Movimento dei Focolari

Arte e cultura al cuore dell’interdipendenza

Professor Benjamin Barber, Signore e Signori, carissimi amici,

ho ancora nel cuore l’eco della seconda Giornata dell’interdipendenza a Roma, e con gioia avrei desiderato essere con voi a Parigi. Lo sono con un messaggio. Questa nostra terza tappa non poteva che chiamare in causa l’arte e la cultura al cuore dell’interdipendenza, perché essa per noi crea rapporti profondi fra le persone e i popoli. L’incontro ormai irreversibile tra le civiltà ci ha costretti da tempo ad uscire dalle vedute culturali nelle quali eravamo vissuti. Ci siamo accorti che spesso esse erano inadeguate e parziali, perché prive delle relazioni tra i popoli. Tutto ciò è stato un bene. Ma c’è un’altra faccia della medaglia. Questi cambiamenti ci hanno trovati spesso impreparati e si è diffusa così una forte insicurezza, una insofferenza fino all’intolleranza per la paura di perdere, insieme al nostro modo di pensare, anche i valori più profondi. Non è così. Tra le macerie materiali e spirituali della seconda guerra mondiale, io e le mie prime compagne abbiamo scoperto che è l’Amore l’unico Ideale che non crolla. Questo Amore è Dio che dà senso e sostiene tutte le cose. Trascinate da questa straordinaria esperienza abbiamo incominciato ad amare chi ci stava vicino ed abbiamo trovato sempre, ad ogni latitudine, un’eco immediata in ogni altro uomo e donna di qualsiasi cultura, fede, tradizione. Sì, perché nel fondo del cuore di ogni persona c’è, magari nascosto, ma presente, il DNA dell’Amore. Questo sguardo ci rivela che siamo fratelli e sorelle di ogni uomo e donna che avviciniamo, perché figli di un unico Dio che è Amore. Ci dà la capacità di intravedere nella storia i tanti frammenti di fraternità già messa in atto – come è qui, in questa Giornata. L’amore è dunque la leva su cui far forza per affrontare l’attuale sfida epocale della multiculturalità. Un amore che ama tutti, che muove i cuori fino alla comunione dei beni, che ama la patria altrui come la propria, che costruisce strutture nuove, fino a far retrocedere guerre, terrorismi, lotte, fame, e i mille mali del mondo. Un amore che sostiene dialoghi vivi e attivi fra le persone delle più varie religioni, basati sulla “regola d’oro” – “fai agli altri quello che vorresti fosse fatto a te” – presente in tutti i libri sacri, ricostruendo la storia spirituale dell’umanità. Un amore che fa degli uomini e donne di questa terra “persone-mondo”, capaci di fare dei propri valori un dono e di valorizzare ed apprezzare i valori delle altre culture, per comporre quella saggezza globale oggi così necessaria. E l’umanità vivrà una interdipendenza fraterna, come una sola famiglia che saprà anche darsi strutture adeguate ad esprimere la dinamica tra unità e diversità. Chiedo a Dio, fonte dell’Amore, di condurci a realizzare questo sogno. Chiara Lubich (altro…)

La forza dell’amore per rispondere alla sfida della multiculturalità

La forza dell’amore per rispondere alla sfida della multiculturalità

“L’amore è la leva su cui far forza per affrontare l’attuale sfida epocale della multiculturalità”. Un amore che ha radice in Dio e “fa di uomini e donne di questa terra ‘persone-mondo’, capaci di fare dei propri valori un dono, e di valorizzare e apprezzare i valori delle altre culture, per comporre quella saggezza globale oggi così necessaria. E l’umanità vivrà un’interdipendenza fraterna, come una sola famiglia che saprà anche darsi strutture adeguate ad esprimere la dinamica tra unità e diversità”.

Questo è il cuore del messaggio di Chiara Lubich letto a conclusione della Giornata dell’Interdipendenza, svoltasi a Parigi dal 10 al 12 settembre.  

Tre giorni di eventi culturali e politici per affermare l’interdipendenza globale come strategia civica per la giustizia e la pace. Erano presenti, tra gli altri, Harry Belafonte, Ambasciatore Culturale delle Nazioni Unite, Bernard Kouchner, tra i promotori di Medici senza Frontiere, Adam Michnik, iniziatore di Solidarnosc, e numerose personalità politiche.

Le Giornate dell’Interdipendenza nascono in seguito agli attentati dell’11 Settembre, su iniziativa dell’intellettuale e politologo statunitense democratico, Benjamin Barber, docente all’Università del Maryland, con la convinzione che “non basta dire no alla guerra; bisogna costruire un’alternativa”: Obiettivo dell’Interdipendence Day è preparare singoli e gruppi, anche promuovendo azioni di formazione nelle scuole, ad impegnarsi nella cooperazione internazionale, e a diventare cittadini non solo delle proprie comunità e nazioni, ma del mondo interdipendente, credendo che ciascuno può essere protagonista del cambiamento. Questa iniziativa è condivisa dai molti che, in America e fuori, professano il loro credo nel multilateralismo, nel dialogo tra le culture, nella necessità di una cittadinanza globale. La prima giornata dell’Interdipendenza, sponsorizzata da CivWorld, si era svolta nel 2003 a Filadelfia – città dell’Indipendenza Americana – in contemporanea a Budapest e in videocollegamento con l’Italia, per sottolineare il suo carattere internazionale. L’edizione 2004 si era conclusa con la firma della Carta Europea d’Interdipendenza. Svoltasi a Roma, ospitata dal sindaco di Roma Walter Veltroni, ha visto tra gli altri, la partecipazione di Chiara Lubich e Andrea Riccardi. Quest’anno per il Movimento dei Focolari, alla tavola rotonda di sabato 10, presso l’Università Americana di Parigi, è intervenuta Liliana Cosi, ballerina, direttrice della Compagnia di Balletto Classico Cosi-Stefanescu e membro del Centro Studi del Movimento dei Focolari per le discipline artistiche. (altro…)

L’interdipendenza in risposta al terrorismo

D.Ma cosa significa in concreto il termine ‘interdipendenza’? R.Ovviamente, va tenuto presente che io vengo da un Paese, gli Stati Uniti, che da 225 anni si basa sulla premessa che indipendenza, giustizia, felicità e sicurezza vadano di pari passo; che se le persone volevano essere giuste, democratiche e sicure, dovevano essere indipendenti. Noi abbiamo una Dichiarazione d’Indipendenza. E tutti gli Stati nazionali – Italia, Francia, Cina – partono dagli stessi presupposti. Oggi questa premessa di indipendenza non è più sufficiente. Interdipendenza significa che noi possiamo creare un mondo che sia sicuro per tutti, oppure un mondo che non è sicuro per nessuno. D.Lei nutre speranze positive, nonostante gli eventi recenti di violenze e di terrorismo crescente? R.Il terrorismo è sintomo di una malattia nascosta, ma la buona notizia è che qui in Europa, dove per 300 anni le singole Nazioni si sono fatte la guerra e hanno compiuto genocidi una nei riguardi dell’altra, oggi vivono una condizione di interdipendenza civile ed economica. Ecco che l’Europa dimostra come l’interdipendenza sia un principio politico fattibile e realistico, sempre che i singoli individui abbiano la volontà di realizzarla. Quello che manca oggi, in alcuni Paesi come gli Stati Uniti, è proprio questa volontà. Noi stiamo cercando di costruire proprio questa volontà politica per attuare una sempre maggiore interdipendenza. (Radio Vaticana, 13.09.2004)

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L’interdipendenza vivificata dalla fraternità, motore di processi positivi

I mille volti dell’interdipendenza Mi sento particolarmente a mio agio, oggi, a considerare, assieme a voi, da tante diverse prospettive, i mille volti dell’interdipendenza, che abbiamo inteso affrontare insieme, per comprendere meglio come poterla orientare al bene della famiglia umana. Per quanto mi riguarda, vorrei evidenziare un particolare dell’interdipendenza già accennato nel mio messaggio di adesione alla prima Giornata, lo scorso 12 settembre 2003 a Filadelfia. Si tratta di questo: la realtà dell’interdipendenza richiama nell’animo di molti l’urgenza e la necessità di quell’ideale, per il quale persone di buona volontà, sparse in tutto il mondo, hanno deciso di spendere la loro vita: concorrere a realizzare la fraternità universale, per la quale si attua l’unità della famiglia umana. Sì, perché interdipendenza significa rapporto di connessione reciproca tra due realtà che si condizionano a vicenda. Rapporto che non si potrà attuare alla perfezione, fra i singoli e fra gli Stati, se non sarà caratterizzato dal rispetto reciproco, dalla comprensione vicendevole, dal saper far posto gli uni e gli altri alle difficoltà, ai problemi e alle realtà altrui, all’accoglienza dei rispettivi doni. In pratica dal mutuo amore così come si vive tra fratelli. L’interdipendenza fraterna comporta, infatti, la scelta del dialogo rispetto a quella dell’egemonia, la via della condivisione rispetto a quella della concentrazione di risorse e dei saperi in una sola area del mondo. L’interdipendenza fraterna è davvero “mutua dipendenza”, perché implica che l’affermazione della mia identità non può avvenire né per difesa, né per opposizione, ma si raggiunge attraverso la comunione: delle risorse, delle virtù civiche, delle caratteristiche culturali, delle esperienze politico-istituzionali. Non sono solo parole queste mie; sono frutto dell’esperienza del Movimento dei Focolari cui appartengo, effetto d’un carisma dello Spirito Santo: Movimento multiculturale, multietnico, multireligioso, diffuso ormai in 182 Paesi, con milioni di aderenti, il cui scopo è la fraternità, anzi la fraternità universale. 11 settembre: paradossalmente la possibilità di un passo avanti verso la fraternità universale E’ quell’esperienza stessa che ha suscitato in me una certezza ed una convinzione nuova nel valutare, ad esempio, quanto era successo dopo il crollo delle Torri Gemelle: quel tragico evento, momento di massima disgregazione delle relazioni tra gli uomini e tra i popoli, mi appariva paradossalmente come un momento in cui il mondo poteva fare un passo avanti verso la fraternità universale. Ne avevo avuto conferma le ore immediatamente successive a quel terribile fatto, dalle reazioni e dalle testimonianze di tanti membri dei Focolari sparsi nel mondo. Dagli Stati Uniti mi informavano che, pur nel dramma che aveva scosso tutto il Paese, la società americana sperimentava una solidarietà ed una disponibilità alla condivisione in una dimensione forse inedita. I cristiani e i fratelli musulmani neri del nostro Movimento, reagivano insieme all’odio, mostrando la loro profonda sperimentata fraternità. Reazioni analoghe mi giungevano, come dall’Algeria, dai territori palestinesi, da Gerusalemme, così dal Sud-Africa e da tutte le nazioni dell’Europa. Giovani e adulti, membri di religioni diverse, si assumevano una responsabilità ancor più forte e consapevole, ed il nostro impegno per l’unità fra tutti gli uomini si è fatto, da quel giorno, più convinto e deciso. E’ stato anche per questo che la nostra adesione alle ragioni e ai contenuti delle Giornate dell’interdipendenza, è stata piena. Non possiamo, infatti, non vedere che interdipendenza e fraternità sono due fasi del cammino dell’umanità verso la sua completa riconciliazione. Come scrisse Giovanni Paolo II in occasione della Giornata mondiale della pace del 2001, proprio “la presente situazione di interdipendenza planetaria aiuta a meglio percepire la comunanza di destino dell’intera famiglia umana”. Abbiamo scelto la forma più alta di interdipendenza: l’unità Su questi presupposti, in accordo col dott. Barber, con cui subito l’intesa è stata profonda, vorrei ora offrire loro qualche idea sulle ragioni, umane e soprannaturali, che sostengono la nostra esperienza. 60 anni fa, eravamo poche ragazze, ma è ancora chiarissima dentro di me una delle prime intuizioni: in piena seconda guerra mondiale, sotto un furioso bombardamento, in una cantina, alla luce fioca di una candela, abbiamo trovato nel Vangelo, unico riferimento delle nostre vite, il Testamento di Gesù che proponeva l’unità universale: “Che tutti siano uno” (cf Gv 17,21). Capimmo che per quella pagina era sorto il Movimento. Quel “tutti” sarebbe stato il nostro orizzonte: l’unità, la ragione della nostra vita. Far nostro quel sogno di Dio ci legò al Cielo e nello stesso tempo ci immerse fortemente dentro la storia dell’umanità, per farne emergere il cammino verso la fraternità universale. Nei giorni della guerra, la più lacerante delle divisioni, abbiamo scelto paradossalmente la forma più alta di interdipendenza: l’unità. La possibilità di realizzare questo ideale affondava le sue ragioni in quella che ci apparve come un’autentica scoperta: Dio è Amore! Un Amore che abbraccia tutte le epoche e rende fratelli tutti gli uomini e che si è tradotto subito per noi in amore reciproco, generando un’esperienza comunitaria profonda. Quello stesso Amore ci spinse a cercare anzitutto i più poveri, per risolvere – come allora dicevamo – il problema sociale della nostra piccola città, Trento. Questo nuovo sguardo inclusivo sulla città si rivelò subito contagioso. Dopo pochi mesi eravamo, infatti, 500 persone, di ogni età, categoria professionale e condizione sociale. L’unità è dunque il “segno” specifico della fisionomia del Movimento dei Focolari al suo interno, ma è anche una “vocazione”, una chiamata per tutti gli uomini di buona volontà. Negli anni, sono venuti in luce alcuni ambiti specifici di dialogo e di condivisione. Ci siamo trovati a costruire luoghi ed occasioni di incontro all’interno delle Chiese a cui apparteniamo, perché ci sia sempre di più “comunione”; e poi, un’esperienza di popolo unito tra i cristiani di diverse denominazioni, che anticipa, nella condivisione dei doni specifici di ciascuna Chiesa, l’unità dottrinale. Ma in particolare c’è una frontiera in cui ci sentiamo chiamati ad operare ancor più, dopo l’11 settembre, sfida che peraltro abbiamo iniziato ad affrontare da più di 20 anni: è il dialogo con i fedeli delle grandi religioni. Puntiamo a vivere anzitutto, dall’una e dall’altra parte, in un dialogo della vita, rispettoso e fecondo, premessa alla pace, la cosiddetta “regola d’oro”: “Fai agli altri ciò che vorresti fosse fatto a te”, che significa: ama gli altri. Norma presente, con diverse sfumature, in tutte le grandi tradizioni religiose. Infine, da sempre, ci siamo ritrovati insieme, in una fattiva collaborazione, con quanti non hanno un preciso riferimento religioso; ci unisce l’amore all’uomo ed ai suoi valori. La fraternità applicata a economia e politica in risposta alle grandi domande dell’oggi Questa costante ricerca di ciò che unisce, questa convinzione che l’unione è possibile, ha fatto maturare nel tempo piccole e grandi realizzazioni; ne cito due, ad espressione della sorprendente capacità che la fraternità dimostra se applicata dentro le grandi domande dell’oggi. Nel 1991 nasce il progetto per un‘Economia di Comunione, che raccoglie oggi 797 aziende, in tutto il mondo. Esse operano nel mercato e suddividono gli utili in tre parti: per aiutare i poveri, onde dar loro da vivere finché abbiano trovato un posto di lavoro; per sviluppare strutture di formazione alla “cultura del dare”; per incrementare le aziende stesse. Nell’idea e nell’esperienza che stanno alla base dell’Economia di Comunione, alcuni economisti intravedono una nuova chiave di lettura che potrebbe contribuire a superare l’impostazione individualistica, oggi prevalente. Nel ’96 si consolida nel “Movimento politico per l’unità” (diramazione del Movimento dei Focolari) un interesse per la politica, intesa fin dagli inizi come vocazione essenziale per la realizzazione della famiglia umana. Oggi è un laboratorio internazionale di lavoro politico comune, tra cittadini, funzionari, politici impegnati a vari livelli, di ispirazioni e partiti diversi, studiosi, che hanno messo al centro del loro agire i valori fondamentali presenti nelle culture politiche; ed è loro impegno, fra il resto, far in modo che la fraternità sia considerata categoria politica. L’interdipendenza vivificata dalla fraternità diventa motore di processi positivi Nella mia vita ho potuto conoscere innumerevoli persone, gruppi, popoli: sempre ho sperimentato che la tensione all’unità è un’aspirazione insopprimibile che pulsa nel cuore di ogni uomo, di ogni gruppo sociale, di ogni popolo. Ho imparato a scorgere i passi in avanti che segnano il progredire dell’umanità, fino a poter affermare che la sua storia altro non è che un lento, ma inarrestabile cammino verso la fraternità universale. Ma l’unità è un cammino che va accompagnato e sostenuto. Se c’è un dono specifico che possiamo portare a questa II? Giornata, esso è costituito proprio dalla fraternità, non solo nei frutti concreti che ne sono venuti dalla sua coniugazione nella vita, ma anche nel suo significato di paradigma culturale. Vivificata dalla fraternità, l’interdipendenza, da semplice “fatto” o “strumento”, potrà diventare motore di processi positivi. La fraternità potrà diventare dono per tutti e prospettiva strategica per il bene non di un solo popolo, ma di tutta l’umanità. Dopo millenni di storia in cui si sono sperimentati i frutti della violenza e dell’odio, abbiamo tutto il diritto oggi di chiedere che l’umanità cominci a sperimentare quali potranno essere i frutti dell’amore. E non solo dell’amore fra i singoli, ma anche fra i popoli. Chiedo a Dio che ci guidi e ci sostenga.

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