

L’Europa unita per un mondo unito
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Chiara Lubich: l’amore al prossimo e le opere di misericordia
Fin dagli inizi del Movimento, soprattutto per le circostanze dolorose della guerra, Chiara e le sue compagne furono molto attente ad amare i poveri della loro città, accogliendoli in casa, visitandoli, portando loro il necessario, soccorrendoli in tutti i modi. Per questo esercizio di amore, di carità verso il prossimo più bisognoso, più tardi compresero che il loro cuore non doveva soltanto rivolgersi ai poveri ma a tutti gli uomini indistintamente. (…) Sulle opere di misericordia Chiara ritorna in diverse lettere inviate, fin dai primi tempi, a quanti si avvicinavano al Movimento. Fra le tante riportiamo ciò che scrive alla sua amica Anna esortandola a vivere in ogni attimo della sua giornata l’opera di misericordia che Dio le pone dinnanzi e di farlo anche nei confronti di se stessa, di Gesù dentro di lei: “Ricorda che alla fine della vita ti saranno chieste le 7+7 opere di Misericordia. Se quelle hai fatto, tutto hai fatto. E vorrei tu vivessi con noi l’attimo presente e nel presente l’opera di Misericordia che Dio ti richiede. Studi? = Istruisci l’ignorante. Ti si interroga (da una compagna?) = consigli un dubbioso. Mangi o dai da mangiare? = sfami gli affamati. (…) ecc. Tutte le 14 opere di Misericordia sono tali da risolvere ogni tua azione. E ogni tua azione può essere rivolta al Gesù che deve vivere e crescere in te e nel tuo prossimo.” L’amore reciproco, il patto di misericordia e il perdono Il comandamento nuovo di Gesù : “amatevi gli uni gli altri come io vi ho amato…” (cf. Gv 13,34), – che evidenzia la specificità delle relazioni interpersonali dei cristiani e il fine ultimo della misericordia -, rappresenta un altro cardine della spiritualità di Chiara. È l’amore reciproco che, vissuto nell’atteggiamento di “amare per primi”, di donazione incondizionata, gratuita gli uni verso gli altri, ha caratterizzato la vita del primo focolare. Chiara stessa ne descrive la radicalità, parlando ad un gruppo di amici musulmani del “patto di misericordia”. (…) In altre circostanze Chiara ribadisce l’opportunità di questa pratica, sottolineando il valore del perdono, e definendolo un vero atto di libertà: “Perdonare. Perdonare sempre. Il perdono non è dimenticanza che spesso significa non voler guardare in faccia la realtà. Il perdono non è debolezza, e cioè non tener conto di un torto per paura del più forte che l’ha commesso. Il perdono non consiste nell’affermare senza importanza ciò che è grave , o bene ciò che è male. Il perdono non è indifferenza. Il perdono è un atto di volontà e di lucidità, quindi di libertà che consiste nell’accogliere il fratello così come è, nonostante il male che ci ha fatto, come Dio accoglie noi peccatori, nonostante i nostri difetti. Il perdono consiste nel non rispondere all’offesa con l’offesa, ma nel fare quanto Paolo dice: ‘Non lasciarti vincere dal male, ma vinci col bene il male’. Il perdono consiste nell’aprire a chi ti fa del torto la possibilità di un nuovo rapporto con te, la possibilità quindi per lui e per te di ricominciare la vita, di avere un avvenire in cui il male non abbia l’ultima parola. (…) Su questo atteggiamento da avere nei confronti di ogni fratello, Chiara ritorna specificando la necessità di ricominciare sempre: “Forse quel fratello, come tutti noi, ha commesso degli errori, ma Dio come lo vede? Qual è in realtà la sua condizione, la verità del suo stato? Se è a posto davanti a Dio, Dio non ricorda più nulla, ha tutto cancellato col suo sangue. E noi perché ricordare? Chi è nell’errore in quel momento? Io che giudico, o il fratello? Io. E allora devo mettermi a vedere le cose dall’occhio di Dio, nella verità, e trattare in modo conforme col fratello, perché, se per disavventura egli non si fosse ancora sistemato col Signore, il calore del mio amore, che è Cristo in me, lo porterebbe a compunzione come il sole riassorbe e cicatrizza tante piaghe. La carità si mantiene con la verità e la verità è misericordia pura, della quale dobbiamo essere rivestiti da capo a piedi per poterci dire cristiani. Il mio fratello torna? Io debbo vederlo nuovo come nulla fosse stato e ricominciare la vita insieme, nell’unità di Cristo, come la prima volta, perché nulla più è. Questa fiducia lo salvaguarderà da altre cadute e anch’io, se così avrò misurato con lui, potrò aver speranza di essere da Dio un giorno così giudicato”. Fonte: Centro Chiara Lubich Prima parte: La misericordia nella spiritualità di Chiara Lubich Testo integrale di Alba Sgariglia (altro…)

La misericordia nella spiritualità di Chiara Lubich
“Misericordiosi come il Padre” è il programma di vita proposto da papa Francesco per l’Anno Santo. “Nella misericordia, infatti – recita la Bolla di indizione -, abbiamo la prova di come Dio ama. Egli dà tutto se stesso, per sempre, gratuitamente, e senza nulla chiedere in cambio. Viene in nostro aiuto quando lo invochiamo. (…) E il suo aiuto consiste nel farci cogliere la sua presenza e la sua vicinanza” (MV 14). Ed è questo volto di Amore – Misericordia che svela in pienezza la Paternità di Dio. Dio è Amore: è la scintilla ispiratrice all’origine del carisma dell’unità di cui lo Spirito Santo nel nostro tempo ha fatto dono a Chiara Lubich. (…) Chiara scopre dunque non un Dio lontano, inaccessibile, estraneo alla sua vita, ma il volto paterno di Lui (…). Tutto ciò che accade quindi è visto come realizzazione del suo piano d’amore su ciascuno, come prova tangibile del suo sguardo vigile, della sua vicina presenza. “Persino i capelli del vostro capo sono tutti contati” (Mt 10,30). È un amore paterno che provvede a tutte le necessità, anche le più piccole, fino a colmare anche i vuoti lasciati dalle nostre imperfezioni, dalle nostre mancanze, dai nostri peccati. È il volto del Padre misericordioso che – mediante il Figlio incarnato – si manifesta, che svela in pienezza il suo amore di misericordia.
Episodi evangelici sulla misericordia Nei vari documenti magisteriali dedicati al tema della misericordia, si fa sempre riferimento a quei brani evangelici che meglio lo illustrano. Un esempio classico è la parabola del figliol prodigo (Lc 15,11-32). (…) Una volta Chiara si è trovata ad illustrare questa parabola ad un folto gruppo di giovani riuniti nel Duomo di Paderborn, in Germania. Era il 12 giugno 1999. Ecco le sue parole: “Il padre del figliol prodigo avrà avuto molto da fare: seguire la fattoria, i dipendenti, la famiglia; ma il suo principale atteggiamento era quello dell’attesa, dell’attesa del figlio partito. Saliva sulla torretta della sua casa e guardava lontano. Così è il Padre Celeste: immaginate, giovani, se potete, la sua divina, altissima e dinamica vita trinitaria, il suo impegno nel sorreggere la creazione, nel dare il posto a chi sale in Paradiso. Eppure Egli fa soprattutto una cosa: attende. Chi? Noi, me, voi, specie se ci trovassimo lontani da Lui. Un bel giorno quel figlio, che il padre terreno tanto amava, scialacquata ogni cosa, torna. Il padre lo abbraccia, lo ricopre di una veste preziosa, gli infila l’anello nel dito, fa preparare il vitello grasso per la festa. Cosa dobbiamo pensare? Che egli desidera vedere il suo figlio tutto nuovo, non vuole più ricordarlo come era prima. E non solo lo vuole perdonare, ma arriva persino a dimenticare il suo passato. Questo è il suo amore per lui, nella parabola. Così è l’ amore del Padre per noi nella vita: ci perdona e dimentica”. Fonte: Centro Chiara Lubich Testo integrale di Alba Sgariglia (altro…)

Polonia: dal conflitto all’unità, passando per il dialogo
La spaziosa aula “Centro Trasferimento della conoscenza” dell’Università Cattolica di Lublino Giovanni Paolo II, ha accolto il congresso Conflicts, Dialogue and Culture of Unity (3-4 giugno 2016). Si è svolto all’insegna della “trasmissione” di conoscenze attraverso il dialogo accademico tra i 180 partecipanti, professori e studiosi di diverse discipline dell’area delle scienze sociali, con 95 contributi. Una interazione fatta anche di domande e di sollecitazioni nel condividere lo sforzo di una ricerca. Un dono fra specializzazioni, ma anche fra generazioni e aree geografiche dell’Europa nell’apertura alle sfide del mondo. Il convegno, aperto dalla relazione di Jesús Morán, copresidente dei Focolari, dal titolo “La cultura dell’unità e alcune grandi sfide dell’umanità di oggi”, prendeva le mosse dal 20° anniversario della consegna a Chiara Lubich del Dottorato honoris causa in Scienze Sociali, da parte dell’Università Cattolica di Lublino nel giugno 1996. La Laudatio tenuta allora dal prof. Adam Biela ne precisava la motivazione: il carisma dell’unità «è un’attualizzazione concreta e pratica di una nuova visione delle strutture sociali, economiche, politiche, di educazione, dei rapporti religiosi, che consiglia, raccomanda, suggerisce, educa e promuove l’unità» fra le persone. E coglieva, nell’ispirazione rivoluzionaria di Chiara Lubich, manifestata a partire dagli anni ’40, gli elementi di un nuovo paradigma delle scienze sociali, tanto da coniare l’inedito concetto di paradigma dell’unità. Quello a Lublino, 20 anni dopo, è «un convegno complesso e interessante», secondo il prof. Italo Fiorin, Presidente del corso di laurea in Scienze della Formazione, Università Lumsa, Roma. «Anzitutto per il tema, costruito su tre parole collegate. Conflitto: con la riflessione sulla situazione del mondo, non catastrofica ma problematica, stimolando la responsabilità. Dialogo: via per condurre e tradurre il conflitto in qualcosa di nuovo, con un’azione positiva. Unità: risultato di un dialogo, che non è il manifestarsi di un pensiero unico, ma la conquista di una maggiore consapevolezza della propria identità». «Da 200-300 anni il sapere si è diviso in tanti campi», afferma la neuro scienziata Catherine Belzung, Università di Tours, Francia. «Ma l’attuale frammentazione non permette di fare progressi. È arrivato il tempo del dialogo anche interdisciplinare e qui si è visto che è possibile, desiderato ed efficace. Nel mio campo ci sono già delle scoperte che mostrano che il progresso è possibile solo amplificando il sapere attraverso il dialogo interdisciplinare. Il pensiero di Chiara Lubich mi sembra il paradigma da avere davanti quando mi interesso della ricerca interdisciplinare perché “paradigma trinitario”: ogni disciplina rimane distinta, ma deve avere dentro di sé le conoscenze delle altre discipline per essere a sua volta trasformata e in questo modo continuare il dialogo. Penso che il modello di unità e distinzione, proposto già nel campo spirituale, possa essere trasferito al campo del dialogo interdisciplinare molto facilmente». Conferma il prof. Marek Rembierz, pedagogo dell’Università di Silesia, Katowice, Polonia: «Mi è risultato molto interessante pensare in una dimensione interdisciplinare. E ciò ha richiesto un cambiamento di mentalità notevole: modificare il linguaggio della scienza, della cultura, con il linguaggio del cuore. È stato fonte di ispirazione per i partecipanti e può esserlo per la vita sociale delle persone». Gianvittorio Caprara, ordinario di Psicologia e neuroscienze sociali, Università la Sapienza, Roma: «Chiara Lubich ha avuto delle intuizioni particolarmente felici e feconde. Feconde perché hanno ispirato un lavoro, un movimento; ora ispirano questo congresso e progetti di ricerca. È una riflessione che continua e che diventa ispirazione. Una scoperta particolare per me è stata la pregnanza della categoria della fratellanza, proprio in una società come la nostra, il cui grave rischio è quello di non avere più fratelli. Incoraggio i Focolari ad insistere di più ancora sulla ricerca sistematica della conoscenza perché l’azione diventi più trasformativa ed efficace». «Riguardo la fraternità – riprende Fiorin – il prof. Stefano Zamagni operava nel suo intervento una lettura molto affascinante sull’Economia di Comunione e la riferiva pure alla politica. Ritengo che tale lettura sia trasferibile anche all’educazione per ispirare il legame educativo e didattico e condurre a delle soluzioni didattiche importanti. È un terreno che merita approfondimento e al quale intendo dedicare la mia attenzione». La conclusione del congresso è affidata al prof. Biela, a Daniela Ropelato vicepreside dello IUS e a Renata Simon del Centro internazionale dei Focolari. Per dare continuità al dialogo interdisciplinare, che ha permeato il convegno, un’indicazione forte viene dal pensiero riportato di Chiara Lubich: «Per accogliere in sé il Tutto bisogna esser il nulla come Gesù Abbandonato (…). Bisogna mettersi di fronte a tutti in posizione di imparare, ché si ha da imparare realmente. E solo il nulla raccoglie tutto in sé e stringe a sé ogni cosa in unità». Un incoraggiamento raccolto a cooperare con competenza, sapienza e capacità dialogica anche e proprio sul piano accademico. (altro…)