Movimento dei Focolari
Università, ricerca, impegno e… sorriso

Università, ricerca, impegno e… sorriso

Una giovane ventenne con un bellissimo sorriso, fresco e modesto, così si presenta Alejandra Giménez, studentessa del secondo anno di medicina ad Asunción, Paraguay, dove vive con i suoi genitori e un fratellino. Alejandra racconta con entusiasmo del suo impegno all’università, sia in campo scientifico, sia nelle associazioni studentesche. Impegni e attività che, naturalmente le portano via del tempo allo studio e per le quali deve sacrificare molte cose che le piacciono. Ma riesce a portare avanti tutti questi impegni e anche a studiare perché riserva sempre un tempo sufficiente per la sua formazione spirituale. È per questo che si raduna periodicamente con le altre giovani dei Focolari da cui si sente appoggiata. Ma lasciamola raccontare. “Sono stata ad un congresso di medicina dove si è parlato della morte celebrale e della donazione degli organi, da lì ho deciso di organizzare una campagna di sensibilizzazione su questo tema. Ho contattato la Società Scientifica degli Studenti di Medicina della mia Università: UNA (Universidad Nacional de Asunción) ed ho iniziato a farne parte come Direttrice del Dipartimento di Educazione Medica. Insieme a tre compagne di corso, Eliana Duarte, Aracy Do Nascimento e Lilian Carreras, abbiamo approfondito l’argomento con una ricerca scientifica sulla conoscenza e diffusione della donazione degli organi tra gli studenti di medicina che è stata, poi, selezionata per rappresentare la mia università ad un’importante giornata di studi a Curitiba in Brasile; e poi, nel settembre 2013, ad un congresso internazionale negli Emirati Arabi Uniti”. Un’altra sua ricerca riguarda i “falsi risultati dell’alcoltest” sui conducenti d’auto. In questo studio si affrontano le “credenze” che circolano tra i giovani, ad esempio quella che indica che usare colluttorio per le gengive o sciroppo per la tosse rendono positivi al test e quindi alterare i risultati. Gli incidenti stradali sono la prima causa di morte per i giovani del Paraguay, quindi alcol, incidenti e donazione di organi sono temi tra loro strettamente correlati. Alejandra è stata successivamente eletta in altre associazioni scientifiche studentesche ed ha continuato ad organizzare attività di sensibilizzazione, tra cui una per la salute cardiovascolare, una sui tumori al seno ed un’altra sul diabete, inoltre ha in programma altre 24 proposte per questo nuovo anno.Per poter sostenere tutte queste iniziative Alejandra è diventata anche vicedirettrice del comitato  de Auspicios del Congreso Científico Nacional de Estudiantes de Medicina, nel 2012, ed ora, è Direttrice del Comitato de Auspicios della prima Conferenza della formazione alla ricerca, per studenti di medicina. “Certo – ammette -, sono molte le cose che faccio e probabilmente non potrò realizzarle tutte, ma preferisco propormi mete alte. Poi, se non riesco, altri compagni potranno raggiungerle”. Non si pente di aver scelto di spendere per gli altri la sua gioventù e il sorriso ne è la prova! Fonte: Ciudad Nueva Uruguay – Paraguay (Dicembre 2012) Traduzione nostra (altro…)

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Al via il master in medicina “La cura alla fine della vita”.

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“La cura alla fine della vita. Clinica, Etica, Organizzazione, Continuità Assistenziale”. Sono aperte fino al giorno 8 novembre 2012 le iscrizioni al Master universitario di I livello in “La cura alla fine della vita. Clinica, Etica, Organizzazione, Continuità Assistenziale”. Il Master è istituito dall’Università Cattolica del Sacro Cuore, per iniziativa della Facoltà di Medicina e Chirurgia “Agostino Gemelli” – Dipartimento di Geriatria Neuroscienze Ortopedia, in collaborazione con: – Società Italiana di Gerontologia e Geriatria – Gruppo di Studio “La cura nella fase terminale della vita” – Istituto Internazionale di Teologia Pastorale Sanitaria “Camillianum” – Associazione “Medicina Dialogo Comunione” – Associazione Chiara Lubich per la Pneumologia ONLUS” – Fondazione Maruzza Lefebvre D’Ovidio ONLUS Il Master tratterà in una prospettiva interdisciplinare la cura delle persone nella fase terminale della vita, al fine di preparare i professionisti che operano in questo ambito ad offrire le migliori risposte assistenziali ai morenti e alle loro famiglie. Saranno considerati gli aspetti clinici, di nursing, etici, psicologici, spirituali, culturali e religiosi riguardanti l’assistenza alla persona morente e il post mortem, finora spesso considerati separatamente sia dalla medicina che dal nursing. Sarà approfondita anche l’area organizzativo-assistenziale e legislativa. E’ prevista inoltre una formazione che si prenda cura degli stessi operatori coinvolti, degli aspetti emotivi e degli atteggiamenti connessi all’ambito assistenziale del fine vita. Il Master universitario di primo livello ha la durata di un anno accademico per complessivi 60 crediti, pari a 1500 ore. Destinatari • Laureati in Medicina e Chirurgia • Laureati in Psicologia, Sociologia, Teologia e ulteriori lauree ritenute equipollenti dalla commissione di selezione • Diplomati di laurea triennale abilitante all’esercizio di una delle professioni sanitarie o titolo equipollente secondo quanto disposto dall’art. 4 comma 1 della Legge 26 febbraio 1999 n. 42 e dall’art.1, comma 10 della Legge 8 gennaio 2002 n. 1. Il numero degli ammessi al Master universitario in “La cura alla fine della vita. Clinica, Etica, Organizzazione, Continuità Assistenziale” è fissato in un minimo di 20 e in un massimo di 40. La quota di partecipazione è di 2.500 €. Sono previste alcune borse di studio. Per l’ammissione al Master, i candidati dovranno presentare il curriculum vitae e studiorum e superare una prova consistente in un colloquio. La data della prova di ammissione al master è il 28 novembre 2012. Direttore del master: Prof. Roberto Bernabei Coordinatore didattico: Flavia Caretta Per ulteriori informazioni: Dr. Flavia Caretta Dipartimento per l’Assistenza Sanitaria di Geriatria Neuroscienze Ortopedia Università Cattolica del Sacro Cuore Facoltà di Medicina e Chirurgia “A. Gemelli” Largo F. Vito, 1 – 00168 Roma tel 06/30154916 fax 06/3052469 email: flavia.caretta@rm.unicatt.it (altro…)

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Non basta prescrivere medicine

Photo by Martina Bacigalupo/VU«Sono medico e lavoro in un ospedale pubblico. Un giorno la polizia ci porta un uomo con due proiettili nella gamba. È il tipo di paziente che nessuna clinica vuole: un ladro, colto in flagrante. È stato gravemente ferito nello scontro con la polizia che l’ha portato da noi. È quasi immobile nel suo letto, senza nessuno ad assisterlo, neanche i genitori si sono fatti vivi – come sarebbe l’usanza – avendo saputo che ha rubato. Nella maggioranza delle cliniche dell’Africa è compito dei parenti di portare il cibo ai pazienti, lavare i vestiti, aiutarli in qualsiasi bisogno materiale: nell’assenza dei famigliari il paziente è perciò completamente abbandonato. Il personale dell’ospedale è incaricato solo di somministrare le cure mediche. In più, gli altri malati e il personale sanitario, non sono contenti di questo malfattore. Per questo ha molte difficoltà per trovare da mangiare e, costretto a stare immobile a letto, pian piano l’odore diventa insopportabile. Mi lamento con il commissario di polizia che ci ha scaricato una persona senza assistenza. “Questo è il lavoro del personale medico!”, replica con durezza. Mi viene in mente che in altri paesi anche le cure del paziente spettano al personale sanitario. Cerco di spiegare ai miei colleghi che dobbiamo interessarci di questo paziente, ma non riesco a convincerli. Cerco di sensibilizzare i malati che occorre accettare questo paziente. In verità, con poco successo. A un dato punto  mi chiedo: “Esorto gli altri, ed io? Che cosa faccio per lui? Sì, gli prescrivo le medicine. Gli do un posto nel reparto. Ma, questo è soltanto il mio dovere.  Ora, occorre che faccia io stesso ciò che chiedo agli altri: andare oltre il minimo.” Faccio uscire il paziente dal letto e  lo lavo. “Oh! È da quasi due mesi che non mi sono lavato!”, esclama con gioia. “Com’è piacevole sentire ancora i raggi del sole sulla pelle!” Chiedo poi a uno dei lavoratori di lavare i panni del paziente e gli offro una piccola ricompensa. Poi, con un altro collega sostituiamo il suo materasso che era in cattive condizioni. Infine, lascio una piccola somma al paziente stesso, in caso abbia bisogno di qualcosa. Questo gesto porta frutti. I lavoratori, ad esempio, cominciano a gettare regolarmente i suoi rifiuti. Suscita compassione negli altri pazienti, che ora condividono il loro cibo con lui. Dopo qualche tempo egli può andare via dall’ospedale. È allegro. Mi dice che non ruberà più. Persino segue il mio consiglio di non andar via prima di presentarsi alla polizia per sottoporsi alle azione giudiziarie del caso. Sente che deve assumere la responsabilità delle sue azioni.» Dott. H.L. (Burundi) (altro…)