«In questi giorni anche in Sudafrica ci sono tanti disordini, molta violenza, violazione dei diritti umani … c’è addirittura chi non vuole più altri fratelli di altre nazioni africane nel Paese. Non si capisce come mai questi fuochi di violenza vengano fuori così forti. C’è bisogno proprio di promuovere la tolleranza verso le diversità nei gruppi e nelle comunità, dovunque. I migranti vivono nella paura e tanti sono già rientrati nei loro paesi di origine», scrive Jacira, da Johannesburg. È in questo contesto che si è svolto, nel 7° anniversario della morte di Chiara Lubich (22/01/1920 – 14/03/2008), un seminario dal titolo “Religione a servizio della Pace”. Molto significativo il contributo di Ela Gandhi, nipote del Mahatma, che in più occasioni nei suoi viaggi in Italia è rimasta affascinata dalla figura di Chiara Lubich e dalla spiritualità dell’unità che ampiamente cita nel suo articolato intervento. In esso afferma, tra l’altro: «Riconoscendo come fece Gandhiji che niente si raggiunge quando le persone non hanno lavoro, cibo o dove abitare e di che coprirsi, Chiara ha concepito l’idea dell’Economia di Comunione nella libertà. Aver cura gli uni degli altri è l’eloquente suo forte richiamo!». Spiega ancora: «È l’amore per gli altri in forma di misericordia, l’amore che apre cuori e mani per abbracciare i derelitti, i poveri, coloro che sono gli scartati dalla vita e i peccatori pentiti». «Se pensiamo di praticare con fedeltà la nostra religione perchè allora ci sarebbero lotte, guerre, sopraffazioni e sofferenze perpetrate da uomo contro uomo e indicibili atrocità commesse dall’uomo in questo mondo?», si domanda. E afferma con forza: «Ogni comunità di fedeli si prenda la responsabilità di correggere interpretazioni erronee della propria fede e non di abbandonare la fede». «Qui in Sud Africa, durante gli anni dell’apartheid che si basò su un’erronea interpretazione della Bibbia – secondo Ms Ela Gandhi –, i nostri fratelli e sorelle cristiani convennero insieme per produrre il Kairos Document. Questo documento afferma che “il problema … in Sud Africa non è semplicemente quello di una colpa a livello personale, è un problema di ingiustizia di strutture”». Perciò, conclude: «Oggi quando il mondo ed anche il nostro Paese sperimenta un alto tasso di violenza e di comportamenti folli, di rabbia e distruzione, di povertà e indigenza, è necessario indirizzare nuovamente lo sguardo al nostro concetto di Ubuntu e vedere in quale modo ciascuno di noi può cominciare a introdurre nella sua vita agape, bhavana e molti altri termini simili che si riferiscono all’amore puro così da aiutare a creare un mondo migliore». E oggi più che mai, per dare il proprio contributo i membri dei Focolari, in questo Paese dalle grandi distanze, sono impegnati a raggiungere le comunità più lontane, per condividere e approfondire il messaggio di pace e di unità frutto del Vangelo vissuto.
Portare i pesi degli altri
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