Feb 17, 2012 | Centro internazionale, Chiara Lubich, Spiritualità
«Il Vangelo piace a leggersi; ma a metterlo in pratica provoca scandalo tra la gente per bene. Il Vangelo non tollera stasi, non assicura riposo. Egli, il “segno di contraddizione”, non promette sinecure: “sono venuto a portar fuoco sulla terra e che altro desidero se non che divampi?” La storia di Cristo in terra, in venti secoli, è un filare di patiboli, fra galere e gogne: e non sempre si vede l’onda di lacrime piante nel nascondimento. E tuttavia, su quel silenzio desolato e buio, vale la fede. Vale il credere anche senza vedere. Il ricordare il monito di Lui: – Non temete, gente di poca fede. Io ho vinto il mondo. Per un poco Egli sparisce e noi peniamo, fatti soli, ma poi torna. Nella mistica questa notte oscura termina in una fiammante irruzione di sole. E’ la prova: e chi la sostiene con forza ha vittoria. Si tratta di un soffrire che produce vita: d’un grano che muore nella zolla per fruttificare nel sole. “Giacché come abbondano sopra di noi i patimenti di Cristo, così per Cristo sovrabbonda la nostra consolazione e salvezza nostra” (I Cor 1, 50). Chi accoglie Gesù crocifisso, accoglie il dolore per amore: e in quello stesso farne un atto d’amore, trova gioia. Occorre un allenamento di Spirito Santo per questo. E dunque la esistenza appare un dramma crudo, con apparenti sconfitte e atroci delusioni: ma resistere bisogna. Nulla va sciupato di quello che si dà in dolore: il frutto d’una resistenza nella razionalità e nella fede, con virilità e carità, giova sia nell’ordine civile che nell’ordine spirituale, in cui il popolo diventa anche con questi mezzi Corpo sociale di Cristo mistico. Si semina nelle lacrime, si raccoglie nell’esultazione». (altro…)
Gen 12, 2012 | Centro internazionale, Spiritualità
Storia e profezia: i due occhi con cui l’umanità contempla lo scenario del suo dramma: uno che guarda il passato e l’altro che guarda il futuro, per regolare il presente. Si potrebbe dire che la profezia è la veduta di Dio; la storia è la veduta dell’uomo: così la storia è un epitaffio di caduti e la profezia è l’anelito di liberazione dalla morte alla vita: un anelito alla pace. E Cristo venne: e sulla sua culla, nella notte dei tempi, gli angeli cantarono: “Gloria a Dio nell’alto dei cieli e pace in terra agli uomini”. Quel che è la gloria per Iddio in Cielo è la pace per gli uomini in terra: la pace è la gloria degli uomini; la gloria è la pace di Dio. Ora Cristo indìce la pace. “Cristo è la nostra pace…, artefice di pace”, venuto “a recare il buon annunzio di pace”, come dice Paolo ai romani, gente di guerra. La sua rivoluzione è la scoperta del fratello, fatta col lume della carità: e frutto della carità è la pace. La sua legge è il perdono: e il perdono tronca gli impulsi di guerra. La guerra denuncia, in chi la promuove, un ateismo effettivo, una ribellione a Dio. Una delle beatitudini evangeliche suona: “Beati i pacifici, perché saranno chiamati figli di Dio”. I pacifici sono i facitori di pace: ché la pace si fa, si produce, ed è l’oggetto più prezioso nel ciclo della produzione della civiltà. Il cristiano è un produttore di pace, che ricostruisce indefinitamente nel tessuto dei secoli: e cioè ricostruisce senza tregua la vita, facendo “guerra alla guerra”, come dice Pio XII, per combattere il suo nemico, che è la morte.
Ma c’è pace e pace. Ce n’è una, che è vita; ce n’è un’altra, che è morte. “Io vi lascio la pace – dice Gesù – vi do la mia pace, non quale la dà il mondo”. Quella del mondo è imposta dalla guerra; quella di Cristo è dono dell’amore. Sotto questo rispetto, la pace e la guerra scaturiscono dal cuore di ciascuno di noi. Ancora nel mondo troppi popoli ripetono coi profeti: “Aspettammo la pace e non abbiamo il bene; aspettammo l’ora della cura e del rimedio ai mali sofferti, ed ecco nuovi timori e perturbazioni; aspettammo la luce, ed eccoci ancora nelle tenebre… Aspettammo la giustizia e non c’è; la salute, ed essa è ancora da noi lontana”. Civiltà e pace s’identificano, come guerra e barbarie s’accompagnano. Oggi occorre una profezia – e cioè una visione di amore e di razionalità – che gridi sulle teste dei responsabili i pericoli imminenti a cui la loro insipienza – la loro paura – può esporci. Se nel corpo dell’umanità correrà il sangue di Cristo, esso ci libererà dal male. Alla città dell’uomo d’oggi, come alla Gerusalemme di ieri, Egli seguita a dire: “Oh se conoscessi anche tu – e proprio in questo giorno – quel che giova alla tua pace!”. In questo giorno proprio: ché non c’è più tempo da perdere. Giova alla pace la razionalità umana con la razionalità divina, e questa è in sostanza la carità. Il sangue della Redenzione, che ci fa consanguinei di Cristo e consanguinei quindi fra di noi, spinge a ricomporci in famiglia: in comunità. Ad arrivare all’unità. Si sta del resto operando una unificazione universale: unici e comuni sono gli ideali di libertà, di giustizia, di pace che oggi agitano ed elevano neri e gialli, proletari e lavoratori d’ogni paese e rango. Su tutta la loro agitazione, che forma la storia drammatica del tempo nostro, sempre più urgente si fa l’invito profetico di Cristo: “Che tutti siano uno!”. Igino Giordani (altro…)
Dic 19, 2011 | Centro internazionale, Cultura, Spiritualità
Dall’incontro tra storia, spiritualità e arte nasce l’evento alla Libreria L’Arcobaleno – con sede presso il Polo Lionello Bonfanti a Incisa Valdarno, vicino alla cittadella di Loppiano – di lunedì 19 dicembre. Ospiti il regista Maffino Redi Maghenzani e la studiosa Colomba Kim, in dialogo sul volume di Igino Giordani, edito da Città Nuova, “Il Fratello”. Riproponiamo qui l’intervista di Città Nuova online, curata da M.Grazia Baroni. «Non avevo mai proposto per la rassegna Incontri tra le pagine qualcosa su Igino Giordani» ci spiega Gualtiero Palmieri, uno dei soci della libreria L’Arcobaleno, luogo prescelto per la presentazione con lettura del regista Maffino Redi Maghenzani dei brani tratti da Il Fratello del giornalista e politico italiano (lunedì 19 dicembre, località Burchio – Loppiano). Con tanto di brindisi finale: «Concludere l’anno con Il fratello poi significa invitare a vivere il momento con chiunque io incontri e prima di tutto essere io stesso “fratello”». Tra i protagonisti di questa serata Gualtiero Palmiero, il regista Redi Maghenzani e Colomba Kim, studiosa di teologia morale presso l’Istituto Internazionale Mystici Corporis di Loppiano (Fi) ed autrice sempre per Città Nuova del libro Gli sposi e la famiglia in Igino Giordani. Redi, come risulta da punto di vista artistico questo linguaggio di Giordani ne “Il fratello”? «Giordani è personalità poliedrica, è giornalista, è agiografo ecc… Ma tali connotazioni riguardano ‘il cosa‘, mentre il fatto che Giordani sia scrittore riguarda principalmente ‘il come‘; è questa la discriminante; il fraseggio giordaniano trasuda il bello e ne fa strumento per esporre il vero ed indirizzare al buono; Giordani sviluppa i suoi temi con musicalità, con colpi di scena, con neologismi, tutti strumenti del bello. e qui sta la differenza tra un puro scritto di spiritualità o d’altro argomento e Il fratello: l’ispirazione poetica che vi soggiace. Un indubbio di più». Colomba, tu hai studiato molto la personalità di Giordani. Chi era Giordani? «Veramente sono stata attirata da questa figura da giovane, quando ero ancora in Corea. Due amiche focolarine mi invitarono a pregare insieme a loro perché era giunta la notizia della sua scomparsa, avvenuta nel 1980. Lo conoscevo solo di nome ma sono rimasta fortemente colpita dal loro raccoglimento e mi domandavo “chi sarà quest’ uomo?” E poi l’ho conosciuto direttamente attraverso i suoi scritti editi e inediti, prima per lo studio e poi il lavoro per la sua causa di beatificazione. Per me Giordani è un “gigante” che si è lasciato trasformare dal Carisma dell’unità, diventando così “il bambino evangelico”». Hai conosciuto attraverso i tuoi studi Igino Giordani. Quanto di ciò che scrive nel libro Il fratello lo ritrovi poi in lui, nella sua vita? «Ho impiegato un po’ di tempo a meditare Il fratello, perché sono pagine dense di alta spiritualità e teologia, ma rispecchiano pienamente la sua vita. Giordani aveva chiara l’idea che uno scrittore cristiano prima si deve santificare e poi quanto scrive deve essere il riflesso della sua santità come ne La società cristiana. Il fratello è proprio una testimonianza viva, tangibile di questo suo profondo pensiero». Fonte: Città Nuova editrice online (altro…)
Dic 14, 2011 | Centro internazionale, Focolari nel Mondo, Senza categoria, Spiritualità
Essendo dai più il Natale considerato come una grande festa tra le tante, più sontuosa che sacra, è bene tornare su alcuni degli aspetti autentici di questo evento. C’è un contrasto abissale tra la nascita d’un potente della terra, quale la sognava e realizzava il mondo antico, e la nascita oscura, ignorata di Gesù; un contrasto che già caratterizza l’originalità infinita, inattendibile, d’un Cristo – re, che nasce da una povera donna, in una stalla, nel freddo e nella nudità. Non risulta davvero un Dio. L’inizio della sua rivoluzione così non prevede l’aspetto di superbia: ma di umiltà, per trarre al cielo i figli di Dio, a cominciare da quelli che mangiavano e dormivano sul terriccio: gli schiavi, i senza lavoro, i forestieri: la feccia. Nasce con quell’infante la libertà e l’amore. Questa la scoperta immensa. L’amore universale da lui insegnato mira a sperdere un sistema di convivenza fatto in gran parte di prepotere politico, abuso d’autorità, di usura oziosa, di disprezzo del lavoro, di degradazione della donna, d’invidia corrosiva, come base su cui il regime s’impiantava sopra milioni di schiavi, e cioè di esseri senza diritti, veri viventi morti. Logicamente per le persone innestate in tal sistema quell’annunzio è una follia: roba da galera e da patibolo. Egli lo sa: “Sarete odiati da tutte le nazioni per causa del mio nome”. Beati i poveri e quelli che si fanno poveri per aiutare i miseri. “Beati voi che adesso avete fame… ma guai a voi ricchi”. Figurarsi le furie, con lo scandalo, di costoro, per i quali il denaro era bene sommo e benedizione di Dio, essi che s’ammazzavano e ammazzavano per aggiungere ettari a ettari, e scatenavano disordini demagogici e pigliavano mal di fegato e infarti per enfiare il capitale. “Amate i vostri nemici, fate del bene a chi vi odia… A chi ti percuote su una guancia, porgi pure l’altra… Dà a chiunque ti chiede e a chi ti prende il tuo non domandar restituzione… Fu detto agli antichi: non ucciderai: chi uccide sarà passibile di giudizio. Io però dico: chiunque s’adira contro il suo fratello sarà passibile di giudizio…”. La massima apparve e appare lesiva dell’onore degli armigeri e delle industrie belliche; mentre non odiarsi col fratello equivale a por fine a risse, fazioni, violenze. La massima renderebbe la società – poveri noi! – una coabitazione pacifica. La vita, nella pace, consentirebbe di fare d’ogni giorno un Natale. E questa è la rivoluzione di Cristo: farci rinascere continuamente contro la maledizione della morte. Perciò il massimo comandamento – egli l’ha detto – è di amare l’uomo; che è come amare Dio. Amare l’altro sino a dare la vita per lui e non odiarlo sino a ucciderlo. Questo, in breve, il significato del Natale nuovo dell’umanità, accordato per consentirle di risalire alla divinità. Revisione del passato, fine delle guerre, delle passioni turpi, dell’avarizia; inizio dell’amore universale, che fa “di tutti uno”, e non ammette divisioni di casta, classe, politica… Con la sua vita e la sua morte, Gesù predica e insegna la vita. Ma i cattivi non vogliono la vita: vogliono la morte. E per questo hanno lavorato con una intensità concorde, oggi con le armi atomiche, l’intossicazione ecologica, l’anarchia per la distribuzione di petrolio e di viveri, allestiscono la fine dell’umanità. Molti si illudono trastullandosi con mitologie. Amano la pace, ed escogitano trattati bellici; cercano l’eguaglianza economica, e con l’odio di classe avvivano i contrasti, scatenano disordine e scioperi non necessari con cui danneggiando la gente comune, suscitano in questi anni, come nel 1920-22, il desiderio di un regime presunto “forte” credendo in questo di poter vivere tranquilli. In coerenza, il Natale si celebra anche con il panettone, se aiuta a suscitar l’amore; ma si celebra soprattutto con la riconciliazione, che mette fine alle malattie dello spirito e dà più salute. Si celebra in gratitudine al Signore e a Maria, che han patito per insegnarci e aiutarci a metter fine al nostro patire. in: «Città Nuova», 1974, n.24. (altro…)
Nov 9, 2011 | Centro internazionale, Spiritualità
La causa di canonizzazione di Igino Giordani procede spedita. Dopo la chiusura della fase diocesana, avvenuta il 29 settembre 2009, tutti i materiali sono stati consegnati alla Congregazione delle Cause dei Santi, in Vaticano. Essa ha formulato al postulatore, don Silvestre Marques, alcune ulteriori richieste in merito alla presentazione e all’organizzazione dei documenti. Il Centro Igino Giordani ha lavorato quest’estate per precisare ogni cosa, e per dare risposte puntuali alla Congregazione. Adesso sta cominciando la fase di analisi formale della validità canonica dei materiali, al termine della quale inizierà lo studio delle cosiddette «virtù eroiche» di Foco, cioè della sua vita evangelica. Sono numerose le segnalazioni di grazie che Dio ha concesso a quanti hanno domandato l’intercessione di Foco. I casi più frequenti riguardano l’ambito familiare: il desiderio per l’arrivo di un figlio, la ricostruzione dell’unità in famiglia, la salute dei bambini… La famiglia è stata, infatti, uno dei temi importanti che Igino Giordani – Foco ha portato avanti in vita, e adesso in Paradiso immaginiamo che continua il suo amore per essa, soprattutto per quelle famiglie che versano in particolari difficoltà. A cura del Centro Igino Giordani Sito ufficiale: www.iginogiordani.info