Movimento dei Focolari
Chiara Lubich alla GMG in Polonia nel 1991

Chiara Lubich alla GMG in Polonia nel 1991

Carissimi giovani, In questo primo momento dobbiamo espletare un compito che ci ha dato la Chiesa, e cioè approfondire il tema caratteristico di questa giornata e presentare il nostro Movimento, almeno nel suo aspetto giovanile a quelli che non lo conoscessero. Approfondire il tema, e voi già l’avete sentito un po’ nelle canzoni, che suona così: “Avete ricevuto uno spirito di figli” e poi presentare il Movimento. Il carisma del Movimento dei Focolari, infatti, sta fondamentalmente qui: scuotere i cuori a prendere nuova coscienza dell’essere figli di Dio, e dell’esserlo oggi, secondo i piani che Egli ha sul nostro tempo. “Avete – ci ripete questo carisma – avete ricevuto uno spirito da figli”. Ricordiamo l’inizio del Movimento. Sullo sfondo della seconda guerra mondiale, che disseminava ovunque una completa distruzione, ecco la grande, per così dire, rivelazione che lo Spirito ha offerto al nostro spirito: “Splende sopra di voi un sole radiosissimo: è Dio, Dio che è Amore, Dio che vi ama immensamente, che conta persino i capelli del vostro capo… Egli è vostro Padre, e voi siete suoi figli”. Ed una fede formidabile nell’amore di Dio verso di loro è entrata allora nell’anima dei primi membri del Movimento, fede che poi, quanti sono venuti, con gli anni, a farne parte, hanno anch’essi avvertito prorompere potente dal loro cuore. Fede che ha dato a tutti la forza di rischiare ogni cosa nella vita pur di essere fedeli a questa straordinaria vocazione: comportarsi da figli di Dio; condurre una vita in unione col proprio Padre nel Cielo; vedere in Dio Padre, in Dio-Amore, l’Ideale della propria vita. E hanno posto Lui in cima a tutti i loro pensieri e Gli hanno dato il primo posto nel loro cuore. E con ciò ogni loro aspirazione è rimasta pienamente soddisfatta. Con Lui hanno trovato la pienezza della gioia, la felicità, quella felicità a cui oggi giovani di tutte le latitudini tendono come al proprio ideale, che però raramente raggiungono, perché è ricercata spesso nel possesso, nell’avere più che nell’essere; ricercata nel divertimento o in semplici mete terrene. I nostri giovani cercano di puntare in alto e tutto quanto altri pensano di non poter raggiungere essi lo sperano e vi lavorano. Possono testimoniare al mondo intero, e vogliono farlo prima di tutto con i loro coetanei – come siete voi -, che, perché vivono da figli di Dio, hanno il talento per eccellenza, una forza interiore superiore, una fiducia nuova, che li aiuta a vedere possibili i traguardi a cui oggi i giovani tendono. I nostri giovani, inoltre, sapendo che Dio non ha solo creato l’universo e loro stessi, ma è presente e conduce la storia, sono convinti che Egli ha dei progetti meravigliosi anche su ognuno di loro. E allora, mentre i giovani di oggi, per la maggioranza, pensano unicamente al futuro immediato, prendono decisioni solo a breve termine e rimandano le scelte più impegnative, i nostri giovani programmano la loro vita, ma non unicamente con la propria testa. Cercano, anzi, di armonizzare il proprio agire personale con l’agire della provvidenza di Dio nel mondo; si pongono perciò sull’onda della sua divina volontà e la vivono in pieno, coscienti d’essersi incamminati con tutti gli altri in una divina meravigliosa avventura. Leggi testo completo (altro…)

L’immensità di Dio

Contemplando l’immensità dell’universo, la straordinaria bellezza della natura, la sua potenza, sono risalita spontaneamente al Creatore del tutto e ho avuto come una nuova comprensione dell’immensità di Dio. L’impressione è stata così forte e così nuova che mi sarei gettata subito in ginocchio ad adorare, a lodare, a glorificare Dio. Ho sentito un bisogno di far ciò, come se questa fosse la mia attuale vocazione. E, quasi mi si aprissero ora gli occhi, ho compreso come non mai prima, chi è colui che abbiamo scelto come ideale, o meglio colui che ha scelto noi. L’ho visto così grande, che mi sembrava impossibile avesse pensato a noi. E questa impressione della sua immensità mi è rimasta in cuore per alcuni giorni. Ora il pregare così: “Sia santificato il tuo nome” o “Gloria al Padre, al Figlio, allo Spirito Santo” è un’altra cosa per me: è una necessità del cuore. (…) Noi siamo in cammino. E, quando uno viaggia, già pensa all’ambiente che l’accoglierà all’arrivo, al paesaggio, alla città, già si prepara. Così dobbiamo fare anche noi. Lassù si loderà Dio? Lodiamolo allora fin da questo momento. Lasciamo che il nostro cuore gli gridi tutto il nostro amore, lo proclami, insieme con gli angeli, con i santi: “Santo, Santo, Santo”. Esprimiamogli la nostra lode con la bocca e con il cuore. Approfittiamone per ravvivare certe nostre quotidiane preghiere che hanno questa finalità. E diamogli gloria anche con tutto il nostro essere. (…) Lodiamolo al di là della natura o nel profondo del nostro cuore. Soprattutto, viviamo morti a noi stessi e vivi alla volontà di Dio, all’amore verso i fratelli. Siamo anche noi, come diceva Elisabetta della Trinità, una “lode della sua gloria”. Anticiperemo così un po’ di Paradiso, e Dio sarà ripagato dell’indifferenza di innumerevoli cuori che oggi vivono nel mondo. Chiara Lubich, Rocca di Papa, 22.1.1987 (altro…)

Chiara Lubich alla GMG in Polonia nel 1991

Diplomazia

Quando uno piange, dobbiamo piangere con lui. E se ride, godere con lui. E così è divisa la croce e portata da molte spalle, e moltiplicata la gioia e partecipata da molti cuori. Farsi uno col prossimo è una via, la via maestra per farsi uno con Dio. (…) Fino a stabilire fra i due quegli elementi essenziali perché il Signore possa dire di noi: “Dove sono due o tre riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro”. Fino cioè a garantirci, per quanto sta in noi, la presenza di Gesù e camminare nella vita, sempre, come piccola chiesa in cammino, chiesa anche quando si sta a casa, a scuola, all’officina, al parlamento. Camminare nella vita come i discepoli di Emmaus con quel Terzo fra noi che dà divino valore a tutto il nostro agire. Allora non siamo noi che agiamo nella vita, miseri e limitati, soli e sofferenti. Cammina con noi l’Onnipotente. E chi resta unito a Lui porta gran frutto. Da una cellula più cellule, da un tessuto più tessuti. Farsi uno col prossimo in quel completo oblio di sé che possiede – senza avvedersene e senza curarsene – colui che ricorda l’altro, il prossimo. Questa è la diplomazia della carità, che ha della diplomazia ordinaria molte espressioni e manifestazioni, per cui dice non tutto quello che potrebbe dire, perché al fratello non piacerebbe e non sarebbe gradito a Dio; sa attendere, sa parlare, arrivare allo scopo. Divina diplomazia del Verbo che si fa carne per divinizzarci. Ha essa però un timbro essenziale e caratteristico che la differenzia da quella di cui parla il mondo, per il quale dir diplomatico spesso è sinonimo di reticente o addirittura falso. La diplomazia divina ha questo di grande e di suo, forse di solo suo: che è mossa dal bene dell’altro ed è priva quindi d’ogni ombra d’egoismo. Questa regola di vita dovrebbe informare ogni diplomazia e con Dio lo si può fare perché Egli non è solo padrone dei singoli, ma re delle nazioni e d’ogni società. Se ogni diplomatico nelle proprie funzioni sarà spinto nel suo agire dalla carità verso l’altro Stato come verso la propria patria, sarà illuminato a tal punto dall’aiuto di Dio da concorrere ad attuare rapporti tra gli Stati come debbono essere quelli fra gli uomini. Dio ci aiuti e noi disponiamoci affinché dal Cielo possa il Signore vedere questo spettacolo nuovo: il suo testamento attuato fra i popoli. A noi può sembrare un sogno, per Dio è la norma, la sola che garantisce la pace nel mondo, il potenziamento dei singoli nell’unità di quell’umanità che ormai conosce Gesù». Tratto da: Scritti spirituali/1 – L’attrattiva del tempo moderno Meditazioni (1959), p. 91 Città Nuova Editrice (altro…)

Chiara Lubich alla GMG in Polonia nel 1991

La nascita dell’Economia di Comunione

Così annota Chiara Lubich nel suo diario:

“La ‘corona di spine’ – così il cardinale Arns [allora arcivescovo] di San Paolo, chiama la cintura di povertà e miseria che circonda la città che pullula di grattacieli – è il grande problema di queste terre in via di sviluppo, uno dei più grandi problemi del nostro pianeta, per il quale noi possiamo fare sempre poco, ma che Dio Padre può prendersi cura di risolvere, anche per la nostra fede di figli suoi. Dio può tutto. Lo dobbiamo sperare e occorre pregare. La città di San Paolo: nel 1900 era un villaggetto. Ora non è una selva, ma una foresta di grattacieli. Tanto può il capitale in mano ad alcuni e lo sfruttamento di altri. Ma perché tanta potenza non si orienta alla soluzione degli immani problemi del Brasile? Perché manca l’amore al fratello, domina il calcolo, l’egoismo. Dobbiamo crescere, finché il bene camminerà da sé. E la speranza c’è e – vorrei dire – la sicurezza.” Il 29 maggio 1991, davanti a circa 650 tra imprenditori, lavoratori, giovani, riuniti da tutto il Brasile, nella cittadella “Ginetta”, Chiara lancia l’idea maturata in quei giorni: “Qui dovrebbero sorgere delle industrie, delle aziende i cui utili andrebbero messi liberamente in comune con lo stesso scopo della comunità cristiana: prima di tutto per aiutare quelli che sono nel bisogno, offrire loro lavoro, fare in modo, insomma, che non ci sia alcun indigente. Poi gli utili serviranno anche a sviluppare l’azienda e le strutture della cittadella, perché possa formare uomini nuovi: senza uomini nuovi non si fa una società nuova! Bisognerebbe associare tante persone che potrebbero diventare azionisti, pur con quote minime. Anche i giovani con le loro piccole iniziative potrebbero raccogliere una quota per far parte della società che farà nascere questa città industriale. Una cittadella così, qui in Brasile, con questa piaga del divario tra ricchi e poveri, potrebbe costituire un faro e una speranza.” (altro…)