Movimento dei Focolari
I bambini e il Vangelo

I bambini e il Vangelo

Quando ci prendono in giro«Un giorno ho avuto zero in matematica, e le mie amiche mi hanno preso in giro. Il maestro mi ha punito ed io ho pianto. Un altro giorno le mie amiche hanno avuto zero in geografia ed io ho avuto 10. Mi sono avvicinata a loro per consolarle, ho cominciato a giocare con loro e  così si sono consolate». (Rita – 9 anni, Repubblica Centrafricana) Chiedete e vi sarà dato – «Una domenica a Messa, il parroco chiedeva dei soldi per qualcosa. Tornando a casa ho chiesto alla mamma, perché non avevo capito bene. Mi ha spiegato che chiedeva un contributo da parte di tutti per poter ingrandire la chiesa, troppo piccola per tutti i fedeli. Io non avevo soldi, ma avrei voluto aiutare. Ho chiesto a Gesù. Un po’ di tempo dopo ho ricevuto la mia pagella. Ero la prima della classe. Mio papà era molto contento perché ero stata brava. Mi ha dato 2000 frs ed io li ho messi in una busta per dare il mio contributo per la chiesa». (Raissa -9 anni, Repubblica Centrafricana) Se Dio è amore, anche noi dobbiamo amarci – «Nella mia classe c’è una bambina che non condivide mai niente con gli altri anche quando potrebbe. In questi giorni veniva a scuola con un libro rotto. Ha chiesto ai compagni: «Qualcuno ha dello scotch per riparare il mio libro?» I miei compagni le hanno risposto: «Lo scotch ce l’abbiamo, ma non te lo diamo, perché tu non ci dai mai niente!» Ma io ho detto: «Io glielo do lo stesso il mio scotch perché Dio è Amore. Ci ama. Anche noi dobbiamo amarci». E ho detto alla compagna:«Ecco lo scotch. Posso aiutarti ad aggiustare il tuo libro, ed ho sentito la gioia nel mio cuore». (Rainatou – 8 anni, Repubblica Centrafricana) Non devi avere paura – «Trascorriamo giorni penosi tra gli scontri in strada e la pace minacciata. Alcune delle famiglie si sono organizzate per diffondere segni di concordia, e anche i bambini partecipano. Magda, 8 anni, ha cominciato a mettere da parte alcune delle sue cose per donarle ai rifugiati. Un’amica ha voluto fare lo stesso. Hanno preparato insieme un bel pacco, da distribuire insieme agli adulti. Arrivato il momento della consegna, la situazione in città si era aggravata. La famiglia di Magda non è fuggita proprio perché la bimba voleva portare a termine la sua iniziativa. C’erano degli scontri sotto casa loro, e Magda ha detto alla mamma: “Tu non devi avere paura. Forse Dio ci fa vivere questo per farci vedere un miracolo”». Come i primi cristiani – «Viviamo momenti pericolosi, ma nonostante questo, un gruppo di bambine, che hanno in cuore i bambini della Siria, hanno voluto fare qualcosa per aiutarli. Un’idea è stata: fare biscotti e torte da vendere. Il parroco, venendone a conoscenza ha detto: “Voi che siete piccoline siete quasi come i primi cristiani, che si aiutavano tra di loro quando erano in necessità”. Il giorno della vendita hanno conquistato il cuore di tutti: dalla signora, che ha preparato una torta di alta pasticceria con la bandiera della Siria, alla coppia che ha fatto arrivare una busta con €1.000 , anche se non aveva potuto comprare la torta, perché, dopo la prima Messa, erano già state tutte vendute. In Egitto i bambini sono stati i pionieri della comunità dei Focolari nell’aiuto alla Siria». Voi siete mie sorelle – «In spiaggia abbiamo incontrato un signore che portava tante borse. Era stanco. Lo abbiamo fatto sedere sulla nostra sdraio. Aveva sete e ci ha chiesto dell’acqua naturale. Mamma aveva solo quella gassata, allora io l’ho chiesta ad una vicina di ombrellone. Quel signore ci ha ringraziato: “Grazie di tutto, voi siete mie sorelle!”. Io ho guardato la mia mamma e le ho detto: “Mamma ti ricordi di quella canzoncina? Chi ci passa accanto è Gesù… che un giorno mi dirà ‘Grazie per quando mi hai sorriso e ti sei preso cura di me!’” Allora mi sono ricordata che nel cuore di quel signore c’era Gesù». (Benedetta – Italia) (altro…)

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Messico: giovani contro la violenza

«La violenza – racconta Willie ai 12.000 giovani radunati al Genfest 2012 di Budapest – si è impossessata del Messico a causa del narcotraffico: la paura, l’odio e la sfiducia avvolgono molte delle nostre città. Alcune famiglie, avendo subito forti minacce, si sono viste obbligate a nascondersi o a fuggire in altre città. Sono scoppiate lotte violente tra bande rivali per impadronirsi del potere su un certo territorio, provocando veri e propri massacri di molti giovani innocenti in bar, discoteche e in altri posti pubblici. Uno dei giovani assassinati è stato mio cugino Mauricio, che, tornando dall’inaugurazione di un bar, è stato ucciso, con altri giovani, da un gruppo di “narcos” che hanno sparato tra la folla. È stato un colpo molto forte per me, ho sperimentato sconcerto e rabbia. Due giorni dopo, mentre ci trovavamo riuniti in famiglia, è arrivato un parente che si sentiva soddisfatto perché era stata fatta giustizia: avevano, infatti, trovato i corpi di 10 giovani, presunti colpevoli del massacro. Ho sperimentato un dolore ancora più grande perché, nonstante la gravità del fatto, per me era chiaro che non è con la vendetta e l’odio che si sarebbe risolta la situazione. Potevo scegliere se cominciare ad odiare anch’io o provare a rompere il cerchio della violenza con il perdono. Ho scelto quest’ultima via: potevo continuare a costruire rapporti di fraternità con quelli che mi stavano accanto anche se mio cugino non era più vicino a me. Con un gruppo di Giovani per un Mondo Unito che mi ha sotenuto in questo difficile momento, abbiamo continuato con forza e più decisione ancora, le numerose iniziative che stavamo portando avanti per diffondere la cultura della non violenza.  Siamo certi che, insieme, si può frenare l’odio e ridare al nostro Paese quel clima di pace, armonia e ospitalità che, da sempre, caratterizza il popolo messicano. Il nostro primo appuntamento è stata  “la festa dell’amicizia”, che puntava proprio a suscitare rapporti nuovi e positivi. Con i fondi raccolti abbiamo aiutato un giovane rimasto paralizzato in seguito ad un incidente. Un’altra iniziativa: siamo andati allo stadio di calcio per distribuire calcomanie e cartelli con il messaggio “La pace nasce dall’Amore”. Ma oltre le tante iniziative, crediamo che siano soprattutto i tanti piccoli gesti quotidiani di pace che generano, in silenzio, un clima di fraternità anche a Torreón» Da Genfest 2012


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Loppiano: in corsa con Giacomo

Il suo biglietto da visita è ancora vivo nella memoria di tanti: una vecchia Piaggio “Ape”, su cui viaggiava insieme a Dina, sua moglie, sfrecciando per le vie di Loppiano. Solare, energico, con la battuta sempre pronta e la profondità d’animo dei vecchi saggi, Giacomo Mignani ha coniugato l’età avanzata con un’umanità sempre più raffinata perché è cresciuta, ha vissuto e infine è morta con la semplicità e l’ardore di un bambino. Quindi sempre giovane, anche a 91 anni! Nato nel Dicembre 1913 in provincia di Bergamo, nel Nord Italia, Giacomo vive i drammi della guerra che toccano profondamente la sua famiglia con la morte di un fratello. Il matrimonio con Dina, celebrato nel 1947, mostra invece alcune crepe, come lui stesso raccontava: «Quando mi sono sposato ero impreparato e non troppo giovane; Dopo due mesi il mio matrimonio era già in crisi. Con Dina non litigavamo mai: non ci parlavamo,  stavo anche due o tre mesi senza dirle nemmeno un ciao!  Uscivo sempre col mio cane che era tutto per me. Ero cristiano solo la domenica, ma nel periodo della caccia per mesi non andavo a Messa». Nel 1964 Dina conosce i Focolari, durante una Mariapoli a Merano, e Giacomo nota alcune piccole e grandi attenzioni  che Dina gli riserva e che mai ha avuto, nei suoi confronti, fino a quel giorno… «Prima che partisse per un ritiro a Roma, mi ha invitato a partecipare ad un incontro a Milano che si sarebbe tenuto in quegli stessi giorni. Se da Merano era tornata più buona, da Roma sarebbe tornata una “santa” – ho pensato – e il vantaggio sarebbe stato solo mio. Sono voluto andare  a Milano per capire cosa avevano fatto a mia moglie». E’ durante quella domenica che nella vita di Giacomo avviene la svolta: sente parlare di un Dio che è Amore e che non è un giudice cattivo, come ha sempre pensato. «Lui (Dio) mi ama,  mi dà una mano. Ad un certo punto ho visto come il video della mia vita: io, a mia moglie, non volevo bene, la maltrattavo, e la colpa era mia (…). Il nodo che sentivo si è sciolto come neve al sole e mi è entrato un desiderio di vedere mia moglie così forte che mi pareva un’eternità aspettare fino al giorno dopo. Lunedì, a mezzogiorno, ho preso la bicicletta e, avendo fatto il bersagliere, ho fatto una volata ad andare a casa. Arrivo, metto la bicicletta in giardino, vado alla porta e mia moglie la apre. L’ho baciata e così, dopo diciotto anni, è cominciato il nostro matrimonio». Nella loro casa, prima sempre chiusa, vengono spalancate porte e finestre e Giacomo è sempre pronto anche a correre per aiutare chi ha bisogno, impegnandosi in tanti lavoretti. Fino al trasferimento a Loppiano, nel 1976, vissuto come una logica conseguenza del loro aver voluto mettere Dio al primo posto mettendosi a disposizione degli altri: «Io e mia moglie abbiamo avuto tre grazie. La prima è aver scoperto che Dio è Amore; la seconda è aver salvato il nostro matrimonio; e la terza è quella di essere a Loppiano». Instancabile lavoratore, ha vissuto per la Cooperativa di Loppiano come per la sua famiglia: migliaia sono i visitatori che lo ricorderanno nella vecchia tavernetta, appoggiato a una delle botti a raccontare la sua storia e degli ultimi sviluppi dell’azienda, ma anche a incoraggiare una persona per una situazione difficile, a dare quel sorriso che ha cambiato a molta gente non solo la giornata, ma una vita intera. Il 21 ottobre 2004, proprio nello stesso giorno in cui 13 anni prima è morta Dina, Dio lo prende con Sé, con delicatezza, mentre si addormenta sul divano di casa. I piedi sul tavolino, l’immancabile pipa ancora tra le mani. Giacomo è partito così e, c’è da scommetterci, sarà arrivato Lassù di corsa con quell’Ape carica dei volti di tutte le persone che ha amato e sostenuto. L’offerta dei frutti più preziosi proprio come ha sempre fatto in quell’antica taverna. Paolo Balduzzi   (altro…)

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Congo, sfide della nuova evangelizzazione

Il contributo della presenza femminile al recente Sinodo per la nuova evangelizzazione (7-28 ottobre) si è espresso anche attraverso la voce della professoressa Ernestine Sikujua Kinyabuuma del Congo. Membro del Movimento dei Focolari, la docente africana mette in evidenza l’importanza della nuova evangelizzazione in Africa, dove la fede è viva ma ancora giovane, bisognosa di consolidamento. «Nel mondo africano – spiega – l’uomo è come diviso in se stesso. In lui agiscono due forze spesso inconciliabili: la cultura tradizionale e la religione. Un altro fenomeno è la proliferazione delle così dette “chiese di risveglio” con la presentazione di un vangelo di prosperità che promette successo. Non si sa più discernere quali siano i valori del cristianesimo e l’influenza del mondo occidentale. L’uomo africano è alla ricerca del rapporto con Dio, ma un’insufficiente base catechistica lo porta a ricercare un’altra forza superiore che gli dia protezione, prosperità». Ernestine è insegnante, sempre a contatto con gli studenti. Nel suo intervento al Sinodo ha detto di rendersi conto che i giovani, nonostante vivano immersi nella cultura della “facilità”, sono alla ricerca di un grande ideale e di una vita radicale basata sul Vangelo. Ha presentato alcune delle esperienze dei giovani dei Focolari che testimoniano la vita quotidiana basata sulla Parola di Dio vissuta. Molti non rimangono indifferenti ed entrano in contatto con i valori cristiani. «In mezzo ai cambiamenti dovuti alla globalizzazione, l’Africa attraversa una crisi su tutti i piani: politico, economico e culturale. Per questo, alla ricerca di una via d’uscita, le persone reagiscono in modo vario» – ha spiegato nel suo intervento, raccontando alcune esperienze realizzate con la comunità locale dei Focolari, illuminate dal desiderio di vivere la frase di Gesù “qualsiasi cosa avrete fatto ad uno di questi miei fratelli più piccoli, l’avrete fatta a me” (Mt 25,40). Insieme hanno realizzato la ristrutturazione di tre blocchi di dormitori nella prigione centrale di Lubumbashi con l’aiuto di una ONG internazionale, la creazione di un laboratorio di sartoria in modo che i prigionieri possano imparare un mestiere e un negozio dove si vendono i prodotti alimentari e di prima necessità a basso costo per favorire la sopravvivenza di tanti carcerati e per combattere l’aumento dei prezzi al consumo. In un’intervista rilasciata alla radio italiana Inblu, aggiungeva: «Un’esperienza, nuova, ricca e bellissima, perché mi ha fatto entrare nel cuore della chiesa». E alla domanda “Perché la nuova evangelizzazione è una sfida che riguarda anche l’Africa e, in particolare, il suo Paese, la Repubblica Democratica del Congo?”, Ernestine risponde: «In Europa ci sono stati 2000 anni di evangelizzazione, da noi al massimo 2 secoli. Per esempio nel mondo scientifico, dove io lavoro, si sente tanto il fatto che l’uomo africano entra in chiesa, ma poi quando esce va a cercare le “forze soprannaturali” per avere più successo nel lavoro, per essere più intelligente… Quindi per noi il messaggio della nuova evangelizzazione è molto importante per far capire che in Gesù si trovano tutte le risposte che l’uomo attende. Ma c’è questo dualismo: si prega, si cerca una relazione personale con Dio, ma poi si va a cercarLo da altre parti. Il nostro cardinale ha presentato la nuova evangelizzazione spiegando che ci vuole l’inculturazione del popolo, perché se le nostre culture accolgono il Vangelo che le illumina, capiremo che lì ci sono tutte le risposte e che non occorre cercarle altrove». (altro…)

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Premio Luminosa 2012: premiato il servizio agli immigrati

(da sinistra) Padre Mario Dorsonville, Marco Desalvo, Chiaretta Zanzucchi

Un giorno, mentre si recava al Centro Ispano Cattolico di Washington, Padre Mario Dorsonville, direttore dei servizi Immigrazione e Rifugiati alla Catholic Charities della sua Arcidiocesi, è stato fermato da un giovane uomo che lo ha afferrato per un braccio. Gli ha detto che aveva un gran dolore al cuore. “Andiamo in clinica, ti deve visitare un medico”, gli ha risposto Dorsonville. “No”, risponde l’uomo. Il suo dolore derivava dal fatto di non avere documenti, di non poter trovare così un lavoro. Non sapeva come tornare a casa a fine giornata e guardare in faccia i bambini. “Non c’è povertà maggiore di quando vediamo persone invisibili”, afferma Dorsonville. Comincia così il racconto del Centro Ispano cattolico di Washington, scritto da Marylin Boesch su Living City di Novembre. Un laboratorio della fede, viene definito questo luogo, dove adesso “le persone sono diventate visibili”. La mission del centro è di offrire la migliore qualità di servizi integrati agli immigrati e ai rifugiati, per riportare speranza e dignità alle loro vite, e renderli più fiduciosi, rispettati e membri effettivi della società americana. Lo fa fornendo cure mediche e dentistiche, centri di ascolto e consulenza, corsi di inglese e programmi di formazione professionale. È a Padre Dorsonville, a nome del Centro Ispano Cattolico, che è stato conferito il Premio Luminosa 2012, lo scorso 17 novembre, alla presenza di oltre 250 persone, tra diplomatici, politici, rappresentanti della fede ebraica, musulmana e cristiana e altri senza una particolare tradizione religiosa, radunati alla Catholic University of America a Washington. “Questo premio ci incoraggia a continuare a illuminare l’oscurità col servizio al nostro vicino”, ha affermato Padre Dorsonville nell’accettare il riconoscimento. Al conferimento del premio, promosso dal Movimento dei Focolari, erano presenti Marco Desalvo e Chiaretta Zanzucchi, delegati dei Focolari per la regione Est degli Stati Uniti, che hanno condiviso una riflessione di Chiara Lubich sull’amore al fratello: “Lo Spirito Santo, illuminandoci con un suo carisma, ci ha detto: proprio il fratello, la sorella… possono diventare la vostra via per arrivare a Dio, un’apertura, una porta, una strada, un varco su di Lui. E se abbiamo ottenuto ciò, attraverso il fratello amato, questi non è soltanto un nostro beneficato, ma un nostro benefattore: ci ha procurato ciò che di meglio speravamo”. Profonda sintonia quindi con l’esperienza del Centro Ispano Cattolico; riflessione risuonata tra i presenti, sottolineando il loro lavoro quotidiano in favore di chi è nel bisogno. “Un servizio concreto, costante e coraggioso, che dona dignità a tante persone di diverse provenienze etniche e sociali… aiutandole a inserirsi come parte integrante della società” – ha scritto la presidente dei Focolari Maria Voce, in un messaggio a Padre Dorsonville. Il Premio Luminosa per l’Unità, a partire dal 1987, è conferito a persone o associazioni la cui vita o attività abbiano dato un significativo contributo a costruire ponti di reciproca comprensione tra cristiani di diverse denominazioni, le principali fedi religiose e persone di buona volontà che si sono contraddistinte nei vari aspetti della vita sociale. (altro…)