Apr 5, 2016 | Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Nuove Generazioni
«Il 22 marzo rimarrà per sempre una data marcata dagli atti vigliacchi nell’aeroporto e nella metropolitana di Bruxelles. Atti di individui che non sono riusciti a vedere l’amore per il prossimo come priorità nella loro vita, proprio nei giorni che precedono la Pasqua, festa che ci insegna che l’Amore vince tutto. È stata una settimana in cui emozioni di odio profondo si alternavano con una sensazione che Dio richiede di amare l’altro. Non è certo facile in momenti come questi. C’è nella nostra natura la voglia di trovare un colpevole. È questo che sta succedendo anche qui in Belgio. Ci si domanda dove si è sbagliato, e chi è responsabile per la radicalizzazione di queste persone. Anche per me è stata una settimana piena di domande nuove. È come scrivere continuamente delle lettere a Dio ed ogni giorno correre alla casella della posta per guardare se c’è già la Sua risposta. Peggio ancora quando i tuoi amici più stretti ti chiedono perché difendi ancora i musulmani: “È colpa loro”, dicono. “Li rimandiamo a casa”. “Perché dare ai profughi delle possibilità, se loro poi ci fanno fuori?” Mi sono accorto che ci vuole un esercizio da rifare ogni volta. Si tratta di entrare nella pelle dei miei amici, che non hanno la fortuna di sperimentare che Dio è accanto a loro e che Lui è l’unico che può offrire una risposta. Una risposta d’amore. Loro sentono la paura, che li spinge a far prevalere la propria sicurezza e il proprio futuro. Il mio sforzo di questa settimana era di far vedere loro l’altra parte della storia: “Quelle persone (i terroristi) non sono musulmani. L’Islam impersona valori che irradiano l’Amore”. Ma quando fai questo esercizio, trovi subito tanta resistenza. La ferita è ancora fresca. Speravo di essere in grado di sanare adeguatamente le ferite, ma la guarigione è un processo e dunque ci vuole del tempo. Tornando a casa questo Venerdì Santo ero stanco e quasi stufo di curare “i feriti”. Posso ben immaginare che sia stata una settimana molto dura per le persone impegnate in prima linea nei soccorsi. Si dice che i giovani di oggi non osano manifestare la loro fede. Non osiamo più parlare delle cose in cui crediamo per paura di essere scartati dalla società. Non osiamo più fare ciò che sentiamo sia bene fare. Forse non è paura di esprimersi ma stanchezza, conseguenza del fatto che credere negli ideali cristiani è un’avventura faticosa. La fede in Belgio è una cosa ormai eccezionale, e devi sforzarti ogni volta per sostenere i tuoi valori. I giovani scelgono di non credere più, per evitare le critiche. E qui capivo di nuovo la forza dell’ideale di pace e di unità che Chiara Lubich ci ha insegnato. Può essere come un “caffè” per la nostra stanchezza. Ci aiuta a sorridere quando qualcuno pone una domanda critica, dandoci l’opportunità di condividere il nostro messaggio. Per quello sto alla sequela di Gesù! Vorrei chiedere a Dio un fuoco più grande di prima, che accenda delle candele nel cuore dei giovani. Che ci renda capaci di guardarsi positivamente, invece che criticarsi l’un l’altro. In modo che uno spiraglio verso il basso diventi un spiraglio verso l’alto e la fede diventi una festa anziché una preoccupazione. Dove ognuno possa trovare la chiave per costruire un mondo in cui attentati come quelli del 22 marzo non accadano più». (altro…)
Mar 24, 2016 | Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Nuove Generazioni, Senza categoria
«Prima d’ora, non mi era mai capitato di trovarmi così vicino al luogo di un attentato. Il mio ufficio, infatti, è a 300 metri dalla fermata della metro Maelbeek. Siamo ormai abituati a vederci passare davanti disastri e catastrofi durante notiziari quotidiani, ma la sensazione di essere passati davanti a quella fermata della metro in bici pochi minuti prima dell’attentato, di sentire tutto così vicino e di non sapere di preciso cosa fare e come comportarsi è tutt’altra cosa. Credo fermamente che un mondo di pace è possibile. Con il mio impegno nel Movimento dei Focolari, ma soprattutto attraverso le piccole azioni quotidiane cerco di agire con quello spirito di fraternità che è espresso anche nella Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo. Eppure man mano che le notizie arrivavano e gli ululati delle sirene si facevano più insistenti, mi sono trovato spiazzato. D’accordo, tutto era così vicino, ma ugualmente io intanto che potevo farci? Rimanere a rispondere ai tantissimi messaggi di amici e parenti che chiedevano notizie? Scendere in strada e andare ad aiutare chissà chi e in che modo? Continuare a lavorare come nulla fosse? Una situazione surreale nelle quale mi trovato impotente e disorientato. Mi veniva anche da interrogarmi sul senso di tutto ciò. Sui motivi che potevano spingere alcuni giovani come me ad odiare così tanto da essere pronti a sacrificare le loro vite pur di dare la morte a tanti passeggeri indifesi colti a caso nel momento di viaggiare insieme pigiati su un convoglio metropolitano. Mi domandavo che colpa avrei avuto io per morire se fossi stato lì insieme a loro. Domande alle quali tutte le teorie apprese durante l’università in scienze politiche non riuscivano a trovare una risposta soddisfacente. Ad illuminarmi è stato il ricordo della sera precedente, trascorsa insieme a diversi giovani che si impegnano anch’essi nel Movimento dei Focolari, con i quali avevamo rinnovato la promessa di essere insieme strumenti di fraternità e di dialogo laddove viviamo. Provando a mettere da parte il disorientamento, ho capito che se in quei momenti stavo vivendo (quasi) sulla mia pelle la guerra, a maggior ragione dovevo essere io in prima persona un artefice di pace ed ho cercato di darmi da fare, ad iniziare da quanti avevo accanto in quel momento. Colleghi, amici, conoscenti… nonostante lo sconcerto ed il terrore, mi ha colpito rendermi conto di non essere l’unico a pensarla così. Per quanto ognuno a modo suo, nessuno trovava parole di odio per l’accaduto, ma era convinto invece che fosse la via del dialogo l’unica strada possibile per rispondere ad atti tanto folli. Ho trovato vere come non mai quelle parole pronunciate da Chiara Lubich in occasione del conferimento del Premio UNESCO per l’Educazione e la Pace, il 17 dicembre 1996: “Chiunque desideri oggi superare le montagne dell’odio e della violenza, si trova di fronte a un compito pesante ed immenso. Ma ciò che è impossibile a milioni di individui isolati e divisi, sembra possibile a quanti hanno fatto dell’amore vicendevole, della comprensione reciproca e dell’unità la dinamica essenziale della loro vita”».
Mar 23, 2016 | Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo

“A Bruxelles, Dieu pleure avec nous” © Michel Pochet
In un comunicato intitolato “A Bruxelles, Dio piange con noi”, il Movimento dei Focolari in Belgio afferma: «I drammatici attentati perpetrati martedì mattina all’aereoporto di Zaventem e nella metropolitana di Maelbeek, cuore del quartiere europeo di Bruxelles, hanno gettato tutti in profonda costernazione. Condividiamo il lacerante dolore di tutte quelle famiglie che piangono i loro cari e le sosteniamo con la nostra preghiera. Preghiamo anche per tutti coloro che, nel mondo intero, subiscono la violenza e per coloro che commettono tali atti insensati che sono in antitesi con la pace. Di fronte a una tale assurdità ci viene spontanea, dal cuore, una domanda : “Mio Dio ci hai forse abbandonati?”. La Passione di Cristo, che commemoriamo il Venerdì Santo, ci aiuti a credere che ogni sofferenza trova un’eco nel grido di abbandono di Gesù sulla Croce e la Resurrezione ci fa sperare nell’alba di un mondo migliore. Gli attentati di martedì 22 marzo sono un segnale eloquente che ci invita a raddoppiare il nostro impegno per far trionfare la pace, frutto della solidarietà e della fraternità. Una proposta: trovarci ogni giorno, ovunque siamo, per il TIME-OUT: un minuto di raccoglimento per la pace, a mezzogiorno». Fonte: Focolari Belgio online Leggi anche: Quel martedì a Bruxelles io c’ero (altro…)
Mar 16, 2016 | Cultura, Dialogo Interreligioso, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Senza categoria
«Tre mesi fa questa serata doveva farsi qui. La follia degli uomini ci ha fatto cambiare rotta». Apre così la serata Noufissa Boulif, musulmana, organizzatrice dell’evento: all’indomani infatti degli attentati di Parigi del 13 novembre 2015, Bruxelles non si riconosceva. Alcuni dei terroristi implicati avevano lì la loro base, e per motivi di sicurezza il concerto era stato annullato e spostato al 20 febbraio 2016. Un incontro tra musica e cultura musulmana e cristiana, è diventato una piattaforma di incontro tra musulmani, cristiani e anche agnostici, che credono nel dialogo e che, sapendo accogliere l’altro ne scoprono qualità e pregi nascosti. Ma il rischio non era comunque alto per un evento islamo-cristiano proprio al centro di Bruxelles? Chiediamo a Noufissa. «Se il concerto ha potuto realizzarsi è grazie all’incredibile solidarietà tra musulmani e cristiani, e certamente sotto la divina protezione. Fortunatamente tutto il programma ha potuto svolgersi senza incidenti o tensioni». Il concerto è stato dedicato a tutti i bambini che soffrono, mettendo la serata «sotto il segno dell’infanzia e della gioventù, ma anche sotto il segno della diversità che caratterizza il nostro Paese». Da oltre vent’anni Noufissa conosce e vive la spiritualità dell’unità, nata da Chiara Lubich. Vorrebbe testimoniare a tutti che la fraternità tra musulmani e cristiani è possibile, tra queste due culture spesso antagoniste. In questa prospettiva ha organizzato il suo primo concerto islamo-cristiano nell’ottobre del 2014. https://vimeo.com/114433105 «È un lavoro di lunga data», racconta ancora Noufissa. «Con il mio marito ed i figli siamo coinvolti nel dialogo interreligioso. Ormai fa parte della mia vita. Per me, come musulmana che porta il velo, non è sempre scontato vivere in armonia con gli altri, perché senti che attiri sguardi curiosi o palesi atteggiamenti di diffidenza. Ma, ogni volta, cerco di avvicinare l’altro senza pregiudizi, col sorriso. La Regola d’Oro, presente in tutte le grandi religioni, mi aiuta moltissimo: “Nessuno di voi crede veramente se non desidera per il fratello quanto desidera per sé stesso” (Mahomet, Hadith 13 de al-Nawawi). Si possono capire le reazioni islamofobe e l’influenza, non sempre costruttiva, dei mass-media, ma sono convinta, come musulmana, che è essenziale superare tutto ciò. Il profeta Mohamed, in un hadith sottolinea che “Il sorriso è una elemosina” (cioè un dono gratuito per l’altro)». Torniamo al 20 febbraio di quest’anno. Vari i cori succedutisi sul palco: bambini, giovani, cristiani e musulmani, bianchi e neri, di lingua neerlandese o francese – anche questa è una delle sfide del Belgio -. Rissala, I piccoli coristi, Le Voci dei 4 Orizzonti, I.TOUCH’, un gruppo di ragazze musulmane con handicap. Verso la fine anche i rapper – Mc ‘Youns, Antis et Mamz-I – che con le loro parole incisive invitavano tutti a non lasciar cadere le braccia, ma continuare a credere nella vita. L’associazione La luce del cuore nasce dopo i 25 anni di impegno nel dialogo interreligioso di Noufissa, e 10 anni di servizio di una sua amica musulmana nelle cure palliative: insieme visitano i malati nelle loro case, andando incontro alla sete di relazione in questa fase particolare della vita. Con quest’associazione, dopo un anno di duro lavoro per la preparazione di “Fraternità in coro”, stanno già lavorando ad un prossimo evento islamo-cristiano che si realizzerà il 23 aprile, dal titolo “Insieme con Maria”, a Bruxelles, nella Cattedrale di Saint Michel. (altro…)
Nov 20, 2015 | Dialogo Interreligioso, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Spiritualità
Di fronte ai drammatici avvenimenti di Parigi e di tante altre parti del mondo, «il Movimento dei Focolari, mentre piange con chi piange, continua a credere nella via del dialogo, dell’accoglienza e del rispetto dell’altro, chiunque esso sia e di qualunque provenienza, credo religioso e appartenenza etnica», ha dichiarato la presidente Maria Voce all’indomani degli attentati nella capitale francese. «I Focolari – assieme a quanti nelle diverse responsabilità si adoperano anche con un rischio personale per la pace – rinnovano il proprio impegno ad intensificare e moltiplicare atti e gesti di riconciliazione, spazi di dialogo e comunione, occasioni di incontro e condivisione a tutti i livelli e a tutte le latitudini, per raccogliere il grido dell’umanità e trasformarlo in nuova speranza».
Diverse iniziative personali e collettive sono in atto. In Francia, tra le altre, la donna parigina che ha fatto visita a un negoziante e alla farmacista, rispettivamente marocchino e algerina, per rinnovare la sua amicizia; la coppia di Vendée che porta il proprio sostegno alle associazioni locali per l’accoglienza dei migranti, l’impegnato nel GAIC (Gruppo di amicizia Islamo-Cristiana) à Mulhouse, in Alsazia, che intensifica il suo contributo alla settimana interreligiosa in corso proprio a novembre (vedi intervista di Radio inBlu); un parroco della banlieue parigina che scrive una dichiarazione per la pace insieme ai musulmani del suo quartiere; la partecipazione attiva al festival interreligioso «Vivre ensemble à Cannes», fin dal suo inizio; iniziativa che ha ricevuto quest’anno il premio «Chiara Lubich per la fraternità»; l’organizzazione congiunta della 2° edizione di «Musulmani e Cristiani, insieme con Maria» prevista per il 2 aprile 2016 alla basilica di Longpont (Essonne). In Italia, in questi giorni corre un tam-tam che invita ad andare a «trovare il mondo musulmano che abita nei vari territori, cercando di gettare ponti, di costruire rapporti, di chiedere di convergere insieme con azioni concrete e visibili per la pace». In alcune città questi rapporti sono già avviati da tempo con frutti di fraternità.
In Gran Bretagna si è subito organizzata una catena di preghiere per le vittime della tragedia, chiedendo a Dio di “essere strumenti per portare l’unità nel proprio ambiente”, e in Irlanda una serata di conoscenza della cultura siriana per prepararsi ad accogliere i rifugiati diretti nel Paese. A Basilea e Adliswil, in Svizzera, donne musulmane e cristiane si trovano regolarmente ogni due mesi per una condivisione sulla fede. A Lugano c’è stato un intenso scambio con l’Imam Samir Jelassi. In Austria, a Meiningen (Voralberg), pochi giorni prima degli attentati si erano riunite 150 persone con Cenap Aydin, direttore dell’Istituto Tevere a Roma, e al prof. Siebenrock dell’Università di Innsbruck, del gruppo di studio che riunisce teologi musulmani da Iran, Tunisia, Algeria e Turchia, e teologi cattolici. In Germania, ad Augsburg, l’iniziativa “7 in punto – Augsburg prega per la pace”, il 7 di ogni mese alle 7 di pomeriggio: in una delle grandi chiese della città, una volta cattolica, l’altra luterana, un rifugiato, un esperto, o un rappresentante di una ONG illustra la situazione di un paese in difficoltà. E ancora, una marcia per la pace nel Valdarno in Italia, dove ha sede la cittadella di Loppiano, tra i promotori dell’iniziativa, e una manifestazione di piazza a Bahia Blanca, in Argentina, senza bandiere né colori politici. In California una cena di beneficenza per raccogliere fondi per sostenere progetti di aiuto ai rifugiati, preceduta da un momento di preghiera per le vittime degli attentati terroristici a Parigi e a Beirut, e dalla presentazione dello United World Project. In Honduras, il 14 novembre, una marcia per la pace organizzata dai Focolari, in solidarietà con la Siria, ha riunito persone di vari movimenti giovanili, portando un messaggio di unità e dialogo. Dall’Asia, Luigi Butori scrive: «Penso ai morti per attentati quasi giornalieri nel sud della Thailandia, ai profughi Rohinya; penso ai miei amici musulmani nella moschea a Chiangmai; penso a Mae Sot dove ancora oggi arrivano i profughi dal Myanmar in cerca di una vita migliore».

“Dieu pleure avec nous” © Michel Pochet
E ricorda l’invito di Chiara Lubich nel 1980: «Se nelle vostre città poi v’è una moschea o una sinagoga o qualche altro luogo di culto non cristiano, sappiate che lì è il vostro posto. Trovate modo di venire in contatto con quei fedeli, di stabilire un dialogo», parole che «ci spingono a creare un rapporto con chi non ha la nostra stessa fede: un rapporto vero, profondo, perché l’altro per me è il volto del Divino». In Egitto, va avanti il Living Peace Project, il progetto per l’educazione alla pace, nato al Cairo e adesso diffuso in tutto il mondo, che coinvolge centinaia di scuole e migliaia di studenti, e che ha ottenuto a New Humanity – ONG che lo promuove – il Luxembourg Peace Prize 2015. Anche l’arte dà il suo contributo: “Dieu pleure avec nous” (Dio piange con noi) è il titolo del dipinto che Michel Pochet, artista francese, ha realizzato dopo i fatti di Parigi. Mentre a Bruxelles il 21 novembre ha luogo il concerto di un coro misto musulmano e cristiano dal titolo “Fraternité en chœurs”, un gioco di parole fra “cori” e “cuori”. (altro…)