Giu 18, 2017 | Chiesa, Spiritualità
«Un pezzo di pane, in cui Gesù si trasforma per saziare la fame di tutti i cuori: questa è la biografia di Gesù ridotta all’osso. È la nostra: la via piccola del suo amore, amore forte nella debolezza». (da un articolo del maggio 1980) «Ogni volta che celebriamo l’Eucaristia, ciò che avviene non è soltanto una piacevole comunione con gli altri in uno Spirito di Gesù inteso come semplice idea o sentimento; no, ogni volta che celebriamo l’Eucaristia viene abbattuta la barriera più radicale della realtà, la barriera della morte; ciò che vi avviene è dono, dono che realmente viene a noi; è prossimità – prossimità in cui le distanze reciproche, interiori ed esteriori, vengono annullate. Nell’Eucaristia non solo diventiamo un unico corpo gli uni con gli altri, ma diveniamo il Suo corpo per il mondo. A chi è davvero permeato dall’Eucaristia, questo mondo e questa società non possono restare indifferenti; egli ha in sé questa dinamica e la dynamis del Dio, che si offre, che si dona, che porta con l’umanità, come cosa a lui propria e intima, tutto ciò che l’umanità porta, tutto ciò che essa fa». (Da una conferenza del 31.8.1977) «Importante non è solo che abbiamo l’Eucaristia qui, nella nostra comunità. Serbiamo lo spirito di Gesù solo se e quando amiamo concretamente la comunità altrui come la nostra, se e quando le nostre comunità si aprono al di là delle barriere che le separano, e se al centro delle comunità vive il Signore». (Da un articolo del maggio 1979) Da “La luce dentro le cose”, Klaus Hemmerle, Città Nuova, Roma 1998, pagg. 190, 186, 187, 192. (altro…)
Apr 14, 2017 | Chiesa, Focolari nel Mondo, Spiritualità
Primo passo: predisporsi Al mattino, come è possibile al risveglio, mi predispongo così: «Oggi Lo voglio attendere». Non so cosa mi porterà la giornata ma so che, in modo imprevedibile, Gesù abbandonato verrà a me: nelle difficoltà, nelle delusioni, forse perfino nelle mie mancanze, in brutte e dolorose notizie. Gli dichiaro che Egli può venire tranquillamente, che Lo attendo. Secondo passo: riconoscerlo Durante il giorno incontro, quasi sempre diversamente dall’attesa, il negativo attorno a me o in me. In questo momento è importante riconoscerLo subito senza tentennamenti. Non esiste bisogno o colpa in cui Egli nel suo abbandono non sia già presente: in tal modo ogni dolore è “suo sacramento” e ciò che importa è, dentro il segno di questo dolore, riconoscere il volto del Crocefisso e Abbandonato e, amando, adorarlo subito. Terzo passo: chiamarlo per nome Nell’incontrarLo, non solo registro qualcosa, ma Lo osservo e Lo saluto. Lo chiamo per nome. Il fatto di chiamare per nome ogni volto di Gesù abbandonato è un esercizio prezioso e molto più di un accorgimento superficiale. Non più “una cosa” ma un “Tu”. Proprio così ogni mia azione diventa contemplazione. Quarto passo: fargli festa Preparare una festa a Gesù abbandonato. Con questo intendo dire di accoglierLo non solo non tentennando, come si trattasse d’un fatto inevitabile, o come accogliere qualcuno che, pur mio amico, mi capita però inopportunamente. Invece voglio che Egli non resti seduto in sala d’attesa nemmeno un istante, ma accoglierLo subito, al centro del mio amore, della mia gioiosa disponibilità. Questo è il passo (passaggio) attraverso il dolore nell’amore, attraverso l’abbandono nella Pasqua. Solo chi ama così l’Abbandonato darà gioia al mondo. La festa che noi prepariamo all’Abbandonato è quel giorno di festa che non conosce tramonto, perché il suo sole, l’Amore, non tramonta mai. Klaus Hemmerle Pubblicato nella rivista Gen’s 36, Roma 2006, n. 1, p. 3. (altro…)
Mar 1, 2017 | Chiesa, Focolari nel Mondo, Spiritualità
Klaus Hemmerle ha avuto un ruolo essenziale per far nascere, insieme a Chiara Lubich, la comunione tra i vescovi che aderiscono alla spiritualità dell’unità. I brani che seguono sono stati presi dal volume: “Klaus Hemmerle, La luce dentro le cose”, Città Nuova, Roma, 1998. «Anche dopo la radicale conversione della nostra vita avvenuta una volta per sempre nel Battesimo, noi tutti abbiamo incessantemente bisogno di convertirci. Anche nel caso in cui il battezzato non si separi da Dio, le pretese che la vita accampa su di lui e le tentazioni della vita quotidiana rischiano di incatenarlo talmente nel proprio io, che quella parola unica che il battezzato è divenuto grazie a Cristo, si vela, si altera, si spezza. La ferita inferta alla vita di Dio in noi necessita continuamente di essere risanata». (pag. 82) «Rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori. Gesù è realista, conosce le nostre debolezze. Non ci giudica, ma neppure dice: comunque tu viva è uguale. Ci chiama al pentimento, alla con-versione, a ricominciare incessantemente. Ci perdona, ci insegna a perdonare gli altri. L’amicizia con lui si arena, se la nostra vita non è un’incessante conversione». (pag. 73) «Per ognuno di noi, oggi, è pronta una croce da portare con sé. Ma deve essere portata oggi stesso! Diversamente, è la croce a portare noi, e allora ci sentiamo infinitamente oppressi, tormentati, annientati, e neppure ci rendiamo conto che è stata la croce a portarci via. Ma se noi stessi abbiamo il coraggio di caricarci della croce, allora essa è la cosa più preziosa del mondo». (pag. 89) «Quando i discepoli vedono in Gesù il Dio grande e potente, non riescono a trovarlo. Devono chinarsi sino a terra, guardare nella polvere: Gesù è là, che lava i piedi ai suoi. Il dono di sé, l’abbassamento, il servizio, la matura presa di coscienza della banalità dei bisogni umani, il farsi piccoli, la rinuncia, la durezza del darsi totalmente, il non apparire, il nascondimento: tutto ciò, che nulla a che fare col fulgore di Dio, è il fulcro più profondo e centrale del nostro culto a Dio, è eucaristia». (pag. 101) «Io, che ogni volta continuo a fallire, non posso che vivere del perdono di Dio. Ma questo perdono dà prova di sé nel perdono fraterno, ha in esso il suo sostrato, si ripercuote sulla comunità in cui ci vincoliamo reciprocamente a quella misericordia che ci rende sempre di nuovo liberi, per essere insieme figli del Padre con il Signore, l’unico Signore, in mezzo a loro». (pag. 74) (altro…)
Ott 2, 2016 | Chiesa, Focolari nel Mondo, Spiritualità

Acquerello di Klaus Hemmerle (1980 – Matterhorn mit Zermatt, Schweiz – http://www.klaus-hemmerle.de)
«Durante queste passeggiate percorrevo una strada che si trova a 1.250 metri di altezza e che gira intorno ad una vetta. Si poteva vedere la valle la vetta dei monti. Era bellissimo! Volevo dipingere tutto questo, ritornato a casa. Mi fermavo ogni dieci metri per fissare nella mia anima una situazione, una bella vista prospettica. E dopo altri cinque metri, ancora un’altra vista completamente diversa. Nella mia vita non avevo mai osservato con quale velocità le prospettive cambiano. E non avrei saputo dire quale prospettiva poteva essere la più bella. Ogni combinazione, ogni costellazione era un evento diverso e una sorpresa sempre nuova. E così ho visto il mondo in una maniera completamente diversa. Ho visto un pezzo di cielo, ed ho capito che queste relazioni, questo rapportarsi di ogni cosa con le altre, questi tratti in cui le linee si dividono e poi si incrociano di nuovo, tutto questo è davvero una pienezza infinita di tutti i possibili incontri di una sola e unica realtà: questo monte, quest’altro monte, quest’altro ancora e questa valle. Ma sempre in prospettive nuove, per cui non posso dire: “Questa è la vista prospettica giusta e quell’altra non lo è”, ma devo andare avanti, lasciando che queste prospettive e queste linee diverse si incontrino. Così devo vedere che nell’unico Dio in cui crediamo, tutte le realtà create, tutte le persone create, tutte le cose si trovano lì per un incontro sempre nuovo e un sempre nuovo incrociarsi, per molteplici bellezze che non si escludono, ma si includono reciprocamente e sono un unico incanto e un unico canto della Bellezza. Fra noi avviene la stessa cosa: devo essere pronto a lasciare un punto di vista e una prospettiva per poterne avere un’altra. In Dio lascio una prospettiva, ma questa rimane. Così c’è una simultaneità che non mi schiaccia nella sua universalità ma che è un’unica danza, un unico incontro, un unico gioco, un canto nuovo. Ed ho pensato tra me e me: sebbene fra le Chiese ci siano degli ostacoli e delle barriere, ci siano delle cose che si contrappongono e che devono essere vissute e patite, perché possano risolversi, c’è anche un incontrarsi sempre nuovo di carismi, luce e grazia. […] Noi dovremmo permettere l’uno all’altro di poter toccare con mano un frammento di questa infinità del paradiso e questo gioco celeste e trinitario delle relazioni reciproche. Quanto più ci incontriamo in questa bellezza, siamo l’uno dentro l’altro, e ci apprezziamo a vicenda, tanto più attireremo sulla terra un frammento di Paradiso. Un frammento della Gerusalemme celeste qui in mezzo a noi è un primo alito di quello che dovrà svilupparsi. Naturalmente mi sono anche domandato dove si possa trovare di fatto un punto in cui si incontrano tutte queste linee molto diverse, dove anche le realtà di dolore e le contraddizioni si incrociano, dove trova un punto di incontro anche quello che non si può risolvere con una specie di sintesi hegeliana, oppure, anche quelle cose che restano come un grido ma che comunque devono essere vissute e sostenute. Ho scoperto che questo punto di incrocio è Gesù nel suo abbandono: Egli si rende contemporaneo con ciò che contemporaneo non è, è accettazione e accordo di ciò che non si accetta e non si accorda, è il convivere con quella che è la morte dell’uno per l’altro. Proprio questo non è una semplice idea speculativa, ma è una possibilità di vivere e accettare le tensioni e i dolori e tutto quello che non è risolvibile»
Klaus Hemmerle
Tratto dal libro Klaus Hemmerle, innamorato della Parola di Dio di Wilfried Hagermann, Città Nuova Ed. 2013, págs. 297-298. (altro…)
Mag 22, 2016 | Cultura, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo
L’inculturazione non è un’azione che si fa mediante un certo accomodamento del Vangelo o dei costumi cristiani, a usanze e culture di un popolo, ma una conseguenza del mistero dell’Incarnazione. Nel tempo moderno vediamo il formarsi di una cultura che non integra più il Vangelo. È la cultura dello sviluppo e del progresso scientifico e tecnico, completamente slegati dai fondamenti cristiani. Una cultura che ha creato un unico spazio mondiale nel quale vive tutta l’umanità. La cultura africana non è una cultura tecnologica, come non lo è la cultura asiatica, anche se africani e asiatici tendono allo stesso sviluppo. Ma hanno valori diversi e idee diverse. Queste diverse culture e tradizioni, se non partecipano allo sviluppo tecnologico non possono sopravvivere, si perdono. Ciò che può creare un’unità mondiale di carattere non tecnico è il Vangelo. Una convivenza di tante culture nell’unico mondo. Il Vangelo può far sì che culture diverse entrino in un dialogo fra loro che le fa sviluppare e cambiare. Ma non in una uguaglianza solamente esteriore, ma in un dialogo nell’unica verità e nell’unico sistema di valori cristiani. Così possiamo salvare l’unità e possiamo anche salvare la pluralità. Questa è la sfida di oggi. Se come cristiani non lo facciamo abbiamo perso una chance, non affrontiamo una sfida storica che ci è data in questo momento. Inculturazione vuol dire prendere sul serio quei valori e quelle tradizioni umane che sono dovunque, non per farne un museo, non per un relativismo in cui ciascuno possa vivere, ma per creare un dialogo nella verità. Verità che non può essere imposta ma offerta liberamente. La nuova evangelizzazione è ‘nuova’ in quanto non esiste più la cultura cristiana. Nello stesso senso dev’essere un’evangelizzazione anche di quelle culture che finora non hanno avuto un serio incontro con il cristianesimo. E con quale forza questo può succedere se non con quel ‘farsi uno’ dell’amore che è il medesimo amore con il quale Cristo ha assunto la nostra carne, la nostra natura umana, ed è diventato uno di noi? L’amore che ha portato Gesù ad incarnarsi ci deve spingere a ‘farci uno’ con tutte le culture, senza perdere l’unicità e l’autenticità del Vangelo. La spiritualità dei Focolari, che essendo vita riesce ad unire al di là delle frontiere e dei limiti delle singole culture, costituisce anche un legame fra le culture. È come un liquido che, proprio perché è una vita, si assimila a tutti i tipi di cultura. Se noi viviamo il Vangelo allo stato puro e, con un amore che si fa vuoto di sé, perdiamo le nostre radici culturali per ‘farci uno’ non solo con il singolo prossimo ma anche con la sua cultura, allora anche lui può essere attivo e dare ciò che ha in sé, e offrire i suoi tesori trasformati e purificati dal vivere il Vangelo, valori che nello stesso tempo illuminano e fanno capire il Vangelo. In questa luce bianca del Vangelo, posso vedere la luce dell’altro e dare a lui la mia luce e la mia cultura. Così non facciamo una strada a senso unico: vivendo nel medesimo mondo, diamo e riceviamo la cultura e il Vangelo dell’altro, e diamo la nostra. E l’altro fa lo stesso, in un dinamismo d’amore che è la Buona Novella del Vangelo, quella che Gesù ha portato sulla terra. Per farci vivere già in questo mondo la cultura del Cielo. (Sintesi a cura del teologo tedesco Wilfried Hagemann, biografo di mons. Klaus Hemmerle). (altro…)