Movimento dei Focolari
Centro Internazionale Giorgio La Pira

Centro Internazionale Giorgio La Pira

Un sostegno fondamentale ai giovani che vengono dall’Asia, dal Medio Oriente, dall’Africa, dal Sudamerica e dall’Est europeo, viene anche da strutture quali il Centro internazionale studenti «Giorgio La Pira». Come si concretizza questo impegno? «Nel marzo 1978 – ricorda Maurizio Certini, direttore del Centro – di fronte al disorientamento e alla solitudine vissuti da numerosi studenti esteri, la Chiesa fiorentina volle offrire a questi giovani un luogo di accoglienza, nel rispetto delle differenze culturali o religiose; un luogo aperto al dialogo, dove ci si aiutasse reciprocamente a superare momenti difficili e si trovasse insieme, come avrebbe detto più tardi Papa Giovanni Paolo II, la spinta «verso una società culturalmente più ricca, più fraterna nella sua diversità». «La Diocesi e la città risposero con entusiasmo alla proposta del cardinale Giovanni Benelli, che chiese un primo aiuto a Chiara Lubich e al Movimento dei Focolari: varie famiglie fiorentine, ad esempio, offrirono a studenti senza alloggio ospitalità in casa propria, come fossero loro figli. Si apriva davanti ai primi operatori volontari del Centro l’umanità da amare con lo stesso cuore universale di Dio, con la sensibilità dell’uomo contemporaneo e la forza del Vangelo». Negli anni, la struttura è cresciuta. E oggi rappresenta – come ha detto recentemente il presidente della Cet, cardinale Giuseppe Betori – «la vera casa dei popoli». È una moderna Rete di relazioni personali, associative, istituzionali. Qui infatti hanno avuto sede le prime associazioni di studenti stranieri, divenute talvolta la base per la costituzione delle Comunità di immigrati, che in futuro è auspicabile possano sorgere – seppur in dimensione più ridotta – anche a Pisa, Siena ed Arezzo. «Ma il significato vero – sottolinea Certini – è espresso dalla miriade di volti che si sono incontrati e si incontrano, giovani provenienti spesso da Nazioni in conflitto tra loro, che hanno reso il “Centro La Pira” un laboratorio permanente di educazione alla pace. Giovani che tornando nei loro Paesi – a volte retti da regimi dittatoriali – possono imporsi anche come vere e proprie risorse di democrazia e aspirare ad essere una futura classe dirigente». Fonte: “Toscana Oggi” (altro…)

Centro Internazionale Giorgio La Pira

Siria e Cuba: siamo con voi

Dalla Siria (Aleppo): «…Continua a mancare il gasolio o lo si trova a prezzi esorbitanti, così come le bombole di gas (5.500 LS contro le 400 del mese di marzo), l’elettricità è tagliata per giorni e giorni e questo, fra il resto, fa sì che la città dopo il tramonto piombi in un buio minaccioso. Il pane scarseggia e lo possiamo acquistare – dopo ore di coda ai forni – pagandolo 250 LS al pacchetto (a marzo il prezzo era di 20 LS). L’esercito sta cercando di fornirlo, ma non basta per il fabbisogno della gente. Le scuole non destinate ad accogliere i rifugiati continuano le lezioni, ma la mancanza di elettricità rende difficile e molto faticoso lo studio (anche le candele ormai scarseggiano). Alcuni di noi cominciano ad ammalarsi per il freddo senza poter sempre contare sulle medicine (circa il 70% delle industrie farmaceutiche sono concentrate nella periferia della città e procurarle da altre parti del Paese è molto difficile a causa dei blocchi sulle strade). Negli ospedali si teme di non poter continuare a prestare i servizi dovuti e comincia a venir meno l’ossigeno. Anche le comunicazioni telefoniche sono spesso interrotte. Nonostante ciò, la gente sta dando prova di grande solidarietà. Continuiamo – con la comunità dei Focolari ed altri –  a portare avanti le azioni di sostegno; la piccola scuola per sordomuti ha ripreso il lavoro in un quartiere più sicuro, in locali messi a disposizione dai Padri Francescani. Le famiglie da noi visitate una ad una, prima di accettare un aiuto ci chiedevano: “Ma non c’è una famiglia che ne ha più bisogno di noi?”. Rim, che ha un bambino di due anni, era molto preoccupata perché col freddo incipiente il rischio di malattia si aggrava. Quando ha ricevuto l’aiuto, si è commossa! Era esattamente il corrispondente della cifra che col marito avevano offerto poche settimane prima ad un collega che ne aveva estremo bisogno. L’avevano risparmiata con fatica ma si erano detti, nel dargliela: “Dio penserà a noi!”». Da Cuba (Santiago): «La distruzione causata dall’uragano Sandy ha causato innumerevoli danni, soprattutto a Santiago. La ricostruzione ancora non è cominciata anche perché il Governo è stato colto alla sprovvista. Infatti, per la conformazione geografica di Santiago che è circondata dalle montagne, generalmente gli uragani arrivano dal mare e, trovandosi la barriera naturale delle montagne, passano senza fare danni. In questo caso, l’uragano è riuscito ad entrare ed è rimasto all’interno per 3 ore (un lasso di tempo lunghissimo) girando come un frullatore. I danni subiti dalle 16 famiglie colpite a noi vicine, ammontano a circa € 42.000. I soldi finora raccolti attraverso il progetto dell’AMU, per quanto ancora insufficienti, sono stati loro consegnati. I tempi di ricostruzione sono difficilmente stimabili perché legati al difficile reperimento del materiale a causa dell’embargo che da anni affligge l’isola. In genere sono disponibili solo per un breve periodo e non tutti insieme: arriva solo cemento, o solo legno, ferro, etc. Quando si trova ciò che serve bisogna avere la disponibilità economica per poter comprare prima che tutto finisca. Ringraziamo per gli aiuti pervenuti e continuiamo a contare sulla solidarietà di tutti». Per saperne di più o per sostenere i progetti: Associazione Azione per un Mondo Unito presso Banca Popolare Etica, filiale di Roma. Codice IBAN: IT16G0501803200000000120434 Codice SWIFT/BIC CCRTIT2184D Causale: Progetto La mia casa è la tua casa Causale: Emergenza Siria (altro…)

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Cagliari: nelle carceri di Buoncammino

Luca Pani, Cagliari – Italia

Luca Pani (Cagliari)

Con alcuni Giovani per un Mondo Unito abbiamo iniziato un’esperienza speciale nelle carceri di Buoncammino, a Cagliari (Italia). C’è stata data la possibilità di fare un’ora di catechesi con i detenuti. Ci siamo suddivisi, chi al braccio sinistro, chi nel carcere femminile, chi come me nell’alta sicurezza. Era un’occasione per dedicare del tempo a queste persone, “altri Gesù”, che per la loro condizione non ti passano accanto e che in situazioni normali non incontreresti. Entrare in carcere è entrare in una società completamente differente, un piccolo mondo in miniatura, con i suoi ritmi, problemi, abitudini. Un detenuto inizia a perdere il contatto diretto con il mondo all’esterno; molte volte i rapporti con amici e familiari si annebbiano e taluni sprofondano in solitudine, mentre all’interno di questo mondo, ci si trova circondati da persone con vite affini… si formano così nuove amicizie, nuovi rapporti; tanto che, se la pena è a lungo termine, la vita non è più all’esterno ma dietro quelle sbarre. Quando si ascolta a fondo un detenuto, si aprono storie, problemi, vite non tue, e si capisce quanto sia importante la libertà e quanto difficile sia viverla bene in questo mondo. Dentro ho incontrato persone normali, simpatiche, forse anche furbe… ma a ripensarci ci si accorge che le persone così le trovi anche fuori da un carcere. Ti chiedono:“Perché sei venuto in carcere? Chi te lo fa fare? Perché non te ne stai in giro ed esci con gli amici? Fai altre cose sicuramente più belle?”. La risposta è stata semplice: ho spiegato che se fossi un detenuto mi farebbe piacere che qualcuno venisse a trovarmi, anche solo per spezzare la routine settimanale. Scopro così che l’amore gratuito e disinteressato non è scontato, anzi è praticamente inesistente per alcuni di loro: ad un gesto di amore o di cortesia deve perlomeno seguire il rispetto se non la gratitudine. Rientrato dal Genfest che si è svolto a Budapest, portavo in mente un pensiero ascoltato in quei giorni: “Se non lo cambi tu il mondo chi lo farà al posto tuo?”. Ritrovarci con i detenuti, dopo quella straordinaria esperienza di fratellanza universale, mi ha meravigliato un po’. È calato il silenzio mentre con i miei amici raccontavamo le nostre varie vicissitudini: dal viaggio in pullman, al cibo, alle esperienze vissute; loro ascoltavano e intervenivano interessati. Così tentati dal voler dare tutto di questa esperienza, parliamo del United World Project e chiediamo loro: “Secondo voi un mondo unito dove l’amore disinteressato per il fratello, che sorpassa le religioni, le culture, è possibile?”. Si è acceso un dibattito abbastanza movimentato. I frutti non sappiamo se ci sono già stati o se ci saranno; non sappiamo se un ragazzo tra loro ha deciso di collaborare con la giustizia dopo averci conosciuto e nemmeno come finirà. Questa esperienza ha portato qualche frutto già nel mio animo e ha rispolverato le mie convinzioni di essere giovane per un mondo unito. È un frammento di mondo unito che si fa realtà. (Luca Pani, Cagliari – Italia) (altro…)

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Serbia. Progetto Ruski Krstur

Ruski Krstur (Voivodina), è una cittadina di circa 4000 abitanti, cuore della minoranza rutena in Serbia. E’ una regione agricola, impoverita dalla guerra. Senza i sussidi governativi, l’emigrazione – soprattutto verso il Canada –, negli ultimi anni, è cresciuta enormemente. Qui un gruppo di giovani non ha voluto lasciare il proprio villaggio, ma tenacemente ha cercato ed è riuscito a costruire un futuro, per sè e per molti altri. Questa è la loro storia. Negli anni ’90, due imprenditori, Slavko Rac e Janko Katona (che avevano già delle attività avviate), decidono di aprire un chiosco di gelati. Poichè l’iniziativa ha successo, continuano aprendo un secondo chiosco in un’altra città, dando così lavoro ad altri 6 giovani. Ma non si fermano qui: nasce la ditta Juarbis, nel settore dell’agricoltura, che cresce velocemente anche con gli investimenti dello Stato per lo sviluppo. Nel 2008 conta già 40 impiegati, e raggiunge il primato del settore nella regione. «Ma la crisi torna a bussare, – racconta Marija Majher, direttrice attuale della Juarbis  – e nel 2009, con la riduzione della produzione del latte, la ditta perde la parte più consistente degli introiti. È un duro colpo, ma il nostro gruppo è affiatato. Lavoriamo insieme da 10 anni e vogliamo rialzarci insieme. In tutti questi anni abbiamo cercato di mantenere sempre aperta anche la comunicazione con i 500 cooperatori, dai quali ritiriamo il latte e i prodotti agricoli. La nostra fonte di ispirazione nella conduzione dell’azienda, è stata l’“arte di amare” che ha radice nel Vangelo, come ci è stata proposta da Chiara Lubich. Abbiamo costruito così  rapporti profondi e vitali con tutti ». Sviluppando l’intuizione di Chiara di dividere gli utili dell’azienda in tre parti, oltre a creare nuovi posti di lavoro, si è fatta conoscere la “cultura del dare” e della comunione dando vita, nella città, a varie iniziative educative e culturali e infine, ma non per ultimo, si è intervenuti nelle situazioni di emergenza con aiuti concreti e con progetti di sviluppo. «Con nostra sorpresa – continua Marija Majher -, due di noi sono stati eletti a grande maggioranza alle elezioni comunali. È stata l’occasione di fare qualcosa in più per la nostra gente della quale conoscevamo da vicino la situazione di povertà e di sofferenza. Ci ha guidata, ancora una volta, l’esperienza di Chiara nel dopoguerra a Trento che voleva risolvere i problemi sociali della città a partire dai più poveri e dal coinvolgimento della comunità, col desiderio di attualizzarla. Così, con le nostre tre ditte, e altri amici della Caritas locale, stiamo cercando di sponsorizzare alcune attività per la città come promuovere azioni ecologiche o procurare la legna per il riscaldamento a persone ammalate o anziane.  Questi ultimi, poi, sono stati coinvolti in appuntamenti settimanali di dialogo e d’intrattenimento e ci si presta per accompagnarli alle visite mediche, ad esempio. Un progetto che è ancora un sogno consiste nel far fruttare gli ettari di terra abbandonati, attorno a molte delle loro case, per costruire una casa di riposo che venga incontro alle loro esigenze.  Si è pensato anche ai bambini e ai ragazzi con laboratori di giornalismo, recitazione, cucina, decorazioni e tanta animazione, con giochi e feste. La famiglia rimane al centro delle nostre attività. Si sono compiute azioni straordinarie per alcune di loro alle quali sono state bruciate le case, ad altre si sono pagate le bollette dell’elettricità e si è acquistato una lavatrice ad una famiglia numerosa. L’ultimo progetto “La famiglia per la famiglia” è la proposta, rivolta a tutta la comunità locale, a mettere a disposizione le proprie forze e potenzialità, per aiutarsi reciprocamente». (altro…)