30 Mar 2017 | Dialogo Interreligioso, Focolari nel Mondo, Sociale, Spiritualità
«Abbiamo rinnovato il patto e promesso di continuare a vivere nello spirito di amore, unità e pace che ha cambiato le nostre vite». Così i Chief (capi) del regno di Fonjumetaw, villaggio nella foresta camerunense, radunati lo scorso 5 marzo insieme alla loro comunità, scrivono nella lettera inviata a Maria Voce, presidente del Movimento dei Focolari. Circa 200 persone hanno preso parte ad un appuntamento che si innesta nella storia di questo popolo. Un legame forte unisce la vasta regione tropicale attorno a Fonjumetaw e Fontem, dove, nel 1966 arrivarono, per la prima volta, due focolarini medici che aiutarono la popolazione locale a sconfiggere le malattie che causavano l’altissima mortalità infantile. Cinquant’anni fa, il popolo Bangwa venne salvato dal rischio dell’estinzione. Lo scorso settembre i Fon (capi tradizionali dei villaggi della regione africana) si sono recati a Roma per il Giubileo della Misericordia e per rendere omaggio a Chiara Lubich (“Mafua Ndem”, Regina inviata da Dio, come la chiamano), davanti alla sua tomba al Centro Internazionale dei Focolari a Rocca di Papa. La delegazione africana ha partecipato anche in piazza San Pietro all’incontro con Papa Francesco ed ha incontrato l’attuale presidente del Movimento dei Focolari, Maria Voce ed il copresidente, Jesús Morán.
Dal Giubileo è derivato un rinnovato impulso per la Nuova Evangelizzazione, rinsaldando i legami di fraternità che oggi questi villaggi cercano fortemente di vivere. L’incontro del 5 marzo ha avuto questo significato. Il Fon ha raccontato del “pellegrinaggio” a Roma con gli altri Fon della zona, con il vescovo Andrew Nkea Fuanya e il vescovo emerito, Francis Teke Lysinge. Invitando tutti a fare un passo nuovo nella vita di fraternità, ha indetto un “anno di riconciliazione”. Tutti hanno aderito con gioia. E in un clima di festa, giovani, adulti e bambini si soni scambiati un abbraccio che ha suggellato questo impegno. Uno dei Chief ha presentato il “dado dell’amore”. Poi lo ha lanciato in aria. La frase apparsa “amarci a vicenda” è stata una conferma, anche nel gioco, dell’impegno che ciascuno voleva assumere. Sono seguite delle esperienze e delle scenette proprio sui sei punti dell’arte di amare. Uno dei Chief ha raccontato una forte esperienza: da tanti anni non aveva perdonato qualcuno per un episodio in cui si era sentito offeso ma, dopo aver ascoltato l’invito del Papa a perdonare e dimenticare, nell’anno della riconciliazione, è riuscito a farlo.
A conclusione, un momento di festa con il Fon e la Mafua (Regina) e tutti i Chief, i notabili ed i focolarini. La Mafua ha raccontato dei suoi incontri con Chiara nel 2000, in occasione della sua visita in Camerun, del “pellegrinaggio” della delegazione di 40 persone al Centro del Movimento dei Focolari a Roma, e del desiderio di far dilagare la vita di “Mamà Chiara” fra il suo popolo. La lettera dei Chief a Emmaus, 17 anni dopo l’ultima visita di Chiara in queste regioni, ha suggellato l’impegno ed il desiderio di tutti. Questi incontri di Nuova Evangelizzazione andranno avanti. Per questo il Fon di Fonjumetaw ha affidato ad uno dei Chief l’incarico di occuparsene. Il prossimo è in programma il 2 aprile. (altro…)
27 Mar 2017 | Chiesa, Ecumenismo, Focolari nel Mondo, Spiritualità

Foto: Thomas Klann
La sera dello scorso 24 marzo, alla Vigilia del 60° anniversario dei Trattati di Roma, la Basilica dei XII Apostoli a Roma è strapiena di persone raccolte in preghiera, presieduta dal card. Kurt Koch, Presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’unità dei Cristiani. Cattolici, protestanti, ortodossi, anglicani, chierici e laici hanno risposto all’invito di Insieme per l’Europa: iniziativa di 300 Movimenti e Comunità cristiani. Ne è esempio il coro composto da 8 Movimenti presenti a Roma e dal coro della comunità rumeno-ortodossa. Il Presidente della Repubblica italiana, Sergio Mattarella, ha fatto giungere a tutti i «Sentimenti di ideale partecipazione, nella convinzione che momenti di incontro come questo diano un importante segno di speranza, necessaria per costruire un’Europa unita e solidale». Mons. Nunzio Galantino (segretario generale della conferenza dei vescovi italiani), Andrea Riccardi (fondatore della Comunità di Sant’Egidio), Gerhard Pross (attuale moderatore di Insieme per l’Europa), sono intervenuti in diversi momenti evidenziando i vari aspetti della crisi che attraversa l’Europa, provocata tra l’altro dagli egoismi nazionali, di gruppo ed individuali. Hanno lanciato sotto varie forme l’invito a credere ancora nel progetto dei Padri Fondatori dell’Europa: operare a favore della pace, della giustizia e della solidarietà nel mondo (cf. Preambolo del Trattato che adotta una Costituzione per l’Europa, dichiarato dai Capi di Stato il 29.10.2004). Su questo sfondo, l’inno Trisaghion “Dio è Santo Dio, Santo e forte”, cantato insieme e con solennità, è risuonato particolarmente forte. 
Padre Heinrich Walter. Foto: Thomas Klann
P. Heinrich Walter, del Movimento di Schönstatt, ha sottolineato in un’intervista: «Ci sono due punti salienti nel cammino verso una nuova integrazione europea. Bisogna coltivare le radici cristiane dell’Europa: noi ci impegniamo in questo. E bisogna rispettare la libertà dell’altro: come Insieme per l’Europa proviamo a vivere così. Questa esperienza la vogliamo condividere con tutta l’Europa». Simeon Catsinas, parroco greco-ortodosso a Roma, dopo la Veglia ha voluto condividere la sua gioia: «Sono felice di questa serata. Dobbiamo lavorare insieme come cristiani e dare testimonianza comune». Alla domanda se il documento “Dal Conflitto alla comunione” sia un modello per l’Europa, il decano della Chiesa evangelica luterana in Italia, pastore Heiner Bludau, ha risposto: «Sicuramente il documento è un passo in avanti. Ora deve incidere sempre più nella vita. Così potrà diventare un modello convincente per tutta l’Europa». 
Foto: Thomas Klann
Durante la Veglia i vari interventi hanno trovato consonanza nei testi della Sacra Scrittura. Dal canto suo, Jesús Morán, copresidente dei Focolari, ha affermato che «L’Europa non si può pensare senza il cristianesimo. Il cristianesimo che l’ha formata è, però, quello della Chiesa unita. Quindi, la cattolicità ecumenica è una realtà fondamentale di essa. L’Europa deve ritrovare se stessa come civiltà del cristianesimo. I valori cristiani sono valori europei e viceversa. La cultura del dialogo, della tolleranza, dell’apertura, della fraternità, possono essere vissuti al di là della propria confessione, religione e di ogni credo. Mi auguro che questo momento di preghiera insieme serva a risvegliare questi grandi valori». Oltre 4.000 persone hanno seguito l’evento in diretta streaming, molte le condivisioni sui social media. Anche in 50 città europee si sono svolte simili veglie, con solennità e grande partecipazione.
Beatriz Lauenroth
Foto gallery (Flickr)
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27 Mar 2017 | Cultura, Focolari nel Mondo
Stasera in scena l’abbattimento delle diversità. Poteva essere questa la locandina dello spettacolo di sabato 18 marzo al “Mandela Forum” di Firenze, che ha ospitato “Campus – the musical”, un evento artistico unico nel suo genere, in cui persone con diverse abilità, per lo più giovani, si sono unite attorno a veri professionisti, i componenti del gruppo musicale internazionale Gen Rosso, nato nel 1966 da un’idea e dal carisma di Chiara Lubich. E la scelta del posto non poteva essere più indovinata: il centralissimo palazzetto dello sport di Firenze (Italia), destinato a manifestazioni pubbliche e agonistiche, concerti, dibattiti, che nel 2004 ha cambiato nome in “Nelson Mandela Forum”, per portare all’interno di una comunità che vive di eventi culturali di altissimo livello anche il senso dell’apertura, dello scambio, dell’incontro gioioso tra “diversità”, quali esse siano. «
Scopo della libertà – diceva Mandela – è crearla per gli altri». E se per alcuni la libertà di muoversi e cantare al ritmo di sonorità etno-afro, samba, jazz, rock, pop o rap può sembrare scontata, per chi gestisce una difficile quotidianità sopra una sedia a rotelle, e magari fa i conti con un marciapiede invalicabile, o con i limiti imposti da un disagio psichico, può rappresentare un sogno. Un sogno che “Uniti senza barriere”, associazione che opera nel mondo della disabilità nel territorio, ha voluto trasformare in realtà, grazie all’incontro con il Gen Rosso e alla collaborazione con altre associazioni, enti e realtà impegnate nel sociale. “Campus – the musical” è uno spettacolo ispirato a fatti reali, che presta tutta la tavolozza di colori e decibel di cui la band è capace per dare voce e anima all’arma pacifica (e cara a Mandela) del dialogo. Ambientato in un Campus universitario – in cui si intrecciano le storie di nove ragazzi di differenti nazionalità, giovani alla ricerca di una strada, con un passato pesante alle spalle e l’incognita di un futuro tutto da inventare – è un musical dal respiro globale, sostenuto da un impianto narrativo che punta al cuore delle sfide delle contemporaneità, grazie al linguaggio universale di una colonna sonora rigorosamente live. Il progetto arriva sulla scena dopo una lunga riflessione sui temi “forti” del nostro tempo: incontro tra culture, lotta ai terrorismi di ogni genere, integrazione. Proposte, più che risposte. Ma concrete, come il progetto “Italia per”, che il gruppo internazionale porta avanti con workshop e spettacoli di volta in volta dedicati a una problematica specifica.
Al “Nelson Mandela”, dopo molte ore di prove, ragazzi e bambini disabili, e anche quattro bambini piccoli con le loro mamme, hanno debuttato ballando e cantando un sogno di unità e fraternità, con l’orgoglio di esserne diventati protagonisti e l’emozione delle voci e dei volti, mentre gli artisti di professione facevano un passo indietro per lasciare loro tutta la scena e gli applausi (un migliaio le persone in sala). “Campus”, di sicuro, un obiettivo l’ha già raggiunto: quello di ribaltare i canoni tradizionali con cui di solito la disabilità viene intesa, e mostrare quali siano i veri limiti della nostra esistenza, quando costruiamo barriere materiali e culturali che dividono, e ci rapportiamo agli altri pensando di avere un “quid” in più da insegnare o mostrare. «Sembrava impossibile finché non è stato realizzato» avrebbe ripetuto Mandela. (altro…)
26 Mar 2017 | Chiesa, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Spiritualità
Sono arrivato a Baghdad come Nunzio Apostolico in Iraq e Giordania, due settimane dopo il terribile attentato del 2010 nella cattedrale siro-cattolica che ha provocato la morte di 2 sacerdoti, 44 fedeli e 5 soldati. Nel visitare la cattedrale, si possono immaginare la desolazione e la percezione che ho avvertito nel profondo di essere stato inviato lì per condividere quel dolore. I rapporti tra cristiani e musulmani erano compromessi da anni, al punto che anche in Nunziatura per qualsiasi lavoro o acquisto si sceglievano solo cristiani. Sentivo di dover andare contro-corrente. Ho iniziato col cercare di imparare l’arabo (purtroppo con poco successo!) per poter salutare tutti. Quando mi era consentito, andavo ad intrattenermi con le guardie addette alla protezione della Nunziatura, a volte condividendo la cena preparata da loro, anche se i soldati non sono i cuochi migliori. La suora che mi faceva da interprete non era molto d’accordo, ma io ero convinto che qualcosa bisognava fare. Sentivo che dovevo “fidarmi”, anche se ciò mi creava qualche sorpresa. Una volta un barbiere musulmano da cui avevo cominciato ad andare, per togliermi i peli dalle orecchie mise un po’ di gas del suo accendino nell’orecchio e poi diede fuoco. Sapevo di essere ingenuo, ma era una ingenuità voluta, nella ricerca di cogliere le ragioni dell’altro. L’unico musulmano che lavorava in Nunziatura era il giardiniere. Quando sono partito mi ha detto: “Te ne vai, e io vorrei che mi lasciassi un po’ della tua pace”. Forse aveva colto che si trattava di quella pace interiore che solo Gesù può dare. Una volta, parlando con i gen (i giovani dei Focolari), Chiara Lubich – ricordando l’imperatore Costantino che aveva visto nel cielo una croce con su scritto: “In questo segno vincerai” – ha detto che la nostra arma è Gesù Abbandonato.e che non c’è altra via per l’unità che quella della croce. Lì Gesù ha preso su di sé ogni divisione, ogni separazione, ed è risorto. Anche per noi la sconfitta si trasformerà in vittoria. Nel maggio 2015 sono stato trasferito a Cuba. Erano in corso i preparativi per la visita di papa Francesco. Tutto procedeva molto bene, ma un piccolo incidente diplomatico all’ultimo momento ha turbato i preparativi. Ed io in un attimo ho perso la pace interiore, proprio mentre il Papa era presente. Entrando in piazza della Rivoluzione all’Avana per la Messa solenne, ho visto il ritratto stilizzato di Che Guevara, con la scritta: “Hasta la victoria, siempre!” (fino alla vittoria, sempre!). Ho subito pensato alla chiave della nostra vittoria: Gesù Abbandonato. E ho capito che non potevo arrivare alla vittoria se non passando per quella sconfitta. Gesù non poteva risorgere senza morire. Gesù Abbandonato non è lo strumento da usare in caso di necessità perché risolva i nostri problemi, è lo Sposo con cui essere “una carne sola”. E se mi lamento di qualcosa o di qualcuno, mi rendo conto che mi lamento di Lui. Non posso dire di averLo scelto se preferisco che non ci sia. Capisco che devo essere contento quando c’è, più di quando non c’è. Allora i problemi, le divisioni, le guerre, la povertà, etc., non mi spaventano più. Non vivo aspettando che passino presto, ma nella speranza che nasce dalla certezza che in Lui sono già risolti. Allora vivo sereno, e posso trasmettere la pace anche a chi non condivide la mia fede, come al giardiniere della Nunziatura di Baghdad. (altro…)
24 Mar 2017 | Chiesa, Focolari nel Mondo, Spiritualità
Nelle frontiere più aspre e rischiose, le consacrate sono là. I pericoli non le fermano, anche a costo della vita, confidando soltanto nello Sposo della loro anima. Presso l’Istituto Madonna del Carmine di Sassone (Roma), è in corso il ritiro annuale per donne così: religiose di varie congregazioni che nella spiritualità di comunione vedono rafforzata la loro donazione a Dio e valorizzato il servizio agli ultimi. Ciascuna ha una storia affascinante, che scaturisce dal carisma che ha suscitato la famiglia religiosa cui appartengono. A parlare è suor Viera, Francescana dei Poveri: «A 9 anni, insieme ai miei fratelli aiutavo papà a costruire la casa, e a 14 già lavoravo in uno stabilimento vinicolo dove regnavano ambiguità e volgarità, ben presto diventate mio stile di vita. Assetata di giustizia mi sono iscritta ad un partito estremista ma a 22 anni, stanca di tutto, mi sono trovata sul terrazzo al terzo piano per farla finita. A trattenermi, in extremis, il pensiero della disperazione in cui mia madre sarebbe piombata. Nei giorni seguenti, alla fermata del pullman, ho incontrato una suora mai vista prima che, intuito il mio malessere, mi ha invitata ad un incontro di giovani dei Focolari. Ci sono andata perché volevo vincere l’idea del suicidio che continuava a tormentarmi. Nel sentire le loro esperienze di Vangelo pensavo che erano matti, che stavano solo perdendo tempo. Ma alla sera ho sentito una gioia mai provata prima. Dio mi stava prendendo per mano manifestandosi per quello che veramente è: Amore. Al lavoro ho cominciato a mettere in pratica, non senza fatica, il comandamento dell’amore scambievole, ad usare frasi e toni pacati, a sorridere e ad avere più attenzione per le colleghe anziane. Nel continuare gli incontri con i giovani dei Focolari e con Cristina – la suora che me ne aveva parlato –, avvertivo sempre più l’esigenza di un cammino serio con Dio. Dopo un percorso di formazione, ho lasciato casa e lavoro per entrare fra le Suore Francescane dei Poveri, una congregazione a servizio dei più poveri, fra cui ragazze di strada avviate alla prostituzione, carcerati, ecc. Da quasi 23 mi occupo di pastorale carceraria, a contatto con i detenuti, indifferentemente dal loro credo e cultura, nel carcere di Rebibbia (Roma) e, ultimamente, anche in quello di Pistoia. Vado soltanto per ascoltarli, senza aspettarmi alcunché. Mi metto a loro disposizione per fare le telefonate ai loro familiari, agli avvocati; porto in carcere tutto l’occorrente per spedire lettere. Collaboro con gli educatori confrontandomi con loro, soprattutto quando ci sono problemi. Ogni volta che entro in quegli ambienti penso alle parole che Gesù ha rivolto ai farisei che volevano lapidare l’adultera: “Chi è senza peccato scagli la prima pietra”. Vivendo in prima persona la misericordia di Dio, cerco di avere un profondo senso di accoglienza verso ciascuno così com’è, nella piena fiducia. Chi giudica è solo Dio, un Dio che ama tutti. Spesso la fiducia diventa reciproca e allora si sentono spinti a parlare del loro vissuto, dei loro drammi, delle loro difficoltà di convivenza, della sofferenza per vedersi privati anche delle cose primarie. Questo atteggiamento del farsi uno che Chiara Lubich ci ha insegnato, è la chiave d’oro che mi permette di costruire un dialogo pacifico e rispettoso con tutti. A Pistoia i detenuti sono circa 200, tra adulti e giovani, più la sezione cosiddetta Minore di chi ha commesso crimini pesanti. All’inizio ho fatto fatica ad affrontarli, perché a Rebibbia incontravo solo donne. Ma poi ho visto che “Non c’è né uomo né donna”, come dice San Paolo, e che tutti sono candidati all’unità. Vado a trovarli tre-quattro volte la settimana. Ci parliamo in cappella, davanti a Gesù Eucaristia, e in genere tutti mi dicono che questi colloqui devono continuare, che mi aspettano ancora. Mi raccontano le loro angosce, le loro paure, sentimenti che cerco di alleviare ricordando loro che ciascuno di noi è al centro dell’amore di Dio. Qualcuno mi confida anche il suo ritorno a Dio, come ha fatto recentemente una detenuta di Rebibbia che poi mi ha scritto: “Vorrei recuperare tutto il tempo che ho buttato al vento. Spero che la vita mi dia una seconda possibilità per poter riscattare me stessa e la mia famiglia, per dimostrare che anch’io valgo, che anch’io posso fare qualcosa di buono. Carissima sr. Viera, spero che mi permetterà di continuare ad avere la sua amicizia, ringrazio Dio che ci ha fatte incontrare”. (altro…)