Gen 18, 2011 | Chiesa, Focolari nel Mondo, Spiritualità
Sr. Maria Cristina racconta come la necessità di un gruppo di religiose di un’altra congregazione, appena arrivate dall’India, mette in moto in lei e nelle persone vicine, tanti gesti concreti di aiuto per farle sentire a casa. Un modo per sperimentare la vita con “un cuor solo e un’anima sola”. «Un bisogno di ridimensionamento ha portato alla chiusura della casa della mia congregazione dove mi trovavo, e sono stata invitata a passare ad un’altra poco distante. Data la vicinanza alla mia nuova comunità, il parroco ha chiesto se era possibile che continuassi ancora a dare una mano fino al momento in cui sarebbe arrivato qualcuno. Ho accettato. Dopo qualche tempo, sono arrivate alcune suore di un’altra congregazione, provenienti dall’India. Una di loro conosceva abbastanza bene l’italiano, le altre due no. Mi è stato così chiesto di accompagnarle nel loro inserimento in parrocchia e nel paese, aiutandole nella conoscenza delle famiglie, nella catechesi con i ragazzi e nelle altre attività, che prima svolgevo anch’io. Nel mio cuore avevo ben presente che era un’occasione per testimoniare la comunione tra sorelle di altri Istituti. Qualcuno meravigliato si chiedeva il motivo di questo trattamento a persone sconosciute come a delle sorelle. Mi sono venute in mente le parole degli Atti degli Apostoli: “La moltitudine di coloro che erano venuti alla fede aveva un cuor solo e un’anima sola e nessuno diceva sua proprietà quello che gli apparteneva, ma ogni cosa era fra loro comune” (At 4,32). Ho cercato di comunicare alla gente che fra noi poteva essere messo tutto in comune ed anche fra famiglie religiose poteva esserci un aiuto reciproco. Concretamente mi sono messa nei panni delle suore ed ho visto il loro bisogno. Così abbiamo lasciato loro non solo la casa, ma anche tutto l’arredamento. È stato un modo per aiutarle ad inserirsi di più e cogliere che la comunione è al di sopra delle differenze. Anche le signore del paese si sono messe in moto, chiedendo cosa potevano fare. Insieme abbiamo sistemato la casa, l’abbiamo abbellita, abbiamo messo nella dispensa cose che potevano far piacere a loro, come per esempio il riso al posto della pasta, ecc. Prima della mia partenza, queste suore mi hanno ringraziato perché avevano fatto l’esperienza di essere un’unica famiglia, non più due congregazioni distinte. Credo che questo la gente l’abbia capito, ed è stata una testimonianza di come si può vivere oggi la stessa comunione dei primi cristiani». sr. Maria Cristina
Ott 23, 2010 | Chiesa
Rivedere la diretta da Assisi, sabato, 23 ottobre, con l’intervento di Maria Voce, Presidente del Movimento dei focolari: “Il Carisma dell’Unità di Chiara Lubich al servizio della comunione fra carismi antiche e nuovi: Assisi 2000 e prospettive”
I Movimenti ecclesiali e le Famiglie Religiose si incontrano ad Assisi
“Mi ha colpito il clima di gioiosa accoglienza reciproca. Rispetto al 2000, quando Chiara Lubich incontrò una sola famiglia, quella francescana, questa giornata ha rappresentato un autentico sviluppo del dialogo tra carismi antichi e nuovi. Per il coinvolgimento di tante altre famiglie religiose, movimenti e nuove comunità, come pure per l’autorevole presenza di molti superiori e responsabili”. Ecco le impressioni “a caldo” di uno dei padri francescani presenti al convegno “Carismi in comunione”, svoltosi il 23 ottobre scorso ad Assisi. A dieci anni da quello storico incontro, si può affermare che le cose sono andate avanti, se si considera che erano presenti non solo i francescani di vari ordini e membri del movimento dei focolari, ma anche religiosi e religiose di vari ordini e nuove comunità. L’incontro si è aperto con la S. Messa presieduta dal Card. Miloslav Vlk, arcivescovo emerito di Praga e concelebrata dal vescovo di Assisi e da numerosi sacerdoti e religiosi. Il vescovo di Assisi, mons. Domenico Sorrentino, nel discorso d’apertura, ha invitato tutti a riscoprire “la carità, il carisma dei carismi” nella consapevolezza che “i beni degli uni, sono beni di tutti”. “Una expo dei frutti dello Spirito”, ha definito l’incontro la presidente dei Focolari, Maria Voce. Nel suo intervento ha illustrato le tappe di questo cammino di comunione, a partire dalla Pentecoste ’98, momento fondamentale per i nuovi movimenti. “In quell’occasione – ricorda Voce – Chiara Lubich fece al Papa una promessa: ‘Vogliamo assicurarla, Santità, che,essendo il nostro specifico carisma l’unità, ci impegneremo con tutte le nostre forze a contribuire a realizzarla pienamente”. A due anni da quella sua promessa, “Chiara compie un passo ulteriore – continua la presidente dei Focolari –: la comunione con famiglie religiose nate da carismi meno nuovi. E pone la prima pietra di questo dialogo-comunione tra le famiglie religiose come espressioni della Chiesa carismatica proprio qui, sulla tomba di s. Francesco, il 26 ottobre 2000.” Infine, ha affermato che “lo Spirito Santo ha orientato tutti verso un cammino comunitario, che riscopre la Chiesa come una famiglia di fratelli uniti dall’unico Padre”. Le testimonianze hanno evidenziato questo rapporto di comunione e di forti e concrete risposte a problemi, disunità e piaghe le più varie. Come la testimonianza di suor Viviana Ballarin, presidente nazionale dell’USMI (Unione superiore maggiori) sulla comunità di religiose di vari ordini a Kabul: “Povere, senza niente, accanto ai deboli. Eppure lì ho visto la Chiesa delle origini, dove Gesù era davvero il centro di tutto”. Il gioioso raduno si è concluso con la firma solenne di un patto di comunione e di amore reciproco, da parte di decine e decine di rappresentanti di carismi antichi e nuovi, e con l’esplosione della festa dei giovani, alla sera. Sul piazzale antistante la basilica, un recital musicale ha raccontato la storia di Chiara Luce Badano, la diciottenne di Sassello recentemente proclamata beata e indicata dal papa modello per i giovani. Anche lei frutto di un carisma, quello di Chiara Lubich, vissuto con la sua famiglia e con la comunità parrocchiale del suo paese.
Discorso di Maria Voce (altro…)
Apr 6, 2004 | Chiesa, Focolari nel Mondo
Una religiosa, in un momento di buio, toccata dalla serenità con cui una consorella viveva la sua grave malattia, ne scopre il segreto: l’amore a Gesù crocefisso e abbandonato, cuore della spiritualità dell’unità, dei Focolari. “Per me – racconta – è una conversione”. Riscopre l’attualità del suo fondatore: “Di fronte alla miseria materiale e spirituale del suo tempo, San Vincenzo consacrò la sua vita all’evangelizzazione dei poveri che egli chiamava “i nostri padroni”. In Gesù abbandonato ora lei riconosce il volto del Signore trasfigurato nella povertà di oggi, in un quartiere malfamato, in una comunità a servizio dei tossicodipendenti, fra i rifiutati dalla società. C’è chi si riavvicina a Dio e “passa dalla morte alla vita”, perché inizia ad amare i fratelli. Sono una Figlia della Carità di S.Vincenzo de’ Paoli. La Compagnia di cui faccio parte è stata fondata nel XVII secolo da Vincenzo e Luisa Marillac. Ho conosciuto l’Ideale dell’unità in un momento di buio e di fatica, attraverso una consorella che ne viveva la spiritualità. Le era stato diagnosticato un tumore al cervello, tuttavia lei era rimasta serena e sempre aperta e pronta ad amare. Durante l’anestesia spesso ripeteva:”Per te Gesù, per te”. Dove trovava questa forza? Ne ho scoperto il segreto: l’abbraccio a Gesù Crocefisso e Abbandonato. Anch’io voglio vivere quest’avventura. Per me è un momento di conversione vera: lo Spirito santo mi aiuta a bruciare il tarlo che da anni toglie alla mia vita la freschezza e la generosità per Gesù. Dentro sento una voglia matta di amare. Inizio a frequentare il Focolare, partecipo agli incontri dove attingo la luce per vivere il carisma dei miei fondatori. Divento più libera, più gioiosa, più donna, più Figlia della Carità. Le regole e l’esperienza di S. Vincenzo de’ Paoli e di S.Luisa de Marillac mi sembrano più vicine. Il mio Fondatore, di fronte alla miseria materiale e spirituale del suo tempo consacrò la sua vita all’evangelizzazione dei poveri che egli chiamava i “nostri padroni”. Riscopro in Gesù Abbandonato il volto del Signore trasfigurato nella povertà d’oggi. Così, se nel 1600 le mie consorelle andavano ad evangelizzare, curare, nutrire, vestire i poveri, raggiungendoli sulle strade, sui campi di battaglia, nelle soffitte, negli ospedali, nelle galere…….Io scopro oggi la bellezza e l’attualità del nostro carisma vivendo in un quartiere malfamato di Milano. In questi anni capisco qual è il mio modo di contribuire alla realizzazione dell’Ideale dell’unità: essere il mio fondatore redivivo per realizzare l’unità. Anni dopo sono mandata in una comunità a servizio dei tossicodipendenti. Sperimento l’insicurezza e l’assurdo di abbracciare una realtà di fronte alla quale sono impreparata e inadeguata. Mi ribello al pensiero di essere confinata in una cascina su una montagna, senza un ruolo ed un’attività ben precisa. Ma è proprio nel vivere quest’esperienza, apparentemente senza colore, che il Signore mi libera da attaccamenti e sicurezze e rinnovo il mio “si” a Gesù. Così Lui che mi prepara a vivere un’altra avventura: sono trasferita in un monolocale, in un quartiere popolare di Torino, segnato dalle nuove povertà: etilisti, dimessi da ospedali psichiatrici, barboni, anziani, in altre parole gli ultimi, rifiutati dalla società. Ho la fortuna di condividere la spiritualità dell’unità con una consorella. Vivendo con i poveri 24 ore su 24 incontro Gesù Abbandonato ad ogni passo. Mi scontro con la diffidenza. La gente pensa che le suore siano lì a controllare e le guardano con disprezzo e indifferenza. Ma loro sono i “nostri padroni”, in loro riconosciamo il Volto di Gesù. A poco a poco l’amore li conquista. I barboni diventano i nostri primi amici. C’interessiamo della vita dei nostri vicini e apriamo la porta della nostra casa a tutti. Certo, non è sempre facile, a volte subentra l’impazienza, il disagio, la ripugnanza e lo scoraggiamento di fronte all’ingratitudine e alla pretesa esigente dei più poveri. Ma abbracciando il dolore, Gesù Abbandonato, ritrovo la capacità d’amare, ritrovo la forza e la gioia di vivere ciò che S.Vincenzo chiede alle sue suore di Carità: “I poveri sono i tuoi padroni, dei padroni terribilmente esigenti. Più loro saranno brutti e ingiusti, più dovrai amarli”. L’amore reciproco con la mia consorella genera Gesù in mezzo (cf. Mt 18,20) e la nostra casa diventa punto di riferimento per la gente del quartiere, per un gruppo di giovani che vogliono condividere la nostra attività caritativa. Alcuni si riavvicinano a Dio facendo l’esperienza della parola: “Siamo passati dalla morte alla vita perché abbiamo amato fratelli”. E alcuni capiscono che Dio li chiama a seguirLo. Durante l’inverno la nostra casa si apre anche agli extracomunitari che altrimenti vivrebbero all’addiaccio; alcuni sono musulmani. Rimangono stupiti di fronte al disinteresse, all’amore concreto e al rispetto con cui andiamo loro incontro. Chiara Lubich c’insegna ad amare “facendoci uno”. Durante il periodo del Ramadan facciamo trovare loro un pacchettino con del cibo, affinché dopo il tramonto possano avere qualcosa da mangiare. Anche i giostrieri diventano nostri amici; nelle loro carovane incontriamo i bambini per prepararli ai sacramenti e gli adulti per far conoscere loro che Dio li ama. Lo scorso anno il ridimensionamento della nostra Congregazione mi porta a trasferirmi altrove ma l’esperienza d’unità vissuta continua a dilatarsi in altri ambienti. Ritorno a Milano e provo un distacco doloroso di fronte al grido di tanti poveri con i quali ho condiviso la mia vita in questi anni. Sperimento così la frase di Chiara: “Ogni distacco dal ben che ho fatto è un contributo a edificare Maria” e ripeto: “Per te, Gesù”, che ora continuo a scoprire nei volti dei nuovi fratelli che mi mette accanto. Così nell’impegnarmi a incarnare nella vita il carisma che S.Vincenzo ha lasciato alla Chiesa, cerco, in unità con tutta l’Opera di Maria, di realizzare il testamento di Gesù: “Che tutti siano uno”. Questo mi dà un ardore nuovo e l’avventura continua con i nuovi fratelli nei quali riscopro ogni volta il Suo Volto”. (sr. R.R.) (altro…)