Azioni di fraternità – Parte 3
Andiamo negli Stati Uniti, in Pakistan e Filippine per vedere e ascoltare alcune “piccole” azioni di diverse persone che si prendono cura di chi è vicino a loro. https://vimeo.com/490175842 (altro…)
Andiamo negli Stati Uniti, in Pakistan e Filippine per vedere e ascoltare alcune “piccole” azioni di diverse persone che si prendono cura di chi è vicino a loro. https://vimeo.com/490175842 (altro…)
L’inizio dell’anno è una buona occasione per ricominciare nei rapporti interpersonali. Nel seguente testo Chiara Lubich propone una strategia radicale: una amnistia completa nel nostro cuore per lasciarvi vivere Gesù e creare cellule di unità nel mondo. È questo ciò che oggi voglio sottolineare a voi tutti: l’unità. L’unità deve trionfare: l’unità con Dio, l’unità fra tutti gli uomini. E quale il modo? Amare tutti con quell’amore di misericordia che era caratteristico nei primi tempi del Movimento, quando si era deciso di vedere ogni mattina, durante tutta la giornata, il prossimo che incontravamo, in famiglia, a scuola, al lavoro ecc., dappertutto, vederlo nuovo, nuovissimo, non ricordandoci affatto dei suoi nei, dei suoi difetti, ma tutto tutto coprendo con l’amore. Amare proprio come ci suggerisce la Parola di [Dio]: perdonare settanta volte sette (cfr. Mt 18,22). Avvicinare tutti con quest’amnistia completa nel nostro cuore, con questo perdono universale. E poi farci uno con loro in tutto, tranne che nel peccato, tranne che nel male. Perché? Per ottenere quel risultato meraviglioso, a cui Paolo, l’Apostolo, aspirava. Lui diceva: “Farsi tutto a tutti – farsi uno con tutti – per guadagnare a Cristo il maggior numero” (cfr. 1 Cor 9,19). Ecco, se noi ci facciamo uno col prossimo, facilitati anche da questo perdono, potremo passare il nostro Ideale agli altri. E una volta ottenuto ciò, stabilire la presenza di Gesù fra noi e loro, di Gesù il Risorto, di Gesù che ha promesso di essere sempre con noi nella sua Chiesa, e si fa in certo modo vedere, sentire, quando è in mezzo a noi. Questa deve essere la nostra opera principale: vivere in modo che Gesù viva fra noi, Egli che è il conquistatore del mondo. Se saremo uno, infatti, molti saranno uno e il mondo potrà un giorno vedere l’unità […]
Chiara Lubich
(in una conferenza telefonica, Rocca di Papa, 15 ottobre 1981) Tratto da: “Amnistia completa. Accendere focolari dappertutto”, in: Chiara Lubich, Conversazioni in collegamento telefonico, pag. 66. Città Nuova Ed., 2019. (altro…)
In via del tutto eccezionale, il film “Chiara Lubich – l’ Amore vince tutto” si potrà vedere su RaiPlay ovunque nel mondo in contemporanea alla messa in onda del film Grazie alla Rai e a Eliseo Multimedia, in via del tutto eccezionale, il film “Chiara Lubich – l’ Amore vince tutto” si potrà vedere su RaiPlay (utilizzabile su ogni device, previa registrazione) ovunque nel mondo in contemporanea alla messa in onda del film (domenica 3 gennaio a partire dalle 21:25) e, on demand per le successive 48 ore.
Questi al momento gli orari confermati dal canale televisivo Rai Italia (www.raitalia.it):
Lunedì 4 gennaio: New York 07:30 PM Los Angeles 04:30 PM B. Aires e S. Paolo 09:30 PM Martedì 5 gennaio: Nuova Delhi 01:35 PM Bangkok 03:05 PM Sydney 07:05 PM Tokyo 05:05 PM Manila 04:05 PM Jakarta 03:05 PM Mercoledì 6 gennaio: Pechino 09:20 PM Bangkok 08:00 PM Nuova Delhi 06:50 PM Tokyo 10:20 PM Manila 09:20 PM Jakarta 08:20 PM Giovedì 7 gennaio: Los Angeles 08:00 PM Venerdì 8 gennaio: Johannesburg 09:35 PM Tutti gli orari sono locali. Per l’Europa: La fiction sarà visibile in chiaro (quindi, non criptata) su Raiuno via satellite in tutta Europa (non è geo-bloccata) Questo è l’elenco dei paesi europei dove si prende Rai Uno (non quello dei singoli operatori). ALBANIA, ARMENIA, AUSTRIA, BELGIO, BOSNIA, BULGARIA, CROAZIA, DANIMARCA, ESTONIA, FINLANDIA, FRANCIA, GERMANIA, GEORGIA, GRECIA, KOSOVO, ISLANDA, LITUANIA, LUSSEMBURGO, MACEDONIA, MALTA, MOLDAVIA, MONACO, MONTENEGRO, NORVEGIA, OLANDA , POLONIA, PORTOGALLO, REPUBBLICA CECA, RUSSIA & CIS, ROMANIA, SERBIA, SLOVAKIA, SLOVENIA, SVEZIA, SVIZZERA, UNGHERIA
Ufficio Comunicazione Focolari
Intervista a Cristiana Capotondi, attrice che interpreta a Chiara Lubich, nel TV movie che si è realizzato su di lei. https://vimeo.com/490181879 (altro…)
Quattro storie di chi “osa prendersi cura” ogni giorno: perché non occorre aspettare la giornata mondiale per la pace per costruire un mondo più unito. «Non cediamo alla tentazione di disinteressarci degli altri, specialmente dei più deboli, non abituiamoci a voltare lo sguardo, ma impegniamoci ogni giorno concretamente per formare una comunità composta da fratelli che si accolgono reciprocamente, prendendosi cura gli uni degli altri». Le parole conclusive del messaggio di Papa Francesco per il primo gennaio 2021, la 54esima giornata mondiale della pace, sono un programma rivoluzionario per la vita delle persone e dei popoli per questo 2021 nel quale sono riposte infinite speranze di pace; una pace che passa per lotta alla povertà, per una maggiore dignità della persona, al lavoro per la risoluzione di ogni forma di conflitto, fino (e non ultima) alla salvaguardia del pianeta. Apriamo questo 2021 con quattro storie di coloro che abbiamo voluto definire “eroi della cura”: persone come noi, o che ci vivono accanto, che non si sono lasciate sfuggire occasioni preziose di amore e prossimità negli ambiti più vari. Perché il campo d’azione della cura è vastissimo: è grande come il mondo. Ragazzi per l’Unità (Messico) – “Volevamo fare un progetto che avesse un impatto sia sociale che ambientale e ci è venuta l’idea di raccogliere tappi di plastica da donare a una fondazione che si occupa di persone affette da cancro, per aiutarla con il ricavato della nostra raccolta. Così abbiamo contribuito a rispettare l’ambiente riciclando la plastica e ad aiutare queste persone in cura. Ad oggi abbiamo fatto 23 consegne per un totale di un milione di tappi raccolti in meno di un anno! Oltre a questo abbiamo raccolto rifiuti riciclabili e, con il ricavato, abbiamo consegnato cibo all’ospedale, vestiti a persone con risorse limitate e aiutato case di cura. Abbiamo anche piantato alberi in alcuni punti della città”. Sandra Mugnaioni (Italia), insegnante in pensione – Nel liceo Copernico di Prato, da circa vent’anni porta avanti alcuni progetti che fanno degli studenti “cittadini attivi”. Uno dei progetti più interessanti è quello dei Peer Educator: i ragazzi scelgono un tema, d’accordo con i professori che seguono il progetto, diverso anno per anno: si leggono documenti, si approfondiscono le varie sfaccettature del problema, poi si decide cosa fare. “L’anno scorso il tema è stato quello delle cosiddette ‘ecomafie’”. Alla fine del percorso 700 ragazzi delle scuole superiori della città hanno rappresentato un testo teatrale, la Gardugña, (in spagnolo significa Cosa Nostra). “In questo modo gli studenti acquistano una sensibilità e una competenza che permette loro di diventare formatori dei loro pari, anche dei coetanei più in difficoltà: sono, appunto i peer educator che una volta diplomati non smettono di cercare occasioni di bene e non mollano la loro prof, tanto che l’esperienza, al liceo e fuori, è condivisa e costruita da un gruppo di docenti sempre più esteso”. Rolando (Guatemala) – Rolando è il proprietario di Spokes Café. Due anni fa ha visitato una casa-famiglia nei pressi del suo quartiere e ha conosciuto Madelyn a cui ha proposto di lavorare come barista. “Cerchiamo di fare del nostro bar il trampolino di lancio per giovani come lei – racconta Rolando – insegnando loro un mestiere, per rompere con quel circolo vizioso e prepararli ad affrontare il mondo con dignità. Spesso poi decidono di proseguire l’università e questo ci riempie di soddisfazione”. Madelyn ha 21 anni ed è entrata in casa-famiglia con sua sorella. Lì vivono per lo più giovani vittime di abusi e
sfruttamento. Alcune sono state addirittura vittime della tratta. Anche se le giovani donne sono al sicuro in questa casa, molte soffrono lo stigma e raramente riescono a trovare un lavoro dignitoso. Madelyn racconta che ha sempre avuto difficoltà a comunicare con le persone: “Ho ancora molta strada da fare ma, a poco a poco, sto imparando. Lavorando qui ho scoperto il senso di responsabilità e che dietro ad ogni cliente c’è una persona. Questo lavoro ha segnato un punto di svolta nella mia vita”.
Maria Liza (Filippine), capo procuratore di Tacloban – Il Social Development Center for Children (SDCC) è un rifugio per ragazzi situato nella parte settentrionale di Tacloban City, l’isola che nel 2013 è stata duramente colpita dal tifone Haiyan. Oggi il centro è in grave difficoltà a causa della mancanza di fondi. “Così, siamo andati dal nostro sindaco e ci siamo proposti – racconta Maria Liza – abbiamo iniziato a raccogliere fondi per far fronte alla mancanza di vettovaglie e medicinali ma ci siamo anche fatti carico delle denunce di violenza dei minori”. “Ma la conquista più importante è stata quella di essere riusciti a portare l’attenzione dell’opinione pubblica sul centro. Se non fossimo entrati lì, nessuno avrebbe mai ammesso le loro condizioni di vita. Questo ha creato una sorta di ‘preoccupazione’ pubblica, perché l’amministrazione cittadina si possa prendere davvero cura di questi bambini”.
Stefania Tanesini
Per conoscere le storie in versione integrale visita la pagina Web dello United World Project (altro…)
Alcuni momenti dell’anno trascorso e immagini chiave dei mandati di Emmaus come Presidente. https://vimeo.com/490179130 (altro…)
A Firenze il Centro Internazionale Studenti Giorgio La Pira promuove la cultura del dialogo, l’accoglienza e il rispetto, per riscoprirsi tutti membri dell’unica famiglia umana. “Frequentare il Centro La Pira ci ha dato la consapevolezza che la scuola è fondamentale per costruire un futuro di pace e serenità, e ci ha ispirato il desiderio di creare qualcosa che potesse permettere a tanti ragazzi di ricevere una buona istruzione”. Armand Josè e Armand Xavier Mabiala sono due giovani fratelli angolani. Il primo si è laureato in economia a Firenze, il secondo studia ingegneria civile. Entrambi nel capoluogo toscano hanno frequentato il Centro Internazionale Studenti Giorgio La Pira, dove hanno seguito corsi di italiano e partecipato ad attività culturali e dove hanno costruito rapporti di amicizia con giovani di provenienze, culture e religioni diverse. Un luogo che è diventato per loro un punto di riferimento, tanto da voler portare nella loro terra i valori che esprime. Nato nel 1978 per volere del Cardinale Giovanni Benelli, Arcivescovo di Firenze, per dare sostegno agli studenti provenienti da altri Paesi, e affidato al Movimento dei Focolari, il Centro dedicato a Giorgio La Pira – che fu tra i padri costituenti della Repubblica italiana e sindaco della città dal 1951 al 1965 – vuole essere “un luogo di accoglienza fraterna, d’incontro e dialogo” – si legge sul sito che lo presenta www.centrointernazionalelapira.org – una “porta aperta su un’Europa pronta a dare, ma anche a ricevere, a imparare da tutti”. Il suo orizzonte è “il sogno del Vangelo, l’ideale della fraternità universale, il sogno della Pace che ha di fronte a sé la meta del mondo unito”. A questo sogno Josè e Xavier vogliono appassionare tanti altri giovani: ricevuta una somma di denaro dal padre, piuttosto che spendere per sé quelle risorse hanno deciso di investire sul bene che consideravano più importante per il loro Paese: l’educazione, come strumento di pace, sviluppo e benessere. E a Luanda, capitale dell’Angola, hanno costruito una scuola. Anch’essa intitolata a Giorgio La Pira e ispirata dall’ideale della fraternità universale. È solo una delle tante storie che attraversano il Centro La Pira e parlano di accoglienza, solidarietà e amicizia fra persone diverse per provenienza, convinzioni, fede e cultura. Anche in questo tempo di pandemia. Mohamed Abou El Ela è uno studente fiorentino, fa parte del direttivo dei Giovani Musulmani Italiani ed è segretario della Comunità Islamica di Firenze e Toscana. Insieme ad altri giovani musulmani e col sostegno della comunità islamica, la Caritas, il Banco Alimentare e il Centro La Pira – che con i suoi amici ha frequentato – ha dato vita ad un gruppo di trenta persone che portano soccorso a centinaia di studenti e famiglie in difficoltà, e si offrono come volontari per la Croce Rossa, la Misericordia, la mensa della Caritas. “Nei momenti difficili non dobbiamo agire separati, ma più uniti – spiega – Questa è la lezione che impariamo dalla crisi che ci impone il Covid19”. Una storia di condivisione e collaborazione che supera le barriere ideologiche e valorizza la comune appartenenza alla famiglia umana. È lo spirito che anima ogni attività e ogni progetto del Centro La Pira.
Claudia Di Lorenzi
Qual è l’idea di fondo del TV Movie “Chiara Lubich, l’amore vince tutto”? Cos’ha da dire a questo tempo il racconto degli inizi dei Focolari? Presentato oggi alla stampa, andrà in onda su RAI Uno il 3 gennaio prossimo, in prima serata. Un film di grande attualità, che parla a tutti noi, offrendo la fraternità universale portata da Chiara Lubich come antidoto al male di questo tempo. E’questo, in estrema sintesi, il messaggio emerso oggi durante la conferenza stampa di presentazione del TV Movie “Chiara Lubich, l’amore vince tutto” in onda su Rai Uno (primo canale nazionale italiano) il 3 gennaio prossimo, in prima serata. Presenti i vertici di Rai Uno e Rai Fiction, Stefano Colletta e Maria Pia Ammirati, il produttore di Eliseo Multimedia Luca Barbareschi, la protagonista Cristiana Capotondi e l’attrice Aurora Ruffino. È intervenuto anche Maurizio Fugatti, presidente della Provincia Autonoma di Trento dove è stato girato il film. “È un film che in questo periodo così sofferente, così duro per noi come quello del Covid, diventa una grande metafora di speranza, di coraggio. Un gruppo di ragazzi che decidono di credere in un sogno. Quando? Durante la guerra”. Per Luca Barbareschi è questa la scommessa su cui ha deciso di puntare, producendo la storia di Chiara Lubich – “Spero che questo film venga visto in questa chiave in cui la figura di Chiara (…) diventi un simbolo di semplicità e di passione, di coraggio, di voglia di riunire le persone insieme. Il simbolo del focolare, stare intorno al fuoco, attorno a una luce”.
Foto di Federica Di Benedetto
Foto di Marco Bellucci
Foto di Federica Di Benedetto
Stefania Tanesini
Dal Collegamento CH “Unità” – Rocca di Papa, 26 settembre 1996. https://vimeo.com/490174628 (altro…)
Il periodo che don Lucio Dalla Fontana doveva trascorrere al centro del Movimento dei Focolari per lavoro, si è trasformato in una esperienza di comunione profonda con la sua comunità vivendo insieme gli ultimi mesi della sua vita terrena. Era proprio contento don Lucio Dalla Fontana al suo arrivo nell’ottobre 2019 presso il Centro dei presbiteri diocesani focolarini di Grottaferrata (Roma-Italia). Il suo Vescovo, Mons. Corrado Pizziolo, gli aveva infatti concesso un periodo di tre anni da dedicare al Movimento dei Focolari. Proveniva da San Polo di Piave, una comunità di 5000 abitanti, nella vasta pianura veneta, nel nord Italia. Per dieci anni ne aveva condiviso la vita, facendosi apprezzare per la sua cultura, la sua capacità di creare relazioni, l’efficacia delle sue omelie. In precedenza aveva vissuto alcuni anni nelle comunità di Francoforte e di Bad Homburg, in Germania, come missionario fra gli emigrati italiani. Don Lucio aveva conosciuto i Focolari a 16 anni. Da allora l’ideale dell’unità aveva animato la sua vita. Era stato ordinato presbitero il 3 maggio 1986. Arrivato a Grottaferrata si era inserito con naturalezza nella vita del nostro focolare sacerdotale, una delle piccole comunità di vita composte da sacerdoti diocesani e diaconi permanenti che si impegnano a vivere un’esperienza di fraternità alla luce del carisma di Chiara Lubich. In coincidenza con l’inizio della pandemia, però, una notizia inaspettata: si sono presentati i segnali di una grave malattia che lo condurrà in pochi mesi a “traslocare” nell’altra vita. Visite, cure, ricoveri: anche i programmi del focolare e della comunità dovevano cambiare. E non sono mancate le difficoltà. Come assisterlo il meglio possibile? Come avere notizie nell’impossibilità di visitarlo in ospedale? Un dono è stato poter crescere nell’ascolto reciproco in focolare, nel rispetto delle diversità, anche culturali, che portavano ad approcci diversificati di fronte ai problemi che via via si affacciavano. E passo dopo passo, abbiamo potuto costatare che è stato Gesù in mezzo a noi a guidarci. Qualche spavento ci è venuto, ma ci siamo ricordati della “lavanda dei piedi” che Chiara Lubich ci ha affidato come simbolo del nostro vivere. Con l’aiuto di tanti amici abbiamo potuto velocemente attrezzare e adattare due stanze per il suo ritorno dall’ospedale. Tutto è diventato un’opportunità. Bisognava sostenerlo nei primi passi? Si creava la possibilità perché Lucio diventasse la nostra palestra. C’era bisogno di andare in ospedale o in farmacia? Tutto era occasione per belle camminate che servivano al fisico, ma anche allo spirito e alla mente. Si rendeva necessario preparare cibi secondo la sua dieta? Era il modo per aggiornarci dal punto di vista gastronomico. Ci è capitato a volte di dover passare dalla sua stanza alla cappella: era l’occasione per vivere la prossimità e la cura del fratello alle quali ci orientava la celebrazione eucaristica. Dall’esperienza vissuta con don Lucio il nostro focolare ha imparato a vivere “in uscita”, in un momento come quello della pandemia, in cui sarebbe stato facile chiuderci in noi stessi. Man mano che passavano i giorni la situazione si è aggravata. A volte non era facile trovare le giuste soluzioni, ma cercavamo di fare ogni cosa come un rituale ricco di attenzioni per lui. Don Lucio ci ha abbondantemente ripagato, anche negli ultimi giorni della sua vita terrena, offrendoci in tante occasioni un sorriso che aveva il timbro dell’eternità.
Don Natale Monza