo, dimentichiamo il più. Ci scordiamo che dietro la trama della nostra vita sta Dio con il suo amore, che tutto vuole o permette per un motivo superiore, che è il nostro bene. Per questo i santi prendono ogni avvenimento doloroso, che li colpisce, direttamente dalla mano di Dio. È impressionante come non si sbaglino mai in ciò. Per loro il dolore è voce di Dio e null’altro. Essi, immersi come sono nella Scrittura, comprendono cos’è e cosa deve essere per il cristiano la sofferenza; colgono la trasformazione che Gesù vi ha operato, vedono come egli l’ha tramutata da elemento negativo in elemento positivo. Gesù stesso è la spiegazione del loro patire: Gesù crocifisso. Per questo è persino amabile, è addirittura cosa buona. Per questo non lo maledicono, ma lo sopportano, lo accettano, lo abbracciano. Apriamo del resto anche noi il Nuovo Testamento e ne avremo la conferma. Non dice san Giacomo nella sua lettera: «Considerate perfetta letizia, miei fratelli, quando subite ogni sorta di prove»[1]? Il patire dunque è addirittura motivo di gioia. Gesù, dopo averci invitati a prendere la nostra croce per seguirlo, non afferma forse: Perché «chi avrà perduto la sua vita» (e questo è il colmo del patire) «la troverà»[2]? Il dolore è quindi speranza di salvezza. Per Paolo poi il patire è addirittura un vanto, anzi l’unico vanto: «Quanto a me invece non ci sia altro vanto che nella croce del Signore nostro Gesù Cristo»[3]. Sì, il patire, per chi lo considera nell’ottica cristiana, è una grande cosa; è addirittura la possibilità di completare in noi la passione di Cristo per la nostra purificazione e per la redenzione di molti. Che dire, allora, oggi, ai nostri che si dibattono nella sofferenza? Che augurio far loro? Come comportarci nei loro riguardi? Avviciniamoli anzitutto con sommo rispetto: anche se ancora forse non lo pensano, essi sono in questo momento visitati da Dio. (…) Assicuriamoli anche del nostro continuo ricordo e della nostra preghiera, perché sappiano prendere direttamente dalle mani di Dio quanto li angustia e li fa soffrire e lo possano unire alla passione di Gesù, onde sia potenziato al massimo. Aiutiamoli poi ad avere sempre presente il valore della sofferenza. E ricordiamo loro quel meraviglioso principio cristiano della nostra spiritualità, per il quale un dolore amato come volto di Gesù crocifisso e abbandonato si può tramutare in gioia.

Chiara Lubich

(in una conferenza telefonica, Rocca di Papa, 25 dicembre 1986) Tratto da: “Natale con chi soffre”, in: Chiara Lubich, Conversazioni in collegamento telefonico, pag. 265. Città Nuova Ed., Roma 2019.   [1] Gc 1, 2. [2] Mt 10, 39. [3] Gal 6, 14. (altro…)

Il 50° Anniversario di Earth Day si trasferisce in Rete

Il 50° Anniversario di Earth Day si trasferisce in Rete

In Italia la celebrazione del Villaggio per la Terra si trasforma in una maratona multimediale Tutto è interconnesso. È questa la chiave che unisce le celebrazioni per il 50° Anniversario di Earth Day, il 22 aprile, alla pandemia da coronavirus che oggi sfida l’umanità. Nella Giornata per la Terra, l’emergenza sanitaria suscita una comunità globale che chiede modelli economici e sociali più giusti. Le celebrazioni hanno luogo nel 5° Anniversario dell’Enciclica Laudato Si di Papa Francesco sul tema dell’ecologia integrale, e sarà il web ad ospitare eventi in 193 Paesi. In Italia il Villaggio per la Terra, da tradizione a Villa Borghese, in Roma, si trasforma in una maratona multimediale in diretta su Rai Play e con incursioni in altre emittenti. Ne abbiamo parlato con Pierluigi Sassi, Presidente di Earth Day Italia. Il 50° Anniversario di Earth Day ha luogo mentre l’umanità si confronta con la sfida del coronavirus che ci porta a rivedere le nostre priorità, i valori e gli obiettivi… Oggi più che mai sentiamo l’urgenza di cambiare il modello economico e sociale che ha governato lo sviluppo negli ultimi decenni e vogliamo dare un messaggio di speranza, offrire una chiave di lettura che evidenzi la centralità dell’uomo e la necessità di rispettare il pianeta. Abbiamo alzato l’attenzione del mondo su questi temi ed è stata dirimente l’Enciclica di Papa Francesco Laudato Si con il principio dell’ecologia integrale. Si è creata oggi una sensibilità mondiale ma bisogna passare all’azione. Il coronavirus alimenta questa esigenza di cambiamento.

VILLAGGIO PER LA TERRA, Earth Day Italia, Villa Borghese, Roma 21 aprile 2018
© Lorenzo Gobbi/Smile Vision Srls

Ciò che emerge osservando lo sviluppo della pandemia è l’interdipendenza dei problemi e delle soluzioni. Un elemento chiave anche nella battaglia per la tutela della terra… Il grande concetto che il Papa ha trasmesso al mondo è che non esiste una questione ambientale, una questione sociale e una economica, ma ne esiste una umana in cui tutti questi fattori sono interdipendenti. Questa coscienza diventa operativa quando ci si rende conto che basta poco perché una crisi sanitaria come questa metta in luce problemi che sembravano scollegati. Emerge qui l’importanza delle relazioni umane e dell’impegno per una solidarietà economica e sociale. La Giornata ha un respiro mondiale. Che legame c’è fra le celebrazioni in Italia e quelle in altri paesi? Il coronavirus ha costretto tutti noi a digitalizzare le celebrazioni portandole in Rete. Abbiamo visto che dando vita ad una maratona digitale tante connessioni si sono andate creando. È la bellezza di un passo avanti che quasi miracolosamente, nell’emergenza, è avvenuto in spirito di unità, e che oggi nei 193 Paesi dove si festeggia l’Earth Day ci fa sentire più collegati e ci porta a unire gli sforzi per un maggiore rispetto per l’uomo e per il pianeta. Per l’Italia, come si svolgeranno le celebrazioni? Abbiamo organizzato una maratona multimediale chiamata “OnePeople, OnePlanet” per ricordare che apparteniamo a un’unica famiglia umana e viviamo in un unico pianeta. La realizzeremo con tanti partner mediatici fra cui la Rai che la trasmetterà in modo integrale dalle 8 alle 20 su Rai Play, ma anche con innesti in altri media, in contenitori rai e con collegamenti internazionali con tanti paesi dove parleremo di popolazioni indigene, deforestazione, della bellezza del nostro pianeta.

Claudia Di Lorenzi

(altro…)

Centenario, le novità di Chiara: un ateneo a misura del mondo

Centenario, le novità di Chiara: un ateneo a misura del mondo

Com’è nata l’idea di realizzare l’Istituto Universitario Sophia e come si è sviluppato fino ad oggi: la portata culturale del carisma dell’unità di Chiara Lubich   L’Istituto Universitario Sophia (IUS) nasce come patrimonio spirituale cristiano in costante dialogo con i principi su cui sono fiorite e si sviluppano le civiltà dei popoli. Ha sede a Loppiano (Italia), una cittadella dei Focolari che, dalla sua fondazione nel 1964, è luogo di formazione per famiglie, giovani e adulti ad uno stile di vita basata sul Vangelo. Il prof. Piero Coda, Preside dell’Istituto universitario dalla nascita fino a febbraio scorso ci spiega come si è realizzato questo progetto nel corso degli anni. Prof. Coda, com’è nata in Chiara Lubich l’idea di fare un’università? “L’idea – da quanto mi ha confermato nel 2008, quand’è stata inaugurata Sophia, P. Casimiro Bonetti, il Cappuccino che ha accompagnato Chiara nei primi anni ‘40 – c’è stata sin dall’inizio. È nel DNA del carisma dell’unità, perché si tratta di un carisma da cui si sprigiona una cultura: una visione concreta della persona umana e del mondo. Lo start, in concreto, è scattato dopo il rodaggio negli anni ‘90 della Scuola Abbà che con Chiara ha cominciato a studiare la portata culturale del carisma attingendo al patrimonio di luce del Paradiso ‘49.” Quando è nata e come si è sviluppata? “L’università è nata, in una prima tappa, con l’Istituto Superiore di Cultura rivolto ai Gen (i giovani dei Focolari) inaugurato il 15 agosto del 2001 da Chiara con un discorso che ne costituisce la magna charta. Nel 2005 – visto il successo dell’esperimento e per sollecitazione di esponenti della cultura come Stefano Zamagni, Presidente della pontificia Accademia delle Scienze Sociali – iniziò la progettazione di un vero e proprio Istituto Universitario: ma di forma originale, secondo l’“idea” scaturente dal carisma. Il quale fu eretto dalla Santa Sede il 7 dicembre del 2007”. Che legame c’è con la Santa Sede? “Fu una scelta meditata di Chiara quella di erigere un’Università che non fosse riconosciuta, immediatamente, da uno Stato ma dalla Chiesa Cattolica con il suo respiro universale. Ciò significava anche, per Chiara, un riconoscimento del fatto che il carisma dell’unità, come i grandi carismi della storia cristiana (da Benedetto a Domenico e Francesco, sino a Ignazio di Loyola e don Bosco), è un carisma in cui la Chiesa riconosce in atto un progetto di formazione umana e sociale che esprime il Vangelo. Con l’estendersi poi del “processo di Bologna” – il riconoscimento bilaterale dei titoli di studio a livello europeo e oltre, al quale la Chiesa partecipa – si prospettavano scenari praticabili per l’istituzione che così nasceva”. Com’è cambiata nel corso degli anni? “Sophia è nata e si è sviluppata camminando su tre gambe: quella dell’insegnamento e della ricerca a livello accademico; quella dell’esperienza formativa condivisa nella community life tra docenti e studenti di tutte le culture; quella del rapporto con le espressioni concrete d’incarnazione dei valori insiti nel carisma dell’unità nei vari ambiti della vita sociale, politica, economica. Sotto tutti questi profili si sono fatti passi da gigante. Basti dire, per un esempio, che siamo partiti con un unico corso di Laurea e ora ce ne sono quattro: l’originario programma in “cultura dell’unità” è sbocciato in ambito teologico e filosofico, economico e politico, dell’educazione, del dialogo e della comunicazione”. Cos’è Sophia oggi? “Una conferma importante, una speranza sicura, un investimento strategico. Una conferma del valore e dell’attualità dell’intuizione di Chiara. Una speranza che la ricerca del nuovo paradigma culturale che il cambio d’epoca ci chiede non è un’utopia. Un investimento per promuovere con serietà e visione lo sviluppo, non solo culturale, del carisma dell’unità e della sua incidenza storica”. In passato c’è sempre stato un Preside, oggi c’è un Rettore, cosa vuol dire per l’università? “Il fatto che il dicastero vaticano per gli studi e l’università abbia voluto questo passaggio sottolinea la validità del cammino fatto ed è un riconoscimento dell’accesso dell’Istituto allo status di Ateneo. Ci si può vedere anche un’eco di quanto Papa Francesco ci ha detto nell’udienza del 14 novembre scorso: «Sono contento del cammino che avete fatto in questi dodici anni di vita. Avanti! Il cammino è appena iniziato»”.

 Lorenzo Russo

(altro…)

Fare della Resurrezione un’esperienza di popolo

Gli auguri di Maria Voce, presidente dei Focolari, per questa Pasqua: sperimentare il continuo passaggio dalla morte alla resurrezione attraverso l’amore al fratello. Solo così supereremo questo doloroso tempo della pandemia e ogni altro dolore. Santa Pasqua 2020 Carissime e carissimi tutti, quest’anno il passaggio di Gesù dalla morte ad una vita del tutto nuova ci interroga e ci trova in ascolto. Ed è proprio qui che la fede e il nostro carisma ci vengono in aiuto: in Gesù crocefisso e abbandonato, il Dio di questo presente che non comprendiamo, troviamo la risposta. Anche la solitudine, in cui ora forse siamo costretti a vivere, vissuta con Lui può essere popolata e riempita dal Suo Regno [1] . Solo scegliendolo, abbracciandolo in ogni dolore ed amandolo in modo esclusivo, noi e tutta l’umanità troveremo la strada verso la luce, verso una nuova nascita. GESÙ È RISORTO! Facciamo questa esperienza di passare continuamente dalla morte alla risurrezione e proponiamola a molti, a tutti. Così prepariamo il domani e mettiamo solide basi al mondo che sarà, quando torneremo a incontrarci e ad abbracciarci di persona. BUONA PASQUA!       [1] Vedi Chiara Lubich, “Dov’è la schiavitù?”, Fermenti di unità, pg. 130, ed. 1963. (altro…)

Tempo di Pasqua: isolati, ma sempre proiettati verso un mondo più unito

L’emergenza Coronavirus ha imposto varie restrizioni in tanti Paesi e non si può uscire di casa. L’isolamento può essere un problema, ma la forza della solidarietà e la voglia di rimanere uniti e collegati grazie ai social sono più forti. Ecco gli auguri di Pasqua in giro per il mondo. https://vimeo.com/406299503 Tempo di Pasqua: isolati, ma sempre proiettati verso un mondo più unito from focolare.org on Vimeo. (altro…)

Siria: fermiamo l’embargo

Per New Humanity, ONG dei Focolari il tempo della pace in Siria è adesso. L’appello inviato al Segretario Generale delle Nazioni Unite, alla Commissione e al Parlamento Europeo. Numerose le autorità politiche, civili e religiose che stanno aderendo. “Chiediamo di promuovere una sospensione delle sanzioni economiche al governo siriano in modo che il popolo abbia accesso ai mercati e ai servizi finanziari internazionali per ricevere le forniture mediche e i fondi necessari per difendersi dal virus COVID-19”. È questo il succo dell’appello promosso da New Humanity, ONG dei Focolari, in risposta – in primis – al grido della popolazione siriana giunta al decimo anno di guerra civile ed ora pesantemente provata dalla pandemia che ha raggiunto anche questo Paese. Ma non solo: al grido del popolo si aggiungono le voci di personalità da tutto il mondo. È di pochi giorni fa il messaggio di Antònio Guterres, Segretario Generale ONU, sulla condizione che ci vede tutti uniti a combattere il comune nemico: “Al virus non interessano nazionalità, gruppi etnici, credo religiosi. Li attacca tutti, indistintamente. Intanto, conflitti armati imperversano nel mondo. E sono i più vulnerabili – donne e bambini, persone con disabilità, marginalizzati, sfollati – a pagarne il prezzo e a rischiare sofferenze e perdite devastanti a causa del Covid-19”. “Di appelli a fini umanitari ne sono stati fatti a centinaia per la Siria – spiega Marco Desalvo, presidente della ONG – ma ora ci troviamo in una condizione eccezionale. Se da un lato il Covid-19 ci pone tutti su uno stesso grado di vulnerabilità, la risposta che i nostri stati sono in grado di dare è fortemente diseguale. Abbiamo redatto questo appello per il Segretario Generale delle Nazioni Unite, e per Istituzioni europee, per chiedere la sospensione, almeno temporanea, dell’embargo per ogni presidio medico e per le transazioni finanziarie, affinché la Siria possa rifornirsi di medicinali e materiale sanitario”. “Questo appello non entra nel merito delle varie posizioni politiche – spiega l’On. Lucia Fronza Crepaz, già deputato al Parlamento italiano, tra i promotori dell’appello” – al contrario, vuole andare oltre i partiti, poiché l’obiettivo di salvaguardare la popolazione civile siriana è al di sopra di qualsiasi orientamento politico o ideologico”. All’appello hanno aderito già diversi esponenti del mondo politico, accademico, scientifico, religioso e civile italiano e non, come Romano Prodi, il sottosegretario per il lavoro e le politiche sociali, sen. Steni Di Piazza, Patrizia Toia e Silvia Costa, d. Luigi Ciotti, fondatore del Gruppo Abele Onlus e di LIBERA, Giovanni Paolo Ramonda, Responsabile Generale dell’Associazione Papa Giovanni XXIII (APG23), Michel Veuthey, docente di diritto internazionale alla Webster University (Svizzera), Andrea Olivero, presidente emerito ACLI, Cornelio Sommaruga, già presidente Croce Rossa Internazionale, P. Bahjat Elia Karakash, ofm. Superiore dei frati francescani a Damasco. Aderisci alla petizione su change.org

Stefania Tanesini

          (altro…)