Movimento dei Focolari
Chiara Lubich in dialogo con il mondo: la parola si fa dono

Chiara Lubich in dialogo con il mondo: la parola si fa dono

Il 21 gennaio 2022 si terrà presso l’auditorium della sede internazionale del Movimento dei Focolari (Rocca di Papa – Italia) la presentazione del libro ‘Chiara Lubich in Dialogo con il mondo, prospettive interculturali, linguistiche e letterarie nei suoi scritti’, edito dalla casa editrice Rubbettino. “Gli scritti di autori ed autrici definiti ‘maestri di spirito’ sono “spesso considerati solo come libri di edificazione spirituale (…) offerti al pubblico in versioni antologiche e con apparati critici sintetici. In realtà sono spesso opere di grande valore letterario, testimonianze di una lingua viva, creativa e coraggiosa[1]”. Con queste parole, Anna Maria Rossi, linguista, docente, collaboratrice del Centro Chiara Lubich, introduce il lettore all’interno di un cammino di conoscenza, quello proposto dal libro “Chiara Lubich in Dialogo con il mondo, prospettive interculturali, linguistiche e letterarie nei suoi scritti’ (edito da Rubbettino) di cui è curatrice insieme a Vincenzo Crupi. Questa opera raccoglie le relazioni presentate durante l’omonimo Convegno tenutosi a Trento (Italia) dal 24 al 25 settembre del 2020, in occasione del Centenario della nascita di Chiara Lubich. La proposta di pubblicare questo libro “è stata accolta di buon grado e senza riserva in quanto perfettamente rispondente alle linee guida della collana ‘Iride’ della Rubbettino, nata con l’intento di ‘diventare un punto di incontro fra studiosi italiani e stranieri per rispondere ad un’esigenza di informazione dialettica’ su quanto di meglio si produce nel campo della critica letteraria, della linguistica e della filologia” afferma Rocco Mario Morano, Direttore della collana. “Il volume su Chiara Lubich – continua – aggiunge a questo filone di ricerca, il pregio della vastità e profondità di analisi riscontrabile nei saggi dei 25 studiosi che, da varie parti del mondo, hanno messo a frutto le proprie esperienze di lettura e le proprie sensibilità e competenze nei vari settori disciplinari oggetto di studio”. Per descrivere la propria esperienza spirituale, Chiara Lubich autrice, aggiunge Morano, ha un’attenzione particolare nell’utilizzare “modelli di scrittura resi di volta in volta consoni all’esigenza primaria di comunicare i propri moti interiori e il proprio pensiero permeati di  una elevata spiritualità e di una grande religiosità (…). E da qui deriva inoltre l’esigenza di sottoporre i suoi testi a revisioni continue per consentire a chi ne fruisce di penetrarne i significati più profondi in tutte le sfumature (…), un affinamento che non prescinde mai (…) dal desiderio vivo e dalla gioia immensa di far dono della Parola come atto d’amore a tutti gli uomini di buona volontà  del mondo intero, indipendentemente dal loro credo religioso, politico e filosofico”. Il libro, che verrà presentato il 21 gennaio 2022 presso la sede interazionale del Movimento dei Focolari approfondisce, di fatto, in una prima parte la lettura di quei testi scritti da Chiara Lubich tra il 1949 e il 1951, meglio noti come “Paradiso ‘49”. La parola, attraverso un’attenta analisi testuale e lo studio dettagliato del linguaggio mistico, veicola il messaggio di un’esperienza  molto profonda che “attraverso immagini e metafore – afferma Anna Maria Rossi- offre spunti per raffronti intertestuali”. Ma la parola è anche vista come mezzo che conduce a un ideale, all’unità. La seconda parte del libro, infatti, analizza gli scritti della Lubich rivelandoci il suo essere “donna del dialogo”, rivolta sempre all’altro, attenta alla dimensione multiculturale dei suoi interlocutori; una donna capace di edificare con la parola, costruire abbattendo le differenze, vivendo in pieno l’amore evangelico. Un amore che, perfino nel passaggio da una lingua a un’altra, attraverso il delicatissimo compito della traduzione, prevede il confronto, lo scambio con l’altro, l’esistenza di un rapporto tra traduttore e autore, come ci spiega Regina Célia Pereira da Silva, Docente di Lingua Portoghese presso l’Università per Stranieri di Siena (Italia), specializzata in Traduzione, Strategie e Tecnologie di Informazione Linguistica: “Le parole di Chiara non provengono da una semplice teoria religiosa, ma sono frutto di una vita reale, concreta, scaturita dall’incontro con il divino. Soltanto se il traduttore fa la stessa esperienza, del donarsi dicendo, riuscirà a capire tali realtà, vivendole, non singolarmente, ma in modo collettivo”. Al fine di ridonare al mondo un’esperienza tanto forte rispettando le volontà dell’autore e eliminando ogni possibilità di ambiguità nel linguaggio, non serve soltanto esprimersi nella stessa lingua, ma è necessario che il traduttore doni la propria idea, si svuoti, sia disposto a perderla; è necessario che si stabilisca un dialogo tra “autore, traduttore e fruitori del testo d’arrivo che – continua Regina Pereira – presuppone una nuova dinamica che è tipica di Chiara Lubich (…) penetrare nella necessità dell’altro per condividerla e se possibile fare il primo passo. Esige umiltà e amore. Il rapporto autore-traduttore s’innesta nella nuova comunicazione basata su quel nulla che, perché vuoto, accoglie totalmente l’altro con la sua identità e bagaglio culturale. Il traduttore o il lettore entra nel testo, nell’autore e acquisisce la sua esperienza che lo arricchisce”.

Maria Grazia Berretta

[1] Rossi, Anna Maria in Chiara Lubich in Dialogo con il mondo, prospettive interculturali, linguistiche e letterarie nei suoi scritti, a cura di Anna Maria Rossi, Vincenzo Crupi, Rubbettino Editore, 2021, p. 11. (altro…)

Chiara Lubich: Dove c’è carità e amore, c’è Dio

Incomincia nell’emisfero nord la Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani (18-21 gennaio 2022). I cristiani del Medio Oriente che hanno preparato le proposte per questa settimana, dicono: “La strada nuova per le Chiese è la via dell’unità visibile che perseguiamo con sacrificio, coraggio, audacia così che, giorno dopo giorno,‘Dio regnerà effettivamente in tutti’ (1 Cor 15, 28)”. In una intervista realizzata dalla TV Bavarese nel 1988 a Montet (Svizzera), Chiara Lubich ha parlato proprio di come avanzare sulla via dell’unità dei cristiani. Se noi parliamo dell’unità tra i cristiani, dobbiamo pensare che il primo promotore non è stato tanto un cristiano di una Chiesa o di un’altra Chiesa: è lo Spirito Santo che spinge i cristiani verso l’unità. Il programma, prima di esser in noi, è in Dio. Allora noi siamo veramente persone prudenti e sapienti, se seguiamo Lui e lo seguiamo ascoltando la sua voce che parla dentro di noi e ci dice: fai questo passo, fai quest’altro passo. Le Chiese si sono messe su questi due binari: fare un’unità nella carità, il dialogo della carità, tipico di Athenagoras e di Papa Paolo VI, e poi il dialogo nella verità fra Chiese o anche tra gruppi di Chiese. Sarebbe molto bene tenere alla base l’idea della carità, perché mediante la carità si stabilisce la presenza di Gesù in mezzo a noi. Dove c’è la carità e l’amore, lì è Dio. Ora, se c’è Lui in mezzo a noi, Lui può suggerire, illuminare anche i teologi a trovare le strade per unirsi e trovare un’unica verità, un’unica verità considerata magari da tanti punti di vista. Che cosa ci vuole? Continuare su questa linea che le Chiese hanno preso, di fare il dialogo della carità; e su questo, il dialogo nella verità, della verità. Riguardo all’unità dell’umanità, vedo che ci sono tutte queste spinte verso l’unità e una piccola spinta è anche la nostra. Quello che io sento è che debbono crollare tante barriere; se crollano le barriere, tante cose sono risolte. (…) Se noi diffondiamo cristianesimo e lo ravviviamo nelle nostre Chiese, e se riusciamo a testimoniare meglio Cristo e diffondiamo principi cristiani mediante il dialogo con le altre religioni e con gli uomini di buona volontà, è certo che saremo sempre più uno; Gesù è venuto sula terra per fare la fraternità universale. Ma la finale la sa Dio.

Chiara Lubich

 (Chiara Lubich, Una spiritualità per la unità dei cristiani, Città Nuova, 2020, p. 122-123) (altro…)

Vangelo Vissuto: Doni preziosi

Donarsi e dare ciò che di caro possediamo all’altro è il gesto più grande che l’uomo, uscendo da sé stesso, possa compiere; è fare l’esperienza dei Re Magi che, dall’Oriente lontano, sono giunti alla grotta portando doni preziosi per onorare il Re dei Re. La conseguenza di condividere Sono medico, in pensione da tre anni. Negli ultimi anni della mia attività lavorativa, prima della pandemia, ho svolto il mio servizio presso un centro vaccinale. Il lavoro mi impegnava parecchio. Ero abbastanza stanca ed aspettavo con ansia di poter andare in pensione. L’arrivo della pandemia, l’istituzione della campagna vaccinale massiva, la richiesta della disponibilità di tante forze necessarie (personale medico ed infermieristico anche in pensione), ha suscitato in me un forte richiamo a scendere ancora in campo, ad impegnarmi concretamente per contribuire a frenare questa ondata che ci stava travolgendo. Ho iniziato la campagna vaccinale in una grande Hub. E’ un’impresa coinvolgente. Come medico devo soprattutto raccogliere l’Anamnesi prevaccinale e dare l’idoneità per un vaccino sicuro. Si tratta di aprire il cuore, oltre che la mente e le conoscenze scientifiche, ascoltare fino in fondo la persona che ho davanti, capirla ed accompagnarla in una scelta consapevole verso la cosa migliore da fare per il suo bene e quello della collettività. Ho potuto condividere tante situazioni dolorose di malattie personali, di storie e vicende familiari, di paure, di ansia, di delusioni, di ideali e progetti infranti per la pandemia, di morti di propri cari, ma anche di gioie, di speranza, di liberazione, di incoraggiamento, di fiducia nella scienza e nella comunità. Le espressioni che mi sento rivolgere sono: “grazie, ci avete salvato, ci date la pace…non vedevo l’ora di venire a vaccinarmi… sono emozionata … faccio il vaccino oltre che per me, per gli altri.” L’espressione di un signore in particolare mi ha dato la misura di quello che può essere questo mio servizio all’umanità. Mi ha detto:“Io sono non credente, ma se Dio esiste, l’ho incontrato oggi in lei”. Ho ringraziato Dio di questo riscontro soprattutto perché ho sperimentato la forza dell’unità in tutto quello che faccio e questa testimonianza è la testimonianza del Dio-Trinità che si manifesta attraverso quel “focolare ambulante” che ho voluto portare con me. (M.P. – Italia) Zucchero e scarpe Una sera, tornando a casa, ho visto le mie figlie preoccupate: una parente venuta a chiedere dello zucchero si era portata via il poco che ci era rimasto. Le ho tranquillizzate dicendo che lei ne aveva più bisogno. Pochi minuti dopo, arriva una conoscente con una borsa piena di cibarie per noi: c’era dentro, tra le varie cose, il doppio dello zucchero che avevamo dato. Tempo dopo con i primi guadagni eravamo finalmente riusciti a comperare un paio di scarpe per la nostra figlia maggiore. Un giorno torna da scuola e mi dice che intende regalarle a una delle compagne che aveva le scarpe rotte: “mamma, ci hai insegnato che ai poveri dobbiamo dare le cose migliori”- dice. Sapendo quanti sacrifici c’erano costate, sono rimasta perplessa ma non mi sono sentita di contraddirla. Tre giorni dopo una signora ci porta un paio di scarpe nuove dello stesso numero. Le aveva comprate per la figlia alla quale però stavano piccole. Nostra figlia mi ha guardata sorpresa e felice. Da quando cerchiamo di vivere le parole di Gesù, sperimentiamo che Dio è Padre e ci conduce per mano. (C.E. – Messico)

A cura di Maria Grazia Berretta

(tratto da Il Vangelo del Giorno, Città Nuova, anno VIII, n.1, gennaio-febbraio 2022) (altro…)

La sinodalità dell’America Latina

La sinodalità dell’America Latina

Un’ esperienza inedita quella della Chiesa in America Latina per la realizzazione dell’Assemblea Ecclesiale: il camminare insieme di tutto il Popolo di Dio in un processo che ha avuto un suo punto forte alla fine di novembre scorso, ma che continua adesso per attuare gli orientamenti pastorali prioritari emersi. “Abbiamo vissuto una vera esperienza di sinodalità, nell’ascolto mutuo e nel discernimento comunitario di quanto lo Spirito vuol dire alla sua Chiesa. Abbiamo camminato insieme riconoscendo la nostra poliedrica diversità, ma sopratutto quello che ci unisce e, nel dialogo, il nostro cuore di discepoli ha guardato la realtà che vive il continente, nei suoi dolori e speranze”. Così si sono espressi i 885 membri dell’Assemblea Ecclesiale Latinoamericana e dei Caraibi, svoltasi dal 21 al 28 novembre in modo virtuale e presenziale in Messico con rappresentanti di tutti i Paesi del continente americano. “Papa Francesco – dice Susana Nuin, focolarina uruguaiana, coordinatrice del Cebitepal, l’organo della Consiglio Episcopale dell’America Latina e dei Caraibi (CELAM) che si dedica alla formazione – il 24 gennaio 2021 ha aperto il processo di questa prima assemblea ecclesiale, con l’indicazione che partecipi tutto il Santo popolo di Dio, cioè cardinali, vescovi, sacerdoti, religiosi e religiose, laici e laiche, prendendo dentro tutte le generazioni e tutte le culture”. Un cammino che ha visto coinvolte tutte le diocesi, le parrocchie, le comunità ed i movimenti in un tempo di “ascolto”. Sono arrivate 70.000 risposte collettive o individuali che comporranno un libro. Da questo materiale sono sorte le grandi linee su cui si è lavorato nei diversi gruppi. “Secondo me – continua la Nuin – quello dei gruppi è stato uno spazio molto interessante, per l’impegno e l’interesse dei partecipanti. Si lavorava per 3 ore di continuo, con molta libertà di espressione, con desiderio di cambiamento”. “Per me è stata un’esperienza di sinodalità vera e propria. – interviene Sandra Ferreira Ribeiro, focolarina brasiliana, corresponsabile del Centro “Uno” la segreteria per il dialogo tra cristiani di diverse Chiese dei Focolari – Ogni giorno, nei lavori di gruppo c’era una diversa domanda alla quale rispondere in base alla tematica che si era affrontata nella prima parte della giornata. Nel nostro gruppo eravamo 14 persone di diversi Paesi, vocazioni ed età, tutti collegati via zoom. In un primo momento si ascoltava il pensiero di ciascuno, in seguito si cercava di dare una priorità a ciò che era emerso, facendo una sintesi”. Un lavoro intenso e fecondo, intervallato da brevi pause, che a volte venivano perfino tralasciate per continuare il dialogo e così far arrivare sempre all’equipe di coordinamento qualche riflessione personale. I mezzi telematici hanno permesso una maggiore partecipazione malgrado questo abbia rappresentato un limite per la conoscenza reciproca, quella che si crea spontaneamente nei “corridoi”, negli intervalli e che, anch’essa, fa parte della sinodalità. I momenti di preghiera, molto ben curati specialmente dalle religiose e i religiosi, hanno espresso i diversi contributi culturali con simboli ed espressioni musicali sempre fondati sulla Parola. Come in ogni cammino sinodale c’è stato anche spazio per il dissenso, per lo scambio di diversi punti di vista a volte divergenti, ma che non ha mai portato a scontri o rotture. Appositamente non si è voluto realizzare un documento finale, perché ancora c’è ancora molto da mettere in pratica nel documento di Aparecida (2007). Inoltre questa Assemblea è solo un passo del cammino intrapreso che deve continuare e continuerà. La scelta è stata quella di lanciare un messaggio a tutto il Popolo di Dio dell’ America Latina e dei Caraibi, contenente le sfide e gli orientamenti pastorali prioritari, che vanno da un nuovo slancio come Chiesa in uscita al protagonismo dei giovani e delle donne; dalla promozione della vita umana, dal concepimento alla morte naturale, alla formazione in sinodalità. Sfide che includono l’ascolto e l’accompagnamento dei poveri, esclusi e scartati, con la finalità di riscoprire il valore dei popoli originari, l’inculturazione e l’interculturalità; priorità alla messa in pratica dei sogni di “Querida Amazonia”[1] per la difesa della vita, la terra e le culture originarie e afrodiscendenti. Non ultimo, dare accuratamente attenzione alle vittime degli abusi avvenuti in contesto ecclesiale e lavorare per la prevenzione. Tra gli invitati, presenti il Cardinale Marc Ouelet, prefetto della Congregazione per i Vescovi e Presidente della Pontificia Commissione per l’America Latina, il cardinale Mario Grech, Segretario Generale del Sinodo dei Vescovi, rappresentanti delle conferenze episcopali regionali, che hanno seguito i lavori con molto interesse. “È stato un momento privilegiato in cui poter incontrare la Chiesa dell’America Latina. – conclude Sandra – Nel mio gruppo c’erano vescovi, sacerdoti, religiosi, laici. Ho ritrovato quella Chiesa proprio nei suoi membri, nelle persone che esprimevano le proprie ansie e preoccupazioni. È stato emozionante vedere la Chiesa latinoamericana viva, dinamica e il suo desiderio di portare la fraternità, il Regno di Dio; la voglia di portare davvero Gesù a tutti”.

Carlos Mana

Per scaricare il messaggio finale: https://www.cec.org.co/sites/default/files/MENSAJE%20FINAL-Asamblea-Eclesial.pdf [1]“Querida Amazonia” é una esortazione apostolica postsinodale del 2020 di Papa Francesco in risposta al Sinodo dei Vescovi della regione Panamazónica tenutosi a Roma nel ottobre del 2019. (altro…)

David Sassoli: testimone autorevole e costruttore di un’Europa come continente di popoli fratelli

Il cordoglio e le parole di Margaret Karram e del Movimento dei Focolari per la scomparsa del Presidente del Parlamento Europeo. “‘Di notte serve aprire la sede del Parlamento europeo ai senzatetto perché è doloroso vedere tante persone cercare riparo dal freddo intenso agli angoli dell’edificio che ci ospita a Bruxelles. I poveri non possono aspettare’. Queste parole del Presidente Sassoli nel 2019 mi danno la misura della sua statura umana e civile e della sua idea di Europa. Oggi insieme alla commozione per la sua grave perdita, con profonda gratitudine vogliamo raccogliere questi valori che sentiamo nostri e impegnarci sempre più nel realizzarli”. Margaret Karram, Presidente del Movimento dei Focolari, così si è espressa questa mattina alla notizia della scomparsa del Presidente del Parlamento Europeo. “La sua vita – ha aggiunto – di alto spessore umano e politico ci sta ora davanti come segno e testimonianza autorevole di chi ha vissuto la politica come servizio e ha lavorato ad una visione dell’Europa, come continente di popoli fratelli”. David Sassoli e i giovani Nel maggio 2021 così si esprimeva il Presidente Sassoli in dialogo con i giovani per un Mondo Unito dei Focolari a proposito di #daretocare, un progetto internazionale, nel quale lo avevano voluto come testimonial di una politica che si fa carico della cura del mondo a cominciare dalle sue ferite: “Molto bella questa immagine del ‘prendersi cura’, perché la politica ha questo orizzonte, non può averne altri; avere cura delle persone, della propria comunità, delle proprie città. Credo che questa sia una espressione che rappresenta davvero la voglia di scommettere sul futuro”. “Sono uno dei giovani europei che ha avuto il privilegio di dialogare con il Presidente Sassoli”, ricorda Conleth Burns, irlandese, ricercatore e organizzatore dell’evento. “Due cose ci hanno colpito di quanto ci ha detto: la sua convinzione che una politica profondamente radicata nella cura delle persone e delle comunità sia una politica migliore e capace di trasformare la società. Poi la sua spinta ad avvicinare la politica e le stesse istituzioni ai cittadini per rafforzare la nostra democrazia europea. La visione del Presidente Sassoli e la sua testimonianza al servizio del bene comune, come giornalista e politico, continueranno a ispirare tutti noi”. Anche Clara Verhegge, giovane belga, che ha dialogato con il Presidente, racconta: “Il suo impegno sul fronte dell’accoglienza europea per i migranti – nonostante si sentisse impotente – ha toccato il mio cuore e quello di tanti altri giovani. Quando abbiamo parlato con lui ho capito che non ero sola, anzi, spero fiducia che un giorno l’Europa trovi una voce unica anche per quanto riguarda i rifugiati”. Sempre in quell’occasione, alla domanda di Mátyás Németh, giovane ungherese, se la questione climatica fosse un’occasione di unione per i popoli europei, il Presidente Sassoli aveva risposto che il Covid rappresentava un’occasione per far ripartire una politica comune europea su cui fondare la ripresa post-pandemia, aggiungendo: “Penso che nelle difficoltà avremo bisogno di società aperte che collaborano e dobbiamo essere orgogliosi dei giovani che richiamano  il mondo della politica alle condizioni del nostro pianeta”.

Stefania Tanesini

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Il segreto di Palmira

Il segreto di Palmira

Palmira Frizzera, una delle prime compagne di Chiara Lubich, che ci ha lasciati il 5 gennaio 2022, vivrà nel ricordo e nella vita di tanti – focolarine, focolarini, giovani, famiglie – che ha accompagnato nella loro formazione alla Mariapoli Foco (Montet, Svizzera), la cittadella dei Focolari nella quale ha vissuto  per oltre 40 anni. Attingendo alle sue parole ricordiamo alcuni momenti che hanno segnato il suo cammino di vita . “Signorina, per i suoi occhi non c’è più nulla da fare”. Una diagnosi durissima quella che il medico dette a Palmira Frizzera qualche mese dopo il suo arrivo nel primo focolare di Piazza Cappuccini a Trento. Palmira aveva 18 anni quando, tre anni prima, nel 1945, aveva conosciuto il primo gruppo di focolarine. I problemi agli occhi li aveva da tempo, a causa di essi era crollato anche il suo sogno di partire come suora missionaria in India. Ma adesso si ripresentavano con gravità. Dopo varie visite specialistiche quel giorno era andata da un oculista di Trento accompagnata da un’altra delle prima compagne di Chiara Lubich, Natalia Dallapiccola. “Il medico mi ha visitato a fondo – raccontò Palmira ad un gruppo di ragazze nel 2004 – e poi ha detto: l’occhio destro ormai è perso e l’occhio sinistro lo sta per perdere”

Palmira Frizzera con Chiara Lubich. © CSC Audiovisivi

Che doccia fredda! “Appena ho lasciato quel medico, ancora sulle scale, sono scoppiata in un pianto dirotto, singhiozzavo e dicevo tra di me: a soli 21 anni diventerò cieca e proprio adesso che ho trovato l’ideale più bello della mia vita, che nessuno più mi può togliere. Adesso che ho trovato la gioia di vivere e che la vorrei gridare al mondo intero, dovrò diventare cieca. E piangevo”. Pioveva, e sotto l’ombrello Natalia la teneva sottobraccio e in silenzio l’accompagnava. “Ad un certo momento  – continua – mi sono fermata in mezzo alla strada ed ho detto: Ma Natalia come mai sto tanto a piangere perché perderò la vista? Per vedere Gesù nel fratello non mi servono questi occhi, mi servono gli occhi dell’anima e quelli se non lo voglio non li perderò mai (…). Io adesso faccio un patto con Gesù e tu mi sei testimone. Se do più gloria a Dio con gli occhi che lui me li lasci, ma se gli do più gloria senza occhi che lui se li prenda, perché voglio fare solo la sua volontà. Poi ho pensato: Gesù nel Vangelo non ha detto che è meglio andare in Paradiso senza occhi che all’inferno con due occhi?. Da quel momento io non ho più sofferto”. “Dopo ho scritto a Chiara Lubich – continua Palmira – la mia esperienza, tutta di gioia, perché ero felice, non mi mancava proprio niente”.  Intanto si consultano altri specialisti, tra loro uno che, dopo averla visitata attentamente le dice che la malattia è grave, però unilaterale, aveva intaccato cioè solo l’occhio destro che probabilmente l’avrebbe perso, però il sinistro era sano e non correva alcun pericolo. “E’ stato così – continua Palmira – ho perso il destro, ma il sinistro non mi ha mai creato, in tutti questi anni, il più piccolo problema. Si capisce che avrei dato più gloria a Dio con gli occhi. E vi dico la verità che con quest’occhio sinistro ho sempre visto per due”. E conclude: “Tante volte noi abbiamo paura a dare qualcosa a Gesù, un affetto, un attaccamento, qualcosa nello studio. Mentre invece varrebbe la pena darGli sempre tutto, perché Lui non si lascia vincere dalla nostra generosità che è sempre poca in confronto alla sua, perché Dio è Amore e lui risponde sempre con il centuplo”.

© CSC Audiovisivi

Negli anni successivi Palmira ha avuto diverse responsabilità per il Movimento dei Focolari in Italia. Nel 1981 Chiara Lubich le chiese di andare, insieme ad altri focolarini, a Montet, in Svizzera, dove stava nascendo una cittadella. Doveva rimanere solo tre giorni per valutare i lavori di ristrutturazione necessari. Passati i tre giorni gli altri sono partiti e lei è rimasta sola, in un appartamento di  Estavayer, la cittá vicina. Ad un certo punto, presa dalla sconforto di fronte alla grandezza di quanto l’attendeva, si inginocchia e recita il Padre Nostro. Ricorda: “Quando sono arrivata alla frase ‘sia fatta la tua volontà come in cielo così in terra’ l’ho detta a voce alta e mi è entrata una pace che ancora non l’ho perso”. Quei tre giorni sono diventati 40 anni. Palmira ha costruito la cittadella insieme ad altri, ha accompagnato e formato generazioni di giovani. Con semplicità e schiettezza, sue caratteristiche peculiari, si domandava nel 2017: “Ce l’ho fatta? Non lo so. Io ho cercato sempre di amare con il cuore per non sbagliarmi, perché con la testa posso sbagliare sempre, ma se si ama col cuore, pronti a dar la vita no, Penso che chi ama, non sbaglia mai”.

Carlos Mana

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Chiara Lubich: lasciar trasparire la luce di Dio

La vita cristiana vissuta è luce anche al giorno d’oggi per portare gli uomini a Dio. I credenti, singolarmente e come comunità, hanno una funzione da svolgere, che Chiara Lubich spiega in questo brano: rivelare, attraverso la loro vita la presenza di Dio, che si manifesta là dove due o tre sono uniti nel suo nome, presenza promessa alla Chiesa fino alla fine dei tempi. Il cristiano non può sfuggire il mondo, nascondersi, o considerare la religione un affare privato. Egli vive nel mondo perché ha una responsabilità, una missione di fronte a tutti gli uomini: essere la luce che illumina. Anche tu hai questo compito, e se così non farai la tua inutilità è come quella del sale che ha perso il suo sapore o come quella della luce che è divenuta ombra. (…) La luce si manifesta nelle “opere buone”. Essa risplende attraverso le opere buone che compiono i cristiani. Mi dirai: ma non solo i cristiani compiono opere buone. Altri collaborano al progresso, costruiscono case, promuovono la giustizia… Hai ragione. Il cristiano certamente fa e deve fare anche lui tutto questo, ma non è solo questa la sua funzione specifica. Egli deve compiere le opere buone con uno spirito nuovo, quello spirito che fa sì che non sia più lui a vivere in se stesso, ma Cristo in lui. (…) Se il cristiano fa così, egli è «trasparente» e la lode che si darà per quanto compie non arriverà a lui, ma a Cristo in lui, e Dio, attraverso di lui, sarà presente nel mondo. Il compito del cristiano è dunque lasciar trasparire questa luce che lo abita, essere il “segno” di questa presenza di Dio fra gli uomini. (…) Se l’opera buona del singolo credente ha questa caratteristica, anche la comunità cristiana in mezzo al mondo deve avere la medesima specifica funzione: rivelar attraverso la sua vita la presenza di Dio, che si manifesta là dove due o tre sono uniti nel suo nome, presenza promessa alla Chiesa fino alla fine dei tempi.

Chiara Lubich

(Chiara Lubich, in Parole di Vita, a cura di Fabio Ciardi, Opere di Chiara Lubich, Città Nuova, 2017, pag. 145) (altro…)

Vangelo Vissuto: Siamo venuti qui per onorarlo (Mt 2,2)

Seguire la Stella che porta a Gesù Bambino e diventare pellegrini. Sull’esempio dei Re Magi questo tempo è un’occasione preziosa per rimetterci in cammino insieme testimoniando ogni giorno al prossimo la meraviglia che dimora in quella grotta e viene per far nuove tutte le cose. Il positivo nel cambiamento Mentre passo in rassegna la vita di un intero anno segnato dall’imprevisto della pandemia, ho l’impressione di assistere a un film d’azione che ha ci scombussolato un po’ tutti, genitori e figli. Dover cambiare programmi e ritmo di vita è stato spesso duro, faticoso, ma è anche vero che ha portato una ventata di novità nella nostra famiglia. Ci siamo accorti, infatti, di nuove possibilità di rapportarci fra noi, di bisogni ai quali prima non facevamo caso. Se con i figli la fede si era rivelata un tabù, eccoci ora davanti alle nostre fragilità, a paure di dimensioni planetarie, a interrogativi prima sopiti. Il vero cambiamento però è iniziato quando ci siamo chiesti il senso di quello che stava accadendo. Abituati ad avere risposte ad ogni domanda, stavolta rimanevamo interdetti davanti all’ignoto. In breve, ci siamo trovati più solidali non solo fra noi in famiglia,ma abbiamo allargato lo sguardo sugli altri. Ci siamo ritrovati a considerare l’umanità come una sola famiglia. (R.F. – Francia) Amore in circolo fra i detenuti Svolgo volontariato presso la Casa circondariale della mia città, e con altri mi occupo del “Progetto lettura Città Nuova”, al quale partecipano settimanalmente molti detenuti; inoltre animo la Messa domenicale. Uno di loro pare dispiaciuto di non potersi accostare all’Eucarestia in quanto privo di formazione catechistica, allora propongo di prepararlo io. Felice, mi ringrazia e insieme alcappellano stiliamo un programma per le lezioni. Spontaneamente si aggiunge qualche altro detenuto. Nel giro di alcuni mesi siamo pronti e alla data scelta per ricevere il Sacramento, con mia grande sorpresa, la chiesa si riempie: i compagni di sezione, che raramente partecipano alle funzioni religiose, si presentano a Messa, ben vestiti. Non solo: ripescando ricordi d’infanzia, si occupano dei canti, delle letture, delle preghiere dei fedeli. Emozionati come tutti noi, godono del clima di famiglia che si è venuto a creare, dove nessuno si sente solo. (Antonietta – Italia) In ginocchio Vive da solo in un tugurio sporco, mezzo paralizzato e ridotto a pelle e ossa. Deve avere poco più di 60 anni, ma ne dimostra di più. A quest’uomo che da anni aveva abbandonato la fede e i sacramenti, la prima volta in cui sono andato a portargli dei viveri e un po’ di vestiario ho proposto di pregare insieme. Non ricordava più il Padre nostro, sapeva solo l’Ave Maria. Al momento di andar via gli ho chiesto la benedizione, anche se ero più giovane di lui, straniero e, ai suoi occhi, un ricco straniero. Gli ho alzato la mano paralizzata e ho segnato la croce sulla mia testa. Lui, quel pover’uomo, mi ha guardato con gli occhi pieni di gioia, sorpresa e lacrime. Il nostro è diventato ormai un appuntamento settimanale. Ogni volta diciamo insieme alcune preghiere riaffiorate alla sua mente. Le recita a voce alta. L’unica posizione possibile per stargli più vicino è mettermi in ginocchio accanto al suo giaciglio, e intanto penso: “Eccomi, Signore, sono in ginocchio davanti a te”. (L.B. – Thailandia)

A cura di Maria Grazia Berretta

(tratto da Il Vangelo del Giorno, Città Nuova, anno VIII, n.1, gennaio-febbraio 2022) (altro…)

Grazie Palmira

Oggi, 5 gennaio 2022, ci ha lasciati Palmira Frizzera, una delle prime compagne di Chiara Lubich. Nata a Terlago (Trento), il 9 aprile del 1927, Palmira Frizzera conosce Chiara Lubich nel 1945 a Trento (Italia), nella casa di Piazza Cappuccini, che diventerà il primo focolare. Colpita dall’ideale della “fraternità universale” decide di seguirla. Nel 1947 entra in focolare a Trento dove rimane per diversi anni prima di spostarsi in Sicilia, a Torino ed ancora a Roma. Nella Cittadella Foco di Montet (Broye, Svizzera) vive poi per oltre 40 anni, diventando responsabile della Cittadella del Movimento dei Focolari e seguendo la formazione delle future focolarine. https://www.youtube.com/watch?v=mATNZqc7Cp0&list=PLKhiBjTNojHoPfT9syIwfyLI4sPeqBV0P&index=1   (altro…)

AMAZZONIA | Un percorso che inizia

A Parintins, nel cuore della foresta amazzonica, parte il progetto “Proteggere l’infanzia e l’adolescenza” per la prevenzione delle violenze sui minori, indirizzato a ragazzi, genitori, educatori, insegnanti. https://www.youtube.com/watch?v=qT-4RP3831s (altro…)