13 Set 2016 | Focolari nel Mondo, Spiritualità
I frutti della Parola «Anni orsono, in tre, chiedemmo al nuovo parroco di approfondire la Parola di Dio. Prese così il via un incontro che precedeva la liturgia domenicale. Più ci impegnavamo a mettere in pratica la Parola, tante più persone ci chiedevano di partecipare. In pochi mesi eravamo un gruppo numeroso; tra i più assidui i rapporti erano come quelli di una vera famiglia. E in parrocchia si cominciava a respirare un’altra aria. Ora non ci bastava più la sola preghiera e lo sforzo individuale per essere dei bravi cristiani; ci sentivamo coinvolti in un cammino comunitario in cui ognuno s’impegnava a raggiungere la meta della santità insieme agli altri. Gesù lo sentivamo vicino, tra noi, e questo aveva delle conseguenze: oltre alla gioiosa scoperta di una nuova immagine della Chiesa, nasceva l’esigenza di condividere anche i beni materiali con chi era meno fortunato, di sostenere famiglie in difficoltà, giovani disorientati, persone bisognose di riscoprire l’amore di Dio. E non solo nell’ambito parrocchiale». (Lucio – Italia) La tredicesima dimenticata «Ero al mercato quando, ricordandomi che i miei genitori erano rimasti senza soldi, ho fatto le spese anche per loro. Al ritorno ho notato per strada una bambina in lacrime: aveva fame e i suoi – m’ha raccontato – non avevano niente da mangiare. Consultandomi con mio marito Antonio, abbiamo deciso di portare a quella famiglia metà della nostra spesa mensile. Il giorno dopo la figlia della nostra vicina è venuta a confidarci che il papà era andato via in cerca di lavoro e non era più tornato. Neanche loro, in casa con tanti bambini, avevano di che sfamarsi. Mi sono detta fra me: “adesso basta, abbiamo già fatto la nostra parte!”. Ma quando Antonio mi ha ricordato che non avevamo dato ancora il necessario, abbiamo diviso ancora una volta quanto era rimasto della provvista mensile. Ormai non avevamo più soldi per la spesa, ma ogni giorno ci è arrivato l’aiuto da parte di qualcuno. A fine mese, il mio stipendio era il doppio del solito. Non era uno sbaglio: era la tredicesima di cui mi ero dimenticata». (B. P. – Brasile) Tradizione con cuore nuovo «Nella nostra società, specie nei villaggi, per tradizione gli uomini non aiutano nelle faccende di casa e le donne, anche quando sono malate, lavorano: non si sentono vittime e neppure gli uomini si sentono crudeli. Così anche a casa mia. Se mia moglie stava facendo un lavoro e io leggevo un libro o guardavo la tv, non mi veniva in mente di alzarmi se il bambino piangeva: era compito suo. Quando con l’aiuto di amici cristiani m’è diventato chiaro che gli altri hanno diritto al mio amore, al mio aiuto, ho sentito di dover cominciare soprattutto a casa mia. Un giorno mia moglie, mentre stava preparando la colazione, ha dovuto occuparsi del bambino, così ho apparecchiato io la tavola. Al suo ritorno è rimasta sorpresa, ma non ha fatto commenti. Ma quando ho stirato da solo il vestito per andare in ufficio, è stato troppo per lei … Allora le ho raccontato la bellezza di amare per primi e fare agli altri quello che si vorrebbe fatto a sé. Ora nella famiglia c’è più armonia». (W.U. H. – Pakistan) (altro…)
31 Ago 2016 | Chiesa, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Senza categoria
«Una telefonata inaspettata di mio fratello: suo figlio ha avuto un incidente stradale. Stava andando a prenderlo al lavoro ma, mentre guidava ha avuto un colpo di sonno andando ad urtare contro una moto e uccidendo due suoi colleghi: entrambi sposati con famiglia. Per me è stato uno shock, un dolore straziante. Subito sono andata da mio nipote in prigione. Non c’erano parole, potevo solo piangere con lui. Era mattina presto e mio nipote e gli altri detenuti non avevano fatto colazione. Sono andata a comprare del cibo e poi ho chiesto alla guardia se potevo pulire la loro cella. Più tardi è arrivato mio fratello in lacrime e sono stata accanto a lui in silenzio. Ho capito che il nostro prossimo passo doveva essere quello di chiedere perdono alle famiglie delle due vittime. Ma come fare? Mio fratello, superando tutti i timori, ha accettato di andare dalle famiglie colpite e chiedere il loro perdono. Siamo andati insieme dalla prima famiglia e abbiamo trovato la vedova molto infuriata. Ho cercato di ascoltarla e assumere il suo dolore; poi l’ho abbracciata dicendo, “Siamo qui per chiedere il vostro perdono, senza aspettarci di essere perdonati. Non riusciamo a comprendere perché sia successa questa tragedia… ma cerchiamo di credere al misterioso amore di Dio”. Poi volevamo chiedere perdono ai genitori, ma i loro parenti ci avevano consigliato di non farlo perché immaginavano la madre fuori di sé. Ma, per quanto difficile, sentivamo che dovevamo farlo. Infatti, lei si è rivolta urlando contro di noi; in silenzio e fidandomi di Dio le ho dato un forte abbraccio chiedendo di perdonarci, anche a nome di mio nipote. Le ho assicurato che avremmo trovato il modo di prenderci cura della loro famiglia, provvedendo alla scuola delle tre figlie. Sperimentavo profondamente il loro dolore, ma allo stesso tempo sentivo che la pace solo Dio la può dare … e a Lui ho affidato noi e loro, sostenuta dall’unità della comunità del Movimento. Così è avvenuto anche con la famiglia della seconda vittima. Mio nipote è stato rilasciato dopo tre settimane. Le famiglie delle vittime hanno accettato di non sporgere denuncia, in cambio di un risarcimento in danaro. I miei fratelli e sorelle hanno raccolto e messo insieme quello che avevano e così abbiamo raggiunto la cifra. Questa tragedia ha reso la nostra famiglia più unita. Dopo un anno, ho ricontattato la donna rimasta vedova. Con mia grande sorpresa ha detto: “Voglio scusarmi per come ho trattato lei e suo fratello”. Da allora siamo diventate amiche e ho potuto parlarle della mia fede nell’amore di Dio. Ora le mando “il passaparola” quotidiano (una frase di stimolo per amare gli altri) che lei rinvia ai suoi amici. Due mesi fa, mi ha invitato ad una riunione di famiglia per festeggiare la laurea della sua figlia più grande. Durante una Mariapoli alla quale ha partecipato, mi ha detto: “Se non fosse stato per quell’incidente, non avrei mai incontrato te e i Focolari. Questo ha capovolto la mia vita, mi sento più vicina a Dio”. Ho sentito che potevo chiederle se poteva perdonare mio nipote. Mi ha risposto: “Gli ho già perdonato. Non ci sono tracce di odio né per tuo nipote né per la sua famiglia”. Ho sperimentato che è davvero un grande dono ricevere la misericordia di Dio e, aiutati da Lui, offrire il perdono agli altri». M.R. Fonte: New City Philippines (altro…)
8 Ago 2016 | Chiesa, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Senza categoria, Spiritualità
«Nessuno della mia famiglia conosceva i Focolari e, per quel che ricordo, la spinta a tornare ogni sabato all’appuntamento per approfondire il Vangelo era dovuta al fatto che avevo trovato chi mi voleva bene in un modo disinteressato. Sono nato e cresciuto ad Ascoli Piceno (Italia), ed ogni anno ho partecipato ai corsi di formazioni per ragazzi, consolidando così il mio cammino di fede. A 19 anni ho dovuto affrontare un intervento al ginocchio, a seguito del quale si sono presentate alcune inattese complicazioni. Mentre ero ancora in ospedale i medici mi dissero che non avrei più potuto giocare a pallavolo e che non sarei mai più tornato ad avere la piena funzionalità della gamba. In quel momento capii chiaramente cosa volesse dire che “Dio è un ideale che non crolla” e decisi di fidarmi di Lui. Se non potevo più praticare alcuno sport, Egli avrebbe trovato sicuramente altro da farmi fare. Dopo le scuole superiori ho proseguito gli studi all’università, ma ogni sabato tornavo nella mia città per prestare servizio come animatore nella parrocchia, sfruttando la mia propensione a preparare giochi per giovani e ragazzi. Pur non potendo giocare, ho scoperto quanto fosse divertente e gratificante far giocare gli altri, talvolta sottoponendoli a prove funamboliche! Negli stessi anni iniziai ad avvertire nel cuore una forte chiamata di Dio a spendere la mia vita per Lui negli altri. Alla Mariapoli 2007, dopo aver ricevuto Gesù Eucarestia, sentii nel cuore quale fosse la mia strada: portare il carisma dell’unità nella mia diocesi. Era una totale scelta di Dio, messa a servizio di una realtà particolare. Questo tuffo in Dio mi ha portato a vivere la vita nella pienezza della gioia, e in modo particolare mi ha permesso di affrontare una situazione che umanamente non sarei mai stato in grado di affrontare. Nel 2010, infatti, iniziai ad avere nuovi problemi alla gamba che aveva subìto l’intervento, poi all’altra, alla schiena, e nel giro di pochi mesi facevo fatica a camminare e a stare in piedi. I medici non trovavano spiegazioni e, dato che ero prossimo alla laurea, ipotizzarono una sorta di esaurimento nervoso o di depressione. Io continuavo a sentire nel cuore la gioia di vivere assieme ai miei compagni di avventura ideale, e non capivo cosa mi stesse accadendo. Una sera, mi rifugiai in chiesa e pregai di fronte a Gesù Eucarestia: “Se è nella tua volontà iniziare queste cure, dammi un segno. Se, invece, ho una strana malattia, fammelo capire, perché voglio continuare ad essere un dono per gli altri”. Con l’ennesima ricerca si scopri che ero affetto da una rara malattia genetica che scatenava tutte le problematiche che stavo vivendo e che tuttora mi costringe a convivere col dolore cronico. Subito i pensieri furono invasi di domande e d’angoscia. Come avrei continuato a vivere per gli altri? Capii che l’Amore di Dio non cambiava neppure di fronte a tutto quel dolore, forse io lo percepivo in modo diverso, ma il suo amore era sempre immenso. Cosa potevo fare allora? Continuare ad amare e a costruire l’unità con tutti, anche se ora è più faticoso, anche se avrei voglia di restare da solo. Qualche mese dopo mi chiesero di seguire un gruppetto di giovanissimi. Pensavo: ce la farò? Lasciai da parte le paure e decisi di mettermi ancora a servizio degli altri. Oggi devo dire che, in questi anni, i ragazzi del gruppo spesso sono stati la mia forza e il mio coraggio. Perché amando tutto si supera. Tante sono le occasioni che non avrei mai immaginato di riuscire fisicamente a sostenere, eppure ce l’ho fatta, costatando che davvero “Nulla è impossibile a Dio”». (altro…)
25 Lug 2016 | Focolari nel Mondo, Senza categoria, Spiritualità
Accoglienza «L’amministrazione della mia città stava istituendo un servizio speciale per gli immigrati. Ho sentito la spinta a rendermi disponibile per questo nuovo servizio. Ho cercato di sapere chi, nel palazzo dove abito, avesse risposto all’invito. Incontrando varie famiglie mi sono accorta di quanta avversione ci fosse nei riguardi degli extracomunitari. Nello stesso posto di lavoro molti colleghi erano infastiditi della presenza di immigrati visti soltanto come concorrenti per un lavoro o per una casa. Inizialmente, parlando con i colleghi e cercando di mettere in evidenza l’importanza di accogliere l’altro anche se è diverso da noi, sembrava che il mio apporto fosse del tutto inefficace. Ma lentamente ho visto che sia loro che gli inquilini del mio palazzo hanno cominciato a mostrare un atteggiamento più “morbido”.» (E. M. – Italia) L’inizio di una fede nuova «Ero appena arrivata sul posto di lavoro quando iniziò un brutale bombardamento. Con gli altri colleghi andammo a ripararci nel seminterrato con l’orecchio alla radio per avere notizie. Venni così a sapere che anche il quartiere dove lavorava mio marito era stato bombardato. Mi sentii male, stavo per svenire. In quel momento si fece strada un pensiero: «Dio, ora mi stai chiedendo di rinnovare la mia fede in te». Gli affidai i bambini, mio marito, i genitori, chiedendogli di non permettere che ci allontanassimo da lui; gli chiesi soprattutto che i bambini, qualora si fossero trovati senza genitori, potessero incontrare sulla loro strada persone che avrebbero saputo guidarli verso lui. Fu un momento indimenticabile a cuore aperto con Dio. Da quel momento vivo la vita con fede e infinita gratitudine». (H. S. – Libano) Pulizia «Un giorno il proprietario dello stabile in cui abito decide di eliminare tutte le antenne tv sul tetto, probabilmente per ragioni di estetica. Nel caseggiato si instaura un clima di battaglia. Ma come vincere il “Golia”? Il Vangelo mi suggerisce di prendere la via dell’umiltà. Per motivi di salute il portinaio è assente e la pulizia delle scale e dell’androne lascia molto a desiderare. E poiché gli altri inquilini non si preoccupano nemmeno di pulire il proprio pianerottolo, prendo l’iniziativa e mi metto a pulire le scale e l’androne giù fino al marciapiede. Lo faccio con gioia e con impegno. La sera stessa, il proprietario suona alla mia porta e con grande gentilezza propone di rimettere a posto lui stesso la mia antenna televisiva. Disarmato e stupito, approfitto delle sue buone intenzioni per chiedergli di installare anche le altre antenne. Alla fine tutto è rimesso a posto. Con i vicini, da quel momento, inizia un rapporto diverso. Ora, per di più, ognuno di essi pulisce le scale a turno». (B. M. – Francia) (altro…)
22 Giu 2016 | Focolari nel Mondo, Spiritualità
A nuova vita «Lavoro come medico al pronto soccorso. Una mattina sono stato chiamato a soccorrere un anziano che s’era sentito male. Viveva in mezzo a tanto disordine, distrutto dal dolore per la morte dell’unico figlio in circostanze misteriose. Dopo un attimo di disorientamento (dai documenti mi ero reso conto di trovarmi davanti a una persona che, durante il regime comunista, aveva fatto tanto male alla gente), ho messo da parte ogni giudizio e mi sono impegnato ad aiutare quell’uomo sofferente e bisognoso soprattutto di affetto. Al di là di tutto, ora per me era un prossimo che Gesù mi chiedeva di amare. In ospedale, dove sono andato a trovarlo più volte, spesso mi raccontava del suo passato. Qualche volta mi è stato difficile ascoltarlo, ma quando ho potuto parlargli della mia fede, ho visto in quell’uomo accendersi una speranza: sembrava rinascesse a nuova vita». (M. U. – Repubblica Ceca) L’appalto «Sono responsabile del settore vendite di un’impresa. Stavamo concorrendo per ottenere l’appalto di un’importante fornitura e avevamo tutte le credenziali per spuntarla: progetto, prezzo vantaggioso… Ma per ottenere l’appalto avremmo dovuto pagare una tangente. Con un collega, cristiano come me, ho deciso di non proseguire con quella trattativa, a costo di perdere una notevole percentuale sulle vendite del mese. Il mese seguente però le vendite hanno superato le proiezioni del preventivo e coperto il deficit precedente: per noi la conferma che conviene sempre fidarsi di Dio». (J. P. – Panama) Una traduzione «Dovevo finire, entro la serata, la traduzione di un intervento per un congresso, quando un amico mi telefonò per dirmi che aveva urgenza di essere aiutato a tradurre una lettera. Siccome era stato appena assunto, far bene quel lavoro era importante per lui. Gli assicurai il mio aiuto. Senonché, una volta ricevuta la lettera, mi accorsi che certi termini tecnici risultavano difficili anche per me, che non ero del settore. Solo con l’aiuto di Internet e varie telefonate a specialisti riuscii a portare a termine la traduzione, anche se a spese del mio lavoro, ma ero sereno per aver aiutato l’amico. A questo punto telefonai alla società che mi aveva affidato il lavoro per spiegare che avrei mandato la traduzione la mattina seguente, pensando di lavorare tutta la notte. La risposta: “Puoi dormire tranquillo. Quell’intervento è stato spostato”». (T. M. – Slovacchia) (altro…)