Movimento dei Focolari

Vangelo vissuto: perdonare e riconciliarsi

Nella vita personale e sociale respiriamo un’atmosfera di crescente ostilità e competizione. Come cristiani possiamo dare una testimonianza controcorrente cominciando a ricostruire legami incrinati o spezzati. Separazione Dopo due anni di matrimonio, nostra figlia e suo marito hanno deciso di separarsi. L’abbiamo accolta di nuovo nella nostra casa e nei momenti di tensione abbiamo cercato di mantenerci calmi, con il perdono e la comprensione nel cuore, conservando un rapporto di apertura verso di lei e verso suo marito, soprattutto cercando di non avere giudizi verso nessuno. Dopo tre mesi di continuo ascolto, di aiuto discreto e di tante preghiere, sono tornati insieme con nuova consapevolezza, fiducia e speranza. (M.L. – Malta) In segno di perdono Pensavo di aver sempre fatto il mio dovere di cristiano, come Sindaco della mia cittadina e come padre. Quando però il mio primogenito, di 33 anni, sposato e padre di due bambini piccoli, è stato ucciso durante una rapina, mi sono ribellato contro Dio: perché era successo tutto questo? In seguito ho iniziato una cammino di vera conversione, durante il quale ho capito che Dio stesso aveva dato suo Figlio per amore nostro. Cinque anni dopo si è aperto il processo. In aula ho evitato di guardare verso gli imputati, ma quando ho incrociato lo sguardo del più giovane degli assassini, mi sono avvicinato a lui e ho allungato la mia mano per stringere la sua, in segno di perdono. (C.S. – Italia) Nuova atmosfera in reparto Sono responsabile di un reparto di un’azienda e a fine anno devo redigere le note di qualifica dei miei dipendenti. Una dipendente non aveva offerto molti elementi per essere valutata, per cui le ho chiesto un colloquio, grazie al quale ho scoperto di non conoscere tante cose di lei. Questo incontro mi ha aperto gli occhi e mi ha spinto a cambiare le cose, promuovendo varie iniziative per valorizzare i dipendenti, festeggiare i loro compleanni, organizzare feste con le loro famiglie. Non solo è migliorata l’atmosfera, ma è aumentato anche il rendimento. (M.T. – Ungheria) La palla Abbiamo due bambini molto vivaci. Una mattina ho visto Nathan piangere e Claire con la sua palla in mano. Subito gliel’ho presa per restituirla a lui: Nathan ha smesso di piangere, ma ha cominciato a piangere lei. Allora l’ho presa da parte per spiegarle che Gesù ci ha insegnato ad amare a condividere. Anche se è ancora una bambina, ha capito e ha dato la palla al fratellino. Ci sono state tante situazioni in cui stavo per punirla, ma sono riuscita a trovare in me amore e pazienza. Ora è lei sempre pronta ad aiutarmi. (J.N.J. – Filippine)

(tratto da Il Vangelo del Giorno, Città Nuova, anno V, n.2, marzo-aprile 2019)

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Brasile, al di là della polarizzazione politico-ideologica/2

Brasile, al di là della polarizzazione politico-ideologica/2

L’immagine di un paese impregnato di dispute politiche e ideologiche, ampiamente diffuse dai media brasiliani in generale, tende a nascondere la realtà di coloro che agiscono per il bene comune, affrontando le divergenze di opinione attraverso il dialogo e con azioni concrete di solidarietà. Pur essendo segnato da una forte polarizzazione politico-ideologica, il Brasile coltiva, per lo più nel silenzio, i germi di una società rinnovata aperta al dialogo, solidale, protesa verso la costruzione di rapporti di fraternità. Nello spazio politico e in quello socio-culturale più ampio. Dopo aver raccontato delle iniziative messe in campo dai più vari organismi, ecclesiali e non, per promuovere una riflessione politica fondata sul dialogo – intesa come risposta alla domanda crescente di una nuova cultura democratica e partecipativa – vogliamo ora mettere in luce l’impegno di molti nel campo della solidarietà e del volontariato. Spesso, infatti, l’azione politica è guidata da un senso di solidarietà con coloro che soffrono. Dal 2016, quando il governo dello Stato di Rio de Janeiro ha iniziato a ritardare il pagamento degli stipendi dei dipendenti pubblici, oltre alla lotta nei tribunali e ai numerosi atti politici di protesta contro questo provvedimento, è emersa una rete di solidarietà a favore dei lavoratori e delle loro famiglie che hanno sofferto di più a causa di questa situazione. I gesti si sono moltiplicati in tutto lo Stato, sia da parte di singoli che di collettività. Per aiutare le famiglie in difficoltà una serie di organizzazioni si sono mobilitate per raccogliere risorse e allestire cestini alimentari di base, per acquistare medicinali e soddisfare altri bisogni primari. L’Arcidiocesi e le altre diocesi cattoliche di Rio de Janeiro, così come altre chiese e unioni cristiane, hanno operato in collaborazione con il cosiddetto Movimento Unificato dei Funzionari Pubblici di Stato (Muspe). Una situazione simile ha visto circa 40 entità brasiliane, tra religiose e civili, lavorare insieme per accogliere rifugiati provenienti soprattutto dal Venezuela. Alcuni di questi enti svolgono azioni di emergenza (offerta di cibo e medicinali, cure mediche e psicologiche), mentre altri aiutano ad ottenere la residenza in Brasile attraverso l’accesso alla documentazione necessaria, corsi di lingua portoghese, alloggio e lavoro. Queste entità sono state particolarmente attive nella regione di confine tra i due paesi, ma anche in altre regioni in cui sono state inviate famiglie di rifugiati nel tentativo di offrire loro migliori opportunità di lavoro e di alloggio. Iniziative di questo tipo riflettono il desiderio di molti brasiliani di “raggiungere” continuamente coloro che hanno più bisogno di aiuto. È forse questa spinta che giustifica i dati dell’indagine “Other Forms of Work”, condotta nel 2017 e recentemente pubblicata dall’Istituto Brasiliano di Geografia e Statistica (IBGE). Secondo questa ricerca, 7,4 milioni di persone hanno fatto volontariato in quell’anno, l’equivalente del 4,4% della popolazione di 14 anni o più. Per volontariato i ricercatori intendono il lavoro non obbligatorio, svolto almeno un’ora alla settimana, senza ricevere una retribuzione o benefici in cambio, da persone che non vivono nella stessa famiglia del volontario e non sono la loro famiglia. Sempre secondo la ricerca, il profilo dei volontari in Brasile descrive principalmente donne che insieme alle attività di volontariato si occupano di lavoro professionale e domestico. Un altro esempio che viene dal Movimento dei Focolari è Milonga, un programma che mette in contatto le organizzazioni non governative a carattere sociale di sette Paesi con giovani che vogliono integrare la loro formazione umana con il volontariato, donando il loro tempo e il loro lavoro. Nell’ottobre 2018, 75 volontari del progetto hanno lavorato in 19 organizzazioni in Brasile, Argentina, Bolivia, Messico, Messico, Paraguay, Venezuela, Uruguay, Kenya e Giordania. “Ho imparato che l’essenza della vita non è avere, ma essere. A volte siamo pieni di tante cose, ma ciò che conta davvero sono quelle che rimangono nell’eternità del momento presente”, ha detto Rarison Gomes, 30 anni, originario di Manaus.  L’esperienza del volontariato coincide con un certo protagonismo giovanile in crescita tra i ragazzi brasiliani che desiderano passare dalla riflessione politica all’azione. Un esempio significativo è l’esperienza del Coletivo Juventude Campo Cidade, nato più di dieci anni fa da una conversazione tra amici nella cittadina di Poço Redondo, all’interno dello Stato di Sergipe, nel nord-est del Brasile. Alcuni di questi giovani erano già attivi in movimenti sociali nell’Alto Sertão Sergipano, come viene chiamata quella regione. Motivati dal processo elettorale del 2008, questi ragazzi hanno deciso di dar vita ad un programma di formazione politica per i giovani della regione. Pur senza risorse e con scarso sostegno, il gruppo ha organizzato un corso in 11 tappe della durata di un anno e mezzo. All’origine del progetto una chiara presa di coscienza: era necessario formarsi, conoscere la realtà, per assumere il protagonismo sociale nella regione. “C’era la sensazione di voler trasformare la società e questo è maturato in ogni fase del corso”, dice Damião Rodrigues Souza, uno degli ideatori dell’iniziativa. Al termine del primo corso, i giovani hanno concluso che l’esperienza iniziata lì avrebbe dovuto proseguire basandosi su tre pilastri: formazione, organizzazione e lotta. L’ultimo di questi pilastri si è concretizzato in una serie di iniziative che hanno prodotto risultati efficaci: l’installazione di un campus di un’università pubblica federale nella regione; la costruzione di un teatro popolare con una capacità di 200 persone nella città di Poço Redondo (costruito dagli stessi giovani); la concessione da parte del governo federale di un pezzo di terra, fino ad allora inattivo, da destinare alla coltivazione di prodotti biologici da parte di giovani. Anche se isolati e dispersi lungo gli oltre otto milioni di chilometri quadrati del Brasile, questi e molti altri esempi di dialogo e partecipazione politica, così come di azione concreta per la costruzione di una società giusta e fraterna, testimoniano un quadro molto più sano di quello della semplice polarizzazione politica in cui gran parte della società brasiliana è stata condotta. Per i protagonisti di queste azioni, la speranza sta nella convinzione che gli esempi e i frutti concreti siano in grado di catturare “seguaci” e di potenziare questo protagonismo, fondamentale per unire le persone a favore del bene comune e al di là delle differenze politico-ideologiche.

Luís Henrique Marques

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Brasile, al di là della polarizzazione politico-ideologica/1

Brasile, al di là della polarizzazione politico-ideologica/1

Un Brasile impregnato di dispute politiche e ideologiche è l’immagine che rischia di prevalere oggi nel mondo, grazie anche alla lettura mediatica.  Luís Henrique Marques, redattore capo di Cidade Nova ci accompagna in un viaggio nella società brasiliana, alla scoperta della realtà, spesso sconosciuta, dei tanti che agiscono per il bene comune. A giudicare da ciò che i media commerciali divulgano quotidianamente, il Brasile sembra immerso nella polarizzazione politico-ideologica, come del resto accade in altre regioni del globo.   Ma ciò che i media mainstream non mostrano è che la realtà brasiliana non è fatta solo di dispute politiche e ideologiche. La performance silenziosa di molti “pionieri” di questa democrazia ancora giovane e inesperta rivela che c’è un potenziale capace di rendere le relazioni politiche uno spazio di dialogo e un luogo per la costruzione della cittadinanza. La rivista Cidade Nova è uno dei veicoli impegnati a svelare quest’altra faccia della realtà brasiliana, ancora piuttosto timida, limitata a fatti isolati, ma che, nel complesso, mostra un Brasile al di là della polarizzazione politico-ideologica. Spazi per il dialogo Per cominciare dobbiamo riconoscere che nonostante la crisi creata dalle posizioni polarizzate nel dibattito politico-ideologico, molti analisti tendono a guardare con ottimismo e speranza all’attuale scenario brasiliano. Il motivo principale è che molti cittadini brasiliani si sono interessati a comprendere e discutere di questioni politiche e relative alla pubblica amministrazione, convinti della necessità di assumere il proprio ruolo di cittadini, consapevoli e partecipativi nei confronti della “cosa pubblica”. Si sono moltiplicati e intensificati i cosiddetti gruppi di dialogo, promossi da parrocchie o gruppi pastorali della Chiesa cattolica, gruppi di altre Chiese cristiane e altre religioni (comprese iniziative ecumeniche e interreligiose), organizzazioni non governative, collettivi e altre entità della società civile. L’obiettivo è promuovere la riflessione politica attraverso il dialogo e lo scambio di esperienze, intensificatosi soprattutto nella seconda metà del 2018 a seguito del periodo elettorale. Sono piccole “isole”, ma riflettono il potenziale di partecipazione democratica dei cittadini brasiliani. È il caso dei gruppi del Movimento dei Focolari sparsi in diverse regioni del Brasile. Motivati da un tema specifico, giovani e adulti di diverse convinzioni religiose e politiche e di diverse condizioni sociali hanno iniziato un processo di confronto sullo scenario politico attuale, i suoi ostacoli e le sue possibilità. Molte di questi incontri sono andati oltre la discussione sul processo elettorale e si sono aperti ad azioni concrete per la promozione di politiche pubbliche che favoriscano la comunità locale. La “Scuola della Cittadinanza”, promossa sempre dai Focolari, è un corso online i cui temi rispondono alla domanda diffusa di una nuova cultura democratica e partecipativa. Il primo blocco di lezioni è stato proprio sul tema del dialogo. (www.focolares.org.br/escoladecidadania). Un’altra iniziativa è stata frutto dell’azione congiunta di diverse organizzazioni della società civile brasiliana, tra cui il Movimento Politico per l’Unità (MPpU): il “Patto per la democrazia”. L’iniziativa nasce con l’obiettivo di affermare il pluralismo, la tolleranza e la convivenza con la diversità nello spazio pubblico, e opera in tre direzioni: riaffermare il dialogo per uno confronto virtuoso delle idee; difendere elezioni pulite che possano rappresentare efficacemente la cittadinanza e restituire le basi di fiducia e legittimità al contesto politico; realizzare un’ampia riforma politica al termine del processo elettorale. Infine, la tradizionale Campagna di Fraternità, promossa annualmente dalla Conferenza episcopale dei Vescovi del Brasile (CNBBB) durante la Quaresima, si configura anche come spazio di dialogo e promozione di azioni concrete nelle comunità parrocchiali su questioni religiose, culturali, sociali, economiche e politiche della società brasiliana. Per quest’anno, la Campagna propone che i fedeli riflettano sul tema “Politiche pubbliche e fraternità”. (continua)

Luís Henrique Marques

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Ragazzi uniti per dire no al bullismo

Ragazzi uniti per dire no al bullismo

Il progetto “Why fai il bullo?” forma gli adolescenti perché aiutino i loro coetanei ad affrontare questo fenomeno con azioni e prevenzione partendo dalle cause che lo generano. Una sistematica prevaricazione, con offese e soprusi messi in atto dai ragazzi nei confronti dei loro coetanei. Questo è il bullismo, un fenomeno dilagante tra gli adolescenti, sia a livello personale che attraverso il web. Esso coinvolge i ragazzi-bulli, chi ne è vittima e gruppi di amici che spesso assistono impauriti o compici. Che fare? Un progetto dell’associazione bNET, capofila della “Rete Progetto Pace”, una rete internazionale di scuole, enti ed associazioni che collaborano per promuovere una cultura di pace, punta sulla responsabilizzazione dei ragazzi: che siano loro stessi, opportunamente formati, ad aiutare i loro coetanei ad uscire dal bullismo. Ne parliamo con il Presidente dell’associazione Marco Provenzale. – Che cosa è il progetto “Why fai il bullo”? Ogni episodio di bullismo nasce da un conflitto. Noi crediamo che far capire ai ragazzi la sua origine e dare loro gli strumenti per capire i conflitti e risolverli aiutandosi tra pari sia la strada migliore per risolvere il fenomeno. Il cuore del progetto è la creazione in ogni scuola di un gruppo di studenti, il “Gruppo di Mediazione fra Pari”, nel quale i ragazzi acquisiscono competenze per la gestione e la risoluzione dei conflitti. I ragazzi, formati attraverso lezioni e giochi di ruolo, diventano capaci non solo di risolvere, ma anche di prevenire i conflitti, riconoscendo nella vita quotidiana della classe il verificarsi di potenziali situazioni di pericolo prima che degenerino in tensioni più gravi. Il Gruppo offre poi un servizio di mediazione attraverso uno “sportello” concordato con ogni scuola. I ragazzi con i quali lavoriamo vanno dagli 11 ai 15 anni. Si tratta di un progetto europeo, nato nel 2015 dopo la partecipazione di alcune associazioni al bando “Joining Forces to Combat Cyber Bullying in School”, ma che potrebbe essere attuato anche in altri Paesi.  – Il progetto prevede anche attività parallele? Sì, attraverso incontri formativi mensili ed eventi annuali tra i quali un viaggio interculturale e umanitario. Sono previsti momenti di formazione anche per docenti e genitori. Questa compartecipazione tra associazione, scuola e famiglie riteniamo sia uno dei valori aggiunti dell’iniziativa.  – Il progetto è promosso dall’associazione bNET, capofila della “Rete Progetto Pace”, quali gli obiettivi  di essa? La “Rete Progetto Pace” da quasi trent’anni porta avanti una formazione integrale per i ragazzi. Favorisce la collaborazione tra istituti scolastici e associazioni, a livello locale e internazionale; sviluppa la riflessione dei giovani su tematiche di attualità; promuove esperienze di volontariato; valorizza i talenti artistici ed espressivi, le capacità di leadership e le abilità tecnologiche anche nell’uso positivo dei media. Per maggiori informazioni: visitare il sito www.reteprogettopace.it o scrivere a direttivo@reteprogettopace.it.

A cura di Anna Lisa Innocenti

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Un maestro dell’ascolto

Era un uomo di grande equilibrio e di buon senso. Essendo quasi cieco, Klaus Purkott  realizzava la sua donazione a Dio offrendo a tanti il suo ascolto. Era quasi cieco ed era un uomo di poche parole, ma era dotato di una grande capacità di ascolto, di un ascolto profondo. Era così che Klaus Purkott creava rapporti, aiutava ed accompagnava le persone, insomma, viveva la sua donazione a Dio da focolarino. Lo faceva in modo particolare attraverso il lavoro che per oltre 20 anni ha svolto a Berlino come giurista in un ufficio statale presso la Corte Civile. Accoglieva persone, soprattutto povere, che non potevano permettersi un’assistenza legale ed era stimato ed amato dai clienti e dai colleghi, perché riusciva a risolvere anche casi difficili in modi inaspettati e non convenzionali. Aveva infatti un’attenzione speciale per chi si trovava in situazioni apparentemente senza via d’uscita. Questo amore preferenziale per chi si trovava nei guai, Klaus lo aveva ereditato dal suo passato comunista. Era nato il 31 dicembre 1936 nell’alta Slesia, terra a maggioranza tedesca, che, dopo la guerra, fu assegnata alla Polonia. Nonostante la sua cecità congenita (aveva una capacità visiva del 5 percento circa) è riuscito a superare la maturità e ha proseguito gli studi all’università, seguendo i corsi di filosofia marxista. Come suo padre, cestaio di professione e uno dei fondatori del Partito Comunista polacco, anche Klaus sperava di trovare nel Comunismo la vera vita. “Ma Dio – come ha raccontato una volta – attraverso la mia cecità, mi ha fatto presto capire l’inutilità di tutti questi miei sforzi e mi ha preparato all’incontro con Lui”. Pur nel buio della sua vita, Klaus ha trovato una luce nell’incontro con la figura di Gesù sulla croce, che, proprio nel massimo dell’oscurità, si affida al Padre. Questa scoperta, avvenuta attraverso l’incontro con la spiritualità dei Focolari, gli cambia la vita e lo porta ad un’altra scelta radicale: quella di vivere da focolarino consacrato con una vita spesa per gli altri. Oltre all’ambito lavorativo vive questa scelta anche in altri campi: nell’accompagnare le persone che facilmente si affidavano a lui, nell’offrire la sua profonda e sapienziale conoscenza della Bibbia attraverso temi e articoli, oppure nel raccontare semplici esperienze dalla sua vita. Era stimato per la sua vasta cultura, il suo linguaggio estremamente semplice, ma anche per un suo tipico umorismo con il quale riusciva facilmente a scogliere le tensioni. Nel 1999, ormai in pensione, Klaus è chiamato a Ottmaring nella Cittadella ecumenica dei Focolari in Germania. Anche lì godeva di un’autorità morale. “Era un fratello maggiore, – così lo definiscono i focolarini – costruiva rapporti spesso in modo discreto”. Altre sue caratteristiche erano l’equilibrio, il buon senso, la sincerità e un profondo rapporto con Dio. Nel 2008 Klaus torna a Berlino. Un po’ più di due anni fa rimane ferito in un grave incidente, tanto che si rende necessario il suo trasferimento in una casa di riposo. Anche lì continua la sua testimonianza di una vita vissuta secondo la Parola di Dio. Presto si forma intorno a lui un gruppo della “Parola di Vita”[1] e viene in luce il suo vivere bene il momento presente; uno stile di vita che gli ha aperto la strada per arrivare degnamente all’incontro col Padre il 18 gennaio 2019, inaspettatamente e senza clamore, durante il solito pisolino dopo pranzo.

Joachim Schwind

  [1] Si tratta di gruppi di persone che si incontrano periodicamente per leggere e condividere il commento mensile ad una frase del Vangelo. Inizialmente il commento era di Chiara Lubich, oggi si sono aggiunti contributi diversi.     (altro…)

Vangelo vissuto: piccoli passi verso la pace

Piccoli gesti possono trasformare la società in cui viviamo Condominio Nel mio condominio si era creata una forte tensione da quando un mio vicino, assente all’ultima riunione, aveva mandato a tutti una diffida per contestare dei lavori che erano stati effettuati nel palazzo, secondo lui in maniera illegale. Per chiarire la situazione, ho provato a convincere l’amministratore a convocare nuovamente l’assemblea. Finalmente, dopo non poche difficoltà, l’assemblea si è riunita e in quell’occasione la questione è stata risolta. Da allora la situazione è cambiata, il vicino saluta tutti e nel condominio si è creata una nuova intesa. (Alessandra – Italia) Il nonno Abbiamo accolto in casa il nonno, che ha un problema agli occhi e ogni mese necessita di un controllo. Un giorno, mentre siamo dal medico, apro la borsetta e mi accorgo di aver dimenticato il portafoglio a casa. Non sapendo come fare per pagare la visita, mi affido a Dio. Uscendo, il medico mi prende da parte e mi dice: “Questa volta non dovete pagare”, e mi offre anche delle medicine campione. Ho capito che se agisco per amore, Dio non mi abbandona. (Arze – Libano) Il pacco Nello studentato dove abitavo mi era arrivato un pacco contenente marmellate, conserve e vari capi di vestiario. I miei non avevano accennato ad un invio del genere. D’accordo con altri studenti, con cui condividiamo il desiderio di vivere il Vangelo, abbiamo deciso di destinare tutto a chi nello studentato ci sembrava più bisognoso. Giorni dopo, in portineria, ho sentito casualmente uno studente che chiedeva di un pacco a lui destinato. Ho capito l’errore, dovuto al fatto che abbiamo un cognome simile. Gli ho raccontato tutto e ne abbiamo riso insieme. Avendo raccontato l’episodio alla mia famiglia, mi hanno inviato un pacco ancora più grande per lui. Quel giorno è nata tra noi una vera amicizia. (C.d.F. – Repubblica Ceca) I carrelli Dopo aver fatto la spesa al supermercato, mentre ci accingevo a riporre il carrello, mi sono accorta che dentro altri carrelli erano rimasti guanti e sacchetti della verdura non utilizzati. Mi è venuto in mente che avrei potuto raccoglierli e buttarli nella spazzatura. Un piccolo gesto d’amore per i clienti successivi. (Annalisa – Svizzera)

Chiara Favotti

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Eliminare la povertà: una settimana di sensibilizzazione

Con l’azione “End Poverty Week” i Giovani per un Mondo Unito promuovono azioni concrete e una campagna Social per un mondo più equo. “La tendenza di oggi vede il rallentamento della riduzione della povertà estrema e l’aumento della concentrazione della ricchezza nelle mani di pochi. Pochi hanno troppo e troppi hanno poco. Molti non hanno cibo e vanno alla deriva, mentre pochi annegano nel superfluo. Questa perversa corrente di disuguaglianza è disastrosa per il futuro dell’umanità” Queste le parole che Papa Francesco ha indirizzato la settimana scorsa al Fondo Internazionale per lo sviluppo agricolo e che descrivono bene la situazione mondiale della lotta alla povertà. Infatti, le cifre dettate dal rapporto Onu 2018 sulla piaga della povertà sono impietose: 821 milioni di persone nel mondo sono state vittime della fame nel 2017, 6 milioni in più rispetto al 2016 e una persona su dieci vive in condizioni di povertà estrema, cioè con meno di 1,25 dollari al giorno. Ma la povertà si può sconfiggere se si operano delle azioni tempestive. Le cause? Conflitti, malattie siccità e disoccupazione. Dal 17 al 23 febbraio 2019, nell’ambito del percorso “Pathways of Economy, Work and Communion”, i Giovani per un Mondo Unito hanno indetto la “End Poverty Week”, una settimana di sensibilizzazione per l’eliminazione della povertà. Inserita all’interno di United World Project, essa prevede la promozione di azioni volte al superamento delle disuguaglianze a favore dei poveri di un territorio; momenti di sensibilizzazione ad una maggiore consapevolezza nel consumo; la promozione di una finanza etica. “Sogniamo un mondo in cui nessuno sia più nel bisogno e tutti abbiano la possibilità di sviluppare pienamente il proprio potenziale umano, spirituale, economico e lavorativo” – spiega Andres Piccinini, argentino, dei Giovani per un Mondo Unito. È in programma anche la formazione di persone che vogliono impegnarsi nel progetto. Al Polo Lionello Bonfanti (Loppiano, Italia) si svolgerà una serie di incontri dal titolo Economia, Lavoro e Comunione. La proposta punta a promuovere personalmente o collettivamente anche piccoli gesti quotidiani, azioni già in atto che localmente possano incidere sull’opinione pubblica. Il metodo: agire e poi condividere le azioni sui social, usando gli hashtag #Pathways4unitedworld, #pathway2018, #endpoverty, #unitedworldproject, scrivono i Giovani per un Mondo Unito sulla loro pagina Facebook e Instagram.

Patrizia Mazzola

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Germogli di speranza

Germogli di speranza

Due giornate di visite per il Consiglio Generale dei Focolari nei luoghi santi: dalla grotta della Natività di Betlemme al Cenacolo, dall’orto degli olivi al Calvario. Insieme ad incontri con personalità per approfondire questioni di grande attualità per la Terra Santa.

il rabbino Ron Kronish e il vescovo luterano emerito, Munib Younan

Il 14 e 15 febbraio è stata la volta di una full immersion nella situazione politica e religiosa della Terra Santa. Il Consiglio Generale si è messo in marcia, insieme alle migliaia di pellegrini che affollano quotidianamente Gerusalemme, per visitare alcuni dei luoghi santi. Ma non solo: queste giornate sono state dedicate anche ad approfondire la situazione politica e religiosa di questa terra. Ad accompagnare questo percorso, due personalità d’eccezione: il rabbino Ron Kronish e il vescovo luterano emerito, Munib Younan. “La guerra tra ebrei e cristiani ormai è finita” ha osservato il rabbino Kronish parlando del dialogo ebraico-cristiano. Sia lui che il vescovo Younan hanno focalizzato poi il loro intervento sulle condizioni politiche necessarie per una convivenza pacifica, non solo tra Israele e Palestina, ma per l’intero Medio Oriente: “Due popoli – due stati” è lo slogan che esprime, secondo l’opinione concorde di questi due uomini di dialogo, amici da tanti anni, la base indispensabile sulla quale costruire una pace vera. “Solo con due stati – dice Kronish –riusciremo a porre fine alla violenza”. E una volta terminata la guerra – è la convinzione espressa dal rabbino Kronish fondatore di tante iniziative di dialogo – ci saranno anche le risorse economiche necessarie per una politica di educazione e formazione alla convivenza pacifica. Munib Younan, nato in una famiglia di profughi palestinesi, aggiunge altri elementi necessari, a suo avviso, per una pace duratura: una Gerusalemme che appartenga ugualmente alle tre grandi religioni (ebrea, musulmana e cristiana) e ai due popoli (ebreo e palestinese) e una soluzione per i profughi palestinesi. Anche lui è d’accordo che, dopo le scelte politiche, occorra una strategia di formazione soprattutto per i giovani. “Iniziate un Movimento laico come il vostro tra i cristiani palestinesi – è l’invito che rivolge ai Focolari – ce n’è tanto bisogno”. Pierbattista Pizzaballa, Amministratore Apostolico in Terra Santa, ha ricevuto il Consiglio Generale giovedì scorso nella sede del Patriarcato Latino. Nel suo saluto ha messo l’accento sulla forza di ciò che è piccolo. “Noi cristiani in Terra Santa siamo pochi, deboli e fragili – ha spiegato – E proprio per questo possiamo fare la proposta provocatoria di una Gerusalemme non solo celeste, ma anche terrestre, che ha, come dice l’Apocalisse, tutte le porte aperte.” Il compito dei cristiani sarebbe quello di seminare, senza pretendere di vederne gli effetti. Gettare semi, anche piccoli, e lasciare alla Divina Provvidenza di farli crescere e fruttificare. Questo invito dell’Arcivescovo è sembrato realizzarsi poche ore dopo: accanto alla Chiesa San Pietro in Gallicantu, adiacente alla scaletta sulla quale Gesù, secondo la tradizione, avrebbe espresso la sua preghiera per l’unità, Maria Voce, Presidente dei Focolari, ha deposto nella terra una piccola medaglia. È il primo seme di un “Centro Internazionale per l’Unità e la Pace” a Gerusalemme che sta per nascere proprio qui, quale realizzazione di un sogno che Chiara Lubich, fondatrice dei Focolari aveva espresso già durante una sua visita in Terra Santa nel 1956. “Chiara – ha affermato Maria Voce – dal Cielo benedirà questo progetto e lo porterà avanti”. Un momento profondo, a cui erano presenti anche 170 membri delle comunità dei Focolari in Terra Santa. Testimoni, questi ultimi, che il piccolo seme gettato in questa terra lungo il corso gli anni, mostra già i primi germogli.

Joachim Schwind

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Portare il Risorto nel mondo

Portare il Risorto nel mondo

Al ritiro del Consiglio Generale in Terra Santa si sono conclusi i tre giorni di lavoro su comunione dei beni, nuove generazioni e Assemblea generale 2020.   “Quel Gesù che era sepolto qui ed è risorto, ora vuole vivere in mezzo a noi ed essere portato da noi in tutto il mondo”. Ha espresso così il Copresidente del Movimento dei Focolari Jesús Morán la sua emozione davanti al Santo Sepolcro dove ha celebrato l’Eucarestia insieme al Consiglio Generale. Una giornata intensa, ricca, quella del 13 febbraio iniziata con un risveglio all’alba per poter entrare in questo luogo straordinario che sembra avere molti punti in comune con la settimana di ritiro che il Consiglio Generale sta vivendo in Terra Santa. Al Santo Sepolcro ci si è trovati infatti davanti alla tomba lasciata vuota da Gesù Risorto. E, come essa provocò nei seguaci di Gesù tante domande sul futuro, così in questi giorni anche il Consiglio Generale si è lasciato interrogare facendo spazio alle domande sull’avvenire: dove il Risorto – anche attraverso i Focolari – vorrà arrivare oggi? Dove si dovrebbero, di conseguenza, concentrare le forze, le energie e le risorse? Domande che hanno pervaso i tre grandi argomenti affrontati in questi giorni a Gerusalemme. Riguardo all’aspetto “comunione dei beni, economia e lavoro”, il Consiglio Generale ha costatato in tutte le articolazioni del Movimento un grande desiderio di tornare alla radicalità dei primi tempi e di vivere con nuovo impegno e nuova coerenza la comunione dei beni. Ci si è interrogati su come dare concretezza a questo desiderio. La riflessione sulle nuove generazioni dei Focolari, secondo argomento trattato, è stata arricchita dalla retrospettiva sul Genfest a Manila e sulla recente GMG a Panama, due tappe che hanno evidenziato tutta la potenzialità di ragazzi e giovani. Lo dimostrano anche alcune iniziative che si stanno ampiamente diffondendo come il progetto “Pathways for a United World” oppure l’impegno verso “Fame Zero” per sconfiggere la fame entro il 2030. Tra gli argomenti di riflessione, come dare continuità alle singole iniziative in atto per aderire a questi impegni. E infine il terzo tema: la preparazione della prossima Assemblea Generale del 2020. Particolare attenzione del Consiglio è stata posta, da un lato, su come fare in modo che l’Assemblea rispecchi la varietà geografica, culturale e di vocazioni presente nel Movimento; dall’altra, ci si è chiesti come conciliare le esigenze di continuità e quelle di novità che caratterizzano il momento attuale del Movimento. A breve sarà costituita una commissione preparatoria che avvierà il lavoro partendo da queste due piste. Così descritto, però, potrebbe apparire un ritiro fatto di tante domande, ma senza risposte. Non è stato così. E’ venuto in luce un cammino già in atto, frutto della vita del Movimento presente in tutto il mondo. Porsi domande su questo cammino, lasciarsi interrogare dalle grandi questioni dell’umanità di oggi e cercare nuove risposte, attingere al percorso fatto per guardare al futuro, può produrre effetti inaspettati, può far incontrare il Risorto su strade inattese, proprio come è accaduto a quei due discepoli che, lasciata la tomba vuota, si erano incamminati verso Emmaus.

Joachim Schwind

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Nuova Zelanda: quando le culture s’incontrano

Nuova Zelanda: quando le culture s’incontrano

Esther è Maori e Tom è di origini irlandesi e scozzesi. Una storia, la loro, che ribalta il principio dell’incomunicabilità tra culture molto diverse.  Figlio di madre irlandese e di padre scozzese, Tom ha 26 anni quando arriva in Nuova Zelanda, un arcipelago dove il popolo Maori è approdato per primo, seguito da numerose migrazioni, tanto da renderlo un Paese multiculturale. Ci è arrivato con uno dei voli low-cost che i governi britannico e neozelandese offrivano a giovani disposti a fermarsi almeno due anni nelle terre d’oltremare. Esther, invece, è Maori ed è la più grande di 13 fratelli. I due si sono conosciuti in discoteca ed è stato amore a prima vista. “Non ho mai notato che venivamo da due culture diverse”, esordisce Tom, “E io non ci ho proprio fatto caso che lui fosse bianco”, replica lei. “Quando l’ho vista mi sono semplicemente innamorato”, conclude lui. Le complicazioni sono arrivate dopo, quando hanno annunciato alle rispettive famiglie che volevano sposarsi. La madre di lui gli ricorda che non potrà portarla in Inghilterra perché non è bianca e anche la nonna di Esther non era per nulla convinta di Tom. Aveva già scelto un uomo per lei, come aveva fatto prima per sua figlia, la madre di Esther: le tradizioni nella comunità Maori sono forti e difficili da trasgredire. Tuttavia, dopo lo shock iniziale, i genitori di Tom imparano a voler bene alla nuora Maori e anche lui viene accolto dalla numerosa famiglia di Esther. Di comune accordo, i figli vengono battezzati ed educati nella Chiesa Cattolica della quale Esther fa parte e nella quale Tom sente il desiderio di inserirsi. Il primo contatto con i Focolari avviene nel 1982 attraverso padre Durning, il catechista di Tom, un sacerdote scozzese, missionario presso la comunità Maori.  Invitati a trascorrere un weekend con le focolarine, Esther e Tom partono con i figli e non poco batticuore. “Mi sforzavo di leggere la Bibbia – ricorda Tom –, ma non ne traevo beneficio. Mi ha colpito piuttosto una frase che una di loro ha detto: “Cerca di cogliere la presenza di Gesù in chi ti passa accanto”.  Le ho risposto che se lei avesse conosciuto il mio posto di lavoro, le ferrovie, avrebbe concordato con me che non era possibile. Era un ambiente difficile, ma lei ha insistito. Ci ho provato e la mia fede ha ripreso forza e ho trovato quello che cercavo: la possibilità di farla diventare vita”. Alla loro prima Mariapoli[1] Esther e Tom si ritrovano ad ascoltare persone che condividono esperienze e vicende personali “lette” alla luce del Vangelo e ne rimangono colpiti. “La nostra, però, non era una vicenda semplice da raccontare – spiega ancora Esther – perché Tom aveva iniziato a bere, un’abitudine presa sul lavoro”. “Una sera, mentre stavo per prendere una birra – continua Tom – Esther mi ha chiesto cosa stessi per fare.  Ho capito che non potevo continuare a vivere così; avevo una moglie e quattro figli. L’alcolismo stava distruggendo la nostra famiglia, così ho deciso di smettere”. Ma la vita di una famiglia come la loro non era mai monotona e succedeva che, superata una sfida, se ne presentava subito un’altra. Accade così che, in seguito ad un incidente, Tom è costretto a lasciare il lavoro e decidono quindi di scambiarsi i ruoli: “Esther andava a lavorare e io restavo a casa a badare ai bambini”, racconta Tom. “Ho dovuto imparare a fare tante cose e anche la difficile ‘arte’ di amare a casa propria. Per gli amici la nostra era una scelta totalmente contro corrente e non possiamo dire che sia sempre andato tutto liscio, ma pur tra alti e bassi, ci siamo sempre trovati uniti. Anche quando abbiamo punti di vista diversi, o quando mi impunto su un’idea, mi ricordo che Chiara Lubich ci ha insegnato ad amare sempre per primi, a chiedere scusa e a non perdere il coraggio di amare”. “Da 46 anni la spiritualità dell’unità è diventata il nostro stile di vita quotidiano” – conclude Esther. “Ho capito che Dio ci aveva dato una vita bella, mostrato una meta alta e donato la fedeltà per raggiungerla; a noi, ora, andare avanti”.

Gustavo E. Clariá

  [1] L’appuntamento storico dei Focolari: un incontro di più giorni per tutti, bambini, giovani, famiglie, per conoscere e fare esperienza della spiritualità dell’unità. (altro…)