Gesù è in cammino con i suoi discepoli verso Gerusalemme. All’annuncio che là dovrà soffrire, morire e resuscitare, Pietro si ribella, facendosi eco dello sgomento e dell’incomprensione generale. Il maestro allora lo prende con sé, insieme a Giacomo e Giovanni, sale su “un alto monte”, e lì appare ai tre in una luce nuova e straordinaria: il suo volto “brilla come il sole” e con lui conversano Mosè ed il profeta Elia. Il Padre stesso fa sentire la sua voce da una nube luminosa e li invita ad ascoltare Gesù, il suo Figlio prediletto. Di fronte a questa sorprendente esperienza, Pietro non vorrebbe più andare via, ed esclama:
«Signore, è bello per noi stare qui».
Gesù ha invitato i suoi amici più stretti a vivere un’esperienza indimenticabile, affinché la custodiscano sempre dentro di loro.
Anche noi abbiamo forse sperimentato con stupore ed emozione la presenza e l’azione di Dio nella nostra vita, in momenti di gioia, pace e luce che avremmo desiderato non finissero mai. Sono momenti che sperimentiamo spesso con o grazie ad altri. L’amore reciproco, infatti, attira la presenza di Dio, perché, come ha promesso Gesù: «Dove sono due o tre riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro»(Mt 18, 20). Talvolta, in questi momenti di intimità, Lui ci fa vedere noi stessi e leggere gli avvenimenti attraverso il suo sguardo.
Queste esperienze ci sono date per avere la forza di affrontare le difficoltà, le prove e le fatiche che incontriamo nel cammino avendo nel cuore la certezza di essere stati guardati da Dio, che ci ha chiamati a far parte della storia della salvezza.
Una volta discesi dal monte, infatti, i discepoli andranno insieme a Gerusalemme, dove li aspetta una folla piena di speranza ma anche insidie, contrasti, avversione e sofferenze. Là «saranno dispersi e inviati ai confini della terra per essere testimoni della nostra dimora definitiva, il Regno» di Dio (1).
Potranno cominciare a costruire già quaggiù la Sua casa tra gli uomini perché sono stati “a casa” con Gesù sulla montagna.
«Signore, è bello per noi stare qui».
«Alzatevi e non temete» (Mt 17,7), è l’invito di Gesù al termine di questa straordinaria esperienza. Lo rivolge anche a noi. Come i suoi discepoli e amici, possiamo affrontare con coraggio ciò che ci aspetta.
Fu così anche per Chiara Lubich. Dopo un periodo di vacanze talmente ricco di luce da essere definito “il paradiso del 1949” per la percezione della presenza di Dio nella piccola comunità con la quale stava trascorrendo un tempo di riposo e per una straordinaria contemplazione dei misteri della fede, anche lei non avrebbe desiderato tornare alla vita di tutti i giorni. Lo fece con nuovo slancio perché comprese che proprio per quell’esperienza di illuminazione doveva “scendere dal monte” e mettersi all’opera come strumento di Gesù nella realizzazione del suo Regno, immettendo il suo amore e la sua luce proprio dove mancavano, anche affrontando fatiche e sofferenze.
«Signore, è bello per noi stare qui».
Quando invece la luce ci viene a mancare, riportiamo al cuore e alla mente i momenti in cui il Signore ci ha illuminato. E se non abbiamo fatto l’esperienza della sua vicinanza, cerchiamola. Occorrerà fare lo sforzo di “salire sul monte” per andarGli incontro nei prossimi, per adorarlo nelle nostre chiese, e anche per contemplarlo nella bellezza della natura.
Perché per noi, Lui c’è sempre: basta che camminiamo con Lui e, facendo silenzio, ci mettiamo umilmente in ascolto, come Pietro, Giovanni e Giacomo (2).
A cura di Silvano Malini e del team della Parola di vita
L’IDEA DEL MESEè attualmente prodotta dal “Centro del Dialogo con persone di convinzioni non religiose” del Movimento dei Focolari. Si tratta di un’iniziativa nata nel 2014 in Uruguay per condividere con gli amici non credenti i valori della Parola di Vita, cioè la frase della Scrittura che i membri del Movimento si impegnano a mettere in atto nella vita quotidiana. Attualmente L’IDEA DEL MESE viene tradotta in 12 lingue e distribuita in più di 25 paesi, con adattamenti del testo alle diverse sensibilità culturali.
“Il carisma dell’unità di Chiara Lubich è una di queste grazie per il nostro tempo, che sperimenta un cambiamento di portata epocale e invoca una riforma spirituale”.[1]
Sulla pagina web della “Mariapoli Ginetta”, la più sviluppata delle tre cittadelle dei Focolari in Brasile, il racconto della sua storia inizia con questa frase di Papa Francesco che evidenzia molto bene ciò che ha caratterizzato gli ultimi anni di questo luogo: un cammino verso un cambiamento organizzativo per testimoniare meglio la fraternità vissuta nel quotidiano e per rispondere alle necessità e alle domande delle persone che visitano la cittadella e dell’ambiente in cui è inserita.
Tutto ciò si è concretizzato con l’avvio di un processo di attualizzazione e di una gestione più partecipata e meno centralizzata delle diverse realtà che la compongono. Oggi ognuna ha un suo consiglio o comitato di gestione, composto da persone della Mariapoli e da professionisti del settore e che lavorano in sinergia anche con il consiglio della cittadella. “Corresponsabilità” è una parola chiave della Mariapoli Ginetta, assieme a uno sguardo verso il futuro e alla ricerca continua per attualizzare la mission della cittadella: “accogliere, formare, testimoniare e irradiare”.
Nel 2022 la cittadella ha festeggiato 50 anni di vita e da quel primo gruppo di focolarine in una casupola senza luce, ne gas, oggi conta un totale di 454 abitanti che vivono sul suo terreno e nei dintorni.
Negli anni sono passate decine di migliaia di persone: moltissimi giovani che hanno trascorso un periodo o alcuni anni per imparare a vivere la fraternità nel quotidiano, o per intraprendere la strada di consacrazione a Dio nel Movimento dei Focolari, poi famiglie, sacerdoti, religiosi e visitatori occasionali.
La Mariapoli Ginetta è parte della municipalità di Vargem Grande Paulista che dista appena un’ora dalla trafficatissima megalopoli di San Paolo e il cambio di scena quando si arriva è totale: molto verde, case, nessun grattacielo, parchi e aree gioco per i bambini; la vivibilità di un piccolo centro, rispetto ad una metropoli è il valore aggiunto di questo luogo. “Ci siamo trasferiti 6 anni fa da San Paolo” – racconta una giovanissima coppia con tre bambini. Sono una delle quattordici famiglie che negli ultimi anni si sono spostate da diverse città per crescere i propri figli “in un luogo in cui imparano a trattare gli altri con amore, dove c’è spazio per vivere una vita a misura d’uomo”. Questo, insieme alla scuola dei giovani che sta per iniziare la sua ottava edizione, sono segni di una rinnovata vitalità sociale della cittadella.
Corresponsabilità e gestione partecipata
“Oggi nella cittadella ci sono molti degli elementi che compongono una convivenza urbana” – spiegano Iris Perguer e Ronaldo Marques corresponsabili della Mariapoli Ginetta. “Ci sono abitazioni, un centro città rappresentato dalla struttura del Centro Mariapoli e dalla chiesa di Gesù Eucaristia, l’Editrice Cidade Nova, un centro audiovisivi, ambulatori medici, atelier vari, la rinomata panetteria e caffetteria “Espiga Dourada”, i progetti sociali al servizio della popolazione più svantaggiata, il “Polo Spartaco”, un’area commerciale e produttiva dove le aziende operano secondo i principi di Economia di Comunione, la sezione brasiliana dell’Istituto Universitario “Sophia ALC” (America Latina e Caraibi)”.
“Questa nuova modalità di gestione partecipata che state attuando – ha commentato Margaret Karram – è un’opportunità straordinaria di apertura della cittadella ad altri che vogliono contribuire a costruirla, a formarsi e fare un’esperienza di unità. Devo dirvi che dopo aver partecipato al Genfest mi è nata in cuore una grande speranza; ho avuto la forte impressione che in questi giorni Dio abbia bussato nuovamente alla porta del Brasile e chiede di rispondere e sostenere quanto è nato nei giovani. Anche questa cittadella, insieme alla Mariapoli Gloria e alla Mariapoli Santa Maria, ha ora una nuova possibilità e responsabilità di capire come rispondere; di offrire una testimonianza di vita evangelica vissuta in una comunità sociale”.
La seconda generazione del Polo Spartaco
Mariza Preto racconta che anche il Polo imprenditoriale ha intrapreso un coraggioso cammino di sviluppo e apertura.
“Nel 2016 un debito accumulato negli anni a causa di mancati pagamenti indicava chiaramente che la sostenibilità economica del Polo era a rischio. Gli imprenditori erano demotivati, preoccupati perché all’orizzonte non si vedeva nessuno interessato ad iniziare una nuova attività al Polo. Sono stati anni difficili, in cui si sono tentate molte strade, compresa quella di costruire relazioni con gli imprenditori della regione che ha portato alla nascita di eventi comuni e momenti di confronto e incontro. Ma la svolta è avvenuta nel 2019 quando durante una fiera espositiva che abbiamo organizzato al Polo, la maggior parte degli espositori erano esterni alla nostra realtà. In quel periodo “Espri”, la società di gestione del polo aveva molti capannoni vacanti e una crescente fragilità finanziaria. È stato allora che il consiglio del Polo ha deliberato di ammettere imprese e imprenditori che non conoscevano l’Economia di Comunione ma che volevano agire secondo i suoi principi. Così che è avvenuta la “rinascita” del Polo: ogni azienda che desidera oggi entrare al Polo si sottopone ad un processo di conoscenza della vita aziendale che qui viviamo e aderisce alle linee di gestione di un’impresa di Economia di Comunione”.
A 30 anni dalla sua fondazione, oggi il Polo Spartaco si compone di 9 edifici, vi hanno sede 10 aziende per un totale di 90 dipendenti.
“Qui l’economia di comunione è viva – ha detto Jésus Morán. Oltre all’aspetto carismatico, qui si vede quello produttivo che funziona ed è in atto il ricambio generazionale degli imprenditori. Tutto questo ci dice che siamo entrati in una nuova fase in cui la profezia di Chiara Lubich è viva. Ringraziamo tutti i pionieri, quelli che hanno iniziato e ci hanno creduto e hanno permesso che arrivassimo fino qui”.
SMFocolari
È attraverso la SMF, “Sociedade Movimento dos Focolari” che la cittadella si impegna in diverse opere sociali sul territorio. La SMF promuove il rafforzamento della comunità e l’accesso ai diritti e alle garanzie di protezione, soprattutto per i bambini, i giovani e le donne in situazioni di vulnerabilità sociale. Le tre Opere Sociali in cui lavorano gli abitanti della Mariapoli Ginetta operano nel campo della prevenzione per giovani in condizione di vulnerabilità, realizzano percorsi di accompagnamento per le loro famiglie e accolgono persone senza fissa dimora. Questa è una goccia nel mare della necessità di dignità, lavoro e giustizia di tanta gente e come ha spiegato Sérgio Previdi, vicepresidente di SMF “E’ solo un tassello del progetto culturale basato sulla fraternità che vogliamo sviluppare sul territorio e nella nostra città”.
Stefania Tanesini
[1] Messaggio del Santo Padre Francesco per l’apertura del convegno internazionale “Un carisma al servizio della Chiesa e dell’umanità” in occasione del centenario della nascita della serva di Dio Chiara Lubich
Video in italiano. Attivare i sottotitoli per le altre lingue
Tutta l’esperienza del Genfest – dalla “Fase 1” fino alla “Fase 3” – è la testimonianza tangibile che voi giovani credete e anzi, state già lavorando, per costruire un mondo unito. Questi sono stati per tutti noi giorni di grazie straordinarie, abbiamo messo in pratica la “cura” in vari modi: nella Fase 1, attraverso il servizio ai poveri, agli emarginati, a chi più soffre e lo abbiamo fatto vivendo la reciprocità, quella comunione tipica del carisma del Movimento dei Focolari; nella Fase 2, nella condivisione di vita, esperienze, ricchezze culturali; e poi, nella Fase 3, abbiamo sperimentato la straordinaria generatività delle communities, che sono anche uno spazio intergenerazionale di formazione e progetti.
Qualcuno mi ha raccontato della creatività che ogni “community” ha sviluppato e degli interessanti workshops di cui avete appena raccontato.
“Dal Genfest mi porto a casa la mia community – ha detto uno di voi – è qualcosa di concreto che continua. Una possibilità per vivere l’esperienza del Genfest nel quotidiano”.
Vi siete sentiti protagonisti nella costruzione di queste “community” e volete continuare a “generare” idee e progetti. Mi ha dato gioia sapere che qualcuno di voi ha detto di aver riscoperto il senso della sua professione e che ora vuole viverla all’insegna del mondo unito.
Abbiamo questi giorni camminato insieme, con uno stile che papa Francesco definirebbe “sinodale” e non solo tra voi giovani, ma anche con gli adulti; con persone di altri movimenti e comunità; con persone di diverse Chiese e religioni e persone che non si riconoscono in un credo religioso. Questa rete ha arricchito moltissimo il Genfest!
È stata molto bella anche la presenza fra noi di alcuni vescovi che hanno vissuto il Genfest in mezzo a noi.
Ora il Genfest non finisce! Ma continua proprio nelle “United World Communities” dove resteremo connessi sia globalmente che localmente.
Sono sicura che quando arriverete nei vostri Paesi e nelle vostre città capirete in che, in cosa vorrete impegnarvi, in base ai vostri interessi e ai vostri studi o le vostre professioni: in economia, in dialogo interculturale, nella pace, nella salute, nella politica ecc…
In questi giorni avete fatto l’esperienza di vivere “community” in “unity”, in unità; una realtà che continuerà: sarà questa la vostra palestra in cui imparerete e vi allenerete a vivere la fraternità.
Quando io avevo la vostra età mi ha colpito moltissimo un invito che Chiara ha fatto a tutti noi, e lei diceva così:
“Se saremo uno, molti saranno uno e il mondo potrà un giorno vivere l’unità. E allora? Costituire dappertutto cellule di unità” (1) – forse Chiara se fosse viva oggi avrebbe forse chiamato queste cellule di unità “United world communities” – Lei ci invitava a concentrare in questo tutti i nostri sforzi.
Per questo vorrei chiedervi ora una cosa importante: per favore, per favore non perdete questa occasione, questa occasione unica che abbiamo vissuto qua: Dio ha bussato al cuore di ciascuno di noi e adesso chiama tutti ad essere protagonisti e portatori di unità nei diversi ambiti in cui vi siete impegnati.
Ieri qualcuno mi ha fermato mentre stavo uscendo e mi ha detto: devo dirti una cosa. Una di voi che è qui in sala e mi ha detto: devo dirti una cosa importante, per favore voglio dirti una cosa importante. Ha detto che era la prima volta che partecipava ad un Genfest e che lei non conosceva il Movimento dei Focolari e mi ha detto: io voglio dire a te, dovete fare di più perché questo movimento non è conosciuto tanto, bisogna fare di più ma non come avete fatto finora. Dovete fare di più perché questo Movimento, questa idea della fraternità deve essere conosciuta da molti più giovani. Allora io ho chiesto a lei se lei ci poteva aiutare e lei si è impegnata. Ma adesso spero che tutti noi ci impegniamo a fare questo.
Certo, come avete anche sentito prima, non sarà tutto facile e non possiamo davvero illuderci che le difficoltà non arrivano… ma in questo Genfest voi stessi avete annunciato: “un Dio diverso, abbandonato sulla croce” voi avete detto “abbandonato sulla croce tutto divino e tutto umano, che fa domande senza risposte” è per questo che è un Dio vicino a tutti noi. Sarà abbracciando ogni dolore, nostro o degli altri, che troveremo la forza di continuare in questo cammino.
Allora andiamo avanti insieme con una nuova speranza, convinti più che mai che ormai una strada è stata tracciata.
E come uno scrittore cinese Yutang Lin, dice una cosa molto bella: “La speranza è come una strada nei campi: non c’è stata mai una strada, ma quando molte persone vi camminano, la strada prende forma”. Io penso che questa strada in questo Genfest ha preso forma. Allora camminiamo e ci sarà questa strada difronte a noi.
Allora saluto tutti, auguro buona continuazione a chi farà il post-Genfest e buon viaggio a chi torna a casa!
Ciao a tutti!
Margaret Karram
(1) Chiara Lubich, Conversazioni in collegamento telefonico, Città Nuova, 2019, p. 64.
“Start Here and Now”, ovvero “Inizia qui e ora” è l’ultimo singolo della band internazionale Gen Verde. Un inno di unione, forza, coraggio e gioia che vede la partecipazione di due gruppi musicali giovanili: Banda Unità (Brasile) e AsOne (Italia). “Tutti, con le nostre diversità, siamo invitati ad andare oltre le frontiere per costruire un mondo dove la cura, l’amore, la giustizia e l’inclusione siano la risposta al dolore, all’orrore delle guerre e delle divisioni” spiega la band.
Cosa c’è dietro il brano?
“La nuova canzone è di per sé un’esperienza ‘oltre i confini’ per il modo in cui è stata prodotta – continua la band -. Le voci sono state incise in tre diverse parti del mondo e anche il video è stato girato in tre luoghi diversi: Loppiano e Verona (Italia) e Recife (Brasile)”.
Il progetto include la partecipazione di due gruppi musicali giovanili che condividono i valori del Gen Verde. Banda Unità è un complesso musicale brasiliano ed AsOne è una band di Verona, in Italia. Anche questi stessi gruppi vogliono condividere, attraverso la musica, i valori della pace, del dialogo e della fratellanza universale.
“Start Here and Now” ha un mix intergenerazionale e interculturale – continua il Gen Verde -. Questo singolo spicca per il ritmo molto coinvolgente e un testo potente, cantato in diverse lingue, per far emergere il processo creativo ispirato all’interculturalità e all’impegno per la fraternità universale che si sottolinea nell’evento internazionale Genfest”.
Il Gen Verde ha suonato questo brano per la prima volta ad Aparecida in Brasile insieme ai complessi musicali Banda Unità e AsOne il 20 luglio 2024 durante il Genfest, l’evento globale dei giovani del Movimento dei Focolari. Questa edizione ha avuto come titolo: “Juntos para Cuidar – Together to Care – Insieme per prenderci cura”.
Abbiamo appena ascoltato storie di pace espresse nelle sfumature più varie: canzoni, preghiere, esperienze, progetti concreti.
Tutto questo rafforza in noila fiducia e la speranza che è possibile essere costruttori di pace. Papa Francesco dice che bisogna essere ogni giorno “artigiani di pace”. E per fare questo occorre costanza e pazienza per poter guardare con amore tutti i fratelli e le sorelle che incontriamo sul nostro cammino.
Da questo Genfest abbiamo imparato che la pace inizia da me con piccoli gesti di cura per le persone, per i nostri popoli e per il creato.
Da dove possiamo incominciare allora?
L’abbiamo detto varie volte in questi giorni: abbattendo tutte le barriere che ci dividono, per vivere per la fraternità. E questo possiamo farlo:
scoprendo che la nostra comune umanità è più importante di tutte le nostre differenze;
poi essendo pronti a perdonare e a fare gesti di riconciliazione. Perché perdonare significa dire all’altro: “Tu vali molto di più delle tue azioni”.
E come abbiamo fatto nella prima fase del Genfest, continuiamo, anche quando torneremo a casa, ad essere artigiani di pace nelle nostre relazioni, facendo il primo passo verso gli altri. Sarà l’amore ad ispirarci cosa fare, da chi andare.
Perdoniamo senza aspettare che sia l’altro a chiedere perdono.
Che questo Genfest sia il momento del nostro SI’ ALLA PACE.
Non dobbiamo sentirci mai più soli: in questi giorni abbiamo visto e certamente abbiamo sperimentato la forza dell’“insieme”, Juntos.
Uniamoci a tutti quelli che vivono e lavorano per la pace. Le communities che andremo a costruire nella Fase tre sono già una via possibile.
Aprite gli occhi a visioni di pace! Parlate un linguaggio di pace! Fate gesti di pace! Perché la pratica della pace porta alla pace. La pace si rivela e si offre a coloro che realizzano, giorno dopo giorno, tutte quelle forme di pace di cui sono capaci.(*)
Aprire, parlare e agire.
Allora: non diamoci pace finché non realizzeremo la pace!